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lunedì 30 agosto 2010

Paura e delirio a Las Vegas (1998)

Lo avevo già visto una volta, mi era piaciuto. Ho voluto riprovarci, mi è ripiaciuto e ora mi trovo davanti l’ingrato compito di recensire un film complicato ed assurdo come Paura e delirio a Las Vegas (Fear and Loathing in Las Vegas), tratto dal libro Paura e disgusto a Las Vegas di Hunter S. Thompson e girato nel 1998 da Terry Gilliam. Pigliatevi la vostra droga sintetica preferita e continuate la lettura…

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Il giornalista Raoul Duke, assieme all’amico e avvocato Dr. Gonzo partono alla volta di Las Vegas per un paio di reportage, con una quantità incredibile di droghe al seguito. Difficile trovare il tempo e le facoltà mentali per scrivere gli articoli quando queste ultime sono praticamente annientate da qualunque droga esistente al mondo…

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La trama di per sé è facile, perché è praticamente inesistente. Dovete sapere che tutto quello che troverete nel film (o quasi), deliri e visioni compresi, è tratto da quella specie di narrazione autobiografica che è, appunto, Paura e disgusto a Las Vegas, l’opera principale di una corrente denominata Gonzo Journalism di cui Thompson è praticamente il padre. Ora, per chi non lo sapesse, in due parole, il Gonzo Journalism è un tipo di giornalismo che racconta al pubblico fatti veri pesantemente filtrati dal punto di vista soggettivo del giornalista, che aggiunge pensieri, considerazioni proprie e anche un bel po’ di immaginazione. Se poi l’immaginazione è scatenata dall’ingestione di pesanti droghe non si capisce più dove finisca la realtà e dove cominci la finzione.

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Ora, pensate come dev’essere rendere in pellicola un casino simile. Dopo dieci minuti di film, lo giuro, non si capisce quasi più il motivo per cui Duke e Gonzo sono a Las Vegas: basta accettare la cosa, rilassarsi sulla poltrona e godersi il trip per apprezzare Paura e delirio a Las Vegas. La cosa per fortuna non è difficile perché le immagini con cui Gilliam riempie la testa dello spettatore sono vividi spezzoni di puro delirio: ci sono avvocati che si trasformano in Satana, stanze di hotel allagate, persone che si trasformano in umanoidi simili a lucertole, immaginari processi inquietanti come quelli di Alice nel Paese delle Meraviglie e, soprattutto, il kitch di Las Vegas: la città dove più di ogni altra si concentrano il Sogno americano e la distruzione dello stesso, un trionfo di luci, suoni, colori che si spreca per riempire quel gigantesco Nulla su cui si regge il tempio del divertimento e della perdizione per eccellenza. Non è un caso che Duke e Gonzo si strafacciano di qualunque cosa e proprio lì; da come l’ho capita io, il film e il libro non vogliono essere né un elogio né una critica delle droghe pesanti, ma semplicemente la constatazione di come una generazione di americani delusi dal loro stesso paese cercassero di evadere dalla realtà con l’intenzione di “ribellarsi al sistema” finendo poi per diventare inutili e molli come l’oggetto del loro disgusto. E Las Vegas è ovviamente la summa di tutto quanto è inutile, superfluo e ridicolo in America. 

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Inutile andare avanti a descrivere il film, dovete provarlo. Sappiate solo che Johnny Depp (abbruttito e trash da morire, immerso nei veri abiti di Thompson e praticamente un sosia del giornalista) nei panni di Duke è semplicemente geniale, con i suoi versi da squinternato e le sue pose da paranoico, e Benicio del Toro, che di solito, come ho detto in un post precedente, vorrei abitasse nel mio armadio, in questa pellicola è schifoso, laido e sucido a livelli improponibili, il personaggio più esilarante e al tempo stesso più odioso di tutta l’accozzaglia di freaks che ci vengono mostrati. Un essere che viene perfettamente descritto dallo stesso Duke: “One of God's own prototypes. Some kind of high-powered mutant never even considered for mass production. Too weird to live, and too rare to die” (Uno dei prototipi di Dio. Una specie di potentissimo mutante che non è mai stato preso nemmeno in considerazione per una produzione in serie. Troppo strano per vivere e troppo raro per morire. – E scusate la traduzione maffa - ). Se pensate che questo personaggio è esistito veramente, non vi viene voglia di dare un’occhiata a questo particolarissimo film?

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Di Johnny Depp ho già parlato in questi post, mentre un piccolo excursus della carriera di Benicio del Toro lo trovate qua.

