lunedì 30 novembre 2015

Mario Monicelli Day: I soliti ignoti (1958)


Mario Monicelli quest'anno sarebbe diventato centenario. Purtroppo, il raggiungimento di quest'importante traguardo è stato interrotto cinque anni fa, il 29 di novembre, ed è per questo che noi Blogger uniti abbiamo deciso di celebrare oggi (con un giorno di ritardo) la memoria del grande regista e sceneggiatore italiano. Io ho scelto di riguardare per l'occasione il divertentissimo I soliti ignoti, diretto e co-sceneggiato da Monicelli nel 1958. ENJOY!



Trama: un gruppo di ladruncoli decide di scassinare la cassaforte di un banco dei pegni ma le cose non vanno come dovrebbero...



Dovete sapere che mentre scrivo queste righe non soltanto il mondo va letteralmente a puttane per colpa di assurdi attentati, ma persino il paesino vicino al mio è al ventesimo giorno di assedio da parte di una banda di ladri. Non sto a dirvi, avendo cugini, zii, una nonna e degli amici che vivono da quelle parti, quanto sia difficile per me rimanere "zen" e non farmi influenzare da quello sgradevole morbo salviniano che vorrebbe 'sta gentaglia presa a fucilate appena varcata la soglia di casa (soprattutto davanti a minacce disperate urlate nel cuore della notte, alle quali viene risposto molto candidamente "La prossima volta entriamo e ti ammazziamo noi"), né quanto trovi inconcepibile che carabinieri, vigili et similia non siano ancora riusciti a prenderne in custodia nemmeno uno. Non sto nemmeno a dirvi il terrore che provo quando esco la sera e magari lascio mamma da sola o, ancor peggio, quando ce ne andiamo tutti lasciando la mia gagliardissima nonna al piano di sopra, anche solo per un'oretta, ché il pensiero di ritrovarla tramortita o peggio mi fa salire il leghismo a livelli inenarrabili. In queste condizioni, devo ammettere di aver provato parecchie volte un senso di disagio e parecchia depressione guardando un film solitamente divertente come I soliti ignoti e di essermi incupita a riflettere su come siano cambiati, ovviamente in peggio, i tempi. Nell'Italia post-guerra la fame attanagliava ancora le viscere di molti italiani e buona parte dei nostri connazionali per sopravvivere erano costretti ad arrabattarsi come potevano, con piccole truffe, traffici poco puliti e ovviamente furti, sia ai danni del pubblico che del privato; non sono così ingenua da credere che la malavita "reale" fosse come ce la dipinge Monicelli, tenuto assieme agli sceneggiatori Age, Furio Scarpelli e Suso Cecchi D'Amico ad assecondare le regole della commedia, eppure sono anche convinta che all'epoca ci fosse una sorta di "umanità" nelle azioni di questa gente disperata, dei limiti che la maggior parte dei delinquenti non avrebbero varcato e che ora paiono non esistere più, schiacciati dalla massima "homo homini lupus".


Presa da queste spiacevoli considerazioni ho avvertito ancora più netta la presa di posizione dei realizzatori de I soliti ignoti e la cura messa nel far intendere che il modo di vivere di Peppe, Mario e soci, per quanto apparentemente "divertente", non fosse quello giusto. I protagonisti del film sono simpatici e quasi "ammirevoli" nel momento in cui la scelta della loro "vittima" ricade su un banco dei pegni, reo di prosperare sulla povertà altrui, e nel momento in cui la pianificazione del furto prevede l'utilizzo di attrezzi e sotterfugi piuttosto che violenza, mentre Cosimo va incontro ad un triste destino perché non ha rispetto per il prossimo, probabilmente messo male quanto lui, ed attenta ad auto posteggiate e vecchiette. Un modo semplice di vedere la vita, di rappresentarla e forse anche di viverla, sicuramente molto rassicurante eppure intriso a mio avviso di una malinconia infinita, perché i protagonisti de I soliti ignoti sono dei poveracci disperati che l'esistenza ha preso a pesci in faccia e che non riusciranno a veder compiuto il loro machiavellico piano e, una volta concluso l'audace colpo, torneranno alla solita vita oppure, come Peppe, saranno costretti ad affrontare la società. I meccanismi della commedia ci sono tutti e le battute da antologia si sprecano (credo che I soliti ignoti abbia alcuni dei dialoghi più belli ed esilaranti della storia del Cinema mondiale) eppure più il tempo passa più è impossibile non provare nostalgia per una concezione della vita e della Settima Arte che ormai non torneranno più. Di Monicelli ce n'era uno solo e ogni immagine e sequenza de I soliti ignoti è pura meraviglia, soprattutto quando i movimenti dei protagonisti vengono coreografati come il più elegante e realistico dei balletti (basta guardare le scene finali con la tensione del furto che si taglia con un coltello per poi sgonfiarsi in una bolla fatta di pasta e ceci e tanta rassegnata "nostranità" per rendersene conto). Attori raffinati come Vittorio Gassman, inizialmente non voluto dai produttori perché troppo bello per recitare il ruolo del pugile suonato, e Marcello Mastroianni nobiliterebbero persino il filmino della recita di Natale ma le chicche de I soliti ignoti si trovano soprattutto in caratteristi di lusso come Totò, semplicemente indimenticabile nel ruolo dello scassinatore, nella splendida Claudia Cardinale, nella verace Sora Lella, nel rude e malinconico Memmo Carotenuto, nei guasconi Renato Salvatori e Tiberio Murgia e infine nell'adorabile ed affamato vecchino di Carlo Pisacane.


Il Furto in una pasticceria di Italo Calvino, chiara fonte d'ispirazione, completa il quadro di uno dei film più belli mai girati in Italia, una pellicola di cui dovremmo andare tutti fieri e conoscere a memoria, non solo per ricordare Monicelli ma anche per provare a capire come tornare ad essere orgogliosi di un'Italia e di un mondo che stanno andando letteralmente a catafascio. Come post commemorativo non è granché, lo so bene, ma il periodo mi porta ad essere incline allo sconforto e alla malinconia, anche davanti ad un film esilarante come I soliti ignoti. Chiedo venia e vi invito a leggere i post degli altri colleghi che hanno aderito all'iniziativa:

Solaris: Il marchese del Grillo
Combinazione casuale: Un borghese piccolo piccolo
Non c'è paragone: Amici miei
Ford: La grande guerra
Director's Cult: La ragazza con la pistola



venerdì 27 novembre 2015

Lupin III: Per un dollaro in più (2000)

Anche se faccio passare parecchio tempo tra un post e l'altro non mi sono dimenticata del "progetto Lupin", anzi! Oggi parlerò dello special TV Lupin III: Per un dollaro in più (ルパン三世 1$マネーウォーズ  - Rupan Sansei 1$ Manee Woozu), diretto nel 2000 dal regista Hideki Tonokatsu.


Trama: Lupin cerca di rubare a Cynthia, direttrice della Bank Of World, un anello apparentemente senza valore che, in realtà, nasconde il segreto per recuperare una preziosa spilla appartenente ai più famosi dittatori della storia mondiale...


