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venerdì 30 marzo 2018

Tonya (2017)

E' uscito ieri in Italia Tonya (I, Tonya), diretto nel 2017 dal regista Craig Gillespie e vincitore di un premio Oscar finito ad Allison Janney come Migliore Attrice Non Protagonista.


Trama: il film racconta la vita sregolata di Tonya Harding, dagli esordi sulla pista di pattinaggio come bambina prodigio allo scandalo delle Olimpiadi del 1994, che l'ha vista coinvolta nell'incidente accorso all'avversaria Nancy Kerrigan.



Un genere di film che detesto è quello "sportivo", solitamente imperniato sulla brillante carriera di una stellina (vera o inventata, dipende) che ha trovato nello sport un modo per riscattarsi da una vita ingrata, assurgendo a modello per chiunque dopo anni e anni di duri allenamenti e sacrifici. A Tonya mi sono però avvicinata con fiducia, non solo per le tre nomination che lo infilavano di diritto nel novero dei film "da vedere" ma anche perché si parlava di uno scandalo che ha concluso la carriera della giovane pattinatrice, allontanando di prepotenza la pellicola da qualsiasi retorica sportiva (lo so, sono una stronza cinica). Quello che non mi sarei aspettata, però, era di trovarmi davanti un film drammatico ma anche esilarante, zeppo di caustica ironia e personaggi inattendibili che non ricostruiscono LA storia, bensì una versione della stessa filtrata dal loro punto di vista, al punto che lo spettatore arriva a chiedersi spesso chi sia la Tonya così fiera di mettere un Io davanti al nome proprio nel titolo originale. Indubbiamente, quello di Tonya Harding è un carattere temprato fin dalla più tenera età: nel corso del film vediamo come la madre LaVona abbia praticamente abbandonato la figlioletta sulle piste di pattinaggio sul ghiaccio, ricoprendola senza tregua con "amorevoli" insulti, schiaffi e sguardi di biasimo, insomma tutto ciò che potesse trasformare una piccola appassionata in una bambina prodigio colma di fiducia nelle proprie capacità atletiche ma assolutamente impreparata ad affrontare l'esistenza una volta tolti i pattini. Nello sport Tonya è incapace di trovare riscatto da una famiglia disfunzionale che l'ha condannata ad essere per sempre feccia ignorante e si ritrova così a cercare conforto, giovanissima, tra le braccia di un bifolco come lei, quel Jeff Gillooley clueless ma violento che è la quintessenza del white trash americano e col quale l'atleta avrà per anni un rapporto contrastato di mutua dipendenza che sfocerà persino in un matrimonio; proprio la stupidità incurabile di Gillooley e del suo pari, il disgustoso e folle Shawn, condanneranno Tonya all'oblio nel momento esatto in cui la ragazza sarebbe stata pronta ad acciuffare la gloria dell'oro olimpico, tenuta lontana da anni di eccessi.


Date le premesse  e gli eventi non certo allegri che l'hanno caratterizzata, la vita di Tonya Harding avrebbe  potuto venire tradotta in maniera patetica, sottolineando l'infinita serie di abusi fisici e mentali ai quali la ragazza è stata costretta a sottostare, ma Craig Gillespie e lo sceneggiatore Steven Rogers hanno scelto un'altra via e, oltre a sottolineare il lato ridicolo di una vicenda assai drammatica, hanno "sfidato" lo spettatore a trovare da solo un'eventuale simpatia per un personaggio che non ne cerca e, forse, non ne ha bisogno. A prescindere dalla teppaglia che la circonda, è infatti la stessa Tonya ad essere lamentosa ed incapace ad assumersi le proprie responsabilità ("Non è stata colpa mia" è la sua catchphrase per l'intero film ma ce n'è anche per l'audience di allora, accusata di averla trasformata in fenomeno da baraccone, e ovviamente per quella di oggi) oltre che incredibilmente testarda e in qualche modo orgogliosa delle sue origini proletarie, che fin dall'inizio l'hanno resa un outsider in un mondo fatto di signorine raffinate dove l'apparenza conta quanto l'abilità tecnica e dove, purtroppo, se non hai soldi né sponsor fai davvero poca strada; nel corso del film le interviste ai personaggi coinvolti nell'"incidente" di Nancy Kerrigan (assai simili a quelle reali, mostrate nei titoli di coda) si alternano senza soluzione di continuità ad attori che bucano la quarta parete e si rivolgono direttamente allo spettatore, commentando con cinica ironia molti degli avvenimenti oppure contraddicendo sfacciatamente quanto sta accadendo sullo schermo, lasciando il pubblico incredulo, divertito e a tratti sgomento davanti a tanta pochezza. All'interno del quartetto di attori principali spiccano Margot Robbie, atletica e grintosa ma anche terribilmente squallida, e una Allison Janney mostruosamente glaciale, ma la strana coppia Sebastian Stan/Paul Walter Hauser tocca altissimi vertici di sciocca depravazione e soprattutto Hauser passa nel giro di poche sequenze dall'essere patetica figura di sfondo a psicotico deus ex machina dell'intera, delirante operazione atta ad intimorire la Kerrigan: l'intervista sul finale è angosciante e mette una tristezza infinita, non tanto per lui quanto per la Harding che si è ritrovata vittima di un marito imbecille ed incapace di capire la portata della demenza dell'amico di sempre... sempre che, in realtà, la giovane non fosse consapevole fin dall'inizio di quello che sarebbe successo alla rivale. Questo, ovviamente, Tonya non lo dice (ci sono state condanne per tutti, Harding compresa, ma siccome i coinvolti si accusavano a vicenda le reali responsabilità non sono mai state interamente chiarite...) ma poco importa, anzi, perché lasciare il dubbio allo spettatore rende ancora più interessante il film ed ambigui i suoi protagonisti, ora ben lontani dai "fasti" di una fama giunta non grazie ad uno storico triplo axel, bensì ad una sbarra di ferro.


