venerdì 31 maggio 2019

Cimitero vivente (1989)

Approfittando di un graditissimo regalo di compleanno ho rivisto in questi giorni Cimitero vivente (Pet Sematary), diretto nel 1989 dalla regista Mary Lambert e tratto dal romanzo Pet Sematary di Stephen King. Sarà un post lungo e sconclusionato.


Trama: il medico Louis Creed, da poco trasferitosi con la sua famiglia in una cittadina del Maine, viene a conoscenza dei poteri di resurrezione di un terreno indiano poco distante dalla nuova casa il giorno in cui muore l'adorato gatto della figlia.



Ho procrastinato, lo ammetto. Avevo intenzione di guardare Cimitero vivente subito dopo Pet Sematary e poi non ce l'ho fatta. Giusto la settimana scorsa la mia famiglia ha subito un terribile lutto e francamente non me la sentivo di immergermi nell'atmosfera cupa e mortifera di quello che ritengo uno dei più begli adattamenti Kinghiani. Ovviamente, avevo ragione a non sentirmela, perché Cimitero vivente gioca sporco, più del suo cugino del 2019, ed entra nel cuore dello spettatore in un modo che l'80% degli horror si può solo sognare. E pensare che la sceneggiatura l'ha scritta Stephen King in persona e sappiamo tutti quanto lo zio Steve, nonostante sia uno degli scrittori migliori di sempre, sia un cane per quanto riguarda gli adattamenti cinematografici delle sue stesse storie; stavolta, nonostante qualche passo falso (Pascow "fantasma buono", poi ci torno), King non sbaglia un colpo e ci strappa il cuore dal petto sbattendoci in faccia il dramma ineluttabile della famiglia Creed partendo in primis dalla costruzione dei personaggi e dei legami che intercorrono tra loro. Di Pet Sematary lamentavo l'utilizzo improprio di Jud Crandall, quel suo essere amico di famiglia "perché sì", mentre qui il "perché sì" non esiste e nonostante il metraggio breve della pellicola si ha tutto il tempo di indagare a fondo nell'animo dei protagonisti. Il rapporto di amicizia tra Jud e Louis viene creato e reso plausibile anche senza la presenza della moglie di Jud (salvata, nel romanzo, proprio da Louis) e in questo modo risultano verosimili non solo l'offerta di seppellire Church nel cimitero indiano ma anche il dolore causato dal tradimento, per quanto fomentato da forze superiori, assieme al fondato terrore di aver provocato la morte di un bambino e distrutto così la propria "nuova" famiglia, fatta di figli e nipotini acquisiti. Assistiamo inoltre a scene di una vita familiare "sana", colma d'amore ma ben lontana dall'essere idillica in quanto percorsa naturalmente, senza il bisogno di ricorrere a visioni di sorelle morte male, da una vena di disagio e risentimento, con quel padre che sente il bisogno di consolare la figlia piangente senza proteggerla dalla realtà e la madre che invece deve sempre rassicurarla che tutto andrà per il meglio, mentendole a più riprese anche per cose "banali" come la salute del gatto. Tra una colazione, una dissertazione sulla morte e una confessione, arriviamo a volere molto bene a tutti i membri della famiglia Creed (sì, anche a Rachel ed Ellie, due pittime rompiscatole) ed è per quello che ci sentiamo male quando la tragedia li colpisce con forza.


La morte di Cage è una delle scene più devastanti presenti in un horror e non tanto per l'incidente in sé (anche se quella scarpina sull'asfalto è angosciante) quanto per la tensione che monta dal momento in cui viene mostrato il camion della Orinco partire dal deposito, per la riproposta dell'incidente evitato per un soffio a inizio film, per l'idea che a morire sia quell'adorabile piccino biondo che fino a quel momento è stato ripreso in tutta la sua tenera vivacità di frugolo di due/tre anni, attorniato dalle attenzioni di un padre amorevole e di una madre terrorizzata dall'idea stessa della morte. La fine di Gage OFFENDE, letteralmente, lo spettatore, lo colpisce per il suo realismo estremo, reiterato nel corso di un funerale dove le reazioni dei coinvolti potrebbero sembrare esagerate ma personalmente ho ancora fresco il ricordo di familiari piangenti, urlanti e lo stesso incapaci di mettere da parte le divergenze in momenti dolorosi, come se rancore e morte dovessero per forza andare a braccetto; il pianto disperato di Rachel, in cerca del conforto della madre mentre marito e padre si prendono a pugni, mi ha sconfitta e portata a mettere il blu-ray in pausa per una decina di minuti, consapevole del fatto che sì, il resto del film fa molta paura, ma perlomeno non fa male come quanto accorso prima. Per buona parte di Cimitero vivente, quindi, l'elemento horror viene messo da parte in favore di quello più umano, quanto più vicino possibile al nucleo di un romanzo che trovava nella riflessione sulla morte (sulla sua "sana" accettazione, sul desiderio di negarla fino a pervertirla, sulla fragilità di una razionalità sbandierata come un vanto e messa a contrasto della "sciocchezza" della donna paurosa) il suo cuore pulsante.


