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giovedì 31 maggio 2018

(Gio)WE, Bolla! del 31/5/2018

Buon giovedì a tutti e benvenuti all'ennesima fiacca settimana cinematografica savonese! Benché escano una marea di film, infatti, le novità nella mia città sono appena tre e tra esse non c'è The Strangers: Prey at Night che avrei visto molto volentieri! Andiamo dunque a vedere con cosa potrei consolarmi, fermo restando che lunedì o martedì spero di andare a vedere 2001: Odissea nello spazio e... ENJOY!

Tuo, Simon
Reazione a caldo: Hmm...
Bolla, rifletti!: Il coming of age gay mi mancava (se non contiamo ovviamente Chiamami col tuo nome ma quello viaggia su tutt'altro livello...) e potrebbe essere una bella ventata d'aria fresca. In America è stato molto apprezzato, io non so se andrò al cinema a vederlo ma non mi dispiacerebbe recuperarlo più avanti.

La truffa dei Logan
Reazione a caldo: Consigliato!
Bolla, rifletti!: Oddio, magari visto in italiano perderà parecchio della sua forza ma questo heist movie di Soderbergh, che è riuscito a farmi piacere attori da me spesso vilipesi come Tatum e Driver, merita almeno una visione! Se riesco ne parlerò domani.

Al cinema d'élite c'è invece profumo d'Italia...

Hotel Gagarin
Reazione a caldo: Hmm..
Bolla, rifletti!: Opera prima dell'aiuto regista dietro a Lo chiamavano Jeeg Robot, pare essere un road movie avente una troupe cinematografica per protagonista. Sembra interessante ma siccome questo weekend non sarò a Savona la vedo dura recuperarlo!

Il Bollodromo #52: Lupin III - Parte 5 - Episodio 9


Eccoci arrivati al consueto appuntamento del giovedì, quello in cui si parla di Lupin III - Parte 5, serie che sta procedendo come un TGV! Oggi tocca al nono episodio, "ルパン"を捨てた男 ("Rupan" wo suteta otoko - L'uomo che ha abbandonato "Lupin")... ENJOY!


Nella scorsa puntata, avevamo lasciato Lupin in un laCo di sanCue dopo l'incontro con l'enigmatico AlbeLt e l'episodio di oggi si apre con la stessa scena. Ma niente paura, tempo pochi istanti ed ecco arrivare Jigen e Goemon a bordo di un motoscafo pronti a salvare il loro impavido leader, evento che lascia AlbeLt con un palmo di naso e, soprattutto, alla mercé degli uomini del killer José (un'inquietante tizia tatuata con denti, unghie e ginocchia di metallo tagliente accompagnata da un mocciosetto emo con una benda sull'occhio), che gli rubano il Carnet Noir. Karma is a bitch, baby! Nel frattempo, Lupin si riprende dalle gravi ferite nel posto più salubre del mondo, le fogne di Parigi (...), e sogna un passato in cui AlbeLt lo perculava dimostrando di essere un ladro migliore di lui e quindi più degno di ereditare il nome di terzo "Lupin". Intanto che Goemon cucina serpenti (non anguille, mi spiace Jigen!) e i nostri si ingozzano di uno dei piatti più disgustosi del creato mondo, José decide di mandare al diavolo il DGSE e di mettersi al servizio di uno dei candidati alla presidenza di Francia, un mix tra la Le Pen, Trump e un Salveenee qualsiasi.


Il probo candidato presidenziale decide di sfruttare i segreti contenuti nel Carnet Noir così che il DGSE non impedisca ai terroristi di far esplodere bombe in Francia, permettendogli quindi di cavalcare l'onda della paura popolare e di ottenere consensi. Ma AlbeLt non ci sta, porca miseria! Lui che ha abbandonato il "sciogno" di diventare Lupin per impadronirsi della Francia, non può stare a guardare mentre terroristi e salveeniani assortiti gli portano via il Paese da sotto il naso! Nel mentre che AlbeLt pianifica la sua vendetta, Lupin, Jigen e Goemon (rei di conoscere comunque i segreti del Carnet Noir) vengono attaccati a più riprese da uomini armati e dagli sgherri di José, in un profluvio assai esaltante di proiettili, bombe, lame e quant'altro che li costringe a ritornare nelle fogne. Il tempo di fare mente locale e Lupin decide di andare a parlare col capo della DGSE per capire che diamine stia succedendo e perché la Francia stia esplodendo senza che nessuno se ne preoccupi... solo per scoprire che anche AlbeLt ha avuto la stessa idea!! La puntata si conclude quindi con un'apparente alleanza dei due ex candidati al titolo di "Lupin"... ma ancora non abbiamo capito PERCHE' i due sono diventati nemici!


Alla fine di L'uomo che ha abbandonato "Lupin" si evince l'avvicinarsi della conclusione del cosiddetto '"Episode II", ovvero della seconda trama che dovrebbe comporre la serie. Se tanto mi da tanto, ancora un paio di episodi e diremo ciao ciao ad AlbeLt oppure lo vedremo antagonista di Lupin per qualcosa che non riguarda il Carnet Noir, magari assieme al ritorno di Ami, chissà. Queste ovviamente sono solo illazioni, l'unica certezza è che questo episodio 9 è molto interessante non tanto per la trama ma perché ci mostra il punto di vista giapponese per ciò che riguarda la terrificante deriva "di destra" che stanno prendendo i governi europei e mondiali, schiacciati da minacce terroristiche che alimentano le paure di popoli già diffidenti nei confronti dell'aumento dell'immigrazione; gli estremisti islamici, che io sappia, non hanno mai infiltrato kamikaze o "cani sciolti" all'interno del Giappone (perlomeno, non credo abbiano ancora avuto attentati di matrice islamica), inoltre le loro politiche di immigrazione sono talmente rigide che è già difficile per i regolari rimanere nel Paese del Sol Levante, figuriamoci per i clandestini, quindi situazioni come quelle che stanno affrontando i vari paesi europei devono essere per loro quasi aliene. Detto questo, chissà cosa avrebbe dovuto affrontare Lupin se la quinta serie fosse stata ambientata in Italia dopo tutti 'sti casini elettorali... ma lasciamo perdere, che è meglio. Alla prossima puntata!!


Ecco le altre puntate di Lupin III - Parte 5:

Episodio 1
Episodio 2
Episodio 3
Episodio 4
Episodio 5

mercoledì 30 maggio 2018

It Comes at Night (2017)

Spinta dalle ottime critiche ricevute oltreoceano ho recuperato It Comes at Night, diretto e sceneggiato dal regista Trey Edward Shults, riscoprendomi ben poco americana nelle mie opinioni...


Trama: mentre la gente muore a causa di un pericoloso morbo, Paul e la sua famiglia, composta da moglie e figlio, hanno trovato un equilibrio isolandosi in una casa in mezzo al bosco. Un giorno però uno sconosciuto riesce a penetrare all'interno dell'abitazione...