Del regista Craig Gillespie ho già parlato QUI. Margot Robbie (Tonya Harding), Sebastian Stan (Jeff Gillooley), Allison Janney (LaVona Golden), Julianne Nicholson (Diane Rawlinson) e Bobby Cannavale (Martin Maddox) li trovate invece ai rispettivi link.

Mckenna Grace interpreta Tonya da ragazzina. Americana, ha partecipato a film come Frankenstein, Amityville - Il risveglio, Ready Player One e a serie quali CSI - Scena del crimine, The Vampire Diaries e C'era una volta. Ha 12 anni e un film in uscita, The Bad Seed.


Se Tonya vi fosse piaciuto potete cercare il documentario The Price of Gold, episodio della serie 30 for 30 dedicato proprio al caso Harding e aggiungete Rocky IV (omaggiato nel film) e Da morire, che Gillespie ha citato come fonte di ispirazione per la struttura di Tonya. ENJOY!

22 commenti:

  1. Non gli avrei dato mezzo soldo ma lo stanno acclamando tutti.

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    1. Lo acclamiamo perché è davvero bello! E la Robbie mostra di non essere solo una gran gnocca ma anche un'ottima attrice :)

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  2. La vera sorpresa di questi Oscar. La Robbie, ora posso dirlo, era la mia preferita in gara. Personaggio ambiguo, complessissimo, e lei che piange allo specchio è veramente da manuale.

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    1. Io alla Robbie ho preferito la McDormand o la Hawkins ma ciò non toglie che la sua sia una grandissima interpretazione. Quando cerca di perorare la sua causa davanti ai giudici mette la pelle d'oca, porca miseria.

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  3. Altro film che spero proprio di vedere.. anche io non amo il genere sportivo ma questo sembra avere qualcosa in più.

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    1. Sì, questo non è assolutamente focalizzato sullo sport o meglio, non nel modo in cui siamo abituati a vedere :)
      E' una storia molto umana e ambigua, coinvolgente dall'inizio alla fine!

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  4. Questa stagione al cinema mi sta facendo rivalutare i film sportivi, su cui ho sempre delle perplessità anch'io.
    Dopo il tesissimo Borg McEnroe, questo Tonya sta sempre ai vertici, racconto diverso e ben riuscito. E Haus... non so se riderne o odiarlo.

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    1. Borg McEnroe vorrei vederlo anche io, magari nei prossimi mesi!

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  5. Bello, mi è piaciuto molto. Anche se la cosa più inquietante è che se sei nato in un ambiente povero e ignorante, rimani lì sepolto insieme al talento... :/

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    1. Lì in particolare, nel mondo del pattinaggio/ballo, dove sono tutti fighetti, mi sa che funziona così :(

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  6. Devo dire che anche io non amo lo sport e i film sullo sport quindi ero partito con "sì bello ma forse non fa per me". ma siccome ne siete tutti entusiasti, lo recupero presto :D

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  7. La tua introduzione è invece sacrosanta: I,Tonya è fatto apposta per parlare di un personaggio controverso che sportivamente ha proprio fallito.

    Buona Pasqua Babol!

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  8. Dopo RPO lo andrò a vedere.
    Margot Robbie mi sembra aver fatto un ottimo lavoro.

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    1. Un lavoro perfetto, probabilmente la sua interpretazione migliore ad oggi!

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  9. Non ci credo, mi hai messo voglia di vedere un film sportivo???

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  10. anch'io ho apprezzato molto il lato humour del film, quello stile da commedia nera che fa molto fratelli Coen e che mi ha regalato alcune risate a crepapelle al cinema che in molti si saranno chiesti se fossi un'idiota o che... ma a me quando entravano in gioco quegli idioti della banda mi facevano morire dalle risa...
    mi è piaciuta meno invece l'idea, che riporti anche tu, dei protagonisti che "bucano la quarta parete" e si rivolgono allo spettatore raccontandogli cosa sta accadendo mentre sta accadendo...
    l'ho trovata una scelta un po' forzata, o, per meglio dire, forzatamente ad effetto...
    nel complesso, comunque, il film mi è piaciuto molto!
    ciao

    Vincenzo

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    1. A me invece ha fatto simpatia vedere Tonya rivolgersi direttamente allo spettatore. Ha senso perché in fondo è sempre stato lo sguardo "esterno" di pubblico, tifosi e gossipari assortiti a decretarne gioie e dolori, poveraccia...

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  11. Eccomi! Dopo soli 6 anni dall'uscita di Tonya. Che dire, un gran film davvero. Bravissima Margot che resta una figa spaziale anche quando cercano di imbruttirla il più possibile. E, che non pensavo, un grandissimo Sebastian Stan che manco avevo riconosciuto durante la visione. in realtà bravi tutti. bello bravi bis.

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    1. Oh, l'importante è vederlo! Sono contenta che ti sia piaciuto, secondo me è uno dei film più belli degli ultimi anni!

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