Non è che ci capisca molto di queste cose, eh. Ma come le scimmie ho carpito qualche sprazzo di conversazione qua e là, qualche articolo e ho scoperto che Google Reader da domani chiuderà i battenti. Il che, almeno così mi dice chi non è crassamente ignorante come me, significa che chi segue il mio bloggo (ma CHI??) non verrà più avvisato quando posterò le mie "interessantissime" recensioni.
Quindi, mi par di aver capito che ora, se volete essere aggiornati sull'attività Bollalmanacchica dovrete andare QUI OPPURO cliccare sulla Tour Eiffel nella colonna a destra.
Spero di aver fatto tutto bene, in caso avvertitemi, grazie!!
ENJOY!
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domenica 30 giugno 2013
venerdì 28 giugno 2013
Tulpa (2012)
Approfittando del miracolo che ne ha permesso la distribuzione anche dalle mie parti, mercoledì sono andata a vedere l'agognato Tulpa (o Tulpa - Perdizioni mortali), diretto nel 2012 da Federico Zampaglione.
Trama: Lisa di giorno è un'integerrima donna in carriera ma di notte frequenta l'esclusivo club Tulpa, dove i membri possono dare sfogo ad ogni loro sogno erotico. Quando una mano ignota comincia però a perpetrare omicidi nell'ambito di questa cerchia esclusiva Lisa capisce di essere in pericolo...
Guardando Tulpa mi è successa una cosa strana, almeno durante la prima metà della pellicola. Ho provato ansia come non mi succedeva da tempo. Non l'ansia solita che associo a gran parte degli horror ma quella che solo i grandi maestri del Giallo all'italiana riescono a provocarmi. Dev'essere qualcosa insito nel mio DNA e che si ripropone anche nei miei incubi, tanto che guardando Tulpa mi è scesa addosso anche una nostalgia incredibile, soprattutto nelle scene in cui la vittima solitaria corre o cammina guardinga lungo vicoli oscuri che sembrano infiniti e totalmente distaccati dal resto della città, come se la sfortunata fosse finita inspiegabilmente in una di quelle dimensioni parallele lovecraftiane, mentre l'assassino, nero come la notte e quasi sovrannaturale nel suo essere lontanissimo e al contempo vicino, la segue. Sono tornata per un attimo la ragazzina che guardava i film di Argento con una mano davanti alla faccia o che leggeva di nascosto i Dylan Dog con tutti i loro "szock!!" e "uargh!!" e ho amato Zampaglione, ho amato Tulpa e ogni minuto della sua malsana atmosfera. La seconda parte mi ha toccata di meno e verso il finale mi ha fatto anche un po' arricciare il naso, troppo "esoterico" e facilone, ma l'Operazione Paura, dal mio umile punto di vista, ha superato ampiamente il già pregevole Shadow e confermato la maturità del regista.
Zampaglione, che con la macchina da presa mostra di saperci fare non poco, non si limita a fare un copia-incolla di cliché e neppure a girare un film citazionista senz'anima, anzi. Ci mette il cuore (letteralmente, visto che a reggere l'intera pellicola è l'interpretazione della Gerini, compagna del regista) e la passione di chi ama il cinema in generale e i Grandi Maestri in particolare, si avvale della collaborazione di uno sceneggiatore storico come Dardano Sacchetti, accompagna ogni sequenza con una colonna sonora che non sfigurerebbe accanto alle migliori prove di Goblin, Frizzi, Donaggio e compagnia e ci da sotto con l'orrore becero e con quelle atmosfere zozzopornE che tanto piacevano ai vecchi autori ("Essignore ma basta con 'ste qui che slinguano!!" "O Bolla, non essere puritana!" "Puritana tua sorella, Ale. Siamo quattro in sala, sono l'unica donna e qui pare d'essere seduti al Jolly* di sabato pomeriggio!! Pensa a tua moglie e a tuo figlio!"): tralasciando questo aspetto del film, pur importantissimo, gli omicidi sono tesissimi ed esagerati, soprattutto il primo, mentre gli altri sono fantasiosi e crudeli da far paura, resi ancora più validi da un buon uso degli effetti speciali.
Passando al reparto attori, bravissima e bellissima Claudia Gerini, mentre Nuot Arquint è letteralmente ipnotico e perfetto nel ruolo di enigmatico ed inquietante guru del Tulpa. Il resto del cast, se dovessi dire, non mi ha fatta impazzire ma anche lì l'utilizzo di quelle facce un po' anonime e quasi sciatte mi ha riportata ai bei tempi del Giallo, quindi non posso lamentarmi. L'unico difetto che ho trovato in Tulpa è la risoluzione del finale, che se da un lato giustifica il titolo della pellicola e si ricollega alla natura di questa entità creata tramite la meditazione, dall'altro snatura l'apprezzabile realismo degli omicidi e dell'assassino, quasi come se fosse stata imbastita in fretta e furia. Per il resto, tolto il mio ormai patologico fastidio per la dizione del 90% degli attori italiani (da questo punto di vista ho apprezzato maggiormente Shadow, proprio per il suo cast internazionale), ribadisco che Tulpa mi ha entusiasmata parecchio e aspetto con ansia che Zampaglione si rimetta dietro la macchina da presa per regalarci qualche altra chicca di genere, perché l'horror italiano ha proprio bisogno di una bella rinfrescata!
Del regista e co-sceneggiatore Federico Zampaglione (anche autore della colonna sonora) ho già parlato qui. Michele Placido (Roccaforte) e Nuot Arquint (Kiran) li trovate invece ai rispettivi link.
Claudia Gerini interpreta Lisa Boeri. Fidanzata di Zampaglione, attrice italiana tra le mie preferite, la ricordo per film come Roba da ricchi, Viaggi di nozze, Sono pazzo di Iris Blond, Fuochi d’artificio, Lucignolo, Tutti gli uomini del deficiente, La passione di Cristo, Nero bifamiliare, Grande, grosso e Verdone e Reality, inoltre ha partecipato a un episodio della sit-com Così fan tutte. Ha 42 anni e due film in uscita.
Se Tulpa vi fosse piaciuto buttatevi sulla visione dei gialli italiani anni ’70, che sono sterminati per numero ed altalenanti in qualità. Quelli che ricordo con piacere da assoluta profana del genere (tra quelli che ho visto, ovvio!!) sono Sette note in nero, 4 mosche di velluto grigio, Profondo Rosso, Reazione a catena e La casa dalle finestre che ridono.... ma sicuramente altri più esperti di me potranno aggiungere una marea di titoli! ENJOY!!
*Jolly: nota sala a luci rosse del savonese, chiusa ormai da tempo immemorabile (n.d.B.)
Trama: Lisa di giorno è un'integerrima donna in carriera ma di notte frequenta l'esclusivo club Tulpa, dove i membri possono dare sfogo ad ogni loro sogno erotico. Quando una mano ignota comincia però a perpetrare omicidi nell'ambito di questa cerchia esclusiva Lisa capisce di essere in pericolo...
Guardando Tulpa mi è successa una cosa strana, almeno durante la prima metà della pellicola. Ho provato ansia come non mi succedeva da tempo. Non l'ansia solita che associo a gran parte degli horror ma quella che solo i grandi maestri del Giallo all'italiana riescono a provocarmi. Dev'essere qualcosa insito nel mio DNA e che si ripropone anche nei miei incubi, tanto che guardando Tulpa mi è scesa addosso anche una nostalgia incredibile, soprattutto nelle scene in cui la vittima solitaria corre o cammina guardinga lungo vicoli oscuri che sembrano infiniti e totalmente distaccati dal resto della città, come se la sfortunata fosse finita inspiegabilmente in una di quelle dimensioni parallele lovecraftiane, mentre l'assassino, nero come la notte e quasi sovrannaturale nel suo essere lontanissimo e al contempo vicino, la segue. Sono tornata per un attimo la ragazzina che guardava i film di Argento con una mano davanti alla faccia o che leggeva di nascosto i Dylan Dog con tutti i loro "szock!!" e "uargh!!" e ho amato Zampaglione, ho amato Tulpa e ogni minuto della sua malsana atmosfera. La seconda parte mi ha toccata di meno e verso il finale mi ha fatto anche un po' arricciare il naso, troppo "esoterico" e facilone, ma l'Operazione Paura, dal mio umile punto di vista, ha superato ampiamente il già pregevole Shadow e confermato la maturità del regista.
Zampaglione, che con la macchina da presa mostra di saperci fare non poco, non si limita a fare un copia-incolla di cliché e neppure a girare un film citazionista senz'anima, anzi. Ci mette il cuore (letteralmente, visto che a reggere l'intera pellicola è l'interpretazione della Gerini, compagna del regista) e la passione di chi ama il cinema in generale e i Grandi Maestri in particolare, si avvale della collaborazione di uno sceneggiatore storico come Dardano Sacchetti, accompagna ogni sequenza con una colonna sonora che non sfigurerebbe accanto alle migliori prove di Goblin, Frizzi, Donaggio e compagnia e ci da sotto con l'orrore becero e con quelle atmosfere zozzopornE che tanto piacevano ai vecchi autori ("Essignore ma basta con 'ste qui che slinguano!!" "O Bolla, non essere puritana!" "Puritana tua sorella, Ale. Siamo quattro in sala, sono l'unica donna e qui pare d'essere seduti al Jolly* di sabato pomeriggio!! Pensa a tua moglie e a tuo figlio!"): tralasciando questo aspetto del film, pur importantissimo, gli omicidi sono tesissimi ed esagerati, soprattutto il primo, mentre gli altri sono fantasiosi e crudeli da far paura, resi ancora più validi da un buon uso degli effetti speciali.
Passando al reparto attori, bravissima e bellissima Claudia Gerini, mentre Nuot Arquint è letteralmente ipnotico e perfetto nel ruolo di enigmatico ed inquietante guru del Tulpa. Il resto del cast, se dovessi dire, non mi ha fatta impazzire ma anche lì l'utilizzo di quelle facce un po' anonime e quasi sciatte mi ha riportata ai bei tempi del Giallo, quindi non posso lamentarmi. L'unico difetto che ho trovato in Tulpa è la risoluzione del finale, che se da un lato giustifica il titolo della pellicola e si ricollega alla natura di questa entità creata tramite la meditazione, dall'altro snatura l'apprezzabile realismo degli omicidi e dell'assassino, quasi come se fosse stata imbastita in fretta e furia. Per il resto, tolto il mio ormai patologico fastidio per la dizione del 90% degli attori italiani (da questo punto di vista ho apprezzato maggiormente Shadow, proprio per il suo cast internazionale), ribadisco che Tulpa mi ha entusiasmata parecchio e aspetto con ansia che Zampaglione si rimetta dietro la macchina da presa per regalarci qualche altra chicca di genere, perché l'horror italiano ha proprio bisogno di una bella rinfrescata!
Del regista e co-sceneggiatore Federico Zampaglione (anche autore della colonna sonora) ho già parlato qui. Michele Placido (Roccaforte) e Nuot Arquint (Kiran) li trovate invece ai rispettivi link.
Claudia Gerini interpreta Lisa Boeri. Fidanzata di Zampaglione, attrice italiana tra le mie preferite, la ricordo per film come Roba da ricchi, Viaggi di nozze, Sono pazzo di Iris Blond, Fuochi d’artificio, Lucignolo, Tutti gli uomini del deficiente, La passione di Cristo, Nero bifamiliare, Grande, grosso e Verdone e Reality, inoltre ha partecipato a un episodio della sit-com Così fan tutte. Ha 42 anni e due film in uscita.
