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venerdì 11 dicembre 2009

Arancia Meccanica (1971)

Periodo questo in cui mi diletto a recensire capolavori, pare. E se per Il settimo sigillo è stato difficile, per Arancia Meccanica sarà praticamente impossibile. Perché la pellicola di Stanley Kubrick che, pur essendo stata girata nel 1971, è ancora attualissima, è il mio film preferito in assoluto assieme ad un altro splendido film dello stesso regista, Shining. Come per Il settimo sigillo, proverò, senza nessuna pretesa. Cominciamo a parlare della trama (nel caso ci fosse al mondo qualcuno che non la conoscesse), basata sul romanzo omonimo di Anthony Burgess che consiglio tanto quanto il film.


Alex è un giovane votato all’ultraviolenza, allo stupro e alla musica classica, in particolare Beethoven. Assieme ai suoi tre drughi passa le notti seviziando le sue vittime, inermi o meno, finché un giorno i suoi compagni decidono di tradirlo. Alex finisce in prigione e lì viene a conoscenza della “Cura Ludovico”, un metodo apparentemente infallibile atto ad eliminare per sempre il desiderio di violenza dalle persone. Per tornare libero, decide di offrirsi come cavia, andando incontro a conseguenze decisamente impreviste…


Come convincere la gente a vedere un film simile, a mio avviso imprescindibile, senza essere considerata una maniaca psicopatica è una sfida che sostengo dalla prima volta in cui ho avuto la fortuna di vederlo al cinema, nella riedizione di fine anni ’90. Immaginatevi una ragazza del liceo, che aveva giusto una vaga idea della trama del film, trovarsi davanti i titoli decisamente scarni che scandiscono l’inizio della pellicola, accompagnati dallo sguardo fisso, gelido, da brividi, di Malcom McDowell, e dall’inquietante e solenne musica al sintetizzatore che è poi la firma di tutto il film. Impossibile, fin dall’inizio, distogliere lo sguardo dalle immagini, ignorare quella musica che ti entra nella mente, la voce dell’”umile narratore” Alex, che racconta la sua terribile storia in prima persona. E infatti, nonostante la violenza delle immagini e la follia di una simile trama, mi sono letteralmente innamorata di ogni singolo fotogramma: perché non se ne può fare a meno, perché ogni nota della colonna sonora è perfetta, come ogni attore, ogni gesto, ogni parola, ogni abito e ogni colore, e fusi assieme creano un’opera indelebile e di fortissimo impatto, ancora oggi. Tralasciando un attimo il tipo di immagini e concetti che vengono mostrati, chiunque abbia un minimo di senso estetico dovrebbe inchinarsi davanti ad un film simile.


Passando alla trama, e a ciò che viene effettivamente mostrato, posso accettare il fatto che Arancia Meccanica non sia un film per tutti. Il compiacimento con il quale Alex e i suoi Drughi stuprano e picchiano è fastidioso e fin troppo attuale, ma è anche vero che non c’è il realismo che troviamo in film come The Strangers oppure Eden Lake, perché il tutto è portato all’esasperazione quasi grottesca, basti solo pensare alle “divise” dei Drughi, al loro linguaggio a tratti incomprensibile, alla costante musica che rende le loro bravate quasi dei “balletti”, per quanto violenti e terribili. Superando lo shock di quello che viene mostrato, però, cerchiamo di arrivare a quello che è il cuore e il dilemma del film ( e del romanzo), per nulla banale: è meglio vivere in un mondo imperfetto e pericoloso, ma popolato da uomini in grado di scegliere liberamente come agire, oppure è meglio un mondo dove la mente delle persone è condizionata a fare del “bene”, senza possibilità di scelta? L’inizio del film, una celebrazione dell’ultraviolenza e della lucida follia di Alex, ci porterebbe a propendere per la seconda ipotesi, quella del mondo perfetto e condizionato. Però il trucco del film è proprio quello di farci entrare, entro certi ovvi limiti, nella mente del protagonista, e di rendercelo quasi simpatico; tanto che dal momento in cui, come dice il prete, “cessa di essere umano” perché privo della possibilità di scelta, il film prende una piega triste e drammatica, dove lo spettatore è portato a provare pietà per il ragazzo e disgusto per i suoi aguzzini, qualunque siano i loro motivi. Alla fine quello che suggeriscono regista e scrittore è che, nonostante la depravazione di Alex, la sua è comunque una scelta libera, che quindi lo rende uomo e non bestia (non a caso lo mostrano come molto acculturato); diversamente, la società che cerca di renderlo inoffensivo prima e di sfruttarlo poi è vista come il vero mostro, un meccanismo che depersonalizza e rende l’uomo miserevole. Il finale è una sorta di happy ending, dove si può dire che il protagonista finalmente impara a sfruttare le sue pulsioni distruttive per far fessa la società e al contempo ottenere qualcosa di duraturo e tangibile.