A casa mia, chi veniva di notte era la Befana, con le scarpe tutte rotte. Poi ci sono gli Alien che "molto spesso vengono di notte. Molto spesso", come diceva Cartman in una storica puntata di South Park. Insomma, non è molto chiaro chi è questo It che arriva di notte (si sa solo che non è Pennywise), quindi è bastato probabilmente questo titolo ambiguo per mandare in sbattimento il pubblico americano e farlo gridare al miracolo, quando bisognava solo aprire la Bibbia per scoprire che "Il giorno del Signore verrà come viene un ladro nella notte", primo indizio dell'allegria di cui è permeato It Comes at Night. Il film di Shults è infatti la storia di persone che aspettano il Giorno del Signore, o la fine del mondo conosciuto, tanto sanno che prima o poi la malattia le coglierà nonostante tutte le loro precauzioni, che sia notte o che sia giorno, alla faccia di tutte le (poche) speranze che possono covare. La pellicola si apre con una sequenza mortifera e si conclude con un'altra parimenti, in un cerchio perfetto che racchiude nel mezzo la quotidianità di un nucleo familiare all'interno del quale i membri non comunicano, affrontano il dolore in solitudine e soprattutto avvolti da un pessimismo cosmico che farebbe invidia a Leopardi. Tutto cambia, si fa per dire, quando un giorno penetra nella casa fortificata un uomo che, dopo la prima e comprensibile reazione di diffidenza, conquista la fiducia della famigliola e si trasferisce con loro assieme alla moglie e al figlioletto. Punto. Questa è la trama di It Comes at Night, dopodiché tutto ciò che resta da fare allo spettatore è rimanere in attesa del momento in cui, com'è ovvio, la convivenza tra le due famiglie degenererà in tragedia, tra incomprensioni, cose taciute, pericoli esterni e l'inevitabile terrore della malattia. Uno scampolo di post-apocalisse già visto e rivisto mille volte ma non sarebbe questo il problema se lo spettatore riuscisse ad empatizzare un minimo coi protagonisti e a dispiacersi per una loro eventuale dipartita. Peccato che durante la visione di It Comes at Night verrebbe solo voglia di prendere a ceffoni Paul, scrollare forte la moglie e soprattutto il figlio adolescente mollo come la panissa e al limite compiangere Will, Kim e il piccolo Andrew che hanno avuto la sfiga di incappare in questo trio di depressi cronici; la vicenda, filtrata dal punto di vista "diffidente" di Paul e focalizzata sulle silenti turbe adolescenziali del figlio Travis, vorrebbe un po' fare il verso a The Witch, coi boschi minacciosi e l'isolamento ad influenzare negativamente i personaggi, ma la verità è che è ben distante dal causare la benché minima inquietudine.


Non bastano infatti sprazzi di visioni splatter, rumori notturni, incubi fusi con la realtà, corridoi claustrofobici e boschi cupi per realizzare un thriller/horror memorabile, soprattutto quando le dinamiche familiari vengono esaminate con così tanta superficialità, per il solo gusto di regalare allo spettatore una "riflessione" artistica che mostri la raffinatezza del regista e sceneggiatore. Lo stile di Shults non è malvagio, anzi, è molto suggestivo e si vede che il regista puntava a realizzare un film curato e pieno di belle immagini, con particolari in grado di saltare all'occhio come la porta rossa in fondo al corridoio o quel sangue nero come la pece che spurga dai malati, tuttavia una pellicola che parla agli occhi e non al cuore (o alla "pancia" dello spettatore, se è per quello, per non parlare del cervello) mi lascia come mi trova. Posso forse avere un problema con Joel Edgerton, più che col regista o la sceneggiatura? Può darsi. La sua passione per i personaggi "stundai" è qualcosa che non comprendo, 'sti uomini ruzzi che non spiccicano parola manco a morire e sono sempre pronti a grugnire guardando in cagnesco non solo gli estranei ma persino i propri familiari mi allontanano dai loro problemi più che coinvolgermi e lo stesso vale per i comprimari sottomessi che si limitano a subire questo atteggiamento del menga. I dialoghi sussurrati, la fotografia cupa, le emozioni così trattenute mi spengono il cervello e l'unico momento in cui ho sentito davvero qualcosa è stato durante lo sfogo finale di Riley Keough, anche se viste le circostanze lì si è trattato di vincere abbastanza facile, insomma, non ho mica un cuore di pietra. Francamente, non so davvero cosa abbia spinto gli americani ad accogliere con così tanta gioia un film come It Comes at Night, seppellito di lodi e recensioni positive quando a me è sembrato di una banalità senza pari, l'ennesimo prodotto medio arrivato dalla scena horror USA, senza infamia né lode, ma da parte mia non mi sento di consigliarlo proprio a nessuno.


Di Joel Edgerton, che interpreta Paul, ho già parlato QUI mentre Carmen Ejogo, che interpreta Sarah, la trovate QUA.

Trey Edward Shults è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto un altro film dal titolo Krisha e un paio di corti. Anche produttore e attore, ha 29 anni.


Riley Keough interpreta Kim. Americana, ha partecipato a film come Magic Mike, Kiss of the Damned e Mad Max: Fury Road. Anche produttrice, ha 28 anni e cinque film in uscita.


Se It Comes at Night vi fosse piaciuto recuperate The Divide, Viral e Contagious: Epidemia mortale. ENJOY!


martedì 29 maggio 2018

Solo: A Star Wars Story (2018)

L'ho visto già venerdì, ché il Bolluomo voleva correre a vedere Chewbacca, ma solo oggi riesco a parlare di Solo: A Star Wars Story, diretto da Ron Howard. Chissà se ricorderò qualcosa... ah, NO SPOILER, of course.


Trama: fuggito dal suo pianeta natale e dalle fila dell'esercito imperiale, il giovane Han Solo si unisce a una banda di ladri per poter tornare a recuperare la sua bella...


Questo film avrebbe potuto, fortunatamente, intitolarsi Solo: A Chewbacca Story, visto che i veri momenti di gioia li offre l'amatissimo wookie, con i suoi versi, le sue facce, persino i suoi momenti introspettivi (e ce ne sono, giuro). Il vecchio Chewbacca è il personaggio che spicca di più all'interno della pellicola, assieme ad un Lando Calrissian in gran spolvero, e riesce ad eclissare gli altri protagonisti tagliati con l'accetta, abbastanza prevedibili dall'inizio alla fine, con qualche sporadica sorpresa a ravvivare il tutto. L'impressione che mi ha dato la sceneggiatura dei Kasdan padre e figlio è quella di un compitino scritto col pilota automatico, il tentativo di dare un background a un personaggio storico che forse non ne necessitava uno, e se i ribelli di Rogue One riuscivano a regalare emozioni legandosi alla saga in modo devastante e inaspettato, questo Han Solo ragazzino mette un po' di magone solo quando si pensa che Harrison Ford non lo interpreterà mai più, con somma tristezza del wookie. E dunque la domanda che percorre un po' tutto il film è: come ha fatto Solo a diventare lo spregiudicato e ironico contrabbandiere/ladro di Guerre Stellari, nonché il pilota migliore della galassia, quando all'inizio della pellicola lo vediamo giovincello innamorato (di una, per inciso, che non ha il grammo del carisma di Leia) e criminale non per scelta ma per necessità? Beh, il percorso è simile a quello dei tanti eroi scapestrati e cinici ma fondamentalmente buoni che popolano da decenni il cinema, la letteratura e i fumetti: l'ingenuità e l'eccessiva fiducia in sé stessi vengono a poco a poco smussate da una serie di intoppi, casini, tragedie, tradimenti, prove ed esperienze che ovviamente cominciano ad indurire il carattere del protagonista, tenuto comunque a freno dal saggio Chewbacca. C'è di bello che in Solo vediamo un Han alle prime armi e quindi alle prime esperienze come pilota, innamorato delle astronavi e sinceramente stupito da tutto ciò che si nasconde nell'immensità dello spazio, pronto a sfidare l'ignoto come qualsiasi ragazzino degno di questo nome, cosa che rende la seconda parte del film decisamente più emozionante della prima, sebbene l'incontro tra Ciubbe e Han valga da solo l'intera pellicola.


