martedì 2 gennaio 2018

El Bar (2017)

Ultimamente Netflix mi ha fatto una bella sorpresa e ha messo in programmazione El Bar, l'ultimo film diretto e co-sceneggiato dal regista Álex de la Iglesia.


Trama: otto persone rimangono chiuse in un bar di Madrid mentre all'esterno le persone sembrano prese di mira da cecchini invisibili...



De la Iglesia è pazzo, non c'è dubbio. Un pazzo adorabile ed imprevedibile, che parte lento e divertente e finisce lasciando lo spettatore con un'angoscia incredibile. El Bar è, mi si passi il paragone azzardato, il The Mist di de la Iglesia, con una minaccia esterna non meglio identificata (almeno all'inizio) al posto della nebbia e dei mostri assetati di sangue, ma a tratti ricorda anche un altro grande esponente dell'horror spagnolo, l'indimenticato [Rec], soprattutto quando la situazione comincia a farsi più chiara, benché non meno terribile. Perché ho nominato The Mist? Perché il fulcro della pellicola è mostrare cosa succede quando delle persone normalmente civilizzate vengono rinchiuse per lungo tempo all'interno di quattro mura mentre "qualcosa" ne alimenta la paura e mette in pericolo la loro incolumità fisica, privandole persino dei fondamentali appigli di sicurezza presenti nella società attuale: televisione e telefoni cellulari. Gli avventori del bar per prima cosa accendono la TV per vedere se qualcuno sta parlando della situazione esterna e la loro confusione aumenta quando l'apparecchio mostra solo programmi spazzatura ed inquietanti film horror, come se nulla fosse successo nel centro di Madrid; ancora peggio, il 90% dei loro cellulari o è quasi scarico (la vita appesa ad una tacca di batteria, aiuto!) oppure non prende, quindi ricevere notizie dall'esterno o chiedere aiuto è praticamente impossibile. Rimane quindi solo da affidarsi ai compagni di sventura ma come si fa quando la paura comincia a mordere con forza e chiunque potrebbe essere un terrorista, un nemico, un folle pronto a fare una strage? Nella prima parte di El Bar, più commedia surreale che thriller, si rincorrono senza sosta dialoghi atti non solo ad indagare sul mistero esterno all'esercizio ma soprattutto a sottolineare l'incomunicabilità che vige tra gli esseri umani, l'innato disprezzo verso persone di ceto sociale diverso, i pregiudizi verso chi non corrisponde al proprio ideale di "probo cittadino", la strenua volontà di indossare una "maschera" che possa o isolarci dalla società oppure farci spiccare agli occhi delle persone: emblematico è non solo Nacho, con le sue pose da hipster, ma anche la bella Elena che "mai sarebbe entrata in un posto come questo" oppure la sanguigna proprietaria del bar, preoccupata solo della sua pelle. Ironicamente, l'unica voce della verità è quella del folle barbone Israel, che approfitta della situazione non tanto per ricoprire gli astanti con le sue vaneggianti citazioni bibliche ma per svelare a poco a poco, col suo comportamento imprevedibile e violento, la vera personalità di tutti quelli che, dall'alto del loro essere integrati nella società, si credono superiori a lui e meno istintivi o bestiali.