Se Tulpa vi fosse piaciuto buttatevi sulla visione dei gialli italiani anni ’70, che sono sterminati per numero ed altalenanti in qualità. Quelli che ricordo con piacere da assoluta profana del genere (tra quelli che ho visto, ovvio!!) sono Sette note in nero, 4 mosche di velluto grigio, Profondo Rosso, Reazione a catena e La casa dalle finestre che ridono.... ma sicuramente altri più esperti di me potranno aggiungere una marea di titoli! ENJOY!!
*Jolly: nota sala a luci rosse del savonese, chiusa ormai da tempo immemorabile (n.d.B.)
giovedì 27 giugno 2013
WE, Bolla! del 27/06/2013
Buon giovedì a tutti!! Prima di segnalare le nuove uscite della settimana, mi tocca ritirare gli insulti lanciati al multisala savonese la scorsa settimana: in un gesto di pura ed inspiegabile illuminazione hanno tolto Cha Cha Cha dopo un giorno e messo al suo posto Tulpa. Visto ieri e, spero, recensito entro domani. Adesso, cari gestori, magari cominciamo ad aderire anche alle iniziative della Nexo, grazie. E ora... ENJOY!!
World War Z
Reazione a caldo: aggiudicato!
Bolla, rifletti!: quel che penso del film potete leggerlo qui. A queste considerazioni si aggiunge l’esser venuta a conoscenza della presenza di Pierfrancesco Favino e il fatto che il film, almeno dalle mie parti, viene proiettato anche non in 3D. Quindi, preparatevi perché la settimana prossima arriva la recensione dritto pe’ dritto!
Doppio gioco
Reazione a caldo: cosa essere tu?
Bolla, rifletti!: thriller legato a doppio filo col terrorismo irlandese e con attori che non mi stanno particolarmente simpatici, diretto da un regista che purtroppamente non conosco. Non credo andrò a vederlo dunque, tuttavia leggo in giro che come thriller funziona benissimo e le interpretazioni sono tutte molto valide, soprattutto quelle della protagonista. Aspetto dunque qualche recensione dei blogger amici e al limite recupero in seguito!
Al cinema d’élite ecco comparire invece Killer in viaggio, recensito giusto ieri! Battuti sul tempo, per una volta, quindi per oggi si chiude qui!
World War Z
Reazione a caldo: aggiudicato!
Bolla, rifletti!: quel che penso del film potete leggerlo qui. A queste considerazioni si aggiunge l’esser venuta a conoscenza della presenza di Pierfrancesco Favino e il fatto che il film, almeno dalle mie parti, viene proiettato anche non in 3D. Quindi, preparatevi perché la settimana prossima arriva la recensione dritto pe’ dritto!
Doppio gioco
Reazione a caldo: cosa essere tu?
Bolla, rifletti!: thriller legato a doppio filo col terrorismo irlandese e con attori che non mi stanno particolarmente simpatici, diretto da un regista che purtroppamente non conosco. Non credo andrò a vederlo dunque, tuttavia leggo in giro che come thriller funziona benissimo e le interpretazioni sono tutte molto valide, soprattutto quelle della protagonista. Aspetto dunque qualche recensione dei blogger amici e al limite recupero in seguito!
Al cinema d’élite ecco comparire invece Killer in viaggio, recensito giusto ieri! Battuti sul tempo, per una volta, quindi per oggi si chiude qui!
mercoledì 26 giugno 2013
Killer in viaggio (2012)
Qualche sera fa sono riuscita a recuperare e vedere Killer in viaggio (The Sightseers), film diretto nel 2012 dal regista Ben Wheatley e pellicola che puntavo già da quando ne avevo adocchiato l’uscita USA.
Trama: una ragazza vessata dalla madre tiranna trova finalmente l’amore della sua vita e decide di passare una vacanza in caravan assieme a lui. Peccato che l’uomo, apparentemente tanto gentile, nasconda l’indole di un killer psicopatico…
The power of love. Si potrebbe riassumere così questo Killer in viaggio, ed effettivamente la canzone dei Frankie Goes to Hollywood è parte della bellissima colonna sonora del film e accompagna una delle sue sequenze più riuscite, verso la fine. Per il resto, abbiamo per le mani una simpatica commedia nerissima che si rifà più di una volta all'indimenticabile La signora ammazzatutti di John Waters, con un protagonista "costretto" ad essere killer per imporre quell'educazione che i villici dello Yorkshire paiono aver dimenticato. A differenza del film di Waters, però, questo Killer in viaggio si fregia anche di una protagonista femminile frustrata, priva di personalità e totalmente incapace di fare alcunché, che, se all'inizio parrebbe accettare le pericolose tendenze di Chris per amore, userà in seguito il rosso barbuto come mezzo per prendersi le sue rivincite sulla vita e come modello da superare in follia. Questo è l'unico, fuorviante twist di una pellicola che, per la maggior parte della durata, segue sentieri già battuti ampiamente in precedenza e, pur essendo diretta con maestria (bellissima la scena onirica, inoltre il montaggio è sicuramente dinamico e d'effetto), riesce ad essere divertente e coinvolgente solo a tratti, proprio per colpa di questa sua prevedibilità.
I due protagonisti sono molto affiatati e la maggior parte delle gag vertono ovviamente sul loro rapporto, sulla discrepanza tra la loro apparenza dimessa e sfigata e le loro perversioni (le scene di “sesso” o le messinscene di Tina per eccitare Chris sono da primato!) e sul modo in cui, tempo due giorni, il loro legame diventa simile a quello di una coppia di sposini che si detestano, pur amandosi, reciprocamente: una sorta di Sandra e Vianello psicopatici, insomma. La sequenza più esilarante (anzi, l’unica in cui ho riso davvero pur essendomi anche sentita male) però è quella che rivela che fine abbia fatto il cane Poppy originale e perché la madre di Tina la detesti al punto di dirle che persino la sua nascita è stata un incidente. Interessante infine anche la cornice del viaggio del titolo italiano, che alterna paesaggi e luoghi a dir poco mozzafiato come il Ribblehead Viaduct ad altri più trash e squallidi come il museo dei tram o quello delle matite, così come altrettanto bello da sentire, almeno per chi ama le lingue come me, è il particolare accento dei coinvolti. A maggior ragione, Killer in viaggio sarebbe un film da vedere in lingua originale senza aspettarsi però chissà quale cult o black comedy innovativa… giusto un filmetto simpatico con cui passare la serata.
Ben Wheatley è il regista della pellicola. Inglese, ha diretto film come Kill List e The ABCs of Death (lettera U). Anche sceneggiatore, attore, produttore, addetto al montaggio e agli effetti speciali, ha 41 anni e un film in uscita.
Alice Lowe interpreta Tina ed è anche co-sceneggiatrice del film. Inglese, ha partecipato a film come Hot Fuzz, Kill List e a serie come Little Britain. Ha 36 anni e due film in uscita.
Steve Oram interpreta Chris ed è anche co-sceneggiatore della pellicola. Inglese, ha partecipato a film come Kill List. Anche compositore, regista e produttore, ha 40 anni e due film in uscita.
Trama: una ragazza vessata dalla madre tiranna trova finalmente l’amore della sua vita e decide di passare una vacanza in caravan assieme a lui. Peccato che l’uomo, apparentemente tanto gentile, nasconda l’indole di un killer psicopatico…
The power of love. Si potrebbe riassumere così questo Killer in viaggio, ed effettivamente la canzone dei Frankie Goes to Hollywood è parte della bellissima colonna sonora del film e accompagna una delle sue sequenze più riuscite, verso la fine. Per il resto, abbiamo per le mani una simpatica commedia nerissima che si rifà più di una volta all'indimenticabile La signora ammazzatutti di John Waters, con un protagonista "costretto" ad essere killer per imporre quell'educazione che i villici dello Yorkshire paiono aver dimenticato. A differenza del film di Waters, però, questo Killer in viaggio si fregia anche di una protagonista femminile frustrata, priva di personalità e totalmente incapace di fare alcunché, che, se all'inizio parrebbe accettare le pericolose tendenze di Chris per amore, userà in seguito il rosso barbuto come mezzo per prendersi le sue rivincite sulla vita e come modello da superare in follia. Questo è l'unico, fuorviante twist di una pellicola che, per la maggior parte della durata, segue sentieri già battuti ampiamente in precedenza e, pur essendo diretta con maestria (bellissima la scena onirica, inoltre il montaggio è sicuramente dinamico e d'effetto), riesce ad essere divertente e coinvolgente solo a tratti, proprio per colpa di questa sua prevedibilità.
I due protagonisti sono molto affiatati e la maggior parte delle gag vertono ovviamente sul loro rapporto, sulla discrepanza tra la loro apparenza dimessa e sfigata e le loro perversioni (le scene di “sesso” o le messinscene di Tina per eccitare Chris sono da primato!) e sul modo in cui, tempo due giorni, il loro legame diventa simile a quello di una coppia di sposini che si detestano, pur amandosi, reciprocamente: una sorta di Sandra e Vianello psicopatici, insomma. La sequenza più esilarante (anzi, l’unica in cui ho riso davvero pur essendomi anche sentita male) però è quella che rivela che fine abbia fatto il cane Poppy originale e perché la madre di Tina la detesti al punto di dirle che persino la sua nascita è stata un incidente. Interessante infine anche la cornice del viaggio del titolo italiano, che alterna paesaggi e luoghi a dir poco mozzafiato come il Ribblehead Viaduct ad altri più trash e squallidi come il museo dei tram o quello delle matite, così come altrettanto bello da sentire, almeno per chi ama le lingue come me, è il particolare accento dei coinvolti. A maggior ragione, Killer in viaggio sarebbe un film da vedere in lingua originale senza aspettarsi però chissà quale cult o black comedy innovativa… giusto un filmetto simpatico con cui passare la serata.
Ben Wheatley è il regista della pellicola. Inglese, ha diretto film come Kill List e The ABCs of Death (lettera U). Anche sceneggiatore, attore, produttore, addetto al montaggio e agli effetti speciali, ha 41 anni e un film in uscita.
Alice Lowe interpreta Tina ed è anche co-sceneggiatrice del film. Inglese, ha partecipato a film come Hot Fuzz, Kill List e a serie come Little Britain. Ha 36 anni e due film in uscita.
Steve Oram interpreta Chris ed è anche co-sceneggiatore della pellicola. Inglese, ha partecipato a film come Kill List. Anche compositore, regista e produttore, ha 40 anni e due film in uscita.
Se Killer in viaggio vi fosse piaciuto consiglierei la visione del già citato La signora ammazzatutti, Natural Born Killers e Una vita al massimo. ENJOY!!
martedì 25 giugno 2013
Sin City (2005)
Estate, stagione di cinecomic. L'uomo d'acciaio, a breve il secondo capitolo di Kick-Ass, la conferma che Robert Downey Jr. ha firmato per The Avengers 2 e 3... insomma, tutto questo mi ha spinta a recuperare e rivedere il bellissimo Sin City, diretto nel 2005 da Robert Rodriguez, Frank Miller, Quentin Tarantino e tratto quasi pari pari dalle graphic novel dello stesso Miller.
Trama: storie diverse si intrecciano a Basin City, la città del peccato. L'ex galeotto Marv cerca di scoprire chi lo ha incastrato per l'omicidio dell'amata Goldie, il killer Dwight si ritrova invischiato nella guerra tra le prostitute della Città Vecchia e la mala, infine l'ex poliziotto Hartigan deve fare i conti col pericoloso e inquietante "Bastardo giallo"...