Però, ovviamente, parliamo sempre di un horror e Cimitero vivente è zeppo di scene che mi hanno terrorizzata da ragazzina e mi danno i brividi ancora oggi. Prendiamo Pascow, per esempio. La sua funzione di Yoda è forse l'errore più sciocco commesso da Stephen King in fase di adattamento, più che sciocco incoerente (Pascow dovrebbe aiutare Rachel a raggiungere Louis prima che l'uomo compia l'insano gesto ma in questo modo accelera la fine della donna, poveraccia. E va bene che alla fine, quando lei dice "Sono convinta che andrà tutto bene", lui risponde "Io no", però allora sei un paraculo, caro Pascow), tuttavia la morte e il ritorno di Pascow sono scioccanti, non solo per il makeup utilizzato ma perché Brad Greenquist è inquietante e magnetico di per sé. E vogliamo parlare di Zelda? Zelda è l'incarnazione di ogni cosa sbagliata, dell'orrore che non solo si nasconde nel buio ma si cela tra i membri della tua stessa famiglia, così da non lasciarti scappare mai più. E' vero, la Zelda di Pet Sematary si muove a scatti rantegosi come Samara e per questo tocca corde di vero terrore, ma la Zelda di trent'anni fa arrivava inaspettata, era un abominio inserito in una storia di reale dolore, l'incubo di una bambina fattosi carne, e quanto è ancora dannatamente efficace non lo so spiegare. Lo stesso vale, ovviamente, per Gage. Povero, bravissimo Miko Hughes, che per anni ho pensato traumatizzato dalla realizzazione di Cimitero vivente. In realtà, santo pulcino, le sequenze più gore sono state girate o utilizzando un pupazzo oppure inserite in seguito mentre lui recitava in un ambiente controllatissimo e tranquillo, quindi immagino che non ne abbia troppo risentito; in compenso, orde di spettatori non dimenticheranno mai la sua faccetta maligna e la vocetta che invita "mommy" e "daddy" a giocare con lui, né la manina prensile che brandisce il maledetto bisturi (oggetto di scene talmente iconiche da venire riproposte, con un twist, anche nel nuovo Pet Sematary), capaci di popolare gli incubi nemmeno si fosse trattato di una bambola assassina. E forse, in alcuni casi, era proprio così. Insomma, sono passati trent'anni ma è come se fosse ieri e Cimitero vivente continua ad essere uno dei miei horror preferiti, anche se più invecchio più alla paura subentra un magone senza fine. Chissà quando avrò il coraggio di rivederlo ancora o di rileggere di nuovo il libro di King, altra fonte di ansia e ipocondria di livello mille.


Della regista Mary Lambert ho già parlato QUI mentre Fred Gwynne, che interpreta Jud Crandall, lo trovate QUA.

Denise Crosby interpreta Rachel Creed. Americana, ha partecipato a film come Sulle orme della Pantera Rosa, 48 ore, Pantera Rosa - Il mistero Clouseau, La bambola che uccide, Jackie Brown, Deep Impact e a serie quali Hunter, Baywatch, X-Files, Dexter, Bones, Prison Break e The Walking Dead. Anche produttrice, ha 62 anni e un film in uscita.


Brad Greenquist interpreta Victor Pascow. Americano, ha partecipato a film come Poliziotti a due zampe, Lost Souls - La profezia, Il diario di Ellen Rimbauer, The Lone Ranger, Annabelle 2: Creation e a serie quali Jarod il camaleonte, Streghe, Nash Bridges, Walker Texas Ranger, Six Feet Under, Alias, CSI: NY, ER - Medici in prima linea, Medium, Heroes, Cold Case, CSI: Miami, Bones e Ringer. Anche produttore, ha 60 anni e due film in uscita.


Miko Hughes interpreta Gage Creed. Americano, lo ricordo per film come Un poliziotto alle elementari, Nightmare - Nuovo incubo, Apollo 13, Spawn, Codice Mercury e Tropic Thunder, inoltre ha partecipato a serie quali Cose dell'altro mondo, Beverly Hills 90210, Melrose Place, La tata, Baywatch, Roswell e Veronica Mars. Anche regista e sceneggiatore, ha 33 anni.


Stephen King, autore anche della sceneggiatura, compare nel ruolo del prete che celebra il funerale di Missy. Bruce Campbell era la prima scelta per il ruolo di Louis Creed, finito chissà perché a Dale Midkiff, la cui carriera non è mai davvero decollata, né prima né dopo il film; George Romero avrebbe dovuto invece dirigere la pellicola ma, visti i ritardi in fase di produzione, ha abbandonato il progetto per dedicarsi a Monkey Shines - Esperimento nel terrore mentre Tom Savini ha direttamente rifiutato l'offerta. E' infine di Jonathan Brandis, futuro Bill della miniserie It, una delle voci di bambini che si sentono all'inizio, intenti a leggere i necrologi dei loro animaletti. Detto questo, se Cimitero vivente vi fosse piaciuto, recuperate il recentissimo remake, devastatevi la psiche col seque, Cimitero vivente 2, e non mancate di leggere il romanzo di King. ENJOY!


giovedì 30 maggio 2019

(Gio)WE, Bolla! del 30/5/2019

Buon giovedì a tutti! Pochissime uscite questa settimana, tuttavia di sicuro richiamo... ENJOY!

Rocketman
Reazione a caldo: Hmm...
Bolla, rifletti!: Dopo il successo planetario di Bohemian Rhapsody, volevate mica che non si tentasse di replicare con un altro iconico cantautore inglese, Sir Elton John? Non conoscendo molto le canzoni non so se varrà la pena andarlo a vedere ma la performance di Taron Egerton mi interessa, lo ammetto. Chissà. 

Godzilla 2 - King of the Monsters
Reazione a caldo: Meh.

Bolla, rifletti!: Non vado matta per Godzilla e compagnia, anche se questo già dal trailer si preannuncia epico e non solo per la presenza della Eleven di Stranger Things. Benché l'effetto migliore si otterrebbe da uno schermo gigante, temo lo recupererò in seguito, senza fretta. 

Il cinema d'élite intanto raddoppia!

Quel giorno d'estate
Reazione a caldo: Temo serviranno fazzoletti...

Bolla, rifletti!: Un film che parla di terrorismo, bambine rimaste orfane e voglia di ricominciare da capo potrebbe uccidermi in questo periodo. Ma giuro che segnerò il titolo per guardarlo quando il mio umore sarà meno nero perché pare uno di quei film che potrebbe piacermi.

Sarah e Saleem - Là dove nulla è possibile
Reazione a caldo: Interessante...