Per il resto, mi pare ci sia davvero poco da dire. Per quel che riguarda la regia, dietro la macchina da presa avrebbe potuto esserci qualunque regista fantoccio perché non ci sono sequenze particolarmente memorabili o degne di nota quindi, ancora una volta, cacca su Ron Howard per la sia natura di yes man; gli effetti speciali per contro sono perfetti e non mi sarei aspettata di meno, ho molto apprezzato lo pseudo Cthulhu che compare a un certo punto così come il sembiante del robot pasionario amico di Lando, però mi sono posta parecchie domande per quel che riguarda la fotografia e qui chiedo l'aiuto del pubblico da casa. E' soltanto al Multisala Diana di Savona che Solo è stato proiettato sotto l'effetto di una nebbiolina che rendeva tutto sfocato, scuro e talvolta anche illuminato male al punto da sembrare che alcune scene fossero state riprese in controluce? Devo cambiare occhiali o davvero la fotografia di Solo è quanto di più sciatto si sia visto quest'anno sul grande schermo? Nell'attesa di ricevere risposte, passiamo agli attori. Alden Ehrenreich è un buon Han Solo che non cerca di imitare Harrison Ford ma per il resto diciamo che ha la personalità di un cartonato, la Clarke è molto meglio di quando la imparruccano ne Il trono di spade e il suo sembiante è ottimo per il doppio ruolo di ragazzetta di strada e fatalona immersa nei giochi di potere fino ai gomiti, Woody Harrelson e Paul Bettany recitano col pilota automatico ma sono sempre belli da vedere quindi a loro perdono tutto e, tolto Chewbacca, il migliore della baracca è Donald Glover, un perfetto, cialtronissimo e fascinoso Lando Calrissian che meriterebbe uno spin-off capace di rispettarne le caratteristiche, quindi sicuramente non un prodotto per pargoletti come questo Solo. Poi, per carità, la pellicola di Ron Howard è piena di citazioni, omaggi e rimandi che probabilmente manderanno in brodo di giuggiole gli appassionati ma siccome io i film della saga li ho visti al massimo due volte in tutta la mia vita (gli episodi dall'uno al tre nemmeno quelle) sono uscita dal cinema con la sensazione di aver visto uno di quei filmetti d'avventura tanto simpatici e carini quanto dimenticabili... MA con Chewbacca.


Del regista Ron Howard ho già parlato QUI. Alden Ehrenreich (Han Solo), Woody Harrelson (Beckett), Thandie Newton (Val), Paul Bettany (Dryden Vos), Jon Favreau (voce di Rio Durant), Warwick Davis (Weazel) e Clint Howard (Ralakili) li trovate invece ai rispettivi link.

Emilia Clarke interpreta Qi'ra. Inglese, famosa per il ruolo di Daenerys Targaryen de Il trono di spade, ha partecipato a film come Dom Hemingway, inoltre ha lavorato come doppiatrice in Futurama e Robot Chicken. Ha 32 anni e un film in uscita.


Donald Glover interpreta Lando Calrissian.  Americano, ha partecipato a film come I Muppet, The Lazarus Effect, Sopravvissuto - The Martian, Spider-man: Homecoming e a serie quali 30 Rock, inoltre ha lavorato come doppiatore in Robot Chicken: Star Wars III. Anche sceneggiatore, compositore, produttore e regista, ha 35 anni e un film in uscita, Il re leone, dove darà la voce al Simba adulto.


Linda Hunt è la voce originale di Lady Proxima. Americana, la ricordo per film come Popeye - Braccio di ferro, Un anno vissuto pericolosamente (che le è valso l'Oscar come miglior attrice non protagonista), She-Devil - Lei, il diavolo, Un poliziotto alle elementari e Relic - L'evoluzione del terrore, inoltre partecipato a serie quali Senza traccia, Nip/Tuck e lavorato come doppiatrice in Pocahontas. Ha 73 anni e un film in uscita.


SPOILER Nel film ricompare anche Ray Park, ovviamente nei panni del personaggio che lo ha reso famoso a inizio millennio, Maul. FINE SPOILER Alla regia avrebbero dovuto esserci Phil Lord e Christopher Miller, che però hanno abbandonato il progetto a metà riprese a causa di "divergenze creative" con Kathleen Kennedy e Lawrence Kasdan; è risaputo invece che a Ron Howard era stato proposto di dirigere Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma e che aveva rinunciato fondamentalmente per paura di affrontare una simile impresa.  Per quanto riguarda gli attori, Christian Bale si è visto "strappare" il ruolo di Beckett mentre per quello di Han Solo sono stati scartati nomi del calibro di Miles Teller, Ansel Elgort, Dave Franco, Jack Reynor (NUOOO!!), Scott Eastwood e Taron Egerton; niente di fatto anche per Tessa Thompson, Jessica Henwick (la Colleen Wing di Iron Fist) e Zoe Kravitz, tutte surclassate dalla Clarke. Detto questo, se Solo: A Star Wars Story vi fosse piaciuto, recuperate tutti i film della saga Star Wars, compreso Rogue One. ENJOY!


domenica 27 maggio 2018

Turbo Kid (2015)

Con un ritardo pazzesco e approfittando dell'edizione home video della Koch Media, ho recuperato Turbo Kid, diretto e sceneggiato nel 2015 dai registi François Simard, Anouk Whissell e Yoann-Karl Whissell.


Trama: negli anni '90 della post-apocalisse, un ragazzino senza nome vaga per le lande deserte cercando cibo e memorie di un'epoca ormai scomparsa, con un unico mito nel cuore: l'eroe dei fumetti Turbo Rider.


Nel 2016 quasi tutti i blogger che seguo avevano parlato di Turbo Kid, consacrandolo come uno degli omaggi più riusciti a quegli anni '80 di cui nell'anno del Signore 2018 gli spettatori sono ormai abbastanza saturi, io per prima. Credo che all'epoca questa voglia di eighties fosse appena esplosa o perdurasse giusto da un annetto e indubbiamente Turbo Kid profuma ancora oggi di nuovo, di una voglia di divertirsi con effetti artigianali cavalcando la nostalgia, di quelle cose che sicuramente hanno segnato l'infanzia dei registi prima ancora che del pubblico, di sangue a secchiate che ne tradisce la natura di opera nata da un corto destinato alla raccolta The ABCs of Death. Tutti enormi pregi che allo stesso tempo rischiano di essere anche grandi difetti di Turbo Kid, che funziona bene solo nel momento in cui chi lo guarda decide di stare al gioco, sorridendo indulgente davanti alle citazioni abilmente nascoste e asservite a una storia che più classica non si può, una storia che avrebbe il sapore post-apocalittico della saga di Mad Max se non fosse che i protagonisti vanno in giro su un altro simbolo degli anni '80, le BMX, invece che su veicoli ipertruccati. E come nei migliori film d'avventura di quell'epoca i protagonisti sono iconici, tagliati con l'accetta, per non parlare poi dei villain o dei personaggi secondari; il giovane eroe del film non ha neppure un nome da tanto è l'erede di tutti quei ragazzini simpatici, scavezzacollo e sognatori dei bei tempi andati, mentre la sua compagna è il trionfo dei colori "femminili" e stilosi tanto amati nella mia infanzia, un tale tripudio di violetti, rosa e azzurrini da far invidia a Barbie. I due cercano di sopravvivere mentre esplorano terre desolate dove l'umanità è condannata a bere acqua putrida ricavata dai cadaveri e dove a spadroneggiare è il malvagio Zeus, sanguinario capoccia del luogo affiancato da un braccio destro ancora più efferato, al quale si oppone (inutilmente, bisogna dirlo) la banda di desperados guidata da un emulo di Indiana Jones campione di braccio di ferro, anche lui personaggio che è la summa di tutti gli eroi che non devono chiedere mai, dal già citato Indy a Jack Burton a Jack T. Colton a Mr. Crocodile Dundee, giusto per fare due nomi.