Per un dollaro in più è uno special TV ben realizzato e dalla trama complessa, sfaccettata ed intrigante. Il titolo originale, 1$ Money Wars, sta ad indicare la guerra tra Lupin e la spietata Cynthia, direttrice dell'ambigua Bank of World, iniziata appunto quando la donna ha acquistato ad un'asta l'anello oggetto delle brame del ladro, battendolo per un solo dollaro; questa piccola cifra e il denaro in generale sono il fil rouge che attraversa l'intero film e che funge da collante per deliranti piani atti a conquistare il mondo attraverso guerre ed acquisti petroliferi, per investimenti azzardati e cantanti che cercano di sfondare, per spetsnaz innamorati e assetati di sangue, pistoleri che perdono la propria arma e samurai che cercano di racimolare soldi per il bel faccino di una "serva di Dio". In tutto questo bailamme di eventi e personaggi, c'è anche il tempo di riflettere sulla triste condizione di Lupin e dell'arte del furto in generale, deprivata di poesia da un mondo sempre più informatizzato, nel quale i misteri si risolvono in quattro e quattr'otto grazie all'ausilio di un computer e la ricerca di favolosi tesori viene messa da parte in favore di speculazioni azionarie apparentemente più sicure e redditizie, specchio di un Giappone che in quegli anni si stava ancora riprendendo dalla famigerata batosta della "bolla economica". Lupin caro, questo è davvero nulla, credimi: se nel 2000 avessi visto come ti saresti ridotto quindici anni dopo, costretto a correre per l'Italia come un cretino ed incapace di rubare persino le caramelle ad un bambino, forse ti saresti lasciato morire per davvero, senza utilizzare l'unico trucchetto veramente WTF al quale gli sceneggiatori ti hanno fatto ricorrere a metà film. Tra l'altro sul finale sei proprio un gran fico, spietato, beffardo e glaciale come ti vorrei un po' più spesso, e se te lo dice una che aDDora Jigen, buona camicia a tutti.


Chiusa la breve "lettera per Lupin", torniamo a parlare del film. Per un dollaro in più è molto gradevole non solo per la trama e per la caratterizzazione dei personaggi particolarmente azzeccata (Zenigata a parte, sempre trattato come un povero cretino), anche quando i nostri sono costretti ad intraprendere "mestieri" che normalmente non gli appartengono o nei momenti interamente dedicati alla banda momentaneamente "orfana" di Lupin, ma anche per il character design e l'animazione in generale. Gli sfondi curati, le scene d'azione fluide, i piccoli dettagli dei protagonisti (ah, il broncetto che mette Jigen quando perde la pistola!) durante i vari cambi d'abito e i personaggi secondari ben caratterizzati sono accompagnati al meglio dalla colonna sonora di un Yuji Ono particolarmente ispirato, capace di catturare le atmosfere jazz e malinconiche di questo Special TV meglio di molte altre occasioni. Certo, la canzone portante della pellicola, Life's a Flame, riarrangiata in almeno tre modi diversi, è abbastanza ammorbante e si fa fatica credere ad un successo mondiale legato ad una canzonetta che avrebbe fatto vergognare persino l'incantevole Creamy, ma le musiche "di sottofondo" rimangono lo stesso affascinanti ed evocative. Con questo dunque passo e chiudo... al prossimo special TV!

Hideki Tonokatsu è il regista della pellicola. Giapponese, ha diretto film come Lupin III: Fuga da Alcatraz e partecipato come animatore e realizzatore di storyboard a Lupin III: L'uovo di Colombo,  Lupin III: Le tattiche degli angeli, Lupin III: La lacrima della dea e alla serie Una donna chiamata Fujiko Mine. E' anche sceneggiatore e di lui non si trovano foto in rete, sorry!

Lo special TV è stato distribuito in Italia anche col titolo Lupin III - 1$ Money Wars. Se vi fosse piaciuto, andate a QUESTO LINK e sbizzarritevi con tutti i film e TV special dei quali ho parlato finora sul Bollalmanacco. ENJOY!

giovedì 26 novembre 2015

(Gio)WE, Bolla! del 26/11/2015

Buon giovedì a tutti!! Questa settimana ce n'è davvero per tutti i gusti ma saranno roBBeBBuone? Vedremo, vedremo... ENJOY!

The Visit
Reazione a caldo: OmioDDio XD
Bolla, rifletti!: Shyabadà torna al cinema con una storia horror imperniata sui nonni o così almeno parrebbe dal trailer. Cosa si nasconderà dietro l'arzilla coppia di vecchietti indemoniati? Gli alieni, la natura scazzata che fa "frr!!!" oppure i kappa acquatici? Lo scopriremo solo vivendo.

Babbo Natale non viene da nord
Reazione a caldo: Ma che, daVero?
Bolla, rifletti!: Io ODIO i film di Natale che non siano americani. Solo loro li sanno fare, chissà perché, e spesso neanche loro. Un film di Natale italiano con protagonista Annalisa? Uccidetemi, vi prego.

Il sapore del successo
Reazione a caldo: Oh, Bradley!
Bolla, rifletti!: A parte Bradley Cooper, pauroso figonzo, sinceramente la storia di un ex cuoco prodigio è priva di attrattive, almeno per me. Sorry.

Il viaggio di Arlo
Reazione a caldo: Mah.
Bolla, rifletti!: Non so perché ma, a parte la bella animazione, l'ultimo lungometraggio della Pixar mi ispira davvero poco. Sarà che i dinosauri e la preistoria non mi hanno mai detto nulla?

Al cinema d'élite si respira aria italiana...

La felicità è un sistema complesso
Reazione a caldo: Meh.
Bolla, rifletti!: Storia di un intermediario che ha il compito di far dimettere dirigenti considerati inadatti. Esiste davvero un lavoro del genere? Sarebbe un sogno, sarebbe!! Ehm, considerazioni personali a parte, il film potrebbe essere un gradino sopra la solita commedia italiana recente. Se avrete modo di vederlo fatemi sapere com'è.

mercoledì 25 novembre 2015

Lavalantula (2015)

D'estate si fa molta pubblicità a Sharknado ma ci si dimentica che il canale SyFy non è SOLO la lucrosa saga dedicata agli squali volanti ma è anche e soprattutto un portatore sano di supercazzole in generale. Come questo Lavalantula, diretto dal regista Mike Mendez.


Trama: Los Angeles viene scossa da violenti terremoti e dalle viscere della terra cominciano ad uscire delle enormi tarantole capaci di sputare lava...


Nel corso di Sharknado 3 ho notato spesso in sovrimpressione la pubblicità di Lavalantula e, ovviamente, mi sono andata ad informare, scioccata da un simile titolo. Quando ho letto che il protagonista dell'ennesimo ibrido mostruoso della SyFy altri non era che Steve Guttenberg, il mitico Mahoney di Scuola di polizia, ho fatto carte false per averlo eppure, fino a oggi, non ero ancora riuscita a guardare quest'incredibile e assurda trashata che, diciamocelo, è praticamente uno Sharknado con Tarantole. Anzi, Lavalantule alle quali poi si aggiunge nientemeno che una "Mamalantula", durante uno dei dialoghi più deliranti della pellicola. Quindi come dovrei parlare di Lavalantula se non copiando pedissequamente tutto quello che ho scritto nei tre anni di visioni Sharknadiche? D'altronde, l'unica cosa che differenzia i due film sono gli attori principali (fino a un certo punto, però. Guardate e capirete, ché c'è un incontro/scontro a dir poco storico): da una parte abbiamo Ian Zering, incapace a recitare ma col phisique du role per interpretare il fighètto salvatore del mondo, dall'altra abbiamo Steve Guttenberg che, per quanto non abbia mai meritato un Oscar, perlomeno un paio di espressioni facciali le ha ma, impresso com'è nel ricordo di migliaia di spettatori nei panni del poliziotto mingherlino, risulta poco credibile come attore di film action in declino. Soprattutto perché Guttenberg, poveraccio, non è palestrato, è semplicemente vecchio, gonfio e bolso e la faccia da schiaffi di Mahoney torna ad essere riconoscibile solo quando Steve indossa degli occhiali da sole o duetta con l'altra guest star del film, Michael Winslow, alias la fucina umana di rumori molesti che in Scuola di polizia figurava sotto il nome di Jones. A onor del vero i due interagiscono poco ma quando lo fanno è una gioia per lo spettatore nostalgico come la sottoscritta, soprattutto se poi viene citato anche il Blue Oyster, noto locale gaYo in cui finivano spesso e volentieri Harris e Proctor, oppure spuntano un'irriconoscibile Hooks e un'invecchiata Callahan.