Bolla, rifletti!: Storia di due amanti divisi geograficamente, politicamente, religiosamente, in una terra dove, per l'appunto, nulla rischia di essere possibile a causa di un conflitto che perdura da decenni. Anche qui, visti gli orari proibitivi del cinema, scatterà un recupero futuro.

mercoledì 29 maggio 2019

L'angelo del male - Brightburn (2019)

Come ultimo film della settimana sono andata a vedere lunedì L'angelo del male - Brightburn (Brightburn), diretto dal regista David Yarovesky.


Trama: il dodicenne Brandon vive felice coi suoi genitori adottivi, almeno finché non comincia a scoprire di essere "speciale" e dotato di inquietanti poteri...


Alla fine di Brightburn io spero solo una cosa: che l'imminente serie The Boys prenda spunto dalla cattiveria feroce di cui è intrisa la trama del film, che non offre catarsi allo spettatore nemmeno per sbaglio e consegna al pubblico il peggiore dei mondi "di finzione" possibili, alla faccia della stupidissima censura italiana (poi ci torniamo). In tempi di cinecomics, basare un horror sulla perversione di una tipica origin story, anzi, SULLA origin story per eccellenza, quella di Superman, è a mio avviso una botta di genio e d'altronde chi meglio di membri del clan Gunn per farlo, visto come tutti (sceneggiatori e produttore) hanno avuto a che fare anche coi Guardiani della Galassia, uscendone a testa alta? Brightburn è il nome della città in cui cresce Brandon (un po' come Smallville), pargolo che NON è un angelo del male; nonostante il titolo lasci presupporre un caso di possessione demoniaca come tanti o di discendenza satanica, e nonostante all'inizio lo spettatore clueless possa essere spinto a pensare a qualche risvolto esoterico, la vicenda è legata all'ambito dei supereroi o, meglio, dei supercriminali, ché eroi qui non ce ne sono nemmeno per sbaglio. Brandon è il cocco di papà e mamma, un bambino cercato con tutti i mezzi e arrivato una notte, per caso, quando entrambi avevano perso ogni speranza. Dopo dodici anni di puro idillio familiare e bucolico, il ragazzino viene colpito da quella cosa chiamata pubertà che risveglia la sua natura aliena e da quel momento la sceneggiatura pigia sul pedale della violenza senza limiti e, soprattutto, senza alcuna remora morale. Come il Patriota di The Boys, Brandon è consapevole della propria superiorità su chiunque e agisce di conseguenza nonostante l'educazione impartita da genitori amorevoli e comprensivi, solo perché, di fatto, "può", spinto da un imperativo alieno che lo spinge a "prendere il mondo" e ad abbracciare in assoluta letizia un percorso che lo porterà ad diventare un sadico psicopatico. Umorale, per giunta, il che è peggio, perché se da grandi poteri derivano grandi responsabilità, dare l'onnipotenza a un dodicenne con turbe psichiche significa condannare l'umanità alla distruzione senza motivazioni plausibili e dove diamine è Billy Butcher quando serve?


Tutto ciò fa di Brightburn un B movie estremamente divertente ma anche angosciante, proprio per il pessimismo cosmico che lo permea anche senza bisogno dei soliti personaggi da film horror che fanno cose stupide. Certo, la mamma di Brandon, interpretata da una dolcissima Elizabeth Banks, rifiuta di aprire gli occhi fino all'ultimo e quell'orsone del papà, pur essendo più diffidente come tutti gli uomini non dotati di spirito materno, non è più astuto di lei, ma Brightburn segue ugualmente un percorso di (de)formazione plausibile che, soprattutto, riesce a coinvolgere lo spettatore quel tanto che basta perché gliene freghi qualcosa anche dei personaggi secondari. Questi ultimi, per inciso, muoiono male, perlomeno in America. Qui in Italia, come del resto in Inghilterra, si è deciso di censurare un paio di scene che potete trovare tranquillamente complete sul tubo e che avrebbero reso Brightburn parecchio più gore e sfacciato del normale, soprattutto considerando che il killer è poco più che un bambino. Ma noi, che ai bambini vogliamo bene, soprattutto ai quattordicenni che portano bei soldini, abbiamo deciso di trattare Brightburn manco fosse l'ultimo dei video nasties rimasti in circolazione e così addio a una paio di sequenze che avrebbero reso Fulci molto felice. Per carità, il film è efficace lo stesso e merita di venire guardato, tuttavia permettetemi di spendere una lacrima per l'egregio lavoro dei responsabili degli effetti speciali, andato sprecato. Fortunatamente, il resto degli FX, salvo forse le inquadrature ravvicinate del prefinale, sono comunque validi e sfido chiunque a sfuggire all'ansia provocata dall'assedio di un piccolo, bastardissimo Superman in grado di distruggere case e disintegrare persone. Mai, come in questo caso, mi verrebbe da urlare "somebody saaaave meeee!!". Peccato che nessuno, nelle sterminate fattorie e nei boschi del Kansas, possa sentirti urlare.


Elizabeth Banks (Tori Breyer), David Denman (Kyle Breyer) e Michael Rooker (The Big T) li trovate ai rispettivi link.

David Yarovesky è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come The Hive. E' anche produttore, sceneggiatore e attore.






martedì 28 maggio 2019

Il traditore (2019)

Ero un po' dubbiosa ma domenica, grazie alle parole di Sauro, sono andata a vedere Il traditore, diretto e co-sceneggiato dal regista Marco Bellocchio.


Trama: dopo una vita di "onorata" carriera all'interno di Cosa Nostra, negli anni '80 Tommaso Buscetta decide di diventare il primo collaboratore mafioso della polizia.