Nella seconda parte del film esplode invece la personalità esagerata di de la Iglesia, quel cinema dell'eccesso sanguinolento e chiassoso che fa un po' da corollario alle opere del regista, anche le più poetiche (come per esempio Ballata dell'odio e dell'amore). Lì il buon de la Iglesia non si risparmia tra momenti di claustrofobia pura, sangue, merda (chiamiamola col suo nome anche perché giuro che a me veniva schifo), violenza, follia e altri scomodi momenti di verità persino commovente (la rivelazione di Trini fa vergognare persino lo spettatore per averla malgiudicata); il montaggio si fa serrato, la regia diventa quella di un incubo, il paragone tra El Bar e un prodotto come [Rec] diventa ancora più calzante (anche se per fortuna qui non abbiamo riprese da found footage) e nonostante l'ambiente cupo di cantine e fogne le immagini sono molto belle e il regista non smette di usare l'ironia, per quanto amara e terribile. Sul finale, non si capisce bene se ciò che viene mostrato sia frutto di sceneggiatura oppure, in parte, sia stato ripreso dal vero, come in una candid camera; nel secondo caso, la direbbe lunga sul punto di degrado raggiunto dalla nostra società, all'interno della quale la gente tende a farsi i fatti suoi anche davanti a persone ridotte quasi a brandelli, e confermerebbe la tesi portata avanti dal regista per tutto il film. La tristezza di un bar dove non solo i proprietari o i dipendenti fingono empatia per attirare i clienti o perché "è il loro lavoro" ma anche di habitué che in realtà non si conoscono, non parlano, non vanno oltre le dicerie, o di persone sole che sembrano lottare con le unghie e con i denti per trovare un minimo di felicità o di empatia nel prossimo ma, in sostanza, sono concentrati esclusivamente su loro stessi. Un piccolo bar di Madrid diventa così metafora del mondo intero e quanto fa male assistere all'ironica, ridicola e geniale scena di dialogo in cui ognuno parla di ciò che lo preoccupa senza nemmeno ascoltare quello che hanno da dire gli altri...


Del regista e co-sceneggiatore Álex de la Iglesia ho già parlato QUI.

Blanca Suárez interpreta Elena. Spagnola, ha partecipato a film come Shiver, La pelle che abito, Gli amanti passeggeri e Mi gran noche. Ha 29 anni e un film in uscita.


Mario Casas interpreta Nacho. Spagnolo, ha partecipato a film come Tres metros sobre el cielo, Tengo ganas de ti, Le streghe son tornate e Mi gran noche. Ha 31 anni e tre film in uscita.


Terele Pávez interpreta Amparo. Spagnola, ha partecipato a film come Il giorno della bestia, Film per non dormire: La stanza del bambino, Ballata dell'odio e dell'amore, Le streghe son tornate e Mi gran noche. E' morta proprio quest'anno, all'età di 78 anni, tuttavia devono ancora uscire tre pellicole che la vedono protagonista.


In El Bar c'è abbondanza di attori che avevano già collaborato con de la Iglesia: Carmen Machi, alias Trini, ha partecipato a Mi gran noche assieme a Jaime Ordóñez (Israel, l'attore è apparso anche in Le streghe sono tornate) mentre Secun de la Rosa, che interpreta Sátur, era nel cast di Le streghe son tornate e Joaquín Climent, ovvero Andrés, è comparso in Ballata dell'odio e dell'amore. Se El Bar vi fosse piaciuto recuperate The Mist e The Divide. ENJOY!


10 commenti:

  1. Non sapevo della morte di Terele Pávez, mi dispiace moltissimo. Sai quali saranno i suoi prossimi film?
    Io amo de la Iglesia, non c'è un film che non mi sia piaciuto e ciò che più ammiro è la maestria con la quale mischia sapientemente la commedia con la tragedia. Ogni film ha un'anima profonda, anche El Bar (forse quello apparentemente più "semplice"). Concordo pienamente con ciò che hai scritto, come se lo avessi scritto io, amica 😄

    RispondiElimina
    Risposte
    1. I titoli che risultano confermati sono Ay, mi madre! e Caribe Mix, tutti previsti per quest'anno in Spagna ed entrambi commedie. C'è anche La noche después que mi novia me dejara, che pare una commedia nera e che quindi dovrebbe essere un po' più nelle nostre corde ma le date di uscita non ci sono.

      Quanto a De La Iglesia, un suo film può non piacere al 100% ma è sempre bello da vedere!

      Elimina
  2. Avevo letto di questo film da Fede Stories! Questo regista mi ha sempre attratto, devo iniziare a vedere qualcosa. Potrei partire proprio da questo!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo è molto bello e lo trovi su Netflix, ti consiglio anche Le streghe son tornate, molto simpatico!

      Elimina
  3. L'hanno messo su NEtflix? Molto interessante, so già quale sarà la mia prossima visione :)

    RispondiElimina
  4. Davvero un gran bel film,ci è piaciuto molto!!!Ci siamo capitati x caso grazie a Netflix,ma se non sbaglio già altre cose dello stesso regista ci erano piaciute...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se non sbaglio ti era piaciuto anche Le streghe son tornate, giusto?

      Elimina

Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...