Come e quando questo semplicissimo canovaccio si arricchirà della presenza di un supereroe sta a voi scoprirlo, nello stesso modo gioioso di un bambino che scopre una sorpresa all'interno dell'ovetto Kinder. Turbo Kid infatti, nonostante le splatterate di cui è costellato, è un'opera gioiosa e innocente, permeata da un desiderio di semplicità che non deve essere preso per incapacità o sciatteria, proprio per nulla, e che è ben distante dall'approccio commerciale di chi strizza l'occhio alla moda del momento. Non mi è ancora capitato di vedere Summer of '84, secondo lungometraggio del terzetto di registi, quindi non saprei se i tre sono rimasti "puri" (forse no visto che nel frattempo hanno messo in cantiere Turbo Kid 2), ma mi è sembrato che questo Turbo Kid fosse il frutto di un sincero desiderio di avere un film non "ispirato a quelli dell'epoca" ma piuttosto "COME quelli dell'epoca", zeppo di momenti "tristi e divertenti ma NON di momenti tristemente divertenti", come direbbe Caparezza, una pellicola capace di stupire e meravigliare lo spettatore proprio grazie alla sua fondamentale innocenza. Ed è qui, ovviamente, che entra in gioco la capacità del pubblico odierno di tornare bambino e abbracciare questa semplicità senza spaccare troppo il capello con approfondimenti psicologici, trame contorte, effetti speciali patinati o attori estremamente capaci perché, che diavolo, negli anni '80 questo genere di film mica era la fiera dello state of the art ed è forse questo il motivo per cui molti di noi (io per prima!) non osano addentrarsi nei recuperi di ciò che hanno amato in passato. Alla fine della visione di Turbo Kid che, per inciso, mi è piaciuto tantissimo, quello che mi è rimasto profondamente impresso sono gli occhi azzurri e il sorriso stralunato della bella Apple, che hanno suscitato in me il desiderio di poter tornare ad affrontare la vita e il cinema con lo stesso meravigliato ottimismo che muove ogni azione della fanciulla; sarebbe un buon modo per tenersi stretta la magia dell'infanzia e dell'adolescenza pur diventando adulti, senza scadere in una banale sindrome da Peter Pan né andare ad ingrossare le fila di quelli "con l'infanzia rovinata" dall'ennesimo remake o reboot a loro non gradito. La stessa magia che, probabilmente, ha consentito ai realizzatori di Turbo Kid di regalare al mondo un film così maledettamente esaltante!


Di Michael Ironside, che interpreta Zeus, ho già parlato QUI.

François Simard è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, inoltre interpreta il padre di Turbo Kid. Canadese, anche produttore e tecnico degli effetti speciali, ha diretto Summer of '84 e il corto T is For Turbo e ha un film in uscita, Turbo Kid 2.
Anouk Whissell è la co-regista e co-sceneggiatrice della pellicola, inoltre interpreta la madre di Turbo Kid. Canadese, anche produttrice, animatrice e tecnico degli effetti speciali, ha diretto Summer of '84 e il corto T is For Turbo e ha un film in uscita, Turbo Kid 2.
Yoann-Karl Whissell è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, inoltre interpreta la guardia pelata. Canadese, anche produttore, ha diretto Summer of '84 e il corto T is For Turbo e ha un film in uscita, Turbo Kid 2.

Da sinistra a destra: Yoann-Karl, François e Anouk
L'edizione DVD della Koch Media contiene degli inserti speciali quali trailer e making of. Munro Chambers, che interpreta Turbo Kid, dovrebbe tornare nell'imminente sequel, attualmente in fase di pre-produzione. Il lungometraggio Turbo Kid deriva dal corto T is for Turbo, una delle opere candidate a entrare nell'antologia ABCs of Death, al quale è stato preferito la grottesca splatterata in claymotion T is for Toilet. Detto questo, se Turbo Kid vi fosse piaciuto recuperate la quadrilogia di Mad Max. ENJOY!


venerdì 25 maggio 2018

Ermanno Olmi Day: Cantando dietro i paraventi (2003)

Siccome il 7 maggio è venuto a mancare un regista e sceneggiatore assai famoso e amato come Ermanno Olmi, la combriccola di blogger capitanata stavolta da Kris di Solaris ha deciso di rendergli omaggio. Io, dall'alto di un'ignoranza Crassa e dal desiderio di NON riguardare mai più nella vita L'albero degli zoccoli, ho scelto di parlare di Cantando dietro i paraventi, scritto e diretto da Ermanno Olmi nel 2003.


Trama: un ragazzo occidentale entra per sbaglio in un bordello cinese che funge anche da teatro e lì assiste alla rappresentazione delle avventure di un'affascinante piratessa vedova.



Di Ermanno Olmi, è inutile nasconderlo, non so praticamente nulla. Traumatizzata dalla visione adolescenziale de L'albero degli zoccoli, ho scelto consapevolmente di evitare i film dell'Autore finché non è arrivato l'amico Toto che con un On Demand mi aveva chiesto di guardare Il segreto del bosco vecchio, uno dei film a cui è più affezionato. La pellicola in questione non mi era dispiaciuta, l'avevo trovata molto poetica benché fiaccata da attori non in formissima e una messa in scena quasi televisiva, tuttavia non mi aveva fatta urlare al miracolo; lo stesso vale per Cantando dietro i paraventi, pur avendolo preferito al film col compianto Paolo Villaggio. In questo caso, infatti, le scelte di scenografia e regia le ho trovate molto curate e raffinate, o forse basta che qualcuno mi regali atmosfere orientaleggianti e io sono felice. Scherzi a parte, il fascino di Cantando dietro i paraventi sta nel suo essere leggenda orale che si fa dapprima teatro e poi cinema. La storia della Vedova Ching (personaggio realmente esistito, pare), affascinante piratessa, nasce come racconto che viene tramandato sul palcoscenico legnoso e vetusto di un bordello cinese, dove un ragazzo occidentale arriva per sbaglio e dove, tra uno spettacolo erotico e l'altro, c'è spazio per un vecchio attore che legge dalle pagine di un libro, coreografie con la spada, processi comici e battaglie navali ricostruite attraverso trucchi artigianali; ai nostri occhi viene consentito di sbirciare nell'immaginazione di un ragazzo catturato dalla magia di quel luogo sconosciuto, e ciò che lui visualizza nella mente diventa il film vero e proprio, una storia dolce e malinconica dove l'avventura è subordinata alle leggi di uomini avidi e corrotti, dove la magia risiede nella luce pallida della luna piuttosto che nella magnificenza di un astro divino incarnato dall'imperatore. A onor del vero, di scorribande non ne vediamo molte, salvo quella iniziale. Piuttosto, Olmi preferisce mostrare il "teatro" della politica, dei burattinai che nei loro luoghi di potere costringono il popolo a subire le angherie dei pirati e questi ultimi a vivere come criminali in un gioco senza fine, oppure si concentra sulla malinconica esistenza della vedova Ching, costretta dalla sete di vendetta ad una vita da reietta e a bramare l'amore e la famiglia, mentre i suoi sottoposti cercano di trarre il meglio dalla loro misera esistenza, ovviamente con le loro sole forze perché "se Dio ascoltasse le preghiere dei cani farebbe piovere ossa".