Quello di Tommaso Buscetta è un nome che da bambina e ragazzina avrò sentito mille volte nel corso di quei telegiornali che ascoltavo, durante il pranzo o la cena, con un occhio sempre tenuto su un libro o su un fumetto. Riflettendoci, domenica mi sono resa conto che, se di Totò Riina ho ben impresso il viso da vecchio zoticone di campagna, il volto di Buscetta mi era praticamente sconosciuto, così come in generale tutto ciò che era legato alla sua figura di primo collaboratore di giustizia; ho ben chiaro, invece, il ricordo della strage di Capaci, anche se nel tempo è subentrata la sensazione di caldo afoso che accompagnava un'altra strage, quella dove ha perso la vita Borsellino, a dimostrazione di come anche gli eventi più segnanti diventino vittime, col tempo, di una sorta di "smarginatura". Per fortuna esistono i film, che nel caso specifico colpiscono duro nel riproporre la strage di Capaci, momento tristemente fondamentale della storia moderna italiana e anche nella vita di Buscetta, la cui esistenza si è intrecciata saldamente, almeno per un periodo, a quella di Giovanni Falcone. Ma chi era questo Buscetta? Cosiddetto Boss dei due mondi, soldato di Cosa Nostra fuggito in Brasile, dopo essere stato catturato per la seconda volta ha deciso di diventare uno dei primi informatori di giustizia a causa di un perverso senso dell'onore, offeso dalla perdita dei romantici dettami della mafia di un tempo. "Cosa nostra" che diventa "cosa del singolo", col dio denaro come primo ed unico principio da seguire, senza guardare in faccia donne, bambini e "famiglie": così Buscetta arriva a considerarsi paladino della correttezza di Cosa Nostra, dimenticando (o, meglio, sorvolando sul fatto) di essere lui stesso, in primis, assassino, criminale, spacciatore, pronto a suicidarsi pur di non farsi catturare dalla polizia, esponente di spicco di qualcosa già sbagliato e orribile in partenza. Bellocchio, anche co-sceneggiatore, cammina sul filo sottilissimo che separa fascinazione e disgusto, riuscendo a smontare in tempo zero ogni sequenza che rischierebbe di presentarci Buscetta come l'ultimo degli eroi e sottolineando sempre e comunque la sua natura di criminale; emblematici i confronti con Falcone e la pubblica gogna dell'avvocato Coppi (per quanto paraculo difensore di un altro deprecabile, Andreotti), la prima atta ad aprire gli occhi di Buscetta davanti al suo concetto di mafia "onorevole", la seconda atta a sviscerare tutta l'assurdità di un criminale trattato come un vip e la possibilità che, tra 100 verità espresse dal nostro, ci fossero almeno 30 bugie o mezze verità, magari dettate da odio, desiderio di vendetta, voglia di mostrarsi ancora indispensabile allo Stato.


Certo, non è facile distaccarsi dall'inevitabile fascino e carisma di Pierfrancesco Favino. Affascinante anche sotto il make up che lo vuole appesantito e talvolta invecchiato, l'attore da vita ad un Buscetta molto umano non solo a livello di "sentimenti" ma anche per quanto riguarda il modo di esprimersi, di muoversi, di parlare, con quegli occhi che da un momento all'altro diventano lucidi e quel sarcasmo a fior di labbra tremanti, incerte davanti alla consapevolezza di come la cultura e l'arte oratoria talvolta possono veramente poco contro chi è più bestia di te. Il confronto tra Buscetta e Calò, così come tutti i processi mostrati all'interno del film, hanno quel mix di profondità drammatica e trash da tragicommedia che li rendono ipnotici e disgustosi al tempo stesso; si fa, paradossalmente, il tifo per Buscetta, ci si chiede se cose del genere siano accadute veramente, ci si vergogna per aver anche solo pensato di sorridere davanti alle intemperanze di un branco di animali in gabbia e allora arriva il regista a ricordarcelo, magari in maniera un po' didascalica, che ogni mafioso, Buscetta compreso, è una bestia selvatica momentaneamente confinata in una parvenza di civiltà, che non si farebbe scrupoli, una volta libero, a mordere, mutilare e uccidere. Come da "scuola Miller", Bellocchio a 80 anni si dimostra in grado di spaccare culi e confezionare un film violento, moderno sia per la scrittura che per la regia, che tira fuori il meglio dai suoi attori (non solo Favino ma anche Lo Cascio è strepitoso) e lascia lo spettatore spiazzato a più riprese, con flashback che vengono accennati e poi ripresi nel momento esatto in cui il pubblico disattento avrebbe potuto dimenticarli, tra immagini poetiche ed altre talmente terra terra da far venire voglia di vomitare. Personalmente, lo sapete, non sono "nazionalista" e non contesto (non avendo visto le opere in questione) la vittoria a Cannes di Banderas e Bong Joon-ho ma sicuramente questo Il traditore ha meritato di venire visto ed apprezzato al festival e di venire già acquistato da molti distributori esteri, quindi superate il terrore per un'eventuale mattonata (che stava per frenare anche me, lo ammetto) e correte al cinema a guardare l'ultimo film di Bellocchio prima che lo tolgano dalle sale!


Di Pierfrancesco Favino, che interpreta Tommaso Buscetta, ho già parlato QUI mentre Luigi Lo Cascio, nel ruolo di Totuccio Contorno, lo trovate QUA.

Marco Bellocchio è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Nato a Piacenza, ha diretto film come Sbatti il mostro in prima pagina, Diavolo in corpo, La balia, L'ora di religione, Buongiorno notte e Bella addormentata. Anche attore e produttore, ha 80 anni.


Tra gli altri interpreti segnalo Bebo Storti nei panni dell'avvocato Franco Coppi. ENJOY!

domenica 26 maggio 2019

Aladdin (2019)

Nonostante le mie titubanze, giovedì sono andata a vedere Aladdin, diretto da Guy Ritchie.


Trama: il ladruncolo Aladdin entra in possesso di una lampada magica che gli consente di esaudire tre desideri. Il primo è diventare un principe, così da conquistare la principessa Jasmine.