L'altra cosa che differenzia Lavalantula da Sharknado, per quanto in minima parte, è la minor percentuale di sangue presente nel secondo film rispetto al primo. Questo perché, come evincerete dal titolo, le tarantole giganti non dilaniano i corpi degli sventurati losangelini come farebbe qualsiasi shark piovuto da un tornado bensì sputano lava bruciando le vittime fino al midollo oppure le morsicano, con risultati inaspettati e molto Cronenberghiani. Oddio, non esageriamo a scomodare il Gran Maestro del body horror in quanto, come immaginerete, gli effetti speciali di Lavalantula vanno dall'imbarazzante all'esilarante e, in generale, sono più o meno gli stessi che ci aspetteremmo da un videogame scadente o da una produzione SyFy o Asylum, appunto. Per il resto, i due film sono sostanzialmente identici: improbabili catastrofi meteorologiche o geologiche, animali assassini vomitati sulla popolazione inerme, eroe con famiglia a seguito (i cui membri ovviamente sono dotati di abilità fisiche o mentali peculiari e soprattutto un culo inenarrabile) che fugge, combatte e sopravvive venendo a scoprire cose che annichiliscono lo spettatore con dei WTF talmente forti da procurare se non la morte perlomeno lo stordimento, guest star più o meno conosciute e amate (sinceramente io ne ho riconosciute giusto un paio ma sono quasi sicura che il trafiletto finale sarà zeppo di informazioni) e un infausto presagio di sicuro sequel, come profetizzato per bocca di Michael Winslow. Sapete che 2 Lava 2 Lantula! è già previsto per l'anno prossimo, vero? Se vi piace il genere non fatevi cogliere impreparati e tenetevi pronti ad affrontare l'ennesima saga "di mostroni" ad alto tasso d'ignoranza, altrimenti evitate questo film come la peste!


Del regista Mike Mendez ho già parlato QUI. Michael Winslow (Marty) e Leslie Easterbrook (Doris) li trovate invece ai rispettivi link.

Steve Guttenberg (vero nome Steven Robert Guttenberg) interpreta Colton West. Americano, lo ricordo ovviamente per il ruolo di Mahoney nei film Scuola di polizia, Scuola di polizia 2: Prima missione, Scuola di polizia 3: Tutto da rifare e Scuola di polizia 4: Cittadini in... guardia, inoltre ha partecipato a film come Cocoon - L'energia dell'universo, Corto circuito, Tre scapoli e un bebè, High Spirits - Fantasmi da legare, Cocoon - Il ritorno, Tre scapoli e una bimba e a serie come Veronica Mars. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 58 anni e un film in uscita.


Come promesso nel post, ecco un breve elenco delle guest star più "notevoli" presenti in Lavalantula. Come moglie di Steve Guttenberg c'è la Nicole di Saranno Famosi, Nia Peeples, mentre nei panni di Teddie c'è l'ex Hooks di Scuola di polizia, Marion Ramsey; faccia conosciuta anche quella del "diversamente alto" Danny Woodburn, presente nel ruolo del produttore Arni, e quella dello sceneggiatore di Saw ed Insidious Leigh Whannel, qui nella parte di regista. Ovviamente c'è anche un'altra importantissima guest star ma non vi voglio rovinare la sorpresa! Con questo concludo e, nell'attesa che esca 2 Lava 2 Lantula! l'anno prossimo, se Lavalantula vi fosse piaciuto recuperate l'intera saga di Sharknado. ENJOY!




martedì 24 novembre 2015

Il Bollodromo #23: Lupin III - L'avventura italiana (episodi 23-24)

Penultimo appuntamento con la rubrica del martedì, quella in cui mi diletto a dirvi quanto Lupin III - L'avventura italiana sia una camurrìa senza capo né coda. Mancano infatti solo due episodi alla fine di questa serie ingloriosa... riusciranno i nostri eroi a concludere col botto? Se permettete ne dubito... ENJOY!


Episodio 23 - Rendez-vous senza fermate

Ovvero, il flashback che nessuno aveva chiesto. Avete mai avuto la curiosità di sapere in quali modalità è avvenuto il primo incontro tra Lupin e la sua futura moglie Rebecca? "Ma, guadda, questo non creTo" come direbbe Razzi, ma i realizzatori della serie dovevano allungare ancora un po' il brodo quindi eccovi servita una raffinata (!!) puntata che comincia con un film d'azione interpretato da Rebecca e continua mostrando senza soluzione di continuità la reale fonte d'ispirazione di detta pellicola. In tutta sincerità, dopo due mesi di 'sta noia non ricordavo nemmeno perché Lupin avesse deciso di sposarsi la sciacquetta bionda ma comunque l'episodio racconta di come il ladro gentiluomo, appena arrivato in Italia con l'unico scopo di portare a termine questo matrimonio, abbia rischiato di veder morire anzitempo la sposa per colpa di un inguardabile stalker ciccione che ha deciso di dirottare un treno e uccidere se stesso, Rebecca e il suo maggiordomo per disperazione. Lupin e un riluttante Zenigata si lanciano quindi all'inseguimento del treno e la puntata prosegue tra i litigi e le tristissime gag dei due "salvatori", comprendenti furti di sushi, lo sputtanamento delle forze dell'ordine italiane, lo slalom tra le pecore e i tentativi di spezzare le manette con dei colpi di pistola. Unica nota d'interesse le belle animazioni della forsennata corsa in 500, zeppe di omaggi alle vecchie serie di Lupin. La puntata si conclude con una "scioccante" rivelazione: Rebecca alla fine si è davvero innamorata del ladro gentiluomo!!! Ma vah? Non l'avrei mai detto, guarda...