Terry Gilliam è il regista della pellicola. Ex membro dei Monty Python, il visionario per eccellenza (e unico americano) del gruppo inglese, lo ricordo per aver diretto e scritto film complicatissimi e affascinanti, tra cui Monty Python, Brazil, La leggenda del re pescatore, L’esercito delle 12 scimmie, The Brothers Grimm e Parnassuss – L’uomo che voleva ingannare il diavolo. Ha 70 anni e un film in progetto che ormai sta diventando quasi una barzelletta per i fan del regista: The Man Who Killed Don Quixote, una delle pellicole più osteggiate, rimandate, sfigate della storia del cinema moderno. Auguri, Terry!

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Christina Ricci interpreta Lucy. Impossibile dimenticare la faccetta tonda della ragazzina che interpretava la dolcissima Kate in Sirene, la meravigliosa Mercoledì ne La Famiglia Addams e La Famiglia Addams 2 o la tenera Kat in Casper; anche se negli ultimi tempi la signorina si è un po’ persa in tristi produzioni è sempre un piacere vederla recitare. Oltre ai film citati ricordo Tempesta di ghiaccio, Small Soldiers, Pecker, Il mistero di Sleepy Hollow, La morsa del diavolo, e l’inguardabile Cursed – Il maleficio. Ha partecipato a telefilm come Malcom, Ally McBeal, Joey, Grey’s Anatomy e doppiato un episodio de I Simpson. Americana, ha 30 anni e quattro film in uscita.

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Cameron Diaz interpreta la giornalista bionda concupita da Gonzo. Altra attrice che, personalmente, amo alla follia, la ricordo per film come The Mask, Una cena quasi perfetta, Acque profonde, Il matrimonio del mio migliore amico, Una vita esagerata, Tutti pazzi per Mary, il carinissimo Cose molto cattive, il particolarissimo Essere John Malkovich, Charlie’s Angels, Minority Report, Gangs of New York, Charlie’s Angels: più che mai e i nuovissimi The Box e Innocenti bugie che vorrei vedere assolutamente. Ha anche prestato la voce alla principessa Fiona in tutti e quattro i film di Shrek, l’ultimo dei quali sta uscendo proprio in questi giorni. Americana, ha 38 anni e due film in uscita.

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Tobey Maguire interpreta l’orrendo streppone che chiede un passaggio a Gonzo e Duke. Uno dei tanti attori americani giovani, bellocci e sopravvalutati, che durano una o due stagioni per film più o meno d’impatto (in questo caso il signorino ha incarnato nientemeno che Peter Parker nella trilogia di Spider Man diretta da Sam Raimi), lo ricordo per film come Tempesta di ghiaccio, Harry a pezzi, i bellissimi Pleasantville e Le regole della casa del sidro e l’orrido Seabiscuit; ha recitato inoltre nei telefilm Ai confini della realtà, Blossom, Pappa e ciccia e Walker Texas Ranger. Americano, ha 35 anni e tre film in uscita.

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Tra le miriadi di guest star che fanno comparsate più o meno lunghe all’interno del film segnalo Verne Troyer, il Minime della serie Austin Powers, il bassista dei Red Hot Chili Peppers, Flea, che interpreta un musicista, e due reduci de Il miglio verde: Michael Jeter (Eduard Delacroix nel film di Darabont) nei panni di un assurdo psicologo anti – droga, e Harry Dean Stanton (Toot – Toot) nei panni di un giudice. Anche l’autore del libro omonimo da cui è tratto il film, Hunter S. Thompson, compare in un flashback. A quanto pare, comunque, la gestazione del film è stata tutt’altro che rosea e ad occhio e croce risale a metà degli anni ’70 visto che per interpretare i due protagonisti era in lizza innanzitutto la coppia Jack NicholsonMarlon Brando poi, quando il duo è diventato troppo vecchio, si era pensato ai mitici Dan Aykroyd e John Belushi, ma dopo la morte di quest’ultimo il casting è andato a farsi friggere e per un po’ si era parlato di avere John Malkovich nel ruolo di Duke, ed alla fine era stato quasi confermato John Cusack. Peccato, tutte le accoppiate e i singoli attori scelti sarebbero state vincenti e ben particolari! A confermare la difficoltà di girare un film simile c’è anche la decisione di registi del calibro di Oliver Stone e Martin Scorsese che hanno rinunciato all’impresa. Non una pellicola facile né per i coinvolti né per gli spettatori, ma se vi è piaciuta vi consiglio, per motivi diversi, di vedere Easy Rider (per avere un altro scorcio dell’epoca), A Scanner Darkly (per vedere un altro film dove droghe e deliri la fanno da padrone) e infine 8 ½ di Fellini (per dare testimonianza di un’altra autobiografia pesantemente filtrata da sogni e fantasia). E ora vi lascio con lo stranamente normalissimo trailer del film! ENJOY!



2 commenti:

  1. Son di fretta adesso e dico semplicemente che è uno dei film più brutti che abbia mai visto.....almeno per me.....Buona giornata!

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