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martedì 12 luglio 2016

The Zero Theorem (2013)

Estate è tempo di recuperi cinematografici. Ciò non vale tanto per il singolo utente, quanto proprio per i distributori, i quali si svegliano malamente e, ovviamente, in ritardo per portare in poche sale semivuote film come The Zero Theorem, diretto nel 2013 dal regista Terry Gilliam.


Trama: Qohen è un genio dei computer, disadattato e zeppo di fobie, che da anni aspetta "quella" telefonata capace di cambiargli la vita e renderlo felice. Un giorno il Management della ditta per cui lavora gli affida il compito di risolvere la terribile formula matematica denominata "The Zero Theorem", atta a dimostrare come tutto sia vanità...


Da quando ho cominciato a sviluppare la passione per il cinema mi sono spesso ritrovata a chiedermi perché determinati film non godano della fama e del successo che meriterebbero e lo stesso vale per i registi. Il povero Terry Gilliam viene trattato sempre malissimo e non solo dalla terrificante distribuzione italiana, che ha aspettato ben tre anni per fare arrivare The Zero Theorem in sala, eppure i suoi film hanno sempre quel non so che capace di renderli unici, graffianti, ironici e bellissimi. Non ho detto facili, ci mancherebbe, sebbene il suo ultimo lavoro sia uno dei più "a misura d'uomo", se posso permettermi, oltre che zeppo di rimandi al capolavoro Brazil; tuttavia, siccome sono decenni che non guardo la pellicola con De Niro, non mi addentrerò in scomodi confronti e mi limiterò a parlare di The Zero Theorem, film ambientato in un futuro distopico neppure troppo diverso dal nostro presente, in cui ogni cosa, a maggior ragione se incomprensibile e vana, dev'essere ridotta a misura d'uomo, resa comprensibile e "venduta", condannando di fatto l'umanità al decadimento perpetuo e alla totale assenza di contatti o emozioni che non siano preconfezionati e "gestibili", se non addirittura di comodo. In tal senso, Qohen ha già un piede nella fossa, per così dire. Misantropo, afefobico e costretto a parlare in seconda persona plurale a seguito di una terapia psichiatrica, Qohen vive isolato all'interno di una chiesa sconsacrata ed esce solo per andare a lavorare alla Mancom, ditta in cui è impiegato come hacker col compito di "schiacciare entità"; a differenza di altri, tuttavia, Qohen è dotato di una fede incrollabile verso una "telefonata" che potrebbe dare finalmente un senso alla sua esistenza rendendolo così finalmente felice e, nella sua costante ricerca di questo "segno divino", diventa facile preda delle macchinazioni del Management della Mancom, un ingannevole quanto misterioso Grande Fratello. Tra ragazzini geniali ma spersonalizzati, terrificanti buchi neri che minacciano di inghiottire la realtà e donne fatali dotate di un grande cuore, la tragedia umana di Qohen si snoda davanti allo spettatore che non può fare altro che provare pietà per quest'uomo così triste e bisognoso di ritrovare sensazioni dalle quali egli stesso ha scelto di tagliarsi fuori. La grottesca ironia che pervade The Zero Theorem, cifra stilistica del migliore Gilliam, non riesce a celare la natura fondamentalmente triste e claustrofobica della distopia rappresentata nella pellicola, tanto che persino il finale, per quanto a modo suo poetico e "rivelatore", non offre il sollievo sperato e lascia più di qualche dubbio.