Cantando dietro i paraventi è quindi una storia di testardaggine e perdono, con un cuore profondamente pacifista (si veda la splendida sequenza nel pre-finale, quella degli aquiloni), arricchita da una cornice esotica che la rende più particolare e, forse, maggiormente appetibile per il pubblico. D'altronde, l'inizio del millennio era un periodo in cui il fascino dell'Oriente si era prepotentemente imposto sulla scena cinematografica internazionale, quindi probabilmente era il momento migliore per proporre nelle sale italiane un film simile, quasi interamente popolato da attori asiatici e accompagnato da melodie tradizionali cinesi. A spingere il pubblico nelle sale ci avrà pensato quasi sicuramente anche Bud Spencer, impegnato in uno dei ruoli più particolari della sua carriera e, se non rammento male, anche uno dei pochi in cui recita non doppiato (qui sfoggia inoltre un inedito accento spagnolo, forse perché anche Jorge Louis Borges ha scritto un racconto basato sulla storia vera della piratessa Ching); il suo ruolo è quello del Vecchio Capitano di origini spagnole, un po' narratore per il pubblico e un po' "guida" della Vedova Ching grazie alla sua esperienza di vecchio lupo di mare, un ruolo da mentore che calza alla perfezione al sembiante barbuto di un gigante buono ormai anziano come l'adorabile Bud Spencer. La presenza del vecchio Bud è stata anche per me uno dei punti di forza di Cantando dietro i paraventi, un film che ne ha parecchi benché magari non sia una di quelle pellicole capaci di catturare immediatamente il pubblico. La narrazione lenta, l'abbondanza di momenti riflessivi, il continuo passare dall'ambientazione teatrale a quella "reale" (talvolta senza molta soluzione di continuità), la protagonista che non rispecchia il canone di piratessa badass a cui potrebbe essere abituato il pubblico odierno, tutti questi elementi rischiano di scoraggiare eventuali spettatori ma la realtà è che Cantando dietro i paraventi è un fulgido esempio di come il cinema italiano non sia fatto solo di commedie pecorecce o mattoni insostenibili, ma anche di fantasia, poesia e sperimentazione capaci di superare inevitabili limiti di budget.

Come scritto nel post, Ermanno Olmi ha già fatto capolino sul Bollalmanacco con Il segreto del bosco vecchio...


Mentre a queste coordinate potete leggere come i miei colleghi hanno deciso di celebrare il famoso regista!

SOLARIS: CENTOCHIODI 
IN CENTRAL PERK: IL POSTO 
NON C'E' PARAGONE: IL SEGRETO DEL BOSCO VECCHIO 
LA FABBRICA DEI SOGNI: TORNERANNO I PRATI

giovedì 24 maggio 2018

(Gio) WE, Bolla! del 24/5/2018

Oggi la rubrica arriva in ritardo per motivi "medici" (ancora? Sì, che due marroni, sì...) ma tanto chissene: a Savona sono arrivati giusto due film e indovinate uno qual è? RAAWR! Esatto!

Solo: A Star Wars Story
Reazione a caldo: Rrrrrawwwwr!
Bolla, rifletti!: Tradotto: io e il Bolluomo andiamo solo per vedere Chewbacca? Sì. Anche perché a me 'sto Solo giovane mi pare un mezzo minchietta.

Al cinema d'élite si uniscono la Francia e la musica...

La mélodie
Reazione a caldo: Meh.
Bolla, rifletti!: Storia di un violinista che insegna musica agli immigrati e trova un inaspettato pupillo. Lo lascio agli appassionati e al limite mi riguardo Whiplash, sicuramente più di mio gusto.

Il Bollodromo #51: Lupin III - Parte 5 - Episodio 8


Non lo avrei mai creduto ma, grazie anche a Lupin, questa rubrica dal nome scemo ha superato la boa dei cinquanta e ne sono molto orgoglioNa! Ma bando alle ciance e parliamo dell'ottavo episodio di Lupin III - Parte 8, ovvero 黒い手帳は誰の手に (Kuroi techou ha dare no te ni - Chi ha il Taccuino Nero?). ENJOY!

Il momento in cui ho urlato "Kyaaaah!! *__*" da brava fangirl
Mentre Jigen e Lupin inveiscono contro AlbeLt davanti alla tomba del falsario Gaston, alle loro spalle arriva un altro vecchietto che si rivela essere nientemeno che Camille Bardot (si può scegliere un nome più pirla?), un tempo famoso investigatore dotato di una memoria fotografica prodigiosa. Proprio questa peculiarità ha consentito al buon Camille, depositario del Carnet Noir originale, di farne creare una copia a Gaston ma la cosa si è ritorta contro a entrambi, in quanto il capo del DGSE (che, ricordiamo, è il servizio segreto francese) ha cominciato a perseguitarli, costringendoli a nascondere il libercolo in modo che non venisse mai trovato. AlbeLt, fingendosi Gaston, ha però spinto Lupin a recuperare l'oggetto con l'inganno e il risultato è che Jigen, Lupin e il vecchio Camille sono costretti a fuggire dai sicari del DGSE, che nel frattempo è ricorso a missili e ambigui mercenari mascherati di nome José. In tutto questo, Goemon non risponde al cellulare in quanto incapace ad usare il touchscreen e il povero Camille schiatta, fondamentalmente per colpa del samurai non accorso in aiuto dei tre.


"Tristi come chi deve", per citare il Sommo Bardo, e decisi a fare il c*lo ad AlbeLt, Jigen e Lupin rientrano a Parigi ingannando gli sbirri con dei travestimenti "elaboratissimi" (due cappellini, una barba finta e un filo d'erba in bocca) e lì parte un momento gaYo particolarmente epico, che avrebbe fatto la felicità della defunta pagina Rainbow Jacket. C'è qualcosa nel passato comune di Lupin e AlbeLt che fa infuriare il ladro gentiluomo al punto che, come notato da Jigen, il nostro è tornato a comportarsi da testa di cocco come quando era giovane; Lupin, lungi dal dare spiegazioni al migliore amico, lo molla nel solito rifugio/lupanare e va ad affrontare AlbeLt da solo, travestendosi prima da poliziotta concupiscente e poi da fidanzato ufficiale del bel funzionario. Nel mentre, un Jigen particolarmente scazzato all'idea che Lupin possa ritrovarsi SOLO con AlbeLt e le sue tendenze baulicce, dopo essersi rivoltato sul divano per un paio di minuti, decide di mandare un SMS a Goemon, costretto a ricorrere all'aiuto di tre pargoli franzosi per leggerlo. Gente, se non è gelosia questa io non so davvero cosa sia (no, scherzo, non oserei MAI insinuare nulla sul mio adorato pistolero, che si comporta come farebbe qualsiasi fratello maggiore davanti al primo appuntamento della sorellina)!