Episodio 24 - Ti prenderò, Lupin

E quindi, perlappuntamente, Rebecca si è innamorata di Lupin ma lui, stranamente, pare solo interessato a derubare (???) le banche romane. La biondina può soltanto deprimersi producendo vino cancarone dal nome evocativo "Castello Signora Lupin" e consolarsi finendo ogni settimana su Novella 2000: come fare dunque a contattare l'amato quando ai messaggi su whatsupp risponde soltanto la tristissima doppia spunta blu? Ma che diamine, inondando Roma di minacciosi volantini ove si minaccia Lupin di rapimento, of course!! Comincia così l'ennesima, inutile puntata atta ad approfondire la psiche di un personaggio dal character design accattivante ma fondamentalmente insipido, che (se non l'avessimo già capito) si rivela essere nulla più di una ragazzina viziata in cerca di emozioni forti perché zeppa di soldi e annoiata da una vita troppo facile, complice anche un maggiordomo che è praticamente un deus ex machina spaccamaroni ("Signorina, perché non fa come al solito? Compri la banca ed entri, no?" Eh, ovvio). Non vi sto nemmeno a raccontare i momenti WTF di cui è infarcito l'episodio, vi basta solo sapere che Rebecca, messa assieme a Lupin con le spalle al muro, si copre il volto con un biglietto da 100 euro e non viene riconosciuta (immaginate Paris Hilton con una banconota davanti alla faccia, ripresa da un numero incalcolabile di telecamere: irriconoscibile, vero?)... ma questo è nulla rispetto al motivo per cui Lupin entra nei caveau di TUTTE le banche romane senza rubare niente SOLO per impossessarsi di questi fantomatici 100 euro, vincere una scommessa con Jigen e costringerlo a pulire quel lupanare di rifugio che si ritrovano. A Rebecca, a ragazzi': ma lascia perdere 'sta mezza scimmia decerebrata e fai l'upgrade del maggiordomo promuovendolo ad amante, che secondo me 'sto vecchio piacione ti può dare delle gioie (l'ha capito Fujiko, perché tu no?)!

Il lupanare
Sta per finire. Non so come ma questa serie sta per finire e meglio così perché io sto invece per gettare la spugna o per inghiottirla, sperando che mi soffochi. La settimana prossima ci saranno gli ultimi due episodi, L'armonia del mondo prima e seconda parte, nei quali Leonardo Da Vinci si paleserà come boss di fine livello, addormenterà tutti gli italiani (probabilmente facendo loro guardare per intero Lupin III - L'avventura italiana) e quasi sicuramente infilerà la pistola di Jigen e la katana di Goemon in alcune loro parti anatomiche non gradite. Non stupitevi se domenica prossima la cappella di Saint-Hubert del castello di Amboise crollerà per un improvviso terremoto.

Fa che non mi vedano, fa che non mi vedano...
Ecco le altre puntate di Lupin III - L'avventura italiana:

Episodi 1- 4
Episodi 5 - 7
Episodi 8-10
Episodi 11-13 
Episodio 14
Episodio 15
Episodio 16
Episodio 17
Episodio 18
Episodio 19
Episodio 20
Episodi 21-22

domenica 22 novembre 2015

Non aprite quella porta (1974)

Lo scorso 7 novembre è venuta a mancare un'icona horror come Gunnar Hansen e in tale occasione ho deciso di rendergli omaggio guardando il film che lo ha consacrato ad imperitura memoria, Non aprite quella porta (The Texas Chain Saw Massacre), diretto e co-sceneggiato nel 1974 dal regista Tobe Hooper. Se fate parte del pugno di lettori che si dilettano a leggere questo blog ormai avrete capito che lo slasher non è proprio il mio genere. Sarete quindi stupiti di sapere che Non aprite quella porta è uno di quei film che non mi stancherei mai di riguardare, per quanto mi faccia male, male, male da morire ogni volta che la sua perversione, follia e cattiveria mi vengono sbattute in faccia. E siccome ogni critico cinematografico horror che si rispetti ha detto la sua su ciò che sta dietro al film, sulle tecniche utilizzate da Hooper, sul periodo storico in cui la pellicola è stata girata e sulla grandissima influenza di Non aprite quella porta sul cinema che è seguito, vi inviterei a leggere i saggi di chi ne sa molto più di me e a stare attenti agli SPOILER perché il mio sarà un post per nulla tecnico e molto "de panza".


Trama: durante un viaggio in furgone, cinque ragazzi incappano in una famiglia di folli cannibali e vengono coinvolti in un sanguinoso incubo...


Ah, il Texas degli anni '70, che meraviglia. Cimiteri violati, corpi in decomposizione illuminati dai flash di una macchina fotografica, cadaveri dissotterrati e ricomposti in pose plastiche e fantasiose, armadilli morti sulle superstrade e un caldo talmente torrido che anche a novembre mi ritrovo a grondare sudore guardando Non aprite quella porta. Con questi presagi di morte neanche troppo sottili Tobe Hooper fin dall'inizio pare volerci dire che, per la nostra salute mentale, sarebbe meglio non sapere quello che è successo alla giovane Sally e ai suoi amici e forse sarebbe anche meglio uscire dal cinema o spegnere la TV, così come i protagonisti dovrebbero fuggire dal puzzo di carne macellata che impesta tutta quella parte del Texas, attaccandosi a capelli e vestiti come se la morte viaggiasse a mo' di carogna sulle loro spalle. Ma si sa, l'essere umano pecca di voyeurismo ed eccessiva curiosità e noi non possiamo fare a meno di salire sul torrido furgone assieme ai protagonisti e avvicinarci, allegri e spensierati, all'appuntamento con la morte. Non sarà un bel viaggio, tra l'effettiva antipatia dei protagonisti (Sally e i suoi amichetti carini sono odiosi da morire ma il fratello di lei, comprensibilmente incattivito dal fatto di essere paraplegico, forse è anche peggio) e gli inquietanti figuri che popolano le strade del Texas, primo fra tutti l'imprevedibile autostoppista che i nostri caricano con ammirevole sprezzo del pericolo, una sorta di folle e sanguinario messaggero di morte col compito di infastidire ed inquietare lo spettatore, predisponendolo a temere il peggio. E il peggio arriva nelle vesti del "festeggiato" Gunnar Hansen, alias Leatherface, protagonista di una delle scene più efficaci della storia del cinema horror.


Dal momento in cui compare Leatherface per me Non aprite quella porta diventa un delirio di terrore non tanto visivo, quanto uditivo. In effetti, se ci si pensa, la prima apparizione del "mostro" non coincide con una mattanza splatter quanto con un urlo, un atto di violenza neppure troppo efferato e, soprattutto, con il colpo fortissimo di una porta scorrevole che si chiude, celando di fatto agli occhi dello spettatore gli indicibili orrori a cui andrà sicuramente incontro la prima vittima di Leatherface. Da quel momento in poi, i grugniti di Gunnar Hansen, il suono della famigerata motosega e gli strilli terrorizzati e disperati della povera Sally (e dell'amica che avrà la sfortuna di precederla finendo appesa a un gancio da macellaio) saranno la colonna sonora della pellicola, un crescendo di suoni sempre più stridenti capaci di richiamare alla mente dello spettatore, assieme alle folli scenografie messe in piedi dai realizzatori, tutte le nefandezze che Hooper ci lascia solo intuire, senza mostrarci, condecendosi solo una volta al salto sulla sedia gratuito (non aprite quel congelatore più che Non aprite quella porta...); regia e montaggio, serrati e "grezzi", ci avvolgono nelle spire di un incubo claustrofobico nel quale non esistono salvezza o vie di fuga dalla follia che sta attanagliando il Texas. L'apice dell'orrore è la concitata, grottesca scena finale in cui Sally viene costretta ad "andare a cena" con la famiglia di assassini cannibali capitanata dal terrificante nonno mummificato; la sequenza durerà sì e no 10 minuti ma agli occhi dello spettatore ormai annichilito dall'orrore e dall'angoscia sembra interminabile e fa realmente venire voglia di andare lì per uccidere finalmente Sally e liberarla dalle sofferenze piuttosto che aspettare che lo faccia il nonno, che gioca coi nervi scoperti di tutti i coinvolti con quei terribili colpi di martello incapaci di andare a segno.