Come ho già avuto modo di dire, il film vive di scene memorabili, messe in piedi da quel genio della cinepresa che era Kubrick, un artista più che un regista. Le mie preferite sono le assurde inquadrature del Korova Milk Bar con i manichini da cui i Drughi prendono il latte, l’attacco alla gang di Billy Boy quello, al ralenti, che vede Alex contro i suoi Drughi, la tortura della Cura Lodovico, tutte scandite da una commistione di musica classica e partiture elettroniche che rendono la colonna sonora di Arancia Meccanica unica nel suo genere. A proposito di suoni, anche i dialoghi hanno segnato un’epoca, soprattutto per il modo di parlare del protagonista e dei suoi compagni, un mix di inglese antico, russo, italiano, parole inventate e quant’altro, reso benissimo anche nel nostro doppiaggio. E ovviamente il film non esisterebbe senza l’interpretazione di un Malcom McDowell, allora ventottenne, che mise anima e corpo nel personaggio di Alex ma anche nella realizzazione stessa della pellicola: sua, dice la leggenda, l’idea di intonare Singin’in The Rain nella famosa scena dello stupro a casa dello scrittore, così come sue le lesioni alle cornee che gli ha procurato la Cura Lodovico e altre contusioni in diverse scene. A mio avviso, se esistesse un Oscar per le migliori interpretazioni di sempre, dovrebbe andare a lui. Menzione d'onore va anche agli splendidi costumi e alle scenografie, per l'epoca futuristici, e allucinanti e stilosissimi ancora ai nostri giorni. Imperdibile, semplicemente.

Stanley Kubrick è uno dei registi più famosi al mondo, se non il più famoso. Nonostante in quarant’anni di carriera abbia fatto pochi film se paragonato ad altri registi più prolifici, ognuno o quasi di essi è stata una pietra miliare, sia per la particolarità dei temi trattati, che per l’azzeccata scelta di attori e musiche, oltre che ovviamente per la messinscena spettacolare, che li ha resi universalmente conosciuti e citati. Tra i suoi film che ho avuto l’onore di vedere, cito Il bacio dell’assassino, Lolita, il geniale Il Dr. Stranamore: ovvero, come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, l’ahimé tediosissimo 2001: Odissea nello spazio, Barry Lindon, i meravigliosi Shining e Full Metal Jacket, e l’ultimo capolavoro Eyes Wide Shut. E stato nominato all’Oscar come regista per quattro volte, ma l’unica statuetta l’ha portata a casa 2001: Odissea nello spazio e solo per gli effetti speciali. E’ morto nel 1999, a 71 anni, per cause naturali.


Malcom McDowell interpreta Alex DeLarge. Attore inglese dalla faccia particolarissima e dai penetranti occhi azzurri, è uno dei miei preferiti, anche se la sua carriera ha contato anche film improponibili. Ha partecipato a Caligola, Il bacio della pantera, Star Trek: Generazioni, Tank Girl, Mr Magoo, il bellissimo Gangster N.1, Evilenko, Halloween: The Beginning, Halloween 2, e Bolt, come doppiatore. Per la TV ha lavorato in Racconti di mezzanotte, Frasier, Monk, Law and Order, Heroes ed ha doppiato episodi di Batman, Spiderman, Biker Mice da Marte (Dio, quanto lo amo!!), South Park, Robot Chicken. Ha 66 anni e nove film in uscita.


Vi lascio ora con il trailer originale, se non erro lo stesso che mi spinse ad andare al cinema a vederlo, tanto tanto tempo fa... ENJOY!!



7 commenti:

  1. Hai detto tutto quello che c'era da dire, e persino di più. Condivido in pieno, mi è piaciuto molto il film, anche perchè l'ho guardato in un periodo in cui stavo appunto studiando il condizionamento... e " le assurde inquadrature del Korova Milk Bar con i manichini da cui i Drughi prendono il latte" sono piaciute un sacco anche a me!

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  2. ma sai che non avevo idea l'attore di Heroes fosse lui? °_°
    In effetti era un volto che mi risultava familiare, ma non capivo dove lo avevo già visto... e di Arancia Meccanica, che dire.. film estremamente attuale.. a me è balzata all'occhio un'inquietante analogia tra la Cura Lodovico e i quintali di violenza che quotidianamente ci vengono propinati alla tv e sui giornali...

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  3. @SaraG83:
    Innanizutto grazie di essere passata!
    Immagino che come "materiale di studio" un film come questo sia stato utilissimo!!

    @IlRanocchio:
    Al giorno d'oggi la cura ludovico non è una finzione... ma la realtà! L'unica piccola differenza è che Alex non poteva chiudere gli occhi, noi invece non vogliamo farlo..

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  4. Un film che rimane impresso, positivamente o negativamente.
    Nel mio caso, positivamente.
    Mi ha colpito particolarmente l'interpretazione di Malcom McDowell e il linguaggio con cui comunicavano i drughi.

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    1. Per me è un film che va "oltre", un pezzo importantissimo della mia adolescenza!

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  5. In un modo o nell'altro. il film che mi ha fatto scattare definitivamente la passione cinefila. Da adolescente era il mio preferito.

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    1. io ho avuto la fortuna di vederlo rieditato al cinema al liceo. Mi ha sconvolta in ogni modo possibile ed immaginabile!!

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