Travestimenti imbarazzanti e dove trovarli
Considerazioni arcobaleno a parte, in soldoni Lupin manomette sia la pistola che l'automobile di AlbeLt e gli da un "romantico" (citazione, giuro, non l'ho detto io!) appuntamento sul lungosenna parigino, pronto a sventolargli sotto il naso il Carnet Noir per poi fargli la solita supercazzola. In verità, stavolta a rimanere incaprettato è Lupin, perché non solo la pistola di AlbeLt funziona benissimo e gli apre un bel buco nello stomaco ma, soprattutto, il funzionario si era accorto anche dell'esplosivo nascosto sotto l'automobile e le uniche vittime dell'ultima risorsa di Lupin diventano quindi i pesci della Senna. AlbeLt se ne va tronfio col Carnet Noir tra le mani, lasciando Lupin in un laCo di sanCue e gli spettatori con un palmo di naso, ché di regola doveva ancora nascere qualcuno capace di fare fesso il ladro gentiluomo, #EInvece. Nell'attesa di vedere il prossimo episodio, all'interno del quale ci sarà l'agognato flashback che racconta cosa sia successo tra Lupin e AlbeLt in passato (oltre che il cazziatone sicuro di Jigen), dico solo che questo Lupin cupo, incazzoso e apparentemente "invecchiato" al punto da farsi fregare dal primo frescone di passaggio mi piace un sacco... e finalmente niente damsel in distress all'orizzonte!! Speriamo davvero si continui così, alla prossima settimana!


Ecco le altre puntate di Lupin III - Parte 5:

Episodio 1
Episodio 2
Episodio 3
Episodio 4
Episodio 5

mercoledì 23 maggio 2018

Dogman (2018)

Già mi aveva attirata dal trailer, in più si è aggiunta la Palma come miglior attore a Marcello Fonte, quindi lunedì sono andata sola soletta al cinema a vedere Dogman, diretto e co-sceneggiato dal regista Matteo Garrone.


Trama: Marcello, uomo piccolino e mite, gestisce un salone di bellezza per cani ed è benvoluto da tutto il vicinato. Per sbarcare il lunario, l'uomo talvolta spaccia eroina e il suo maggiore cliente è il violento ed instabile ex pugile Simone, delinquente che vive della paura che instilla agli altri, pronto a distruggere la vita di Marcello per un capriccio...



La storia del "delitto del Canaro" è una delle pagine di cronaca nera più truculente d'Italia. Basta leggerne i dettagli su Wikipedia per farsi un'idea di quanto sarebbe facile ricavarne un horror splatter (a questo ci sta pensando Sergio Stivaletti, pare) invece Garrone, che pur con Il racconto dei racconti aveva dimostrato di saper ben padroneggiare sangue e orrore, ha scelto di giocare di sottrazione e soffermarsi sul lato umano della vicenda, di mostrare cosa porta un uomo buono e mite a prendersi con la forza la propria rivalsa. E in effetti Marcello, con tutte le sue imperfezioni, è davvero una brava persona, lo capiamo fin da subito: ama gli animali al punto da rischiare di finire in carcere per loro, adora la figlia, salva le chiappe all'uomo che tutti, nel quartiere, vorrebbero vedere morto. E' vero, Marcello talvolta vive di espedienti, però lo fa soltanto per riuscire a regalare una vita migliore alla figlioletta, anche perché lui stesso cerca di condurre un'esistenza semplice fatta di partitelle di calcio con gli amici, immersioni subacquee e interazione con gli amati cani, tutto racchiuso nella cornice di periferia della Magliana. Anche il suo legame con Simone, ex-pugile violento e completamente fuori di testa, probabilmente nasce dal desiderio di proteggere il proprio piccolo universo felice, in quanto Marcello, propiziandosi l'amicizia di un uomo così temuto e pericoloso, dovrebbe di regola vivere da "privilegiato" e talvolta ricevere le briciole dei bottini di costui; la verità è che Simone è una bomba ambulante, che fa solo il suo interesse e non si fa scrupoli a metterla nello stoppino agli altri, e questo Marcello lo proverà sulla sua pelle quando Simone deciderà di coinvolgerlo in una rapina troppo audace... solo per usarlo come capro espiatorio. Il cortocircuito mentale è tanto rapido quanto doloroso: in un attimo Marcello perde tutto ciò che rende sopportabile la vita di periferia, perde il rispetto, l'amicizia, la dignità davanti agli occhi della figlia, il tutto per colpa di un uomo che è meno di una bestia, peggiore del più selvaggio dei cani, qualcuno che sarebbe meglio non esistesse neppure. Più che sul desiderio di vendetta, Garrone punta maggiormente sulla follia di un uomo disposto a tutto pur di ripristinare lo status quo e recuperare la stima di vicini e amici, sul terrore soffocante di rimanere veramente soli al mondo, sulla paura che ci porta a compiere ciò di cui non credevamo fossimo capaci, anche solo per difenderci. E' la paura, infatti, a condannare Marcello, che a causa di essa prende (si può dire quasi involontariamente?) un sentiero dal quale è impossibile tornare indietro.


Quella di Dogman è una moderna storia di "vinti", di persone relegate ai margini della società e di un ambiente sociale che comunque, per quanto "selvaggio", ha delle regole da rispettare se non si vuole venire buttati fuori a calci e questo vale per criminali e non. Garrone rappresenta questo ambiente filtrandolo attraverso i toni del grigio e del marrone, colori che rendono quello della Magliana un paesaggio quasi alieno, venefico, dove persino l'acqua sembra essere inquinata; gli sparuti negozi e le attività che costellano questo angolo di mondo contribuiscono ulteriormente ad aumentare la sensazione di squallore e povertà che colpisce lo spettatore fin dall'inizio del film e l'unico luogo che pare immune da questo effetto "malato" è il fondale marino che tanto affascina Marcello e la figlioletta, emblema di libertà e unione familiare, baciato dal sole e da un azzurro naturale, non da cartolina. E se gli ampi campi lunghi che abbracciano la periferia mettono angoscia, non da meno sono i primi piani. Che siano cani o persone, la cinepresa di Garrone ne indaga le emozioni o la totale assenza di esse, affidandosi completamente alla bravura dei due interpreti principali. Ora, in tutta onestà, guardando il trailer e (non me ne voglia) vedendo le interviste di Marcello Fonte ho avuto delle titubanze, ché l'idea di andare al cinema e non capire una mazza di quello che si dicono i personaggi, interpretati peraltro da attori quasi alle prime armi, mi arride sempre pochissimo... ma la verità è che è bastato vedere Fonte in scena i primi cinque minuti per rimanerne conquistata. L'attore non ha davvero bisogno di parlare per esprimere tutto ciò che il suo personaggio si porta dentro, basterebbero le scene in cui Marcello rimane in silenzio sulla barca con la figlia, quando è costretto a inghiottire il terrore davanti al poliziotto oppure quando si ritrova schiacciato dal peso delle proprie azioni nello splendido finale per confermarne la bravura, e il mostruoso Simone di Edoardo Pesce non è da meno; pura macchina di brutale terrore, Simone mette angoscia dall'inizio alla fine, consentendo allo spettatore di immedesimarsi ancora più nel povero Marcello e di provare pena non solo per il protagonista ma anche per chi è costretto a vivere nel terrore di un essere simile, povera madre compresa. Quindi sì, Dogman è bello come hanno detto tutti i più grandi critici e sono davvero felice che Marcello Fonte abbia portato a casa la Palma d'Oro. Non fatevi schiacciare dagli stessi pregiudizi che hanno rischiato di lasciarmi a casa, per carità, e correte a vedere Dogman al cinema prima che lo tolgano!