Sin City è uno dei più bei film tratti da un fumetto che siano mai stati girati, anche se in questo caso bisognerebbe parlare, letteralmente, di tavole in movimento. Non conosco infatti tutta la grandiosa opera Milleriana ma, per quel poco che ho letto di Sin City, ogni singola sequenza del film riprende con un'attenzione per i dettagli quasi certosina il suo corrispettivo cartaceo, dall'espressione del personaggio fino alla sua rappresentazione grafica (vestiti, pettinatura, accessori...), dai dialoghi fino agli sfondi, con davvero pochissime concessioni ad un eventuale adattamento: Sin City è uno di quei rari film in cui non si può dire "era meglio il fumetto", perché i cambiamenti sono talmente minimi che lamentarsene sarebbe a dir poco ridicolo. L'unica critica che può essere mossa alla pellicola è l'eccessiva "freddezza" conseguente al massiccio uso di effetti speciali e CG, indispensabili per ottenere la fedeltà praticamente assoluta all'opera di Miller e i caratteristici effetti cromatici che sono quelli che più colpiscono l'occhio e la memoria dello spettatore e che spezzano la monocromia di quello che, a tutti gli effetti, è un noir moderno. Abbiamo così un bastardo giallo che indossa il suo marciume e la sua corruzione come una seconda pelle, sangue bianco che sprizza dalle arterie, occhi verdi o azzurri che colpiscono per la loro incredibile bellezza, stilosissime scarpe rosse, macchie di colore che si integrano perfettamente alle altre immagini e che non creano quell'incredibile fastidio che avrebbe provocato quella rumenta di The Spirit, fallimentare assolo registico di un Miller ormai preso da manie di grandezza cinematografiche.
Grandissima, inoltre, la cura messa nel casting. Il make-up, come già ho avuto modo di dire, fa miracoli, soprattutto per quanto riguarda Mickey Rourke e lo scimmionesco Marv, ma bene o male si è cercato (come mostrato in maniera assai furba nei titoli di testa) di affidare ogni personaggio ad un attore che potesse incarnarlo alla perfezione e distaccarsi poco dall'immagine creata da Miller. I migliori sono un irriconoscibile Benicio Del Toro, protagonista di una delle sequenze più esilaranti e meglio riuscite della pellicola (e no, non lo dico perché c'è di mezzo la santa mano di Quentin ma perché la voce e la mimica di Benicio durante il confronto con Dwight sembrano quelle di Rockfeller) e l'inquietantissimo, glaciale Kevin di Elijah Wood, un personaggio che non sfigurerebbe affatto in un film horror, ma tutti gli altri attori hanno fatto un lavoro a dir poco egregio, a partire da chi si è beccato soltanto una piccola particina come Carla Cugino, fino ad arrivare ai grossi calibri come il mio amato Bruce Willis. Le storie di Basin City, un universo incentrato sulla depravazione, la corruzione, il sangue, la violenza e il sesso, si delineano sullo schermo come se la china avesse il potere di muoversi e riescono a farci piombare in un'atmosfera dal sapore retrò e pulp, con pochi (anti)eroi fuori dal tempo e un branco di assassini e criminali tra i più affascinanti, il tutto scandito dall'ipnotico score scritto a tre mani da Grahame Revell, John Debney e dallo stesso Robert Rodriguez. Insomma, un piccolo capolavoro che val sempre la pena recuperare e riguardare, tenendo a mente che le quattro storie utilizzate per girare il film (Il cliente ha sempre ragione, Un duro addio, Un'abbuffata di morte, Quel bastardo giallo) sono dei capolavori del fumetto e andrebbero lette a prescindere.
Dei registi Frank Miller (che interpreta anche il prete fatto fuori da Marv), Robert Rodriguez (che interpreta anche uno dei membri dello SWAT) e Quentin Tarantino ho parlato qui, qui e qui. Di Jessica Alba (Nancy Callahan), Rosario Dawson (Gale), Benicio Del Toro (Jackie Boy), Michael Clarke Duncan (Manute), Carla Cugino (Lucille), Josh Hartnett (L’uomo), Rutger Hauer (Cardinale Roark), Jaime King (Goldie/Wendy), Michael Madsen (Bob, ma all'inizio si era pensato a lui per Marv), Brittany Murphy (Shellie), Mickey Rourke (Marv), Bruce Willis (Hartigan), Elijah Wood (Kevin) ho parlato ai rispettivi link.
Clive Owen interpreta Dwight. Inglese, lo ricordo per film come Gosford Park, The Bourne Identity, l’indimenticabile corto Beat the Devil, King Arthur, Derailed – Attrazione letale, La pantera rosa ed Elizabeth: The Golden Age, inoltre ha partecipato alla serie Extras. Anche produttore, ha 49 anni e due film in uscita.
Marley Shelton interpreta la Cliente. Americana, la ricordo per film come Gli intrighi del potere – Nixon, Pleasantville, Mai stata baciata, Grindhouse – A prova di morte, Planet Terror, A Perfect Getaway – Una perfetta via di fuga e Scream 4; inoltre, ha partecipato alla serie 8 sotto un tetto e doppiato un episodio di American Dad!. Ha 39 anni.
Nick Stahl interpreta Roark Jr., il Bastardo Giallo. Americano, ha partecipato a film come L'uomo senza volto, Generazione perfetta, La sottile linea rossa, Terminator 3: Le macchine ribelli e a serie come Hercules e Locke & Key (il pilot, purtroppo mai andato in onda...). Anche produttore e scenografo, ha 34 anni e tre film in uscita.
Nei panni della giovanissima prostituta Becky i fan di Una mamma per amica riconosceranno sicuramente gli occhioni azzurri di Alexis Bledel, una delle Gilmore Girls del titolo originale. Passando alla solita rubrica del "chi non ce l'ha fatta", Adrien Brody ha provato ad avere la parte di Jackie Boy mentre l'impegnatissimo Johnny Depp era stata la prima scelta di Rodriguez per il personaggio; altri prescelti dal regista erano Christopher Walken e Wilelm Dafoe per il senatore Roark, Steve Buscemi per Junior versione Bastardo Giallo (sarebbe stato perfetto, mentre per la versione "bella" era stato scelto Di Caprio che ha rifiutato) e Michael Douglas per Hartigan (meglio Bruce!!). L'anno prossimo dovrebbe uscire, finalmente, il seguito di Sin City, Una donna per cui uccidere, sempre diretto da Rodriguez, con alcuni ritorni (Bruce Willis, Jessica Alba, Mickey Rourke, Rosario Dawson) e alcuni cambiamenti (Dennis Haysbert al posto del defunto Michael Clarke Duncan, Jamie Chung in quello di Devon Aoki, diventata da poco mamma). Nell'attesa che esca, se Sin City vi fosse piaciuto consiglio di vedere L'uomo che non c'era e Pulp Fiction. The Spirit è troppo brutto. ENJOY!!!
Trama: storie diverse si intrecciano a Basin City, la città del peccato. L'ex galeotto Marv cerca di scoprire chi lo ha incastrato per l'omicidio dell'amata Goldie, il killer Dwight si ritrova invischiato nella guerra tra le prostitute della Città Vecchia e la mala, infine l'ex poliziotto Hartigan deve fare i conti col pericoloso e inquietante "Bastardo giallo"...
Sin City è uno dei più bei film tratti da un fumetto che siano mai stati girati, anche se in questo caso bisognerebbe parlare, letteralmente, di tavole in movimento. Non conosco infatti tutta la grandiosa opera Milleriana ma, per quel poco che ho letto di Sin City, ogni singola sequenza del film riprende con un'attenzione per i dettagli quasi certosina il suo corrispettivo cartaceo, dall'espressione del personaggio fino alla sua rappresentazione grafica (vestiti, pettinatura, accessori...), dai dialoghi fino agli sfondi, con davvero pochissime concessioni ad un eventuale adattamento: Sin City è uno di quei rari film in cui non si può dire "era meglio il fumetto", perché i cambiamenti sono talmente minimi che lamentarsene sarebbe a dir poco ridicolo. L'unica critica che può essere mossa alla pellicola è l'eccessiva "freddezza" conseguente al massiccio uso di effetti speciali e CG, indispensabili per ottenere la fedeltà praticamente assoluta all'opera di Miller e i caratteristici effetti cromatici che sono quelli che più colpiscono l'occhio e la memoria dello spettatore e che spezzano la monocromia di quello che, a tutti gli effetti, è un noir moderno. Abbiamo così un bastardo giallo che indossa il suo marciume e la sua corruzione come una seconda pelle, sangue bianco che sprizza dalle arterie, occhi verdi o azzurri che colpiscono per la loro incredibile bellezza, stilosissime scarpe rosse, macchie di colore che si integrano perfettamente alle altre immagini e che non creano quell'incredibile fastidio che avrebbe provocato quella rumenta di The Spirit, fallimentare assolo registico di un Miller ormai preso da manie di grandezza cinematografiche.
Grandissima, inoltre, la cura messa nel casting. Il make-up, come già ho avuto modo di dire, fa miracoli, soprattutto per quanto riguarda Mickey Rourke e lo scimmionesco Marv, ma bene o male si è cercato (come mostrato in maniera assai furba nei titoli di testa) di affidare ogni personaggio ad un attore che potesse incarnarlo alla perfezione e distaccarsi poco dall'immagine creata da Miller. I migliori sono un irriconoscibile Benicio Del Toro, protagonista di una delle sequenze più esilaranti e meglio riuscite della pellicola (e no, non lo dico perché c'è di mezzo la santa mano di Quentin ma perché la voce e la mimica di Benicio durante il confronto con Dwight sembrano quelle di Rockfeller) e l'inquietantissimo, glaciale Kevin di Elijah Wood, un personaggio che non sfigurerebbe affatto in un film horror, ma tutti gli altri attori hanno fatto un lavoro a dir poco egregio, a partire da chi si è beccato soltanto una piccola particina come Carla Cugino, fino ad arrivare ai grossi calibri come il mio amato Bruce Willis. Le storie di Basin City, un universo incentrato sulla depravazione, la corruzione, il sangue, la violenza e il sesso, si delineano sullo schermo come se la china avesse il potere di muoversi e riescono a farci piombare in un'atmosfera dal sapore retrò e pulp, con pochi (anti)eroi fuori dal tempo e un branco di assassini e criminali tra i più affascinanti, il tutto scandito dall'ipnotico score scritto a tre mani da Grahame Revell, John Debney e dallo stesso Robert Rodriguez. Insomma, un piccolo capolavoro che val sempre la pena recuperare e riguardare, tenendo a mente che le quattro storie utilizzate per girare il film (Il cliente ha sempre ragione, Un duro addio, Un'abbuffata di morte, Quel bastardo giallo) sono dei capolavori del fumetto e andrebbero lette a prescindere.
Dei registi Frank Miller (che interpreta anche il prete fatto fuori da Marv), Robert Rodriguez (che interpreta anche uno dei membri dello SWAT) e Quentin Tarantino ho parlato qui, qui e qui. Di Jessica Alba (Nancy Callahan), Rosario Dawson (Gale), Benicio Del Toro (Jackie Boy), Michael Clarke Duncan (Manute), Carla Cugino (Lucille), Josh Hartnett (L’uomo), Rutger Hauer (Cardinale Roark), Jaime King (Goldie/Wendy), Michael Madsen (Bob, ma all'inizio si era pensato a lui per Marv), Brittany Murphy (Shellie), Mickey Rourke (Marv), Bruce Willis (Hartigan), Elijah Wood (Kevin) ho parlato ai rispettivi link.