Non partivo prevenuta verso Aladdin, di più. In primis, nei trailer si vedeva un Jafar fighettissimo, per nulla inquietante e affatto viscido (cosa ahimé confermata durante la visione, per inciso). Secondo, non meno importante, ogni scena sembrava presa direttamente dall'originale, film che io adoro alla follia, senza un minimo di inventiva da parte di un regista un tempo valido, ora definitivamente impazzito, o almeno così pensavo. Infine, neanche a parlarne, Will Smith. Will. Dannatissimo. Smith. Nei panni di Genio. Offensivo oltre ogni dire per chi mal sopporta Smith e adora un Genio che anni fa aveva la voce e le movenze del compianto Robin Williams (per non parlare del doppiaggio illuminato di Gigi Proietti). Insomma, quando l'amico Toto mi ha chiesto di accompagnarlo a vedere Aladdin, sono entrata in sala coi più foschi presagi, alimentati dall'imposizione del 3D e di due posti a dir poco pessimi. E, magia Disney, forse perché non mi aspettavo NULLA da questo Aladdin, mi sono divertita da morire. Certo, il film non è esente da difetti: alcune scene d'azione sono dirette davvero coi piedi, velocizzate in maniera ridicola ed incomprensibile; Jago, il mio personaggio preferito, è relegato al ruolo di spalla monocorde (e di Rodan) e non regala quelle perle di cattiveria che tanto mi deliziano ogni volta che riguardo l'Aladdin originale; le canzoni sono state riadattate in maniera arbitraria, per fortuna non tanto quanto accadeva in La bella e la bestia ma comunque abbastanza da far male a chi ricorda con amore le originali (quella rimasta praticamente intoccata è Il mondo è mio, che talvolta non rispetta nemmeno il labiale di Aladdin e Jasmine, forse perché qualunque cosa sfiorata da GiGGi e Tatangelo non va modificata nemmeno per Ischerzo? Mah). Per il resto, invece, tanta roba. E' vero, la storia è praticamente identica all'originale e, come da trailer, molte scene sono state riproposte fotogramma per fotogramma, ma c'è qualcosa che salva tutta la baracca dall'essere una mera riproposizione senz'anima, per quanto infiocchettata in una confezione splendida. E sì, il Genio di Will Smith, zamarro, goffo e molto umano, è uno di questi elementi salvifici, soprattutto quando duetta con Aladdin all'interno di siparietti a dir poco esilaranti.


Quello però che non mi sarei mai aspettata è che sarebbe stata Jasmine la vera sorpresa del film. Interpretata da una Naomi Scott così bella da essere quasi illegale, la principessa nata come esperimento sexy di un rinascimento Disney che cominciava ad introdurre baci alla francese ed eroine connotate anche sessualmente, si è evoluta per diventare una donna consapevole del proprio cervello, del ruolo che potrebbe avere non solo come principessa ma come statista, come essere senziente la cui voce non può essere messa a tacere. All'interno di una società ingiusta e patriarcale, Jasmine si propone come un vento di libertà, come una figura forte e determinata al pari di Wonder Woman o Captain Marvel e, obiettivamente, non viene mai eclissata dal guascone Aladdin, per quanto affascinante e scaltro. A farle da degna compagna, un'attrice che spesso e volentieri le ruba la scena, ovvero la divertente Nasim Pedrad nei panni dell'ancella Dalia, più amica e confidente che semplice "serva"; le facce della Pedrad, i suoi modi palesemente americani in contrasto con l'ambientazione del film e la sua fortissima personalità la rendono uno dei pochi casi in cui l'introduzione di un nuovo personaggio funziona e riesce ad arricchire il materiale di partenza (non come il Principe Anders. Mi spiace, Billy Magnussen, ma stavolta è NO). Per il resto, la storia è rimasta praticamente immutata salvo alcuni aggiustamenti legati più che altro alle pratiche barbare del popolo di Agrabah (niente condanna a morte evitata da un vecchio misterioso) e alla psicologia di un paio di personaggi secondari che acquistano maggiore tridimensionalità, e ovviamente il film poggia molto sulla spettacolarità delle scene clou, ovvero i numeri musicali Il principe Alì e Un amico come me, un trionfo di scenografie, coreografie e computer grafica tali da superare senza problemi la banalotta Il mondo è mio, degnamente accompagnati da un paio di numeri bollywoodiani (anche se teoricamente saremmo sulle rive del fiume Giordano, qui mutato in mare) inediti e che, sinceramente, non mi aspettavo da uno come Guy Ritchie. Ma, evidentemente, il regista si è trovato a suo agio con questa storia in cui un ragazzo di strada cerca di risollevarsi e il risultato di questa "comunione" è inaspettatamente piacevole, anche per questo consiglio una visione disimpegnata persino a chi, come me, davanti ai trailer si è fatto il segno della Croce.


Del regista Guy Ritchie ho già parlato QUI. Will Smith (Genio/Marinaio), Marwan Kenzari (Jafar), Billy Magnussen (Principe Anders) e Alan Tudyk (voce originale di Iago) li trovate ai rispettivi link.

Nasim Pedrad interpreta Dalia. Iraniana, comica del Saturday Night Live, la ricordo nei panni dell'esilarante Gigi Caldwell di Scream Queens, inoltre ha partecipato a film come Cooties e ad altre serie quali Una mamma per amica, ER - Medici in prima linea. Come doppiatrice ha invece lavorato in Cattivissimo me 2. Anche sceneggiatrice e produttrice, ha 38 anni.


Navid Negahban, che interpreta il Sultano, è lo stupefacente Ahmal Farouk della serie Legion mentre Frank Weller torna a prestare la voce alla Caverna delle meraviglie e ad Apu come già nel 1992. Patrick Stewart ha cercato disperatamente di ottenere il ruolo di Jafar, già rifiutato nel primo Aladdin, cosa che l'attore ha sempre rimpianto mentre Dev Patel e Riz Ahmed sono stati scartati per quello di Aladdin e Jim Carrey, prima scelta per interpretare Genio, era troppo impegnato a risolvere beghe legali per partecipare. Per finire, se vi è piaciuto Aladdin recuperate l'originale del 1992. ENJOY!

venerdì 24 maggio 2019

Demonic (2015)

E dopo il diludendo di Keep Watching tocca a Demonic, altro film compreso in quel cofanetto austriaco che mi aveva incuriosita, una produzione targata James Wan, diretta e co-sceneggiata nel 2015 da tale Will Canon.