Del regista e co-sceneggiatore Matteo Garrone ho già parlato QUI.

Marcello Fonte interpreta Marcello. Calabrese, ha partecipato a film come Io sono tempesta e ad episodi della serie La mafia uccide solo d'estate. Ha 40 anni.


Edoardo Pesce interpreta Simone. Nato a Roma, ha partecipato a serie quali Un medico in famiglia, Romanzo criminale - La serie, I Cesaroni e Il cacciatore. Ha 39 anni.




martedì 22 maggio 2018

Deadpool 2 (2018)

Siete pronti a tornare tra le braccia amorevoli del mercenario chiacchierone? Io domenica sono corsa a vedere Deadpool 2, diretto da David Leitch, e sono arrivata a capire una cosa: AMO Ryan Reynolds! NO SPOILER, tranquilli!


Trama: a causa di una serie di sfortunati, inspoilerabili eventi, Deadpool si ritrova a dover combattere contro Cable, soldato proveniente dal futuro e deciso a impedire che esso si compia.



Eh sì, mi tocca davvero fare outing, manco fossi 'Pool davanti a Colosso: mi sono innamorata di Ryan Reynolds. Lo considero sempre mostruoso con o senza trucco, nonché un pessimo attore, ma ca**o come crede lui nel personaggio cinematografico di Deadpool, come sia RIUSCITO a diventarlo dentro e fuori dal set, arrivando persino a prendersi spietatamente per il c*lo, davvero, nessuno mai. Fondamentalmente, Deadpool 2 è la riproposizione pedissequa (Weasel: "Ehm. No, davvero, io non so cosa voglia dire pedissequa") del primo film, con supereroi sboccati che fanno le peggio cose accompagnati da umorismo di grana grossissima, metacinema come se non ci fosse un domani, citazioni come se piovessero, una colonna sonora che fa ridere tanto quanto la sceneggiatura, contentini per i nerd più accaniti. Che a me, ovviamente, va benissimo: ho riso come una demente dall'inizio alla fine e sebbene dovessi dire che da Leitch come regista mi sarei aspettata di più nei corpo a corpo (eh, temo che Atomica Bionda sia stato l'apice della sua carriera...) e per quel che riguarda il tasso di gore, le sequenze catastrofiche non sono comunque mancate e i comprimari di Deadpool stavolta sfiorano il sublime... ma capisco perché in sala a ridere eravamo giusto in tre/quattro e il Bolluomo spesso si girava a guardarmi con la faccia di chi cerca aiuto e trova solo biasimo. Non avendo riguardato il primo Deadpool non saprei dire se succedesse anche lì (ormai la mia memoria fa cilecca) ma Deadpool 2 presuppone una conoscenza enciclopedica non solo dell'universo Marvel (cinematografico e cartaceo) ma anche di film e serie TV come nemmeno Ready Player One e siccome al 90% sono tutte citazioni "vocali" prima ancora che visive, inserite tra una parolaccia e l'altra di cinque/sei personaggi logorroici da morire, lo sforzo di attenzione richiesto allo spettatore è altissimo e si rischia davvero di chiedersi perché la gente stia ridendo. Detto questo, Deadpool 2 sarebbe un film da rivedere almeno altre tre/quattro volte in lingua originale (il brano di Yentl ne è un esempio lampante, visto che la strofa incriminata "Do You Wanna Build a Snowman?" in italiano è "Sei già sveglia oppure dormi?", come sa chiunque ha stravisto Frozen) e con un bel telecomando in mano, così da mettere qualche fermo immagine di tanto in tanto e cogliere gli omaggi a Stan Lee e Alpha Flight, per esempio.


Ma parliamo un po' di storia, attori e "villani", partendo da questi ultimi. Josh Brolin rimarrà nella memoria dei Marvel fan come Thanos ma il suo Cable oscuro tanto da sembrare un eroe DC, per quanto molto divertente nel suo porsi come buddy di Deadpool sul finale, non ha il carisma della sua controparte cartacea e lo stesso vale per il Fenomeno, poco più di un divertissement perfetto per sfoderare il brano più esilarante della colonna sonora (potete ascoltarlo senza disturbi alla fine dei titoli di coda oppure QUI); il "vero" cattivo della pellicola è invece una sorpresa adattissima alle atmosfere irriverenti del film ma non riesco a capire se Reynolds e soci abbiano volutamente scelto di scrivere una sceneggiatura così "sentimentale" e retorica onde prendere in giro la maggior parte dei film di genere oppure fossero seri nell'intento di dotare il mercenario chiacchierone di un cuore e un'etica morale, per quanto contorta. Probabilmente avranno voluto mostrare il dito medio al successo di Logan - The Wolverine (sono una persona malvagia, rido ancora adesso per quel carillon!!) ma quasi sicuramente non lo sapremo mai, così come non sapremo mai perché un nome "importante" come quello di Essex sia stato sprecato così proprio in un film che contempla la presenza di Cable. Ma questi sono sproloqui da nerd e per farmi perdonare vi rimando al nutrito e spoileroso infoporn finale. Voto dieci invece a Zazie Beets, una Domino molto meno misteriosa di quella dei fumetti ma comunque simpatica e sexy, protagonista di alcune delle sequenze più spettacolari grazie proprio al suo potere della "fortuna", mentre stavolta la contrapposizione Colosso/Deadpool mi ha divertita meno del film precedente (anzi, diciamo che a un certo punto quel terrificante accento russo m'è venuto persino a noia) e anche Testata Mutante Negasonica non ha brillato di luce propria quanto avrei sperato, non dopo aver visto quello di cui è capace Brianna Hildebrand. Le spalle comiche per fortuna sono favolose come sempre: ai già collaudati Weasel, Dopinder e Blind Al si aggiungono i vari membri di X-Force, tra i quali ovviamente spicca l'adorabile Peter, anche perché gli altri... vabbé, lasciamo perdere e godetevi uno dei gruppi più amati della carta stampata, benché in una versione particolare. E godetevi (perpietàdiDeadpoolnonfateico**ioni!) le scene mid-credits perché stavolta valgono da sole, letteralmente, tutto il film. Anche se mi chiedo... come faranno ora a girare Deadpool 3? Oh beh, come direbbe Ryan Reynolds, "tanto basta scrivere due min**iate sulla sceneggiatura, chi sta a guardarla?". Io, neanche a dirlo, aspetto comunque trepidante il terzo capitolo, magari ballando su un tamarrissimo pezzo di musica dubstep!!


