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venerdì 8 dicembre 2023

Home Education - Le regole del male (2023)

Dopo mesi di trailer martellanti, mercoledì sono andata a vedere Home Education - Le regole del male, diretto e sceneggiato dal regista Andrea Niada


Trama: la giovane Rachel vive in una casa isolata con i genitori e la madre le fa da insegnante, ma tutto cambia quando una tragedia scuote la loro esistenza...


Il multisala di Savona è quel luogo "meraviglioso" dove non escono hit con nomi di richiamo come Dream Scenario, Silent Night Godzilla Minus One (solo per citare titoli recentissimi) ma spunta a sorpresa, seppur per pochissimi giorni, una produzione horror italiana come Home Education. La cosa sarebbe interessante, se non mi facesse incazzare a morte, ma è giusto scindere il disgusto per queste scelte discutibili dal giudizio verso l'opera fortunata che, in questo caso, è uno slow burn a tratti affascinante, non fosse per qualche difetto su cui tornerò più avanti. Con Home Education, il regista espande il concetto del suo corto omonimo (che non ho visto) e mette in scena la quotidianità di una famiglia atipica, quella di Rachel, ragazzina che vive assieme ai genitori in una casetta isolata in mezzo al bosco. Nonostante il padre lavori come macellaio in paese, l'isolamento di Rachel è duplice: intanto, la sua famiglia è l'unica anglofona all'interno di un paesino italiano, e come ulteriore carico a coppe Rachel non va a scuola, ma viene istruita dalla madre attraverso un mix di insegnamenti oggettivi e molte nozioni filtrate da giudizi soggettivi che sconfinano nella sociopatia. Rachel è diventata, di conseguenza, una ragazza pavida, succube della madre, ingenua ed ignorante riguardo a moltissime cose per la sua età, una situazione che viene ad aggravarsi quando il padre muore all'improvviso e la madre impone a Rachel la convinzione di poterlo far tornare in vita grazie alla loro forza di volontà combinata. Il piccolo spoiler sulla trama (mi sono permessa, siccome è intuibile già dal trailer) finisce qui e altro non aggiungo, se non che il punto di forza di Home Education è quello di sfruttare l'isolamento dei personaggi per rendere plausibile, ma non meno angosciante, una quotidianità fatta di riti ancestrali, superstizioni ed attese, con personaggi che vivono in una dimensione di realtà permeata da un mondo altro, oscuro, dall'esistenza incerta eppure terribilmente presente. 


Conseguenza diretta di ciò, è un'inevitabile lentezza che appesantisce il film per buona parte del suo breve minutaggio, con sequenze (per quanto evocative ed interessanti non solo a livello di regia, ma anche di sonoro) ripetute fino allo sfinimento che indeboliscono il potenziale sviluppo dei personaggi. E' vero che, piano piano, vengono introdotti elementi di "disturbo" che minano le convinzioni delle due protagoniste e ne mettono in crisi il rapporto ma c'è una ciclicità che viene spezzata giusto poco prima del finale, che contrasta con l'atmosfera quasi onirica del resto del film mettendo in scena una violenza talmente subitanea e stridente da strappare un sorriso stupefatto più che sconvolgere. E' una piccola cosa che, per quanto mi riguarda, non ha inficiato il giudizio generalmente positivo su Home Education, di cui ho apprezzato anche le attrici protagoniste. Lydia Page ha quegli occhioni e quel sembiante da bimba dimessa che è perfetto per il ruolo di Rachel e Julia Ormond invecchiata ed imbruttita può entrare tranquillamente nel novero delle madri horror più inquietanti della storia del cinema (basta solo mettere a tacere quel terrificante fastidio provato nel vedere il labiale muoversi parecchio fuori sincrono rispetto al ridoppiaggio, peraltro quando le protagoniste dovrebbero parlare italiano in paese, cosa che ovviamente non accade. La cosa peggiore, però, è che anche il "vaffanculo" urlato da Rachel come incantesimo anti-uomo perde di potenza), mentre quel povero figliolo di Rocco Fasano, col capello lungo, non è solo poco carismatico ma pure inguardabile. Meglio rimanere nei boschi a fischiare nelle ossa e cercare spiriti che avere trashissimi sogni puberali su costui. Aggiungo, infine, che "le regole del male" sono quelle che seguono i titolisti da decenni, perché non ci azzeccano nulla con la trama di un film inaspettatamente gradevole.

Andrea Niada è il regista e sceneggiatore del film, al suo primo lungometraggio. Anche montatore e produttore, è nato a Milano e ha 32 anni.




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