La trama di The Zero Theorem poggia quasi interamente sulle spalle di un Christoph Waltz immenso che, per una volta, attenua un po' la sua tendenza a gigioneggiare per incarnare un personaggio allo stesso tempo freddo e vulnerabilissimo, dolorosamente consapevole delle storture del mondo in cui è costretto a vivere ma incapace di trovare salvezza nonostante questa sua particolare sensibilità (tanto da essere convinto di essere costantemente in punto di morte). Il fatto che l'attore sia costretto spesso e volentieri ad interagire con schermi animati o personaggi non presenti fisicamente non toglie nulla alla sua sentita interpretazione, anzi: vederlo abbracciare idealmente il vuoto oppure imporre la propria volontà sul paesaggio circostante da l'idea della terribile solitudine del personaggio e della sua grande speranza di raggiungere un mondo migliore. Ad affiancarlo ci sono fior di caratteristi come David Thewlis, che adoro sempre più ad ogni film in cui mi capita di vederlo, una Tilda Swinton sempre più meravigliosamente assurda e due volti per me sconosciuti come quelli di Lucas Hedges e Mélanie Thierry che non ho potuto fare a meno di amare, soprattutto per quel che riguarda l'attrice francese, uno scoppiettante mix di sensualità, allegria e romanticismo. Le vere protagoniste del film sono però le splendide scenografie. Girato interamente in Romania per abbattere i costi di produzione, The Zero Theorem è ambientato quasi interamente all'interno di una chiesa sconsacrata ricostruita in studio, la quale contiene elementi dello stile Ortodosso (vedi i muri pesantemente affrescati, con i volti che scrutano Qohen) e di quello Anglicano/Cattolico, riconoscibili nell'organo, nell'altare e nel vestibolo all'ingresso, un ambiente chiuso che credo sia tra i più belli che mi sia capitato di vedere in un film recente. Non che il resto delle location sia meno bello, anzi: il luogo dove Joby organizza il party ha la stessa decadente bellezza della chiesa in cui vive Qohen mentre le strade dove si muovono i personaggi sono un trionfo di fantasioso caos e persino gli ambienti virtuali sono incredibilmente piacevoli da vedere. Insomma, The Zero Theorem sazia gli occhi, il cuore e la mente quindi vi consiglio di recuperarlo il prima possibile!


Del regista Terry Gilliam ho già parlato QUI. Christoph Waltz (Qohen Leth), David Thewlis (Joby), Peter Stormare (Dottore), Ben Whishaw (Dottore), Matt Damon (Management) e Tilda Swinton (Dr. Shrink-ROM) li trovate invece ai rispettivi link.


Lucas Hedges, che interpreta Bob, aveva già partecipato sia a Moonrise Kingdom che a Grand Budapest Hotel. Detto questo, se The Zero Theorem vi fosse piaciuto recuperate Brazil, L'esercito delle 12 scimmie e The Congress. ENJOY!

12 commenti:

  1. Film ostico, ma affascinante... si può obiettare che Gilliam è rimasto ossessionato da Brazil e da allora cerca di rifare sempre lo stesso film, ma aldilà di questo "The Zero Theorem" è un prodotto tutt'altro che poco riuscito: attori perfetti, confezione di gran livello, dialoghi semi-incomprensibili (ma forse anche questi fanno parte del fascino del film... :) )

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    1. Brazil devo riguardarlo, come ho detto. Ero troppo giovane per apprezzarlo come avrei dovuto ma le immagini sono rimaste indelebili nella mia mente. The Zero theorem mi ha coinvolta dall'inizio alla fine quindi forse ora è arrivato il momento di recuperare Brazil!

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  2. tutto vero, per forse Gilliam poteva far di più dando un senso più compatto alla storia...

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    1. Il film non l'ha scritto lui ma sicuramente asseconda la sua visionarietà. Compattezza in Gilliam? Mah, non mi sembra di averne mai trovata molta ed è questo il suo bello, almeno per me :)

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  3. Non mi era dispiaciuto,ma non lo ricordo bene...l'ho visto un paio di anni fa almeno!!!

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  4. Mi aspettavo un film diverso, non mi è dispiaciuto ma non mi ha esaltato.

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    1. Io come al solito parto ignorante, volutamente. In questo modo, spesso riesco a godermi di più i film, com'è successo con The Zero Theorem :)

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  5. The Zero Theorem mi manca, mi ero ripromesso di recuperarlo. Ma non l'ho ancora fatto...

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  6. Ce l'ho non so per che motivo e non mi decidevo a vederlo perché non sapevo cosa fosse. A questo punto devo recuperarlo assolutamente!

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    1. Se ce l'hai disponibile è una visione affascinante, te la consiglio :)

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