La fuga di Sally è, a mio avviso, un altro pezzo di grande Cinema. Dopo i lazzi maligni della famiglia cannibale, le urla disperate della protagonista e i suoni metallici del martello, con un ultimo fragore di vetri infranti la ragazza lascia la sala da pranzo buia, sanguinosa e maleodorante e praticamente "rinasce", cadendo pesantemente sulla nuda terra baciata da un sole accecante. In quel momento Non aprite quella porta si "ferma", godendo di un attimo di silenziosa sospensione in cui tutte le speranze dello spettatore e della protagonista si cristallizzano in un momento di ottimistica quiete. E' solo un attimo, ovviamente, ché la fuga di Sally mica è finita lì. Un attimo in cui allo spettatore ormai sfiancato viene concesso di riprendere fiato prima dell'ultimo, rumorosissimo rush di motosega verso l'inevitabile conclusione; dovessi dire la verità, il pre-finale è l'unico punto debole di Non aprite quella porta, forse perché manca sia della ferocia delle prime due, inaspettate apparizioni di Leatherface (non ho citato la scioccante apparizione nel bosco ma è lì che comincia davvero l'incubo ininterrotto), sia perché si ritrova in mezzo a due sequenze indimenticabili e magistrali. Quel maledetto suono di motosega, infatti, accompagna il "balletto" finale di un Leatherface frustrato ed impazzito, talmente colmo di insoddisfatta ferocia che sembra quasi voler tagliare la luce del tramonto e tutto il Texas, ancora e ancora, finché lo Stato e persino il mondo intero non saranno caduti sotto i colpi della sua arma. E' una fortuna che arrivino i titoli di coda a troncare brutalmente quel suono apparentemente senza fine, perché a me succede sempre di concludere la visione di Non aprite quella porta frastornata, senza respiro e tremante. Con la voglia matta di dare un bacio sulla fronte a Tobe Hooper e ricominciare da capo a farmi del male, ovviamente.


Del regista e co-sceneggiatore Tobe Hooper ho già parlato QUI mentre Marilyn Burns, che interpreta Sally, la trovate QUA.

Edwin Neal interpreta l'autostoppista. Americano, ha partecipato a film come JFK: Un caso ancora aperto e a serie come Power Rangers, Power Rangers Zeo, Power Rangers Turbo, Power Rangers in Space e Power Rangers Lost Galaxy; come doppiatore, ha lavorato per serie come Gatchaman, la battaglia dei pianeti e Il mistero della pietra azzurra. Anche sceneggiatore e produttore, ha 70 anni e un film in uscita.


Gunnar Hansen interpreta Leatherface. Islandese, ha partecipato a film come Campfire Tales, Mosquito, Reykjavik Whale Watching Massacre e Non aprite quella porta 3D. Anche sceneggiatore, è morto il 7 novembre di quest'anno, all'età di 68 anni.


John Larroquette (vero nome John Edgar Bernard Larroquette Jr.) è il narratore. Americano, ha partecipato a film come Il bacio della pantera, Ai confini della realtà, Appuntamento al buio, Roba da matti, JFK - Un caso ancora aperto, Richie Rich - Il più ricco del mondo, Il cavaliere del male, Non aprite quella porta, Beethoven 5, Non aprite quella porta: l'inizio e a serie come Il tenente Kojak, Fantasilandia, Mork & Mindy, Dallas, Dr. House e CSI: NY; come doppiatore, ha lavorato per serie come Phineas & Ferb. Anche regista e produttore, ha 67 anni e un film in uscita.


Paul A. Partain, che interpreta il paraplegico Franklin, sarebbe tornato per una breve guest appearance in Non aprite quella porta IV, con Matthew McConaughey e Renée Zelwegger, uno dei molti sequel, prequel e remake della pellicola originale. Gli altri sono Non aprite quella porta - Parte 2, sempre diretto da Tobe Hooper, Non aprite quella porta - Parte 3, Non aprite quella porta, Non aprite quella porta: L'inizio e Non aprite quella porta 3D, ai quali dovrebbe aggiungersi l'anno prossimo il prequel Leatherface, diretto da Alexandre Bustillo e Julien Maury. Nell'attesa, se Non aprite quella porta vi fosse piaciuto recuperateli e aggiungete La casa dei 1000 corpi e La casa del diavolo. ENJOY!



venerdì 20 novembre 2015

Quattro dopo Splinder

Che vergogna.
Quattro anni dal trasferimento su Blogger e io mi stavo dimenticando di celebrare la ricorrenza.
Potrei arrampicarmi sugli specchi e dirvi che avevo preparato un post meravigliosamente originale che, ahimé, è stato cancellato causa black out ma la verità è che sono troppo scema e sincera: mi sono ritrovata come una fessa a fissare lo schermo, improvvisamente consapevole che oggi è già il 20 novembre e io non ho preparato nulla.
Quindi, per rimediare, ecco quattro segreti legati al Bollalmanacco che nessuno conosce e dei quali, immagino, non vi fregherà nulla.



1. Quando persone che conosco di vista o non vedo spesso mi apostrofano con "Uh, leggo sempre il tuo  blog!" mi vergogno come una ladra e ringrazio balbettando, sperando che giunga il Demone Calderiano a portarmi via in quell'esatto istante.

2. Quando i miei amici stretti chiedono "oh, ma l'hai visto quel film?" e io ne ho parlato il giorno prima sul blog mi scende invece una triste e silenziosa lacrima sul viso. Il mondo diventa un posto brutto, freddo e solitario, popolato solo dalle mie paranoie e psicosi. Sigh.

3. Dico dico ma gli articoli che mi diverto di più a scrivere sono quelli dedicati a Lupin III - L'avventura italiana, per quanto mi faccia schifo la serie. E sì, mi ritengo una #MassimaEsperta di Lupin. Al diavolo la modestia.

4. Evito consapevolmente di affrontare quelli che considero i Grandi Classici o i Capolavori o i Cult. Purtroppo ogni tanto sono costretta a farlo ma preferirei dissertare di astrofisica piuttosto che scrivere banalità sui film che amo alla follia.


Ecco qua, i Segreti di Pulcinella che mi rivelano pavida, insicura e anche un po' paracula. Una bella personcina, via.
Scherzi a parte, se sono ancora qui dopo quattro anni è perché c'è gente che legge quel che scrivo quindi GRAZIE a tutti i lettori, commentatori, lurker, amici, nemici, blogger e non che ogni giorno si prendono la briga di dedicare cinque minuti del loro tempo ai miei deliri.
Ricordate anche che il Bollalmanacco ha una pagina feisbuc. Piacciàtela, thanks.
TantoLLove.

E chi non capisce il riferimento è una persona MALE. O forse giovane. Che è peggio!

Last Shift (2014)

Ne hanno parlato tutti nei mesi scorsi, facendomi salire una bella scimmia; così, per il post-Halloween, ho deciso di guardare Last Shift, diretto e co-sceneggiato nel 2014 dal regista Anthony DiBlasi.


Trama: l'agente Loren, appena entrata nel corpo di polizia, è costretta a fare l'ultimo turno di notte all'interno di una stazione destinata a venire dismessa il giorno dopo. La giovane si ritroverà a dover affrontare fenomeni inspiegabili..