Trama: un gruppo di aspiranti studiosi dell'occulto si reca nella casa dove, tempo prima, era stato compiuto un massacro. La polizia arriva giusto in tempo per trovarli quasi tutti morti e salvare il salvabile, per quanto possibile...


Demonic è la tipica produzione Wanina a base di case infestate e poveri idioti che desiderano giocare col maligno senza pensare bene alle conseguenze, con una piccolissima aggiunta: la storia parte quando tutto il delirio demoniaco è già finito e viene ricostruita dalle indagini sommarie di un detective e una psicologa che si ritrovano ad interrogare uno dei sopravvissuti. Alle tipiche riprese alla Paranormal Activity, che purtroppo regalano allo spettatore giusto un paio di jump scare mosci, si affiancano dunque flashback girati in maniera più classica, il tutto messo al servizio di una trama prevedibile che tenta, qui e là, di ingannare lo spettatore o, perlomeno, a mantenerlo interessato una volta che ha cominciato a mangiare la foglia. A rendere non bello ma perlomeno "apprezzabile" il film, dunque, non è tanto il cucuzzaro di fenomeni più o meno paranormali a cui assistono i protagonisti  (ché lì non c'è davvero molto da dire, visto un volto spettrale che ciccia fuori dall'ombra, visti tutti), né tanto meno la consapevolezza di trovarsi davanti l'ennesimo gruppo di imbelli testardi che stavolta non mollano l'osso nemmeno quando l'entità prende una delle ragazze e la fa volare attraverso porte e corridoi per metri (alla faccia della testardaggine e del "finalmente abbiamo le prove!"), quanto piuttosto l'approccio scientifico e assai razionale della squadra di polizia giunta, stranamente, in maniera abbastanza tempestiva, portando seco quella falsa sicurezza quasi kinghiana che da una parte rassicura lo spettatore, dall'alta lo tiene sul chi va là aspettando l'incoolata.


I pilastri della cosiddetta razionalità hanno i volti "normali" e anche forse un po' agé di Maria Bello e Frank Grillo, quest'ultimo ormai votato ai ruoli di poliziotto o vigilante costretto ad affrontare eventi estremi col piglio da tough boy, mentre gli altri, neanche a dirlo, sono dei ragazzetti senz'arte né parte, magari un po' più bellocci di altri, pronti a farsi mere vittime di una forza senza nome. Il vero problema del film, lo avrete capito, sta soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi, che questi attori un po' "così", mutuati dalla televisione, non riescono a far brillare con un carisma adatto a sopperire a dialoghi banalotti e alla mancanza di alchimia non solo all'interno del gruppo ma anche tra fidanzati. E anche il demone che viene tirato in ballo... mah, un paio di effetti speciali non sono male e i makeup che prevedono sangue nero e labbra spaccate sono sempre molto evocativi, però da una produzione made in James Wan mi aspetto più di un po' di vento che spegne le candele, sedie che si rovesciano, manine che spuntano dal nulla e poco altro. Insomma, premesso che il film di Will Canon riesce almeno ad ottenere la sufficienza, tra Demonic e Keep Watching quel cofanetto che ho incrociato a Vienna merita di venire seppellito nel cestone delle offerte a 1 euro, altro che messo tra le novità imperdibili: vi capitasse di incappare in questo prodotto, consiglio di evitare l'incauto acquisto!


Di Maria Bello (Dottoressa Elizabeth Klein) e Frank Grillo (Detective Mark Lewis) ho parlato ai rispettivi link.

Will Canon è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto solo un altro lungometraggio, Brotherhood, ed è anche produttore e attore.


Dustin Milligan interpreta John. Canadese, ha partecipato a film come Final Destination 3, Slither, The Messengers, Un piccolo favore e a serie quali La zona morta, Supernatural e 90210. Anche sceneggiatore e produttore, ha 34 anni.


Il film avrebbe dovuto essere diretto o da Xavier Gens o da F. Javier Gutiérrez (rimasto come produttore) ma alla fine non se n'è fatto nulla. A parte questo, se Demonic vi fosse piaciuto recuperate la saga The Conjuring con tutti i suoi vari spin-off e magari anche i due Sinister e il primo Amityville Horror. ENJOY!

giovedì 23 maggio 2019

(Gio)WE, Bolla! del 23/5/2019

Buon giovedì a tutti! Col festival di Cannes ancora in corso, qualche stralcio di Croisette arriva anche da noi ma potrà qualcosa contro lo strapotere del Topo? ENJOY!

Aladdin
Reazione a caldo: Ugh...
Bolla, rifletti!: Non volevo andare a vederlo. Aladdin è il film del rinascimento Disney che più amo dopo La Bella e la Bestia e vedere Genio interpretato da Will Smith affiancato da un Jafar fighetto immersi nella riproposizione pedissequa di scene già viste e adorate mi uccide. Tuttavia, l'amico Toto mi ha chiesto di accompagnarlo e stasera lo farò, confidando in Guy Ritchie e in un paio di sequenze bollywoodiane intraviste nei trailer. Fingers crossed.

L'angelo del male - Brightburn
Reazione a caldo: Evviva!!! *__*
Bolla, rifletti!: Nell'attesa che arrivi The Boys su Amazon Prime, questa sorta di Superman horror parrebbe proprio essere un degno antipasto. La sceneggiatura è del fratello e del cugino di James Gunn, speriamo che buon sangue non menta!

Il traditore
Reazione a caldo: Hm.
Bolla, rifletti!: Mi intrigano protagonista e soggetto del film. Mi fa paura, tanta, Bellocchio. Potrei andare domenica col Bolluomo ma prima cercherò di capire qual è il livello del rischio "mattonata".