Clive Owen interpreta Dwight. Inglese, lo ricordo per film come Gosford Park, The Bourne Identity, l’indimenticabile corto Beat the Devil, King Arthur, Derailed – Attrazione letale, La pantera rosa ed Elizabeth: The Golden Age, inoltre ha partecipato alla serie Extras. Anche produttore, ha 49 anni e due film in uscita.
Marley Shelton interpreta la Cliente. Americana, la ricordo per film come Gli intrighi del potere – Nixon, Pleasantville, Mai stata baciata, Grindhouse – A prova di morte, Planet Terror, A Perfect Getaway – Una perfetta via di fuga e Scream 4; inoltre, ha partecipato alla serie 8 sotto un tetto e doppiato un episodio di American Dad!. Ha 39 anni.
Nick Stahl interpreta Roark Jr., il Bastardo Giallo. Americano, ha partecipato a film come L'uomo senza volto, Generazione perfetta, La sottile linea rossa, Terminator 3: Le macchine ribelli e a serie come Hercules e Locke & Key (il pilot, purtroppo mai andato in onda...). Anche produttore e scenografo, ha 34 anni e tre film in uscita.
Nei panni della giovanissima prostituta Becky i fan di Una mamma per amica riconosceranno sicuramente gli occhioni azzurri di Alexis Bledel, una delle Gilmore Girls del titolo originale. Passando alla solita rubrica del "chi non ce l'ha fatta", Adrien Brody ha provato ad avere la parte di Jackie Boy mentre l'impegnatissimo Johnny Depp era stata la prima scelta di Rodriguez per il personaggio; altri prescelti dal regista erano Christopher Walken e Wilelm Dafoe per il senatore Roark, Steve Buscemi per Junior versione Bastardo Giallo (sarebbe stato perfetto, mentre per la versione "bella" era stato scelto Di Caprio che ha rifiutato) e Michael Douglas per Hartigan (meglio Bruce!!). L'anno prossimo dovrebbe uscire, finalmente, il seguito di Sin City, Una donna per cui uccidere, sempre diretto da Rodriguez, con alcuni ritorni (Bruce Willis, Jessica Alba, Mickey Rourke, Rosario Dawson) e alcuni cambiamenti (Dennis Haysbert al posto del defunto Michael Clarke Duncan, Jamie Chung in quello di Devon Aoki, diventata da poco mamma). Nell'attesa che esca, se Sin City vi fosse piaciuto consiglio di vedere L'uomo che non c'era e Pulp Fiction. The Spirit è troppo brutto. ENJOY!!!
lunedì 24 giugno 2013
Get Babol! #69
Buon lunedì a tutti! Dopo le entusiasmanti settimane precedenti, le uscite USA stavolta mordono un po' il freno e scodellano un paio di film poco convincenti. E se il secondo ha comunque qualche speranza, il primo... lasciamo perdere. ENJOY!!
White House Down
Di Roland Emmerich
Con Channing Tatum, Jamie Foxx, Maggie Gyllenhaal
Trama (da Imdb): Nel corso di un tour dentro la Casa Bianca con la figlia, un poliziotto del Campidoglio torna in azione per salvare lei e proteggere il presidente da un gruppo di paramilitari pesantemente armati.
Il sito me lo consiglia perché mi è piaciuto Nemico pubblico, uno dei miei guilty pleasures. Ovviamente, questo White House Down sta su un altro pianeta, quello delle cazzatazze giganti che mi portano a domandarmi COME Jamie Foxx abbia potuto sostenere il ruolo di Django per poi ributtarsi in questi filmetti dozzinali. Tatum, invece, mi pare inespressivo come una caciotta e indegno persino di baciare i piedi al Bruce Willis di Die Hard. Insomma, bocciato su tutta la linea... ma da Emmerich cosa potevo aspettarmi? Non è che tutti i giorni avviene il "miracolo" Anonymous. In Italia 'sta boiata uscirà il 10 ottobre.
Byzantium
Di Neil Jordan
Con Saoirse Ronan, Gemma Arterton, Caleb Landry Jones
Trama (da Imdb): Gli abitanti di una cittadina costiera scoprono, con conseguenze mortali, il segreto condiviso da due donne misteriose, ospiti di un albergo del luogo.
Il sito me lo consiglia perché mi sono piaciuti Vampires e Constantine. Neil Jordan si era già cimentato con i succhiasangue ai tempi di Intervista con il vampiro e adesso ci riprova con Byzantium. Che dal trailer sembrerebbe una versione più patinata del suo film più famoso, con quegli echi di aMMore gotico/proibito che rischiano di far palpitare il cuore a più di una ragazzina intrippata con Twilight. Certo, siamo su tutto un altro pianeta, sia per quanto riguarda la regia che la fotografia, che il trailer mostra in tutto il loro splendore... ma ho paura che questo Byzantium sia un vano tentativo di ripercorrere verdi fasti che non torneranno. Vedremo. Il film è del 2012 ma non esiste ancora una data di uscita italiana.
White House Down
Di Roland Emmerich
Con Channing Tatum, Jamie Foxx, Maggie Gyllenhaal
Trama (da Imdb): Nel corso di un tour dentro la Casa Bianca con la figlia, un poliziotto del Campidoglio torna in azione per salvare lei e proteggere il presidente da un gruppo di paramilitari pesantemente armati.
Il sito me lo consiglia perché mi è piaciuto Nemico pubblico, uno dei miei guilty pleasures. Ovviamente, questo White House Down sta su un altro pianeta, quello delle cazzatazze giganti che mi portano a domandarmi COME Jamie Foxx abbia potuto sostenere il ruolo di Django per poi ributtarsi in questi filmetti dozzinali. Tatum, invece, mi pare inespressivo come una caciotta e indegno persino di baciare i piedi al Bruce Willis di Die Hard. Insomma, bocciato su tutta la linea... ma da Emmerich cosa potevo aspettarmi? Non è che tutti i giorni avviene il "miracolo" Anonymous. In Italia 'sta boiata uscirà il 10 ottobre.
Byzantium
Di Neil Jordan
Con Saoirse Ronan, Gemma Arterton, Caleb Landry Jones
Trama (da Imdb): Gli abitanti di una cittadina costiera scoprono, con conseguenze mortali, il segreto condiviso da due donne misteriose, ospiti di un albergo del luogo.
Il sito me lo consiglia perché mi sono piaciuti Vampires e Constantine. Neil Jordan si era già cimentato con i succhiasangue ai tempi di Intervista con il vampiro e adesso ci riprova con Byzantium. Che dal trailer sembrerebbe una versione più patinata del suo film più famoso, con quegli echi di aMMore gotico/proibito che rischiano di far palpitare il cuore a più di una ragazzina intrippata con Twilight. Certo, siamo su tutto un altro pianeta, sia per quanto riguarda la regia che la fotografia, che il trailer mostra in tutto il loro splendore... ma ho paura che questo Byzantium sia un vano tentativo di ripercorrere verdi fasti che non torneranno. Vedremo. Il film è del 2012 ma non esiste ancora una data di uscita italiana.
domenica 23 giugno 2013
L'esorcista (1973)
Il 19 giugno 1973 usciva in America L'esorcista, giustamente uno degli horror più famosi del mondo, diretto dal regista William Friedkin e tratto dall'omonimo libro di William Peter Blatty (anche sceneggiatore del film). A 40 anni di distanza, per festeggiarne l'anniversario, l'Edizione Integrale sarebbe dovuta ri-uscire al cinema, ma dalle mie parti è stata snobbata, quindi mi sono consolata il 18 giugno, guardando la pellicola in tv dopo anni di astensione.
Trama: la piccola Regan viene posseduta da un demone. Due preti, uno vecchio e malato, l'altro giovane ma vittima di problemi personali che lo portano a mettere in dubbio la propria fede, cercheranno di esorcizzarla...
Alle elementari, quando ho cominciato ad aver sentore di un genere di film chiamato "d'orrore", le pellicole che facevano più paura anche solo per sentito dire erano naitmer (Nightmare - Dal profondo della notte), Profondo Rosso (che nelle parole di mia cugina perdeva di significato, diventando solo "il film dove il burattino andava ad uccidere la gente", pensa te come una sola sequenza possa incidere nella mente di un ragazzino!) e, ovviamente, L'esorcista. Innumerevoli leggende metropolitane volevano che chiunque avesse visto L'esorcista si fosse ritrovato poi con una nonna o un nonno in meno, inspiegabilmente morti il giorno dopo la visione; guai anche a cancellare accidentalmente la videocassetta o buttarla via per esorcizzare, appunto, questa maledizione peculiare, perché il risultato sarebbe stato il medesimo, se non peggio. "Nonno, esco, vado a vedere L'esorcista" e via, l'anziano patriarca giù a ravanarsi i maròni per scongiurar la sfiga. A dar credito alle voci il 1973 sarà stato un anno dove le morti inspiegabili di arzilli vecchietti si sprecavano!! Tutto questo per dire che L'esorcista è diventato, giustamente, un film seminale e ben impresso persino nella mente di chi si è sempre rifiutato di vederlo, un pezzo di storia cinematografica non solo di genere, un icona dell'horror e un fenomeno sociale.
Ma come mai L'esorcista è riuscito a superare i confini di tempo e genere? Alla fine, io ho avuto il coraggio di vederlo due volte e, nonostante in entrambe le occasioni non abbia dormito la notte, non ho avuto così tanta paura durante la visione. Certo, il famosissimo make-up di Regan è ancora oggi spaventoso, così come la terribile voce del demone che possiede la ragazzina, e le sequenze dell'esorcismo colpiscono sia per il loro realismo che per la tensione palpabile che si può percepire nel corso del rito... ma la durata di queste scene è trascurabilissima (9 minuti!!) se si pensa che il film, nella sua versione integrale, va avanti per due ore e non concede quasi nulla a quegli spaventi facili che vanno tanto di moda adesso. No, il bello de L'esorcista è quel suo costruire la tensione, l'ansia e l'attesa del "confronto" finale fin dalla prima sequenza, con quelle immagini girate nell'abbacinante sole del deserto, dove qualcosa di antico viene risvegliato per sempre. Sono le terribili "cure", gli osceni ed invasivi esami medici a cui viene sottoposta la piccola Regan, una roba che al confronto quella dell'esorcismo è una scena buona giusto per la Melevisione. E' quella maledetta casa a due piani, dove i domestici della famiglia MacNeil e la povera Chris subiscono la demoniaca influenza della ragazzina sempre più incontrollabile, tra morti sospette, fenomeni inspiegabili, urla e freddo infernali. E' il terribile disagio di Padre Damian, immigrato, preda del senso di colpa per la morte della madre, prete quasi per sbaglio si direbbe. E' il famosissimo score di Mike Oldfield, quell'inquietante Tubular Bells che conoscono ormai persino i bambini. E', almeno per me, il "Dio Cristo" ossessivamente ripetuto dall'atea Chris, un'imprecazione che ho udito solo nella versione italiana de L'esorcista e in nessun altro film doppiato, quasi come se la donna si fosse chiamata la sfiga da sola nominando il nome di Dio invano. E' la debolezza di Padre Merrin, fiaccato sin dall'inizio nel corpo e nello spirito, costretto a combattere una forza ben più grande di lui. E', infine, la perfezione formale e l'estremo realismo della regia di Friedkin, che non lascia nessun dettaglio al caso, arricchisce ogni visione di particolari sempre nuovi e, soprattutto, radica una storia sovrannaturale in un contesto legatissimo alla realtà. E', in poche parole, un capolavoro imperdibile, che val la pena vedere almeno una volta nella vita... con un po' di coraggio, ovvio.
Di Max Von Sydow (Padre Merrin), Jack MacGowran (Burke Dennings) e ovviamente Linda Blair (Regan MacNeil) ho già parlato ai rispettivi link.
