mercoledì 13 marzo 2019

Il colpevole - The Guilty (2018)




La settimana scorsa è uscito in Italia Il colpevole - The Guilty (Den skyldige), diretto e co-sceneggiato nel 2018 dal regista Gustav Möller.


Trama: durante il turno di notte, un poliziotto impegnato al centralino riceve la telefonata di Iben, rapita dal marito e portata in un luogo sconosciuto...


Nella marea di thriller italiani ed internazionali che escono mensilmente al cinema, Il colpevole - The Guilty spicca per la sobrietà e per il suo essere uno one man show che non rinuncia alla tensione e ai colpi di scena. Com'è possibile, direte voi, girare un thriller "al telefono", ambientato per intero in un centralino di primo soccorso, capace di inchiodare lo spettatore allo schermo e farlo temere per il destino di personaggi di cui si sente solo la voce? E' possibile grazie a una sceneggiatura intelligente che richiederebbe una seconda visione per cogliere appieno i "trucchi" coi quali lo spettatore viene indotto ad accogliere per intero il punto di vista di Asger, malinconico centralinista pro-tempore, ex poliziotto in attesa di un processo che potrebbe farlo tornare a lavorare come tale oppure condannarlo per sempre. La sceneggiatura del film ci porta sia a temere per la vita di Iben, donna senza volto rapita da un marito con precedenti penali, sia a chiederci quale sia il segreto di Asger, al quale si accenna a spizzichi e bocconi, tra telefonate imbarazzanti agli ex colleghi e sguardi di biasimo da quelli attuali, che trattano il protagonista con talmente tanta freddezza da dare a intendere che l'errore da lui compiuto in servizio non sia proprio una quisquilia; Asger, che sia al telefono o che venga inquadrato perso in chissà quali pensieri, sembra sempre camminare su un filo teso e pronto a spezzarsi al minimo tentennamento, con la vita di una persona sconosciuta tra le mani e il proprio destino sull'orlo di un baratro profondo, in un clima di costante tensione psicologica che non manca di riservare sorprese dolorose e persino raccapriccianti.


La cinepresa di Gustav Möller non abbandona per un solo istante il volto e il corpo di Jakob Cedergren, attore costretto letteralmente a sostenere per intero il film, e lo immerge in un ambiente asettico ed impersonale, all'interno del quale è quasi scontato pensare che i dipendenti, anche solo per sfuggire alla noia, viaggino di fantasia e si aggrappino a qualunque caso vagamente "succulento", seguendo il filo dei propri pensieri. La luce rossa del centralino, unico tocco di colore all'interno di una fotografia in cui predominano azzurri e grigi, incarna alternativamente la speranza o la perdita di ogni possibilità di riscatto e arriva ad inghiottire Asger nel momento più buio del film, quando la verità gli piomba addosso senza possibilità di errore. "Il colpevole", in questo caso, ha quindi più di un'accezione e non sempre è quello che noi ed Asger vorremmo: cercato così disperatamente da chi nell'occhio ha una trave grossa quanto un grattacielo e cerca di togliersela scovando la pagliuzza in quella di un ex convitto, alla fine diventa ulteriormente colpevole anche chi cerca di sgravarsi dalla propria colpa personale arrivando a vestire i panni del cavaliere telefonico senza macchia, privo della lucidità necessaria per cogliere la situazione nella sua interezza. Alzi la mano chi non si è mai ritrovato in una situazione simile, in cui si mescolano pregiudizi e voglia di riscatto morale. E' per questo che il thriller incredibilmente umano di Gustav Möller funziona, perché è privo di supereroi improbabili e supercattivi da operetta e si concentra sulle imperfezioni talvolta macroscopiche di un personaggio che, nonostante questo, è impossibile odiare.

Gustav Möller è il regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Svedese, anche attore, ha 31 anni.



6 commenti:

  1. Ad avercene. Veramente un gioiellino.

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    1. Sì. E meno male che è stato distribuito in Italia!

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  2. Siamo in sincrono oggi e siamo pienamente d'accordo: ansia a volontà per una sceneggiatura che non sbava. Il protagonista pur non essendo bello e dall'accento sexy come il Tom Hardy di Locke (a cui va da sé ho subito pensato), regge tutto in modo impeccabile.

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    1. Per reggere tutto il film da solo così lui è davvero strepitoso. E il fatto abbia il volto un po' anonimo rende tutto ancora più realistico.

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  3. Questo me lo ero perso al Festival di Torino, ma visto che Giuseppe lo aveva osannato in lungo e in largo, l'ho rivisto (e pure al cinema sotto casa!).

    In effetti è un piccolo gioiellino, sicuramente di scrittura come dici tu, e direi anche di regia, con quella camera sempre in movimento o a inquadrare i dettagli. L'interpretazione del protagonista mi è sembrata ottima, premesso che l'ho visto doppiato e le voci al telefono erano decisamente meno credibili (e come al solito il doppiaggio dei bambini era una schifezza).

    Ecco, io poi alla fine del film ho pensato che il primo tempo di "The Call" mi era piaciuto più o meno allo stesso modo, ma poi gli americani devono buttare sempre tutto in caciara e quindi ne era uscito solo un grande pastrocchio (anche se pur sempre al gusto di Halle Berry eh!). Comunque Thumbs up!

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    1. The Call non l'ho mai visto ma in questo caso l'unica idea giusta è fare qualcosa di minimal ma efficace, senza ricamarci troppo sopra :)

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