Last Shift è un altro di quei film a cui il tam tam in rete ha fatto benissimo. Nonostante avessi già apprezzato Anthony DiBlasi con Dread, il suo non è comunque un nome che mi è rimasto impresso, dunque se non avessi letto in giro di Last Shift non avrei neppure cercato di recuperare questa terrificante, angosciante pellicola che, di per sé, non brilla di originalità e parte con una situazione talmente tipica che in quest'ultimo decennio è stata sviscerata in tutti i modi possibili e immaginabili, spesso con scarsissimi risultati. Eppure, durante la visione di Last Shift non è tanto la trama ad importare (abbiamo a che fare con un luogo infestato e con adoratori del demonio ai quali è stata garantita l'immortalità, perlomeno "in spirito") quanto l'impostazione di tutta la vicenda, l'interpretazione di Juliana Harkavy e le scelte registiche e scenografiche. Il film di DiBlasi stimola il senso di impotenza e l'empatia dello spettatore presentando una situazione iniziale plausibile: la protagonista, una novellina alle prime armi desiderosa di fare bella figura e decisa ad onorare la memoria del padre defunto in servizio, è costretta a rimanere sola all'interno di una stazione di polizia in attesa degli agenti chiamati a "bonificare" la saletta delle prove organiche. A sua disposizione l'agente ha solo il cellulare, un telefono interno al quale non dovrebbero arrivare più chiamate e il numero diretto del burbero responsabile, per il resto può contare solo su sé stessa e come ulteriore handicap c'è il fatto che abbandonare il presidio significherebbe perdere lavoro e autostima. Dopo pochissimo tempo, all'interno della stazione cominciano ad accadere le cose più strane e se all'inizio ogni evento potrebbe essere spiegabile ed affrontabile con professionale tranquillità, mano a mano i fenomeni ai quali è costretta a testimoniare la protagonista si fanno sempre più violenti, inquietanti e incontrollabili, portando l'agente a perdere lucidità e costringendo lo spettatore a sopportare assieme a lei tutti gli orrori che si nascondono all'interno della stazione di polizia oltre a crisi di ansia sempre più intense.


Juliana Harkavy, costretta a reggere sulle proprie spalle l'intero film, offre un'interpretazione magistrale, distante da quella della solita scream queen: l'agente Loren non è una sprovveduta, anzi, affronta di petto tutte le situazioni inspiegabili che le si parano davanti, ma nel corso del film assistiamo ad un crudele gioco di manipolazione psicologica che la trasformerà nell'ombra di sé stessa, una ragazzina dal complesso paterno incapace di distinguere l'incubo dalla realtà. Non che DiBlasi in questo la aiuti, eh. Il regista crea la situazione più angosciante in assoluto, girando un horror quasi interamente illuminato da una luce artificiale fortissima che rende il buio esterno o nascosto in attesa dietro le porte semi-aperte ancora più oscuro ed insondabile. Non so se a voi è mai capitato da piccoli di rimanere soli d'inverno in casa mentre la mamma usciva un quarto d'ora, magari per andare in cantina, e voi eravate costretti a stare in cucina ad aspettarne il ritorno, con la luce del neon che non riusciva a raggiungere il corridoio proprio alle vostre spalle; ecco, in Last Shift succede proprio questo ma in più c'è un'attesa di otto ore, all'interno di un luogo sconosciuto e palesemente ostile. Davanti a questa prospettiva diventano terrificanti anche dei cliché come i filmati che partono da soli, le porte che si aprono, i telefoni che squillano all'improvviso o i fantasmi dall'aspetto demoniaco (il make-up e gli effetti speciali di Last Shift sono fenomenali) perché tutti questi elementi si innestano in un'ambientazione claustrofobica e surreale, senza limitarsi a provocare uno spavento temporaneo ma diventando parte integrante di un orrore fisico e psicologico. Insomma, di nuovo bravo ad Anthony DiBlase, che è stato capace di spaventarmi e turbarmi ancora una volta.


Del regista e co-sceneggiatore Anthony DiBlasi ho già parlato QUI.

Juliana Harkavy interpreta Jessica Loren. Americana, ha partecipato a film come La mia super ex-ragazza e a serie come The Walking Dead e Constantine. Anche sceneggiatrice, ha 30 anni e tre film in uscita.


Se Last Shift vi fosse piaciuto recuperate Distretto 13: Le brigate della morte, dal tema simile ma non sovrannaturale. ENJOY!

giovedì 19 novembre 2015

(Gio) WE, Bolla! del 19/11/2015

Buon giovedì a tutti! Oggi lo è soprattutto per i fan dell'insopportabile Ragazza di Fuoco i quali, finalmente, vedranno conclusa una delle saghe più remunerative degli ultimi anni. Io invece avrei voluto vedere Mr. Holmes con Ian McKellen ma ciccia, almeno a Savona... ENJOY!


Hunger Games - Il canto della rivolta parte 2
Reazione a caldo: Anche no.
Bolla, rifletti!: E niente, a me questa saga 'sta sulle balle. Ho abbandonato i film al primo episodio e i libri al secondo volume, vuoi per la pochezza della realizzazione vuoi per l'antipatia dei personaggi. Che i fan si divertano, io me ne chiamo fuori!

Loro chi?
Reazione a caldo: Hmmm!!!
Bolla, rifletti!: Dopo Smetto quando voglio tendo a tenere sott'occhio i vari attori che hanno partecipato, tra i quali figura ovviamente Edoardo Leo. Ho dunque guardato il trailer di Loro chi? con uno sguardo incuriosito che solitamente non riservo alle commedie italiane: questa storia truffaldina mi conquisterà come il film di Sibilia? Ne dubito ma credo le darò comunque una chance.

Al cinema d'èlite si va proprio sul cinefilo spinto..!

Rams - Storia di due fratelli e otto pecore
Reazione a caldo: Oddio!!
Bolla, rifletti!: Film islandese, candidato all'Oscar come miglior film straniero per il 2016, la pellicola di Grímur Hákonarson racconta perlappuntamente di due fratelli allevatori che non si parlano da quarant'anni e sono costretti ad unire le forze per salvare lo storico allevamento di famiglia. Un po' dramma e un po' commedia, Rams parrebbe sufficientemente particolare da titillare l'interesse...

mercoledì 18 novembre 2015

Altered - Paura dallo spazio profondo (2006)

Spulciando qui e là in rete mi è saltato all'occhio Altered - Paura dallo spazio profondo (Altered), diretto e co-sceneggiato nel 2006 dal regista Eduardo Sánchez, e ho deciso di guardarlo.


Trama: cinque ragazzini vengono rapiti e seviziati dagli alieni e uno di loro muore nel corso di orribili esperimenti. Da adulti, spinti chi da un desiderio di vendetta, chi trascinato nella vicenda nonostante la ferma volontà di scappare, si ritrovano a dover affrontare quegli stessi alieni...