William Friedkin è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Il braccio violento della legge (per il quale ha vinto l’Oscar come miglior regista), Vivere e morire a Los Angeles, L’albero del male, The Hunted – La preda, Bug, Killer Joe ed episodi delle serie Ai confini della realtà e CSI – Scena del crimine. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 78 anni.
Ellen Burstyn (vero nome Edna Rae Gillooly) interpreta Chris MacNeil. Americana, ha partecipato a film come Alice non abita più qui (che le è valso l’Oscar come miglior attrice protagonista), Scherzi del cuore, Requiem for a Dream, Red Dragon, Il prescelto e a serie come Perry Mason. Anche produttrice, ha 71 anni e sei film in uscita.
Jason Miller, ovvero l’attore che interpreta Padre Damian, ha partecipato anche a L’esorcista III come “Paziente X” (che poi se non rammento male è sempre Padre Damian senza i suoi ricordi, una roba bruttissima che rende vana l'inquietudine dell'ambiguo finale del capostipite...), mentre il regista John Boorman ha rifiutato di dirigere L’esorcista perché “troppo crudele verso i bambini”, poi però ha accettato di buon grado di realizzare L’esorcista II – L’eretico. Rimaniamo in tema di star capricciose: Audrey Hepburn era stata la prima scelta di Friedkin per quanto riguarda il ruolo di Chris MacNeil, ma l’attrice avrebbe accettato solo se il film fosse stato girato a Roma, mentre Stanley Kubrick si era offerto di girare il film a patto di poterlo anche produrre e avere il controllo sull'intera operazione. Gli studios, temendo il solito sforamento di tempi e budget, gli hanno purtroppo fatto una bella leva. Stessa cosa ha fatto l'Academy con la nomination all'Oscar come miglior attrice non protagonista per la giovane Linda Blair, che ha perso ogni chance di vincere l'ambita statuetta quando ci si è accorti che la voce del demone in realtà non era sua ma dell'attrice Mercedes McCambrige. La pellicola ha così vinto "solo" due Oscar, quello per miglior sonoro e quello per la migliore sceneggiatura non originale. Del film esistono due sequel, i già nominati L'esorcista II - L'eretico, che ha per protagonista sempre Linda Blair, e L'esorcista III. Più recentemente, sono stati inoltre girati due prequel che, se non ho capito male, sono praticamente la stessa identica storia, solo scritta e diretta in modo differente: L'Esorcista - La genesi, del 2004, l'avevo visto al cinema ed era un horroraccio spaventevole diretto da Renny Harlin mentre l'altra versione, Dominion: Prequel to the Exorcist, è stata girata nel 2005 da Paul Schrader e mi si dice sia nettamente migliore. Se L'esorcista vi fosse piaciuto recuperate quindi tutte queste pellicole e magari aggiungeteci Il presagio, Rosemary's Baby, Stigmata e The Amityville Horror. ENJOY!!
Trama: la piccola Regan viene posseduta da un demone. Due preti, uno vecchio e malato, l'altro giovane ma vittima di problemi personali che lo portano a mettere in dubbio la propria fede, cercheranno di esorcizzarla...
Alle elementari, quando ho cominciato ad aver sentore di un genere di film chiamato "d'orrore", le pellicole che facevano più paura anche solo per sentito dire erano naitmer (Nightmare - Dal profondo della notte), Profondo Rosso (che nelle parole di mia cugina perdeva di significato, diventando solo "il film dove il burattino andava ad uccidere la gente", pensa te come una sola sequenza possa incidere nella mente di un ragazzino!) e, ovviamente, L'esorcista. Innumerevoli leggende metropolitane volevano che chiunque avesse visto L'esorcista si fosse ritrovato poi con una nonna o un nonno in meno, inspiegabilmente morti il giorno dopo la visione; guai anche a cancellare accidentalmente la videocassetta o buttarla via per esorcizzare, appunto, questa maledizione peculiare, perché il risultato sarebbe stato il medesimo, se non peggio. "Nonno, esco, vado a vedere L'esorcista" e via, l'anziano patriarca giù a ravanarsi i maròni per scongiurar la sfiga. A dar credito alle voci il 1973 sarà stato un anno dove le morti inspiegabili di arzilli vecchietti si sprecavano!! Tutto questo per dire che L'esorcista è diventato, giustamente, un film seminale e ben impresso persino nella mente di chi si è sempre rifiutato di vederlo, un pezzo di storia cinematografica non solo di genere, un icona dell'horror e un fenomeno sociale.
Ma come mai L'esorcista è riuscito a superare i confini di tempo e genere? Alla fine, io ho avuto il coraggio di vederlo due volte e, nonostante in entrambe le occasioni non abbia dormito la notte, non ho avuto così tanta paura durante la visione. Certo, il famosissimo make-up di Regan è ancora oggi spaventoso, così come la terribile voce del demone che possiede la ragazzina, e le sequenze dell'esorcismo colpiscono sia per il loro realismo che per la tensione palpabile che si può percepire nel corso del rito... ma la durata di queste scene è trascurabilissima (9 minuti!!) se si pensa che il film, nella sua versione integrale, va avanti per due ore e non concede quasi nulla a quegli spaventi facili che vanno tanto di moda adesso. No, il bello de L'esorcista è quel suo costruire la tensione, l'ansia e l'attesa del "confronto" finale fin dalla prima sequenza, con quelle immagini girate nell'abbacinante sole del deserto, dove qualcosa di antico viene risvegliato per sempre. Sono le terribili "cure", gli osceni ed invasivi esami medici a cui viene sottoposta la piccola Regan, una roba che al confronto quella dell'esorcismo è una scena buona giusto per la Melevisione. E' quella maledetta casa a due piani, dove i domestici della famiglia MacNeil e la povera Chris subiscono la demoniaca influenza della ragazzina sempre più incontrollabile, tra morti sospette, fenomeni inspiegabili, urla e freddo infernali. E' il terribile disagio di Padre Damian, immigrato, preda del senso di colpa per la morte della madre, prete quasi per sbaglio si direbbe. E' il famosissimo score di Mike Oldfield, quell'inquietante Tubular Bells che conoscono ormai persino i bambini. E', almeno per me, il "Dio Cristo" ossessivamente ripetuto dall'atea Chris, un'imprecazione che ho udito solo nella versione italiana de L'esorcista e in nessun altro film doppiato, quasi come se la donna si fosse chiamata la sfiga da sola nominando il nome di Dio invano. E' la debolezza di Padre Merrin, fiaccato sin dall'inizio nel corpo e nello spirito, costretto a combattere una forza ben più grande di lui. E', infine, la perfezione formale e l'estremo realismo della regia di Friedkin, che non lascia nessun dettaglio al caso, arricchisce ogni visione di particolari sempre nuovi e, soprattutto, radica una storia sovrannaturale in un contesto legatissimo alla realtà. E', in poche parole, un capolavoro imperdibile, che val la pena vedere almeno una volta nella vita... con un po' di coraggio, ovvio.
Di Max Von Sydow (Padre Merrin), Jack MacGowran (Burke Dennings) e ovviamente Linda Blair (Regan MacNeil) ho già parlato ai rispettivi link.
William Friedkin è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Il braccio violento della legge (per il quale ha vinto l’Oscar come miglior regista), Vivere e morire a Los Angeles, L’albero del male, The Hunted – La preda, Bug, Killer Joe ed episodi delle serie Ai confini della realtà e CSI – Scena del crimine. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 78 anni.
Ellen Burstyn (vero nome Edna Rae Gillooly) interpreta Chris MacNeil. Americana, ha partecipato a film come Alice non abita più qui (che le è valso l’Oscar come miglior attrice protagonista), Scherzi del cuore, Requiem for a Dream, Red Dragon, Il prescelto e a serie come Perry Mason. Anche produttrice, ha 71 anni e sei film in uscita.
Jason Miller, ovvero l’attore che interpreta Padre Damian, ha partecipato anche a L’esorcista III come “Paziente X” (che poi se non rammento male è sempre Padre Damian senza i suoi ricordi, una roba bruttissima che rende vana l'inquietudine dell'ambiguo finale del capostipite...), mentre il regista John Boorman ha rifiutato di dirigere L’esorcista perché “troppo crudele verso i bambini”, poi però ha accettato di buon grado di realizzare L’esorcista II – L’eretico. Rimaniamo in tema di star capricciose: Audrey Hepburn era stata la prima scelta di Friedkin per quanto riguarda il ruolo di Chris MacNeil, ma l’attrice avrebbe accettato solo se il film fosse stato girato a Roma, mentre Stanley Kubrick si era offerto di girare il film a patto di poterlo anche produrre e avere il controllo sull'intera operazione. Gli studios, temendo il solito sforamento di tempi e budget, gli hanno purtroppo fatto una bella leva. Stessa cosa ha fatto l'Academy con la nomination all'Oscar come miglior attrice non protagonista per la giovane Linda Blair, che ha perso ogni chance di vincere l'ambita statuetta quando ci si è accorti che la voce del demone in realtà non era sua ma dell'attrice Mercedes McCambrige. La pellicola ha così vinto "solo" due Oscar, quello per miglior sonoro e quello per la migliore sceneggiatura non originale. Del film esistono due sequel, i già nominati L'esorcista II - L'eretico, che ha per protagonista sempre Linda Blair, e L'esorcista III. Più recentemente, sono stati inoltre girati due prequel che, se non ho capito male, sono praticamente la stessa identica storia, solo scritta e diretta in modo differente: L'Esorcista - La genesi, del 2004, l'avevo visto al cinema ed era un horroraccio spaventevole diretto da Renny Harlin mentre l'altra versione, Dominion: Prequel to the Exorcist, è stata girata nel 2005 da Paul Schrader e mi si dice sia nettamente migliore. Se L'esorcista vi fosse piaciuto recuperate quindi tutte queste pellicole e magari aggiungeteci Il presagio, Rosemary's Baby, Stigmata e The Amityville Horror. ENJOY!!
venerdì 21 giugno 2013
Al di là dell'orrore (1959)
Ogni tanto mi piace guardare horror semi-sconosciuti o quasi. Questa volta è toccato ad Al di là dell’orrore (Die Nackte und der Satan), diretto nel 1959 dal regista Victor Trivas.
Trama: un dottore folle sfrutta le formule di un ricercatore per tenerne in vita la testa, dopodiché si impegna per donare un corpo nuovo ad una suora storpia...
Al di là dell'orrore è puro weird anni '50 con echi di espressionismo tedesco. Girata in bianco e nero, la pellicola vanta un villain assai simile, per atteggiamento e aspetto, ai "mostri" di film come M - Il mostro di Dusseldorf e Il gabinetto del Dottor Caligari tuttavia, se vogliamo, potrebbe anche essere una rivisitazione moderna del mito di Frankenstein, con un servo (a sua volta esperimento non proprio riuscito benissimo) che decide sfruttare il proprio genio per utilizzare in modo improprio le scoperte del suo padrone. Il risultato è un ibrido assai particolare che, a onor del vero, di questi tempi non risulta inquietante come dovrebbe ma propone delle scene e dei concetti sicuramente forti per quegli anni; al di là della testa parlante del titolo americano, emblema di follia ed incredibile crudeltà, lo spettatore dell'epoca assisteva alle empie imprese di un Dottore senza scrupoli, pronto ad uccidere donne indifese e cucire la testa di una suora sul corpo di una spogliarellista per crearsi la fidanzata perfetta! Altrettanto interessante è il dubbio amletico, seppur ingenuo, che precorre i tempi di un certo tipo di body horror: se la mia testa venisse impiantata su un corpo estraneo, il mio comportamento seguirebbe la ragione, per così dire, o l'istinto insito nella pelle, nei muscoli e negli organi dell'altra persona? Al di là dell'orrore cerca di dare una risposta a questo quesito attraverso sequenze abbastanza ambigue e sconcertanti... che a onor del vero mi hanno fatta sospettare di una possibile misoginia di fondo del regista e sceneggiatore.