Del regista David Leitch ho già parlato QUI. Ryan Reynolds (Wade Wilson/Deadpool, anche sceneggiatore della pellicola e motion capture per il Fenomeno, oltre che voce originale), Josh Brolin (Nathan Summers/Cable), Morena Baccarin (Vanessa), Brianna Hildebrand (Testata Mutante Negasonica), Brad Pitt (Svanitore), Bill Skarsgård (Zeitgeist), Matt Damon (Redneck numero 2), T.J. Miller (Weasel), Terry Crews (Bedlam), Alan Tudyk (Redneck numero 2), Eddie Marsan (Direttore), Nicholas Hoult (Bestia, non accreditato), James McAvoy (Charles Xavier, non accreditato), Evan Peters (Quicksilver, non accreditato), Tye Sheridan (Ciclope, non accreditato) e Hugh Jackman (Wolverine, in filmati d'archivio modificati in post produzione) li trovate invece ai rispettivi link.

Karan Soni interpreta Dopinder. Americano, ha partecipato a film come Safety not Guaranteed, Piccoli brividi, Deadpool, Ghostbusters e Creep 2. Ha 29 anni e un film in uscita.


Come tutti i sequel che si rispettino anche Deadpool 2 ha avuto una storia travagliata. Tim Miller, regista del primo capitolo, si è chiamato fuori dal progetto per divergenze creative con Ryan Reynolds e si è portato dietro Gina Carano e Junkie XL, compositore della colonna sonora di Deadpool. Brad Pitt, che "compare" come Svanitore, aveva partecipato all'audizione per il ruolo di Cable ma aveva dovuto rinunciare per l'impossibilità di far combaciare i vari impegni; altri candidati per il ruolo erano Russell Crowe, "benedetto" nientemeno che da Rob Liefeld, e Michael Shannon, che si è tirato indietro per impegni pregressi. Zazie Beets, che interpreta Domino e che ha strappato la parte ad attrici come MacKenzie Davis e Sofia Boutella, dovrebbe tornare nell'annunciato X-Force assieme a Ryan Reynolds e Josh Brolin. Nell'attesa che esca, chissà quando, se Deadpool 2 vi fosse piaciuto recuperate Deadpool e magari X-Men - Origins: Wolverine, Wolverine - L'immortale e Logan - The Wolverine visto che sono ampiamente citati! ENJOY!


E ritorna, per la gioia di tutti i bambini...
L'angolo del Nerd (o del gnégnégné, fate voi) rigorosamente scritto a memoria e senza l'aiuto di Wikipedia
HIC SUNT SPOILER!:

Cable: uno dei personaggi creati negli anni '90 dal nemico giurato dell'anatomia, Rob Liefeld, introdotto inizialmente come "terrorista" traviatore della generazione giovane degli X-Men, i Nuovi mutanti, da lui trasformati nella formazione paramilitare X-Force nonché paladino del "sacchettismo" preso in giro anche nel film. Col tempo si è scoperto che il vecchiaccio veniva dal futuro e che era nientemeno che il figlio di Ciclope e di un clone di Jean Grey, spedito nel futuro per salvarlo dal cosiddetto "virus tecnorganico", ovvero quella rumenta che lo ha reso un mezzo cyborg. In realtà Cable, il cui vero nome è Nathan Christopher Summers, ha enormi poteri telepatici e telecinetici e virtualmente sarebbe il mutante più potente della terra, se non fosse per quel virus. La sua nascita è stata infatti pianificata da Sinistro, il cui cognome è Essex (vi dice nulla? Leggete QUI...) ma ci si è messo di mezzo Apocalisse a rovinargli i piani. Non sto a tediarvi con ulteriori ragguagli, vi dico solo che in tempi recenti (dieci anni fa?) Cable ha salvato, adottato e cresciuto tale Hope (nominata nel film), salvatrice di mutanti imbevuta del potere di Fenice nonché ultima speranza dell'umanità "casualmente" identica a Jean Grey. Due co**oni, via. E mi chiedete perché ho abbandonato i fumetti degli X-Men?

Russell Collins: Alto e biondo, insomma col casting di D2 non ci azzecca una cippa, Russell "Rusty" Collins ha fatto parte della prima formazione di X-Force prima di venire rapito da Stryfe (clone di Cable proveniente anch'egli dal futuro) che gli ha fatto il lavaggio del cervello rendendolo malvagio. I poteri sono quelli mostrati nel film, gli manca solo la compagna di sempre accanto, Sally "Skids" Blevins. Ah, ora credo che nei fumetti sia morto.

Domino: Albina con un occhio nero, Neena "Domino" Thurman faceva parte del Six Pack, la prima squadra di mercenari in cui ha militato Cable, poi è stata rapita dalla mutaforma Vanessa (all'epoca malvagia, come Deadpool) che si è sostituita a lei per un po' di tempo, anche nelle fila di X-Force. Tornata nei ranghi, s'è tirata un paio di storie con Cable e, più recentemente, con Wolverine (alla coppia è dedicato il bellissimo Wolverine: Sex and Violence) e persino con Colosso. Il potere che ha è quello della fortuna ma diciamo che nei fumetti non è così smaccato come nel film!

Shatterstar: Come viene detto nel film, Shatterstar è un alieno proveniente dal Mojoverso, pianeta "televisivo" governato dal berlusconiano Mojo, dove le persone vengono gettate nelle arene e uccise per il piacere del pubblico. Shatterstar ha fatto parte per anni della seconda squadra di X-Force, distinguendosi come uno dei membri più sanguinari, mentre recentemente aveva cominciato a militare in X-Factor, dove ha finalmente palesato di essere gay e di provare sentimenti per il compagno di squadra Rictor. Per anni si è favoleggiato che Shatterstar fosse il figlio dei mutanti Longshot e Dazzler ma se non rammento male alla fine si è scoperto che Longshot era nato in provetta da materiale genetico di Shatterstar, il che ne fa... il nonno di sé stesso? Gesù... Ah, come poteri abbiamo agilità sovrumana e la capacità di emettere scariche bioelettriche attraverso le spade.

Black Tom Cassidy: Fratello di Banshee (per chi segue solo i film, ne avete visto una versione giovane QUA), amico di vecchissima e lunghissima data del Fenomeno, Black Tom Cassidy è irlandese ed è sempre stato un nemico degli X-Men. Più che essere un gangsta figo è un signore di mezza età vestito come un peerla, zoppo e costantemente appoggiato a un shillelag. Per quel che riguarda i poteri se non mi sbaglio riusciva a emettere scariche di energia attraverso il legno e a manipolare le piante.

Svanitore, Bedlam, Zeitgeist e Yukio: personaggi che ricordo pochissimo o affatto. Bedlam e Zeitgeist hanno fatto parte di un paio di formazioni di X-Force quando non ne leggevo le storie e sono credo durati il tempo di un arco narrativo, massimo due, il tempo di cambiare gli scrittori; lo Svanitore è un nemico dei vari X-Gruppi ma non è un uomo invisibile, bensì si teletrasporta, di fatto scomparendo. Yukio è invece un mix tra l'assassina già comparsa in Wolverine - L'immortale e la giovane mutante di nome Surge, dalla quale riprende i poteri energetici.

Fenomeno: ne ho parlato QUI