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giovedì 5 febbraio 2009

The Happiness of the Katakuris (2001)

Correva l’anno 2006, e una sera come tante altre, in quel di Mildura, Australia, la sottoscritta costrinse il povero Toto, compagno di mille sventure, a piazzarsi innanzi al televisore preso ovviamente in prestito come la metà del mobilio e a guardarsi, alle 11 di sera, un film di Takashi Miike intitolato The Happiness of The Katakuris (Katakuri-ne no kofuku). Fermo restando che metà film, complice l’ora tarda, la lingua ostica, i sottotitoli inglesi, me lo hanno fatto vedere a metà (rammento che alla fine mi svegliò un Toto decisamente sconvolto), è rimasto impresso nella mente come uno dei film più assurdi che io abbia mai visto. E ovviamente, questa è la mia prima recensione “a richiesta”, tanto bramata proprio dal mio compagno di sventura ( e tanto complicata da scrivere…).






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Proviamo intanto a definire la trama: La famiglia Katakuri, composta da un nonno folle ma tradizionalista, un padre ottimista quasi per imposizione, una madre decisamente devota al marito e alla famiglia, una figlia innamorata dell’amore, un figlio malvivente da redimere, una nipotina la cui voce da adulta narra l’intera storia, e ovviamente un cane di nome Pochi, decide di mettere su una Guest House in uno sperduto villaggio giapponese. Inutile dire che nonostante le migliori intenzioni i clienti scarseggiano, finché un giorno arriva un distinto signore, in una notte di pioggia, che sceglie proprio la pensioncina per… suicidarsi. Per evitare la cattiva pubblicità la famigliola decide di nascondere il fattaccio e seppellire il cadavere, ma la sfiga si accanisce sui Katakuri che cercano semplicemente di trovare la felicità, ed ottengono solo morte e rovina.






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La trama è già di per sé esilarante, ma la realizzazione è frutto di una mente perversa. Innanzitutto è bene specificare che questa pellicola non ha un genere ben definito: visto l’inizio e l’alone di inquietudine e morte che permea la vicenda potrebbe essere un horror. Ma è esilarante anche per un pubblico occidentale, quindi andrebbe forse definita commedia… se non fosse per gli abbondanti e trashissimi siparietti musicali, che lo renderebbero, appunto, un musical. In realtà The Happiness of the Katakuris è tutto questo e niente di ciò, ricorda un po’ i primi film di Kitano, gli incubi di ogni spettatore occidentale (tipo Getting Any), ma è assai più curato e in qualche modo lineare, e io penso che ad un pubblico nipponico non crei neppure troppi scompensi psichici.







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Andando più nello specifico, parte del film è girata in claymation (la stessa di Wallace & Gromitt oppure Pingu), con dei pupazzetti di creta dalle fattezze inquietanti che, se ad un certo punto della pellicola sostituiscono i protagonisti nel corso di un paio di scene (soprattutto nel finale, che sarebbe stato difficilissimo da girare con pochi mezzi), all’inizio raccontano invece la storia di una specie di demonietto goloso di ugole, che viene mangiato da un corvo e rinasce come uovo, una sorta di “cerchio della vita” che introduce il film. Una specie di Coro forse, come quello delle tragedie greche :il tema del corvo torna per tutta la pellicola come una sorta di entità che deride la famiglia Katakuris delle sue disgrazie; tuttavia ogni volta loro rinascono più uniti e consapevoli della loro unione nella ricerca dell’osteggiata felicità.

Picchi di delirio trash vengono toccati a ogni scena musicale: dal ritrovamento del primo cadavere, la parodia di un videoclip horror unito ai modi esagerati del teatro giapponese, all’arrivo dell’essere più kitch della storia del cinema, Richard Sagawa, NIPOTE della Regina Elisabetta d’Inghilterra, agente segreto nonché membro della marina militare americana, che cerca con queste panzane di spillare soldi a Shizue Katakuri, con conseguente balletto strappalacrime colmo di coppiette danzanti e innamorati volanti, passando poi per il duetto (con tanto di sottotitoli per consentire al pubblico di fare karaoke, ovviamente) moglie-marito novelli Al Bano e Romina, catafratto di stelline e abiti glamour, per finire con il balletto degli zombie. Inutile dire che la maggior parte delle coreografie sono da mani nei capelli e dilettantesche (appositamente?) e i testi delle canzoni quanto di più melenso e banale si possa ascoltare. Del travestito che canta in TV e della setta spiritica in viaggio, un gruppo di pazze urlanti con gli occhiali da sole, non voglio nemmeno parlare, sono esilaranti.







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Da sinistra in alto: padre, madre, figlio, figlia, Richard Sagawa e nonno!