Per quanto riguarda l'impianto tecnico, Al di là dell'orrore è senza infamia né lode e non presenta particolari sequenze memorabili. La fotografia è assai nitida e il bianco e nero luminoso, gli attori portano a casa un'interpretazione nella norma, con una nota di merito al malvagio e leppego Dr. Ood di Horst Frank, e i pochi effetti speciali, se così si possono chiamare, sono ingenui ed artigianali ma ancora validi (la collana che nasconde le cicatrici dell'operazione, il povero Michel Simon probabilmente inginocchiato all'interno di una struttura da dove spuntava solo la testa, etc..). Unico particolare simpatico da segnalare sono i casti spogliarelli che fungono da fanservice ante litteram (all'economia della trama servono davvero poco) che, probabilmente, all'epoca avranno fatto sudare sotto il colletto della camicia più di un paio di Fritz seduti in poltrona. Non penso che Al di là dell'orrore avrà su di voi lo stesso effetto eccitante o vi appassionerà più di tanto ma è comunque una pellicola a suo modo interessante e degna di meritarsi una visione.
Victor Trivas è il regista e sceneggiatore della pellicola. Russo, ha diretto altri quattro film che, onestamente, non ho mai sentito nominare, però è stato nominato all’Oscar per la sceneggiatura de Lo straniero di Orson Welles. È morto nel 1970, all’età di 73 anni e di costui non riesco a trovare immagini, perdono...
Horst Frank (vero nome Horst Bernhard Wilhelm Frank) interpreta il Dr. Ood. Tedesco, ha partecipato a film come La vendetta di Fu Manchu, Preparati la bara!, Il gatto a nove code e a serie come L’ispettore Derrick. È morto nel 1999 a 69 anni.
Michel Simon (vero nome François Michel Simon) interpreta il Dr. Abel. Svizzero, ha partecipato a film come Il fu Mattia Pascal, La passione di Giovanna D’Arco, L’Atalante, Tosca e Il mercante di Venezia. Anche sceneggiatore e produttore, è morto nel 1975 all’età di 80 anni.
Michel Simon, ovvero “la testa”, all’epoca era un attore famosissimo… ma con un problemino. Il make-up indossato durante un film, infatti, gli aveva causato una paralisi temporanea del viso ed era quindi impossibilitato a trovare lavoro. Bisognoso di soldi e credendo che Al di là dell’orrore non l’avrebbe visto praticamente nessuno ha accettato il ruolo del Dr. Abel… peccato che la pellicola sia diventata poi un successo mondiale. Povirazzo. E dopo questa botta di cultura posso solo dire... ENJOY!!!
Trama: un dottore folle sfrutta le formule di un ricercatore per tenerne in vita la testa, dopodiché si impegna per donare un corpo nuovo ad una suora storpia...
Al di là dell'orrore è puro weird anni '50 con echi di espressionismo tedesco. Girata in bianco e nero, la pellicola vanta un villain assai simile, per atteggiamento e aspetto, ai "mostri" di film come M - Il mostro di Dusseldorf e Il gabinetto del Dottor Caligari tuttavia, se vogliamo, potrebbe anche essere una rivisitazione moderna del mito di Frankenstein, con un servo (a sua volta esperimento non proprio riuscito benissimo) che decide sfruttare il proprio genio per utilizzare in modo improprio le scoperte del suo padrone. Il risultato è un ibrido assai particolare che, a onor del vero, di questi tempi non risulta inquietante come dovrebbe ma propone delle scene e dei concetti sicuramente forti per quegli anni; al di là della testa parlante del titolo americano, emblema di follia ed incredibile crudeltà, lo spettatore dell'epoca assisteva alle empie imprese di un Dottore senza scrupoli, pronto ad uccidere donne indifese e cucire la testa di una suora sul corpo di una spogliarellista per crearsi la fidanzata perfetta! Altrettanto interessante è il dubbio amletico, seppur ingenuo, che precorre i tempi di un certo tipo di body horror: se la mia testa venisse impiantata su un corpo estraneo, il mio comportamento seguirebbe la ragione, per così dire, o l'istinto insito nella pelle, nei muscoli e negli organi dell'altra persona? Al di là dell'orrore cerca di dare una risposta a questo quesito attraverso sequenze abbastanza ambigue e sconcertanti... che a onor del vero mi hanno fatta sospettare di una possibile misoginia di fondo del regista e sceneggiatore.
Per quanto riguarda l'impianto tecnico, Al di là dell'orrore è senza infamia né lode e non presenta particolari sequenze memorabili. La fotografia è assai nitida e il bianco e nero luminoso, gli attori portano a casa un'interpretazione nella norma, con una nota di merito al malvagio e leppego Dr. Ood di Horst Frank, e i pochi effetti speciali, se così si possono chiamare, sono ingenui ed artigianali ma ancora validi (la collana che nasconde le cicatrici dell'operazione, il povero Michel Simon probabilmente inginocchiato all'interno di una struttura da dove spuntava solo la testa, etc..). Unico particolare simpatico da segnalare sono i casti spogliarelli che fungono da fanservice ante litteram (all'economia della trama servono davvero poco) che, probabilmente, all'epoca avranno fatto sudare sotto il colletto della camicia più di un paio di Fritz seduti in poltrona. Non penso che Al di là dell'orrore avrà su di voi lo stesso effetto eccitante o vi appassionerà più di tanto ma è comunque una pellicola a suo modo interessante e degna di meritarsi una visione.
Victor Trivas è il regista e sceneggiatore della pellicola. Russo, ha diretto altri quattro film che, onestamente, non ho mai sentito nominare, però è stato nominato all’Oscar per la sceneggiatura de Lo straniero di Orson Welles. È morto nel 1970, all’età di 73 anni e di costui non riesco a trovare immagini, perdono...
Horst Frank (vero nome Horst Bernhard Wilhelm Frank) interpreta il Dr. Ood. Tedesco, ha partecipato a film come La vendetta di Fu Manchu, Preparati la bara!, Il gatto a nove code e a serie come L’ispettore Derrick. È morto nel 1999 a 69 anni.
Michel Simon (vero nome François Michel Simon) interpreta il Dr. Abel. Svizzero, ha partecipato a film come Il fu Mattia Pascal, La passione di Giovanna D’Arco, L’Atalante, Tosca e Il mercante di Venezia. Anche sceneggiatore e produttore, è morto nel 1975 all’età di 80 anni.
Michel Simon, ovvero “la testa”, all’epoca era un attore famosissimo… ma con un problemino. Il make-up indossato durante un film, infatti, gli aveva causato una paralisi temporanea del viso ed era quindi impossibilitato a trovare lavoro. Bisognoso di soldi e credendo che Al di là dell’orrore non l’avrebbe visto praticamente nessuno ha accettato il ruolo del Dr. Abel… peccato che la pellicola sia diventata poi un successo mondiale. Povirazzo. E dopo questa botta di cultura posso solo dire... ENJOY!!!
giovedì 20 giugno 2013
WE, Bolla! del 20/06/2013
Nonostante la tristezza per la morte del mio amato James Gandolfini "The Show Must Go On", come si suol dire. Ecco dunque le poche e sfigherrime nuove uscite che il multisala savonese (orbato di due sale...) ha deciso di programmare. Ah, ovviamente: Tulpa di Zampaglione non è tra queste. ENJOY? No, oggi no.
L’uomo d’acciaio
Reazione a caldo: il film della settimana!
Bolla, rifletti!: siccome Tulpa non è uscito e per tutti i motivi che ho già elencato qui, questa settimana mi fionderò a vedere l’ultimo film di Snyder. Da quel che ho letto, la prima parte è tanta roba, la seconda purtroppo un po’ meno… ma alla fine era così anche Il grande Gatsby!
Cha Cha Cha
Reazione a caldo: ma scherziamo????!!!!
Bolla, rifletti!: cioè, dalle mie parti Tulpa è stato bellamente snobbato… e mi fanno uscire un merdosissimo thriller con la Herzigova, Argentero, Amendola… e SHEL SHAPIRO??? Ma non era quello dei Rokes? Pugnalatevi, porca miseria…
Dici, magari Tulpa lo danno al cinema d’élite. Eh, magari…
Paulette
Reazione a caldo: sì, sembrerebbe simpatico, però…
Bolla, rifletti!: la versione francese di Weeds con una vecchina al posto della scapestrata protagonista della serie TV… o la versione francese de L’erba di Grace, meglio. L’idea delle anzianotte che vogliono fare le CCiofani e si impelagano nel mondo delle droghe leggere di solito da il la a cose molto divertenti e questo film potrebbe non fare eccezione. Magari lo recupero.
L’uomo d’acciaio
Reazione a caldo: il film della settimana!
Bolla, rifletti!: siccome Tulpa non è uscito e per tutti i motivi che ho già elencato qui, questa settimana mi fionderò a vedere l’ultimo film di Snyder. Da quel che ho letto, la prima parte è tanta roba, la seconda purtroppo un po’ meno… ma alla fine era così anche Il grande Gatsby!
Cha Cha Cha
Reazione a caldo: ma scherziamo????!!!!
Bolla, rifletti!: cioè, dalle mie parti Tulpa è stato bellamente snobbato… e mi fanno uscire un merdosissimo thriller con la Herzigova, Argentero, Amendola… e SHEL SHAPIRO??? Ma non era quello dei Rokes? Pugnalatevi, porca miseria…
Dici, magari Tulpa lo danno al cinema d’élite. Eh, magari…
Paulette
Reazione a caldo: sì, sembrerebbe simpatico, però…
Bolla, rifletti!: la versione francese di Weeds con una vecchina al posto della scapestrata protagonista della serie TV… o la versione francese de L’erba di Grace, meglio. L’idea delle anzianotte che vogliono fare le CCiofani e si impelagano nel mondo delle droghe leggere di solito da il la a cose molto divertenti e questo film potrebbe non fare eccezione. Magari lo recupero.
James Gandolfini (1961-2013)
Il giovedì di solito è il giorno dedicato alle uscite cinematografiche della settimana, ma questo giovedì in particolare è abbastanza triste e scioccante per me.
La prima notizia che mi colpisce come un macigno è quella della morte di uno dei miei attori preferiti, James Gandolfini.
Era in vacanza a Roma, pare, ed è stato colpito da un attacco cardiaco.
Il come e il perché importano poco, morire a 51 anni è sempre una maledetta fregatura.
E così, con un magone così grosso da non riuscire nemmeno a parlare, mi viene in mente l'incredibile bravura e professionalità con cui, per anni, il buon James ha interpretato una delle figure più grandiose della tv americana, il boss Tony Soprano, con le sue fisime, le sue imperfezioni, i suoi attacchi d'ansia.
Mi viene in mente il suo sorriso dolce e minaccioso, quello che precede il devastante pestaggio ai danni della povera Patricia Arquette in Una vita al massimo.
Mi viene in mente il tirapiedi con bambina a seguito di Get Shorty.
Mi vengono in mente 8 MM, The Mexican, L'uomo che non c'era: ruoli ben più sostanziosi ed importanti, a loro modo sempre negativi, perché, diciamocelo, Gandolfini aveva il perfetto phisique du role per essere criminale anche quando impegnato nel ruolo di generale, come ne Il castello.