Questa settimana al cinema d'élite propongono Stanlio & Ollio, di cui ho già parlato QUI, quindi ci si risente giovedì prossimo!

mercoledì 22 maggio 2019

Keep Watching (2017)

A Vienna mi è capitato di curiosare nei negozi di DVD/BluRay e, a parte la BELLEZZA incredibile di alcune edizioni di capolavori horror (steelbook ed edizioni speciali costosette, da sbavarci sopra), ho notato un cofanettino doppio con dentro due film a me totalmente sconosciuti che, per curiosità, ho deciso di cercare on line. Uno era questo Keep Watching, diretto nel 2017 dal regista Sean Carter, l'altro era Demonic, che guarderò nei prossimi giorni.


Trama: i membri di una famiglia vengono prima spiati attraverso telecamere nascoste, poi attaccati da un gruppo di killer mascherati.



Uh, la noia. Invece di inventare qualcosa di nuovo da scrivere su Keep Watching potrei fare come i realizzatori della pellicola e rimandarvi ai link di tutti gli home invasion recensiti sul blog, tanto il film di Sean Carter è un compendio floscio di tutti i cliché possibili ed immaginabili, con un'aggravante in più: della famiglia protagonista non frega una benemerita mazza a nessuno, tanto i suoi membri sono delle figurette monodimensionali. Lo sceneggiatore non si impegna nemmeno a farci empatizzare anche solo con UNO dei personaggi e, quel che è peggio, per dar loro un po' di spessore (nemmeno a tutti), vengono appioppati a caso problemi esistenziali o economici che poco o nulla influiranno sulla trama: banalmente, a che mi serve sapere che il padre è indebitato fino al collo se poi gli "invasori" non sono dei killer mandati da eventuali strozzini? Le scene da drama queen della protagonista, con tanto di "invasori" che insistono sulla morte prematura della madre, come se quest'ultima avesse a che fare con il loro arrivo (spoiler: non è così), a cosa mirano visto che il suo atteggiamento non riesce né ad esacerbare la tensione casalinga né si intreccia in qualche modo alla natura della minaccia? Boh. Stendo un velo pietoso sul resto dei personaggi, nominalmente "moglie giovane", "figlio minore" e "zio simpatico/drogato", perché la sceneggiatura non va oltre le mere etichette che gli ho affibbiato. Perlomeno i killer hanno del mordente? Nì. L'idea di un programma dove le famiglie vengono spiate da miriadi di telecamere e uccise in diretta streaming, per quanto derivativa, è carina e il colpo di scena finale sarebbe anche simpatico, il problema è che con un titolo come "keep watching" devi trovare dei modi per farmi venir voglia di continuare, effettivamente, a guardare. Invece, dopo 5 minuti uno avrebbe già voglia di spegnere la tv, tanto quei loschi figuri mascherati hanno il medesimo carisma dei manichini (anzi, no. Dei manichini sarebbero per me agghiaccianti).


Ulteriore aggravante è lo stile che si rifà al found footage/mockumentary/video in presa diretta. Una volta piazzate le telecamere in ogni dove, allo spettatore viene offerta la possibilità di infilarsi quasi persino nel cassetto della biancheria delle vittime, e i punti di vista si moltiplicano, tra soggettive involontarie, immagini caleidoscopiche, tremolii assortiti, prospettive distorte: peccato che non ci sia una sola inquadratura che non faccia venire voglia di chiudere gli occhi per il fastidio oppure addormentarsi per il tedio di assistere a scene immerse in una penombra perenne. Un goccino di sangue, perlomeno? Ma figuriamoci, gli omicidi vengono opportunamente tagliati prima che giunga il momento clou oppure non prevedono dispendio di liquido rosso. Eh ma che noia, ribadisco, altro che Keep Watching. Al limite, potrebbero continuare a watchare gli spettatori maschili, visto che per aiutarli a rimanere svegli Bella Thorne è quasi sempre in mutande o shorts come già accadeva in quell'altra schifezza di Amityville - Il risveglio (si metta agli atti che Bella Thorne, per quanto insistano ad infilarla in queste produzioni thriller/horror, è una delle scream queen peggiori di sempre), mentre invece chi sperava di vedere Carl Grimes venire brutalmente pestato o seviziato potrebbe ricevere un'altra brutta notizia. Non posso nemmeno consigliarvi di recuperare la penultima stagione di The Walking Dead per vedergli fare la fine che merita, visto che, parlando di noia, la soap opera con occasionali zombi batte Keep Watching 20 a 0. Ma lo stesso non è un motivo per cercare e guardare questo tediosissimo filmetto.


Di Bella Thorne (Jamie) e Leigh Whannell (Matt) ho già parlato ai rispettivi link.

Sean Carter è il regista della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, ha 42 anni e ha lavorato soprattutto come montatore, produttore, attore e sceneggiatore.


Chandler Riggs interpreta DJ. Meglio conosciuto come il CaVVll di The Walking Dead, il ragazzo ha partecipato a film come Mercy e doppiato un episodio di Robot Chicken. Ha 20 anni e un film in uscita.


Ioan Gruffudd interpreta Carl Mitchell. Inglese, lo ricordo per film come Wilde, Titanic, I Fantastici 4, I Fantastici 4 e Silver Surfer, Come ammazzare il capo... e vivere felici, inoltre ha partecipato a serie quali Ringer, Glee e lavorato come doppiatore in American Dad! e I Griffin. Ha 46 anni e un film in uscita.


Se Keep Watching vi fosse piaciuto recuperate You're NextThe Strangers, The Strangers: Prey at Night e il primo La notte del giudizio. ENJOY!


martedì 21 maggio 2019

John Wick 3 - Parabellum (2019)

Per uscire da una settimana a dir poco devastante, non c'è nulla di meglio dello staccare il cervello e, per ottenere il migliore dei risultati, John Wick 3 - Parabellum (John Wick: Chapter 3 - Parabellum), diretto dal regista Chad Stahelski, è semplicemente perfetto.


Trama: dopo essere stato scomunicato, John Wick deve cercare di sopravvivere mentre tutti i killer del mondo gli danno la caccia.