 

Al di là della realizzazione decisamente “pesante” per un pubblico non abituato, l’amara ironia che pervade la pellicola segue una filosofia ben precisa, che si palesa in tutta la sua durezza nel commovente finale. L’uomo tende a concentrarsi su sé stesso, cercando di piegare la vita, la natura, a sua immagine e somiglianza, ignorando che esistono forze ben più grandi di lui. La ricerca della felicità è legittima e assolutamente necessaria, ma per vivere felici bisogna tenere anche conto che nulla possiamo contro i capricci del destino e della natura, e che la morte, alla fine, arriverà per tutti… l’importante è vivere appieno, tenendosi stretti ciò che più si ama nel breve tempo che ci viene concesso. Ed imparare a ridere, superando il dolore per coloro che invece ci hanno lasciati, vivendo anche per loro.






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Spero che la mia recensione non sia stata assolutamente chiara, e che faccia venire voglia di vedere questo film ai naviganti di passaggio: merita, merita davvero, se non altro per vedere qualcosa di assolutamente diverso e una delle prime opere di un regista tra i migliori ed inquietanti in circolazione. Alla fine me lo sono visto due volte, quindi qualcosa, indubbiamente, resta.






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Takashi Miike è forse il più famoso e “cool” dei registi giapponesi sdoganati anche in Occidente (lo dimostra il cameo in Hostel di Eli Roth) . Famosissimi e molto amati sono i suoi film dalle trame e dalle scene decisamente estreme, a cominciare da Audition, per poi continuare con la serie MPD Psycho, Ichi The Killer, The Call: non rispondere (di cui ho parlato in riferimento al remake USA, One Missed Call), un episodio di Masters of Horror. Ha 49 anni e due film in produzione, tra cui la trasposizione cinematografica del famosissimo anime Yattaman!






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Non essendo affatto esperta, mio malgrado, sorvolo sulle filmografie dei pur bravissimi attori: non saprei quali film consigliare e quali no. Se qualcuno è più esperto, però, accetto consigli!!

Vi lascio con le scene d'inizio di questo assurdo film... se avrete il coraggio di proseguire la visione questo post sarà servito a qualcosa! ENJOY!



 

 

6 commenti:

  1. Grandissimo film!
    Credo sia stato il primo a darmi un'idea realistica dell'inumana capacità di Miike di indagare stili e temi diversissimi.

    vabè, non ti sto a dire con che ansia lo stiamo attendendo dalle mie parti. :)

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  2. Sai, vero, che potrei finire per amare questo film? E senza ancora averlo visto!! XD

    Provvederò quanto prima e poi commenterò... u.u

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  3. @Agonyaunt:

    Ti dirò che pur non essendo molto legata a Yattaman come anime, sono davvero curiosa anche io, anche se so già che dovrò ripiegare su un DVD visto che dalle mie parti le sale cinematografiche lo schiferanno.
    Comunque Takashi Miike è molto particolare... piano piano mi farò tutta la sua filmografia, a cominciare da Audition che ho lì da un pò da vedere!

    @ IlRanocchio:

    Lo spero *___*
    Aspetto il nuovo commento!

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  4. Tutto ciò che esce dalla mente di Miike è frutto di una mente perversa, perchè miike è una mente perversa. E' folle, geniale, è Miike :)

    Io lo adoro.

    Ti consiglio di guardarti Gozu, sempre di Miike, altro film stile questo.

    Ancora non mi sono visto the happines of the katakuris, ma rimedierò presto. Li sto guardando tutti, ma sono troppo i film di miike, ne fa praticamente uno a pomeriggio, quel pazzo.

    Se vuoi ho qualche recensione di mike nel mio blog, dagli un'occhiata.

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  5. Visto.. e a chi sembrerà poca cosa, lo sfido a fare altrettanto! u.u
    Per vederlo tutto, ci ho impiegato giorni di pause su pause tra una cosa e l'altra.
    Noia? No, affatto... semplicemente è una tale follia che quasi ad ogni scena uno (o per lo meno, io XD) sente il bisogno di fermarsi a riflettere su un qualcosa che la mente di un umano qualunque non riuscirebbe a concepire nemmeno nei sogni più terribili! o.O

    Personaggi caricati al massimo (come non amare il nonno lancialegna? XD), situazioni che vanno ben oltre l'assurdo, una recitazione a dir poco dilettantesca, la lingua giapponese (che già di per sé è uno spasso)... ma ciò che realmente rende grande questo film è il fatto che dal primo dei protagonisti all'ultima delle comparse, sono tutti convintissimi di ciò che fanno!

    Menzione d'onore va a Richard, colui che più degli altri ha sconvolto la mia mente e soprattutto quella della proprietaria di questo blog... tesora, esci dal tunnel! XD

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  6. @Ilranocchio:
    tanto lo so che Richard è il tuo modello da seguire... u___u

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