Ci sono ancora parecchie sue pellicole che devo ancora guardare... ma mi dispiace tantissimo che, a questo lungo elenco di film "mancanti", non potranno più aggiungersene altri.
So long, James.
La prima notizia che mi colpisce come un macigno è quella della morte di uno dei miei attori preferiti, James Gandolfini.
Era in vacanza a Roma, pare, ed è stato colpito da un attacco cardiaco.
Il come e il perché importano poco, morire a 51 anni è sempre una maledetta fregatura.
E così, con un magone così grosso da non riuscire nemmeno a parlare, mi viene in mente l'incredibile bravura e professionalità con cui, per anni, il buon James ha interpretato una delle figure più grandiose della tv americana, il boss Tony Soprano, con le sue fisime, le sue imperfezioni, i suoi attacchi d'ansia.
Mi viene in mente il suo sorriso dolce e minaccioso, quello che precede il devastante pestaggio ai danni della povera Patricia Arquette in Una vita al massimo.
Mi viene in mente il tirapiedi con bambina a seguito di Get Shorty.
Mi vengono in mente 8 MM, The Mexican, L'uomo che non c'era: ruoli ben più sostanziosi ed importanti, a loro modo sempre negativi, perché, diciamocelo, Gandolfini aveva il perfetto phisique du role per essere criminale anche quando impegnato nel ruolo di generale, come ne Il castello.
Ci sono ancora parecchie sue pellicole che devo ancora guardare... ma mi dispiace tantissimo che, a questo lungo elenco di film "mancanti", non potranno più aggiungersene altri.
So long, James.
mercoledì 19 giugno 2013
Holy Motors (2012)
La settimana scorsa, nonostante la distribuzione pessima, sono riuscita a vedere Holy Motors, diretto nel 2012 dal regista Leos Carax e consacrato a "film dell'anno" praticamente dall'intera blogosfera già parecchi mesi prima della sua uscita italiana. Il che mi ha incuriosita, lo ammetto...
Trama: assistiamo ad una giornata tipo di Oscar, un uomo che per lavoro assume varie identità e vive esistenze diverse, passando dall'una all'altra mentre un'autista lo conduce per le vie di Parigi...
Un uomo si sveglia in una stanza deserta. Perplesso, si guarda attorno e trova una porta che, una volta aperta, lo condurrà all’interno di un cinema gremito di persone. Così comincia Holy Motors, la particolarissima riflessione sul cinema del regista francese Leo Carax, che con questa introduzione vuole far capire allo spettatore il suo modo di intendere la settima arte e allo stesso tempo fornirgli la chiave necessaria per interpretare tutto ciò che passerà sullo schermo da quel momento in poi. Il film racconta infatti, come ho scritto nella trama, la strana giornata del misterioso Oscar, un uomo che percorre le strade di Parigi su una lussuosa Limousine e passa disinvoltamente da un’identità all’altra, a seconda degli incarichi, “recitando” ogni volta un ruolo diverso: uomo d’affari, vecchia mendicante, modello, pazzo, padre di famiglia, assassino, vittima, vecchio morente e custode di una famiglia di scimpanzé. Questa sequenza ininterrotta di cambiamenti perlopiù immotivati, lo ammetto, mi ha spiazzata per buona metà del film, spingendo la mia mente notoriamente refrattaria a queste francesate autoriali a ripensare con nostalgia alla meravigliosa serie Dollhouse di Joss Whedon. Poi, Holy Motors ha invece cominciato a prendere anche me, soprattutto dal momento in cui Carax decide di mostrare la sofferenza, il disagio e la confusione del protagonista. Solo allora ho cominciato a riflettere e ad apprezzare la pellicola, nonché a capire cosa diamine scrivere sulla recensione di un film così astruso.
Ogni incarnazione di Oscar, almeno per come l'ho capita, quindi prendete tutto con le pinze, rappresenta innanzitutto una profonda e amara riflessione su un certo modo di fare cinema, sempre più slegato dall’importantissimo lavoro attoriale e condizionato dai gusti di un pubblico incapace di ragionare o andare oltre le apparenze; la conseguenza di ciò è una progressiva perdita di sentimento ed individualità che porta le persone ad omologarsi e ad indossare delle maschere che, allo stesso tempo, consentono di venire accettati ma allontanano dal prossimo. Holy Motors procede così in maniera assolutamente non lineare (la natura del lavoro di Oscar e le motivazioni del suo vagare non verranno mai spiegate), inanellando una metafora dietro l’altra, e colpisce per l’audace mescolanza di generi, per la camaleontica interpretazione dell’attore Denis Lavant e per il gusto artistico con cui viene costruita ogni sequenza. Ammetto di non aver compreso che diamine volesse dire Carax con la famiglia di primati o con l'odioso dialogo tra padre e figlia, ma le "parentesi" legate alla motion capture, lo splendido assassinio con scambio di identità, la scioccante figura di Mr. Merde, lo scatto d'ira che porta Oscar ad "improvvisare" dopo le velate minacce di un irriconoscibile Michel Piccoli, il movimentatissimo interludio musicale, il commovente pezzo "musical" con Kylie Minogue, il dialogo finale tra gli Holy Motors del titolo e l'omaggio alla maschera indossata nel film Occhi senza volto (peraltro dalla stessa attrice che interpreta l'autista Céline) sono pezzi di grandissimo cinema.
Mi fermo qui per non aggiungere altre banalità su una pellicola che esula completamente dalla definizione di banale: Holy Motors non è un film facile, sicuramente non è per tutti i gusti e, sinceramente, non mi vergogno a dirlo, non mi ha portata a gridare al miracolo (non ho di sicuro capito più della metà delle cose che voleva dire Carax e questo mi ha portata a considerare l'intera operazione una presa di posizione contro lo spettatore cerebralmente normodotato, non siamo mica cresciuti tutti leggendo i Cahiers du Cinema, ecchecca'). Tuttavia, il fatto che, dopo lo sconcerto iniziale, la vicenda di Oscar mi abbia catturata di minuto in minuto, e che io stia ancora adesso, dopo giorni, a rimuginare sul significato della pellicola e delle immagini, mi porta a consigliare Holy Motors senza indugio a chiunque viva il cinema come un'esperienza e un'occasione per arricchirsi e per riflettere e non solo come mero divertimento.
Di Eva Mendes, che interpreta la modella Kay M, ho già parlato qui.
Leos Carax (vero nome Alexandre Oscar Dupont) è il regista e sceneggiatore della pellicola, inoltre interpreta l’uomo protagonista dell’onirica scena iniziale (Le Dormeur). Francese, ha diretto film come Rosso sangue, Gli amanti del Pont-Neuf e Tokyo!. Ha 53 anni.
Denis Lavant interpreta Oscar. Francese, ha partecipato a film come Rosso sangue, Gli amanti del Pont-Neuf, Una lunga domenica di passioni e Tokyo!. Ha 52 anni e due film in uscita.
Edith Scob interpreta Céline. Francese, ha partecipato a film come Occhi senza volto, Il patto dei lupi, Vidocq e alla serie Caméra Café. Ha 76 anni.
Kylie Minogue interpreta Eva Grace (Jean). Australiana conosciuta in primis come cantante, la ricordo per film come Street Fighter – Sfida finale e Moulin Rouge!, inoltre ha partecipato alla soap Neighbours e alla serie Doctor Who. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 45 anni.
Michel Piccoli (vero nome Jacques Daniel Michel Piccoli) interpreta il misterioso “superiore” di Oscar o, come viene definito nei titoli di coda, l’Homme à la tache de vin. Francese, ha partecipato a film come Bella di giorno, Diabolik, Topaz, Il fascino discreto della borghesia, La grande abbuffata, Rosso sangue e Habemus Papam. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 88 anni e un film in uscita.
Tra gli attori rimasti esclusi dal film segnalo la modella Kate Moss e Juliette Binoche: la prima era stata scelta per il ruolo di Kay M ma ha declinato perché impegnata nei preparativi per il matrimonio mentre la seconda, ex del regista, avrebbe dovuto interpretare Eva Grace ma i due alla fine non hanno trovato un accordo. Detto questo, sinceramente, data la particolarità di Holy Motors non saprei quali pellicole simili consigliare, quindi aggiungo solo… ENJOY!!
Trama: assistiamo ad una giornata tipo di Oscar, un uomo che per lavoro assume varie identità e vive esistenze diverse, passando dall'una all'altra mentre un'autista lo conduce per le vie di Parigi...
Un uomo si sveglia in una stanza deserta. Perplesso, si guarda attorno e trova una porta che, una volta aperta, lo condurrà all’interno di un cinema gremito di persone. Così comincia Holy Motors, la particolarissima riflessione sul cinema del regista francese Leo Carax, che con questa introduzione vuole far capire allo spettatore il suo modo di intendere la settima arte e allo stesso tempo fornirgli la chiave necessaria per interpretare tutto ciò che passerà sullo schermo da quel momento in poi. Il film racconta infatti, come ho scritto nella trama, la strana giornata del misterioso Oscar, un uomo che percorre le strade di Parigi su una lussuosa Limousine e passa disinvoltamente da un’identità all’altra, a seconda degli incarichi, “recitando” ogni volta un ruolo diverso: uomo d’affari, vecchia mendicante, modello, pazzo, padre di famiglia, assassino, vittima, vecchio morente e custode di una famiglia di scimpanzé. Questa sequenza ininterrotta di cambiamenti perlopiù immotivati, lo ammetto, mi ha spiazzata per buona metà del film, spingendo la mia mente notoriamente refrattaria a queste francesate autoriali a ripensare con nostalgia alla meravigliosa serie Dollhouse di Joss Whedon. Poi, Holy Motors ha invece cominciato a prendere anche me, soprattutto dal momento in cui Carax decide di mostrare la sofferenza, il disagio e la confusione del protagonista. Solo allora ho cominciato a riflettere e ad apprezzare la pellicola, nonché a capire cosa diamine scrivere sulla recensione di un film così astruso.
Ogni incarnazione di Oscar, almeno per come l'ho capita, quindi prendete tutto con le pinze, rappresenta innanzitutto una profonda e amara riflessione su un certo modo di fare cinema, sempre più slegato dall’importantissimo lavoro attoriale e condizionato dai gusti di un pubblico incapace di ragionare o andare oltre le apparenze; la conseguenza di ciò è una progressiva perdita di sentimento ed individualità che porta le persone ad omologarsi e ad indossare delle maschere che, allo stesso tempo, consentono di venire accettati ma allontanano dal prossimo. Holy Motors procede così in maniera assolutamente non lineare (la natura del lavoro di Oscar e le motivazioni del suo vagare non verranno mai spiegate), inanellando una metafora dietro l’altra, e colpisce per l’audace mescolanza di generi, per la camaleontica interpretazione dell’attore Denis Lavant e per il gusto artistico con cui viene costruita ogni sequenza. Ammetto di non aver compreso che diamine volesse dire Carax con la famiglia di primati o con l'odioso dialogo tra padre e figlia, ma le "parentesi" legate alla motion capture, lo splendido assassinio con scambio di identità, la scioccante figura di Mr. Merde, lo scatto d'ira che porta Oscar ad "improvvisare" dopo le velate minacce di un irriconoscibile Michel Piccoli, il movimentatissimo interludio musicale, il commovente pezzo "musical" con Kylie Minogue, il dialogo finale tra gli Holy Motors del titolo e l'omaggio alla maschera indossata nel film Occhi senza volto (peraltro dalla stessa attrice che interpreta l'autista Céline) sono pezzi di grandissimo cinema.