Per chi ha vissuto in pieno l'epoca Blair Witch Project come la sottoscritta il nome di Eduardo Sánchez, seconda metà della coppia che ha donato al mondo il papà di tutti i found footage moderni, suscita ancora un po' di affettuosa curiosità. Ed è per questo che, pur non andando particolarmente matta per gli alieni e pur essendone francamente anche terrorizzata, ho deciso di dare una chance ad Altered - Paura dallo spazio profondo, un film al quale inizialmente non avrei dato un centesimo ma che in qualche modo mi ha coinvolta e anche un po' spaventata. La trama si concentra su una triste storia di vendetta che comincia "in medias res" nel momento in cui tre dei protagonisti esordiscono cacciando una creatura aliena in un bosco; questo inizio al fulmicotone ha un effetto straniante perché lì per lì parrebbe quasi che nell'universo descritto da Altered la caccia all'alieno sia comune quanto qui quella al cinghiale, come se la Terra fosse stata invasa e fosse in corso una guerra tra umani ed extraterrestri. In realtà, andando avanti col film verremo a scoprire che i tre (ai quali si aggiungerà il vero protagonista della pellicola, Wyatt) sono vittime isolate di rapimenti alieni, condannati a vivere una vita di terrore, sensi di colpa e continue prese in giro proprio a causa del terribile evento che ha distrutto la loro infanzia. Altered prende quindi il via dal desiderio dei tre di farla pagare agli alieni uccidendo l'essere che sono riusciti a catturare ma il vero motore dell'azione è la ferrea consapevolezza di Wyatt, l'unico rimasto prigioniero per più tempo e conseguentemente il più esperto in materia ma anche quello che pensa giustamente a fuggire dal passato, che l'eventuale morte dell'orribile ostaggio scatenerebbe l'ira dei suoi simili, condannando l'umanità all'estinzione. La particolarità di Altered è quindi la presenza di un mostro orrendo, sanguinario e anche molto bastardo, il quale gioca sul fatto che i protagonisti possono torturarlo e tenerlo prigioniero ma non ucciderlo, con tutto quello che ne consegue; questo meccanismo regge benissimo per la prima metà del film, claustrofobica, tesa e disperata oltre che condita da un paio di momenti splatter non da poco, ma si perde un po' nella seconda, più banale e raffazzonata.


Altered perde di efficacia nel momento in cui parecchi pezzi vengono tolti dalla scacchiera e l'azione si concentra essenzialmente sul protagonista, una specie di radar per alieni "alterato" dagli stessi in un modo che non viene mai specificato. La claustrofobica e cauta sopravvivenza racchiusa in quattro mura diventa una fuga disperata tra strade e boschi o si traduce in duelli mentali tra Wyatt e l'alieno zannuto, più fastidiosi per le orecchie dello spettatore (straziate da terribili stridii) che paurosi e non bastano un paio di momenti di nera ironia per risollevare una risoluzione frettolosa ed un finale fiacco. C'è da dire che, in generale, a me gli alieni terrorizzano quando sono appiedati mentre quando compaiono eventuali astronavi innalzo un muro di scetticismo e ho quindi trovato sconsiderata l'idea di destinare buona parte del budget ad un orrido veicolo spaziale realizzato con una CGI da poveracci, una vera caduta di stile di cui Altered poteva fare a meno. A parte tutto, il film di Sánchez si lascia guardare, soprattutto grazie alla presenza di caratteristi capaci, che mettono l'anima per far sì che i loro personaggi buchino lo schermo consentendo allo spettatore di interessarsi alla loro storia e soprattutto alla loro sorte; il protagonista è un po' moscetto e lo zoticone Cody per buona parte del film è costretto nel ruolo del redneck iracondo, volgare e pazzo ma Brad William Henke e il veterano della strega di Blair Michael C. Williams danno vita a due personaggi ai quali non è possibile volere male. Quanto al trucco dell'alieno... ecco, diciamo che non vorrei mai trovarmi davanti una simile aberrazione, la versione carnivora di un Exogino (che, se ricordate, erano già brutti di loro!) con una fastidiosa passione per le interiora umane, però come al solito ho provato più ansia quando questa schifezzuola verde e zannuta non veniva inquadrata piuttosto che di fronte ad eventuali primi piani. A parte le mie considerazioni deviate, Altered è un film che merita una visione, dategli una chance!


Del regista e co-sceneggiatore Eduardo Sánchez ho già parlato QUI mentre Michael C. Williams, che interpreta Otis, lo trovate QUA.

Adam Kaufman interpreta Wyatt. Americano, ha partecipato a serie come Buffy l'ammazzavampiri, Dawson's Creek, Taken, CSI: Miami, CSI NY, Monk, Senza traccia, Melrose Place e 90210. Ha 41 anni.


Brad William Henke interpreta Duke. Americano, ha partecipato a film come The Fan - Il mito, Space Jam, North County, World Trade Center, Pacific Rim, Fury e serie come Nash Bridges, ER Medici in prima linea, Jarod il camaleonte, Più forte ragazzi, CSI Scena del crimine, Dexter, Cold Case, CSI: Miami, Lost, Criminal Minds e Bones. Anche sceneggiatore e produttore, ha 49 anni e tre film in uscita.


Se Altered - Paura dallo spazio profondo vi fosse piaciuto recuperate anche Dark Skies - Oscure presenze. ENJOY!

martedì 17 novembre 2015

Il Bollodromo #22: Lupin III - L'avventura italiana (episodi 20-21)

Siamo arrivati quasi alla conclusione di quella che si sta rivelando la serie più diludente di sempre, l'equivalente di una mattina di Natale in cui ti svegli sperando di trovare sotto l'albero, chessò, un biglietto per una cena con Bruce Willis e invece scartando il pacchetto scopri che finirai ad ammorbarti ad un concerto di Max Pezzali. Cose che ti fanno scendere la lacrima compulsiva anche se stavolta perlomeno Lupin III - L'avventura italiana è cominciato alle 23.20... ENJOY!

Quest'immagine però è splendida!
Episodio 20 - Per sentirti cantare ancora

A proposito di tristezza. Filler tra l'inutile e il dannoso, forse quello disegnato peggio finora, sia per quel che riguarda i personaggi secondari (la cantante Nora tanto quanto è carina ma il marito e, soprattutto, il venditore di automobili in guisa di Elvis/Frankie/Zenigata da giovane non si possono guardare) che per quelli principali, tanto che Lupin e Fujiko a tratti non paiono nemmeno loro. L'episodio verte interamente sul "furto" di un'automobile d'epoca, appartenuta ad una cantante famosa negli anni '50 e ora in fin di vita; le virgolette sono d'obbligo, in quanto a Lupin è stato semplicemente commissionato di guidare l'auto dal punto A, la concessionaria, al punto B, un camion, solo per accrescere il valore commerciale della vettura. Purtroppo la vettura è come Herbie, il maggiolino tutto matto, e ha una volontà propria che non coincide con quella del ladro. Il tutto mentre sullo sfondo scorre la storia, triste quanto volete, per carità, di due personaggi dei quali non frega una cippa a nessuno e Lupin è costretto a cantare un'ammorbante e melensa canzonetta. Le lacrime scorrono copiose sul finale ma è solo per il dolore di avere visto l'ennesima, tremebonda puntata ciofeca.


Episodio 21 - Dal Giappone con amore

Con l'episodio 21 Lupin e soci tornano in un Paese più congeniale a loro e forse anche agli sceneggiatori che, incredibile ma vero, riescono a confezionare l'ennesimo filler rendendolo però stranamente supercazzoloso e divertente. La puntata verte sulla sfida tra Fujiko e un nuovo detective (un inquietante e vanesio figuro dall'abito nipponico, il cappello all'occidentale e l'evocativo cognome Holmes, accompagnato da due assistenti altrettanto peculiari) che riesce a mettere nel sacco Lupin dopo averli ingannati entrambi ma compie l'errore fatale di sottovalutare la pettoruta miss Mine in quanto donna. Tolto l'esordio da vera demente di Fujiko, convinta di avere davanti Goemon quando è palese che il samurai MAI si ubriacherebbe con lei e di sicuro non le proporrebbe una scommessa mettendo di mezzo Lupin, l'episodio è interessante proprio per il modo in cui riesce a sottolineare l'importanza di Fujiko, che nulla ha da invidiare ai suoi colleghi maschi in quanto ad abilità e forza. Molto belle le animazioni, l'abbondante utilizzo di colori autunnali e l'idea di cambiare l'intro iniziale per omaggiare il Giappone (ultimamente si vede una Gioconda e si sente la frase "L'arte e il ladro hanno una cosa in comune: entrambe ti rubano il cuore" mentre nell'episodio 21 la stessa frase viene scritta in giapponese ed accompagnata dall'immagine di un misterioso neko) e molto apprezzabile anche il giusto equilibrio tra momenti seri e momenti faceti. Ovviamente, su tutto vince l'inedita mise di Jigen con cappello, kimono e capelli raccolti in una coda, che mi ha causato una terrificante epistassi alla faccia del "completo da campione di petanque" visto qualche settimana fa. Più Jigen in kimono pe' tutti!!!