Avevamo lasciato John Wick con una taglia di 14 milioni di dollari sulla testa, il bisogno di portare via le suole da New York il prima possibile, la perdita di tutti i privilegi legati al rispetto delle regole de La Tavola e con un cagnusso nuovo. Lo ritroviamo più o meno nelle stesse condizioni nel terzo capitolo di quella che si preannuncia una quadrilogia, nonché una delle zamarrate più sfacciate dopo Sharknado, a differenza del quale, per lo meno, John Wick mantiene un minimo di dignità a livello di regia, coreografie marziali ed interpreti. Non a livello di sceneggiatura, ci mancherebbe: in cinque non sono riusciti a tirare fuori qualcosa di sensato, ché se già i primi John Wick erano scritti sulla lista della spesa, questo sta direttamente su uno scontrino e ogni twist della trama (che a un certo punto, detto proprio onestamente, fa fare "cose" a John Wick senza un motivo plausibile, leggasi la parentesi nel deserto) è finalizzato a raggiungere un obiettivo e uno soltanto: che il protagonista dia e prenda quante più mazzate possibili, stavolta anche troppe. Qui e là, furbamente, vengono gettati i semi per un altro capitolo della saga e probabilmente anche di un prequel, perché l'unica cosa davvero furba, per quanto scorretta, del franchise, è quello di mostrare allo spettatore dei rapidissimi flash di personaggi o organizzazioni che sarebbero molto più interessanti del protagonista, se solo venissero approfonditi: è il caso della benedetta Tavola, della miriade di Hotel Continental sparsi per il mondo, dell'organizzazione gestita da Anjelica Huston, persino di Halle Berry, che compare in una delle sequenze più divertenti dell'intero film. Insomma, John Wick "affama" in particolari e, così facendo, spinge il pubblico idiota, io per prima, a volerne di più.


Ciò che non viene lesinato, come ho scritto sopra, sono le botte. Lamentavo nel capitolo secondo una certa qual ripetitività nello schema di lotta del nostro, sintetizzabile in "atterro l'avversario e poi headshot"; anche in Parabellum i nemici muoiono malissimo, vittime al 90% di headshot doppi (si fa pour parler, ovvio, ché aspettarsi la coerenza in questo genere di film non ha senso, ma a che pro finire perennemente gli avversari con colpi alla testa sparati a bruciapelo quando già il colpo al cuore/stomaco precedente dovrebbe decretarne la morte certa?), ma perlomeno ci sono interessanti scambi all'arma bianca, vengono utilizzati mordaci e velocissimi cagnolini e persino un tomo antico, veicolo della morte più esilarante dell'intero film, e nonostante alcuni combattimenti vengano tirati anche troppo per le lunghe diventando un mero sfoggio di tecnica coreografica (vedi quello con Yayan Ruhian), di sicuro la sete di sana, vecchia ultraviolenza viene soddisfatta persino a fronte di una stranissima mancanza di sangue. Certo, bisogna rendersi conto che Parabellum, forse ancor più dei suoi predecessori, è soltanto un insieme di scontri portati avanti all'interno di splendide e dettagliatissime scenografie create ad hoc per non annoiare l'occhio dello spettatore, attaccati tra loro con uno sputo di "trama" (o si parla di pretesti narrativi?), tuttavia è palese che gli attori coinvolti si siano tutti divertiti e non vedano l'ora di passare una quarta volta a battere cassa. Io, neanche a dirlo, aspetto il quarto capitolo con trepidazione, sperando che torni, anche stavolta, l'elegantissimo Ian McShane... e che venga affiancato dalla ottima Asia Kate Dillon, vera rivelazione del film!!


Del regista Chad Stahelski ho già parlato QUI. Keanu Reeves (John Wick), Halle Berry (Sofia), Ian McShane (Winston), Laurence Fishburne (Bowery King),  Mark Dacascos (Zero),  Lance Reddick (Charon), Anjelica Huston (Il direttore) e Yayan Ruhian (Shinobi 2) li trovate invece ai rispettivi link.

Said Taghmaoui interpreta l'Anziano. Francese, ha partecipato a film come L'odio, Three Kings, American Hustle - L'apparenza inganna, Wonder Woman e a serie come Lost. Ha 45 anni e un film in uscita.


Jerome Flynn, il Bronn de Il trono di spade, interpreta Berrada. Nell'attesa che StarZ dia il via alle riprese della serie Continental che, ahinoi, non vedrà la presenza di Ian McShane e di sapere se davvero nel 2021 uscirà John Wick 4, se John Wick 3 - Parabellum vi fosse piaciuto recuperate John Wick e John Wick 2. ENJOY!

domenica 19 maggio 2019

Bollalmanacco On The Road: Matera

In questi giorni avrei dovuto essere Matera con un gruppetto di amici per un weekend lungo in quella che è la Capitale Europea della Cultura, almeno per quest'anno. Per motivi che non vi sto a dire ho deciso di rimanere a casa e di rimandare a un momento un po' più lieto la vacanza, ma intanto il post era scritto e mi dispiaceva sprecarlo. Nel tempo, i famosi Sassi sono stati toccati dalla grande macchina cinematografica, vediamo un po' in che modo... ENJOY!


Cominciamo con un classico di Pasolini, uno dei molti casi in cui Matera è diventata una perfetta Gerusalemme: Il vangelo secondo Matteo


Anche Fulci ha fatto una sortita in questa magica terra con Non si sevizia un paperino


Cristo si è fermato ad Eboli ci riporta a cose più "sante"...


Sempre grandi autori: i fratelli Taviani con Il sole anche di notte e Allonsanfan


L'uomo delle stelle e la poesia di Tornatore.


Si torna alla religione Cristiana con l'angosciante La passione di Cristo di Mel Gibson


Recentemente, persino il dimonio ha toccato Matera: dopo La passione di Cristo, ecco arrivare il bimbo malvagio di Omen - Il presagio. Anzi, il fotogramma che ho messo l'ho trovato QUI, dove si racconta una storia a dir poco esilarante. Leggetela!

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