Mi fermo qui per non aggiungere altre banalità su una pellicola che esula completamente dalla definizione di banale: Holy Motors non è un film facile, sicuramente non è per tutti i gusti e, sinceramente, non mi vergogno a dirlo, non mi ha portata a gridare al miracolo (non ho di sicuro capito più della metà delle cose che voleva dire Carax e questo mi ha portata a considerare l'intera operazione una presa di posizione contro lo spettatore cerebralmente normodotato, non siamo mica cresciuti tutti leggendo i Cahiers du Cinema, ecchecca'). Tuttavia, il fatto che, dopo lo sconcerto iniziale, la vicenda di Oscar mi abbia catturata di minuto in minuto, e che io stia ancora adesso, dopo giorni, a rimuginare sul significato della pellicola e delle immagini, mi porta a consigliare Holy Motors senza indugio a chiunque viva il cinema come un'esperienza e un'occasione per arricchirsi e per riflettere e non solo come mero divertimento.
Di Eva Mendes, che interpreta la modella Kay M, ho già parlato qui.
Leos Carax (vero nome Alexandre Oscar Dupont) è il regista e sceneggiatore della pellicola, inoltre interpreta l’uomo protagonista dell’onirica scena iniziale (Le Dormeur). Francese, ha diretto film come Rosso sangue, Gli amanti del Pont-Neuf e Tokyo!. Ha 53 anni.
Denis Lavant interpreta Oscar. Francese, ha partecipato a film come Rosso sangue, Gli amanti del Pont-Neuf, Una lunga domenica di passioni e Tokyo!. Ha 52 anni e due film in uscita.
Edith Scob interpreta Céline. Francese, ha partecipato a film come Occhi senza volto, Il patto dei lupi, Vidocq e alla serie Caméra Café. Ha 76 anni.
Kylie Minogue interpreta Eva Grace (Jean). Australiana conosciuta in primis come cantante, la ricordo per film come Street Fighter – Sfida finale e Moulin Rouge!, inoltre ha partecipato alla soap Neighbours e alla serie Doctor Who. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 45 anni.
Michel Piccoli (vero nome Jacques Daniel Michel Piccoli) interpreta il misterioso “superiore” di Oscar o, come viene definito nei titoli di coda, l’Homme à la tache de vin. Francese, ha partecipato a film come Bella di giorno, Diabolik, Topaz, Il fascino discreto della borghesia, La grande abbuffata, Rosso sangue e Habemus Papam. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 88 anni e un film in uscita.
Tra gli attori rimasti esclusi dal film segnalo la modella Kate Moss e Juliette Binoche: la prima era stata scelta per il ruolo di Kay M ma ha declinato perché impegnata nei preparativi per il matrimonio mentre la seconda, ex del regista, avrebbe dovuto interpretare Eva Grace ma i due alla fine non hanno trovato un accordo. Detto questo, sinceramente, data la particolarità di Holy Motors non saprei quali pellicole simili consigliare, quindi aggiungo solo… ENJOY!!
martedì 18 giugno 2013
The Bay (2012)
Mercoledì, già consapevole del fatto che mi sarei coperta gli occhi per più di metà film, sono andata a vedere The Bay, diretto nel 2012 da Barry Levinson.
Trama: durante i festeggiamenti per il 4 luglio gli abitanti di una cittadina cominciano a morire a causa di ferite e mutilazioni inspiegabili. Una reporter in erba ricorstruisce l'accaduto grazie a filmati e testimonianze...
Il mockumentary è sicuramente il genere più inflazionato degli ultimi anni e, come direbbe Elio, "è bello e tutto quanto (oddio, non sempre...) ma alla lunga rompe i coglioni". Quindi Barry Levinson, prima di girare un film mockumentarioso si è per fortuna ricordato di fare una cosa, o meglio, di ESSERE una cosa: un regista. Anche uno sceneggiatore, quindi facciamo due cose. E ha tirato fuori uno degli horror recenti migliori, uno dei pochi mocku in grado di tenere veramente fede alla sua definizione. D'altronde, quale documentario vero si limita a mostrare riprese fatte a mano e basta? Il found footage ha senso ma fino a un certo punto, i documentari mescolano riprese dal vero a testimonianze, documenti, interviste eccetera eccetera. Senza contare che gli horror dove le persone vengono sventrate ma non mollano la telecamera finché non gliela strappano di mano (con l'arto attaccato, ovvio...) sono talmente oltre la comprensione umana che persino la suspension of disbelief viene spesso costretta a rintanarsi in un angolino a piangere. In questo The Bay l'unica cosa che perplime è che tutto il casino succeda proprio il 4 luglio, giorno dell'Independence Day, con le larve degli orridi isopodi che decidono di crescere tutte assieme per festeggiare l'indipendenza americana e sterminare una cittadina in tempo zero, ma per il resto tanta roba.
Levinson, alla veneranda età di 71 anni, piscia letteralmente in testa al quarantatreenne Oren Peli, produttore di The Bay e creatore della franchise Paranormal Activity, e lo fa usando al meglio le stesse armi del regista israeliano: mescolando abilmente le registrazioni di una reporter (che, giustamente, si interrompono nel momento stesso in cui la ragazza e il suo cameramen diventano troppo spaventati per continuare a girare), un paio di telecamere fisse, un paio di find footage, estratti di blog, registrazioni, videochiamate, messaggi telefonici e qualsiasi altro mezzo di comunicazione ragionevolmente utilizzabile da chi dovesse trovarsi in una situazione simile, il regista crea una macchina d'orrore praticamente perfetta che, contemporaneamente, funge anche da critica non banale nei confronti della "piccola" speculazione economica che porta ad una grande distruzione della natura e degli ecosistemi. Non mancano, ovviamente, le sequenze splatter, rese ancora più verosimili da effetti speciali validissimi, ma quello che fa davvero paura è il modo in cui viene costruita la tensione con poche inquadrature efficaci ed emblematiche, che lasciano intuire cosa potrebbe accadere di lì a poco senza per questo essere esplicite o gratuite (le scene per me più terribili sono state quelle della famigliola sulla barchetta, la ricostruzione del dialogo tra i due sbirri o l'inquadratura del sindaco che si scola un bicchier d'acqua come se nulla fosse, maledetto stupido...). Ad impreziosire maggiormente The Bay, infine, c'è l'ausilio di una colonna sonora minimal ma tesissima (il finale col titolo del documentario mi ha ricordato quelli dei film di Deodato). Mi sento dunque di consigliare il film a tutti gli appassionati di horror, con una piccola avvertenza: se vi fanno schifo le bestie con più di quattro zampe, come la sottoscritta, evitate di farvi prendere dall'insana curiosità di capire se gli isopodi esistono davvero (per i più coraggiosi: uìchipidia, voce Gigantismo abissale) o non farete più il bagno in nessun tipo di acqua. Personalmente, quest'estate farò solo delle gran docce con bottiglie di acqua Vera.
Di Kristen Connolly, che interpreta Stephanie, ho già parlato qui.
Barry Levinson è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Piramide di paura, Good Morning Vietnam, Rain Man – L’uomo della pioggia (con il quale ha vinto l’Oscar come miglior regista), Bugsy, Toys – Giocattoli, Rivelazioni, Sleepers, Sesso & Potere, Sfera e Bandits. Anche produttore e attore, ha 71 anni e due film in uscita.
Se The Bay vi fosse piaciuto consiglio la visione di Contagion, Virus letale e 28 giorni dopo. ENJOY!!
Trama: durante i festeggiamenti per il 4 luglio gli abitanti di una cittadina cominciano a morire a causa di ferite e mutilazioni inspiegabili. Una reporter in erba ricorstruisce l'accaduto grazie a filmati e testimonianze...
Il mockumentary è sicuramente il genere più inflazionato degli ultimi anni e, come direbbe Elio, "è bello e tutto quanto (oddio, non sempre...) ma alla lunga rompe i coglioni". Quindi Barry Levinson, prima di girare un film mockumentarioso si è per fortuna ricordato di fare una cosa, o meglio, di ESSERE una cosa: un regista. Anche uno sceneggiatore, quindi facciamo due cose. E ha tirato fuori uno degli horror recenti migliori, uno dei pochi mocku in grado di tenere veramente fede alla sua definizione. D'altronde, quale documentario vero si limita a mostrare riprese fatte a mano e basta? Il found footage ha senso ma fino a un certo punto, i documentari mescolano riprese dal vero a testimonianze, documenti, interviste eccetera eccetera. Senza contare che gli horror dove le persone vengono sventrate ma non mollano la telecamera finché non gliela strappano di mano (con l'arto attaccato, ovvio...) sono talmente oltre la comprensione umana che persino la suspension of disbelief viene spesso costretta a rintanarsi in un angolino a piangere. In questo The Bay l'unica cosa che perplime è che tutto il casino succeda proprio il 4 luglio, giorno dell'Independence Day, con le larve degli orridi isopodi che decidono di crescere tutte assieme per festeggiare l'indipendenza americana e sterminare una cittadina in tempo zero, ma per il resto tanta roba.
Levinson, alla veneranda età di 71 anni, piscia letteralmente in testa al quarantatreenne Oren Peli, produttore di The Bay e creatore della franchise Paranormal Activity, e lo fa usando al meglio le stesse armi del regista israeliano: mescolando abilmente le registrazioni di una reporter (che, giustamente, si interrompono nel momento stesso in cui la ragazza e il suo cameramen diventano troppo spaventati per continuare a girare), un paio di telecamere fisse, un paio di find footage, estratti di blog, registrazioni, videochiamate, messaggi telefonici e qualsiasi altro mezzo di comunicazione ragionevolmente utilizzabile da chi dovesse trovarsi in una situazione simile, il regista crea una macchina d'orrore praticamente perfetta che, contemporaneamente, funge anche da critica non banale nei confronti della "piccola" speculazione economica che porta ad una grande distruzione della natura e degli ecosistemi. Non mancano, ovviamente, le sequenze splatter, rese ancora più verosimili da effetti speciali validissimi, ma quello che fa davvero paura è il modo in cui viene costruita la tensione con poche inquadrature efficaci ed emblematiche, che lasciano intuire cosa potrebbe accadere di lì a poco senza per questo essere esplicite o gratuite (le scene per me più terribili sono state quelle della famigliola sulla barchetta, la ricostruzione del dialogo tra i due sbirri o l'inquadratura del sindaco che si scola un bicchier d'acqua come se nulla fosse, maledetto stupido...). Ad impreziosire maggiormente The Bay, infine, c'è l'ausilio di una colonna sonora minimal ma tesissima (il finale col titolo del documentario mi ha ricordato quelli dei film di Deodato). Mi sento dunque di consigliare il film a tutti gli appassionati di horror, con una piccola avvertenza: se vi fanno schifo le bestie con più di quattro zampe, come la sottoscritta, evitate di farvi prendere dall'insana curiosità di capire se gli isopodi esistono davvero (per i più coraggiosi: uìchipidia, voce Gigantismo abissale) o non farete più il bagno in nessun tipo di acqua. Personalmente, quest'estate farò solo delle gran docce con bottiglie di acqua Vera.
Di Kristen Connolly, che interpreta Stephanie, ho già parlato qui.
Barry Levinson è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Piramide di paura, Good Morning Vietnam, Rain Man – L’uomo della pioggia (con il quale ha vinto l’Oscar come miglior regista), Bugsy, Toys – Giocattoli, Rivelazioni, Sleepers, Sesso & Potere, Sfera e Bandits. Anche produttore e attore, ha 71 anni e due film in uscita.
Se The Bay vi fosse piaciuto consiglio la visione di Contagion, Virus letale e 28 giorni dopo. ENJOY!!