MioDDio!!! *___*
Come vedete, Lupin III - Lavventura italiana sta quasi per concludersi, tra alti (pochissimi) e bassi (incalcolabili). Mancano ancora quattro puntate e posso solo sperare che il ritorno temporaneo in terra nipponica abbia contribuito ad ossigenare il cervello dei realizzatori sebbene sia sempre più propensa a dubitarne. Anche perché la prossima puntata, ahimé, vedrà il ritorno di Rebecca e del suo maggiordomo, entrambi rapiti (di nuovo un rapimento? Ma chePPalle!!!!!) e infilati in un treno tallonato dalla strana coppia di salvatori Lupin/Zazà. Io scommetto nell'ennesima camurrìa, voi? Alla prossima!

Ecco le altre puntate di Lupin III - L'avventura italiana:

Episodi 1- 4
Episodi 5 - 7
Episodi 8-10
Episodi 11-13 
Episodio 14
Episodio 15
Episodio 16
Episodio 17
Episodio 18
Episodio 19
Episodio 20

domenica 15 novembre 2015

Kill List (2011)

Ci ho messo un po' ma finalmente trovo il coraggio di parlare di Kill List, diretto e co-sceneggiato nel 2011 dal regista Ben Wheatley.


Trama: un ex soldato riciclatosi come sicario, in piena crisi coniugale e lavorativa, decide di accettare un incarico e uccidere delle persone inserite in una lista. Neanche a dirlo, sarà l'inizio di un incubo...



Quando aspetto giorni per scrivere un post (tolta la perenne mancanza di tempo, chevvelodicoaffare) è perché o il film non mi è piaciuto oppure perché ho avuto bisogno di rifletterci su. Il caso di Kill List rappresenta un misto di queste due possibilità perché, ammettiamolo, non è che la pellicola di Wheatley mi abbia appassionata più di tanto di primo acchito, complice anche l'ora tarda e un'altra serie di circostanze sfavorevoli accorse durante la visione. Anzi, diciamo pure che alla fine ero talmente perplessa da aver aperto una sorta di "simposio" via WhatsApp durante il quale la buona e paziente Silly ha dato risposta ad alcuni miei dubbi. Partendo da un suo paio di interpretazioni illuminate ho passato i giorni a rigirarmi nella mente Kill List e alla fine sono giunta alla conclusione che la pellicola di Ben Wheatley è una bomba proprio perché un film che da da pensare per così tanto tempo, di questi tempi così superficiali, è già di per sé un piccolo miracolo. E poi perché riesce ad essere uno splendido omaggio a The Wicker Man mantendendo contemporaneamente una sua spiccata personalità e anche questo non è poco, anzi. Se mai vi accingerete a guardare Kill List toglietevi innanzitutto dalla testa di trovarvi davanti un horror nel senso stretto della parola e, soprattutto, non crediate che la trama sia lineare ed univoca, in quanto la sceneggiatura scritta da Wheatley e dalla moglie Amy Jump si apre a mille interpretazioni diverse, tutte quante plausibili. D'altronde il protagonista è un ex militare afflitto palesemente da stress post traumatico, incapace sia di condurre una vita normale con la moglie e il figlio, sia di tornare a "lavorare", dove per lavorare si intende riprendere l'attività di sicario, condivisa con l'amico ed ex commilitone Gal: nel film si fa spesso cenno a "qualcosa" accaduto a Kiev, durante una missione omicida in cui probabilmente Jay ha perso il controllo, conseguentemente possiamo dire che la frammentazione del montaggio e la scarsità di informazioni fornite allo spettatore, che concorrono a rendere Kill List molto criptico, siano un modo di rappresentare la psiche fragile e torturata del protagonista, soggetto ad apatia e scoppi improvvisi di violenza.


Al legame profondo tra protagonista e realizzazione del film, il cui cammino verso il finale è scandito da capitoli come se ci trovassimo davanti a una tragedia greca o ad un impietoso countdown, si accompagna il modo sottile ed inquietante col quale Wheatley inserisce l'Orrore in questa storia di traumi, problemi familiari e criminali. Un Orrore perturbante che induce lo spettatore a riprendere Kill List per riguardarlo tutto da capo, cercando di cogliere i segni in grado di prefigurare il terrificante, angoscioso finale, per capire come si possa essere arrivati a quel punto. In effetti, io con quel finale (di cui non parlerò) ho avuto molti problemi e Silly lo sa, semplicemente non potevo accettarlo né capirlo, abituata come sono a guardare horror dotati di spiegazioni "razionali" e fondamentalmente univoche. Su questo finale mi sono incaponita, nonostante mi sia stato consigliato di non farlo, di accettarlo e lasciarmi trasportare, ho deciso di ripercorrere da capo ogni scena, anche la più insignificante, ed è stato così che a un certo punto la tragedia e il destino di Jay sono diventati lapalissiani e perfettamente plausibili. E' servita solo molta, moltissima attenzione ed è stato necessario rifocalizzare il cervello su un tipo di intrigo quasi "antiquato", centellinato e bastardo, affidato più alla sensibilità soggettiva dello spettatore che a qualcosa di oggettivo e universale. Quando anche l'ultima tessera del puzzle è andata a posto mi si è aperto un mondo e ho capito che Kill List è uno degli horror più intriganti che siano stati girati nell'ultimo decennio, nonché uno dei più crudeli ed impietosi e stupidissima io a non averlo capito subito e a non aver dato fiducia a Ben Wheatley, autore assolutamente non banale che già avevo apprezzato in The ABCs of Death e Killer in Viaggio. So bene che questo post non ha alcun senso ma è servito a me per scendere a patti con questo piccolo gioiellino, per ricordarmi che non è mai bene dar retta alla mia testa d'Ariete e buttare giù dei giudizi affrettati nati dall'errata convinzione di non capire. A volte basta solo rilassarsi e rifletterci un po'.


Del regista e co-sceneggiatore Ben Wheatley ho già parlato QUI mentre Michael Smiley, che interpreta Gal, lo trovate QUA.

Neil Maskell interpreta Jay. Inglese, ha partecipato a film come Basic Instinct 2, Doghouse, Pusher e The ABCs of Death. Anche regista e sceneggiatore, ha 39 anni e due film in uscita.


MyAnna Buring interpreta Shel. Svedese, ha partecipato a film come The Descent, Omen - Il presagio, Grindhouse, Doomsday - Il giorno del giudizio, Lesbian Vampire Killers, The Descent: part 2, The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1, The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 2 e a serie come Downton Abbey. Ha 36 anni e tre film in uscita.


Se Kill List vi fosse piaciuto recuperate The Wicker Man. ENJOY!

Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...