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lunedì 20 settembre 2010

Le ali della libertà (1994)

Dopo il trash de I mercenari prendiamoci una pausa e torniamo a parlare di Cinema, quello con la C maiuscola. Di un film che ho già visto almeno una decina di volte, e che non mi stancherei mai di rivedere, perché è semplicemente splendido. Parlo di Le ali della libertà (The Shawshank Redemption), diretto nel 1994 dal regista Frank Darabont e tratto dal racconto Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, scritto da Stephen King e contenuto nella raccolta Stagioni diverse, uno dei pochissimi libri del Re a non fare ancora parte della mia collezione.

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La trama: alla fine degli anni ’40 il banchiere Andy Dufresne viene condannato all’ergastolo per l’omicidio della moglie e dell’amante di lei. Trasferito nel carcere di Shawshank, si troverà a dovere sopravvivere ad abusi e soprusi, contando solo sulla sua forza d’animo e su un unico vero amico, l’ergastolano Red.

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Non è facile scrivere una recensione obiettiva su un film che amo così tanto. Quindi eviterò di esserlo, qual è il problema? Per quanto mi sforzi, in effetti, non riesco a trovare un solo difetto ne Le ali della libertà. Certo, si potrebbe dire che la trama è un po’ facilona, nonostante non manchino pesanti descrizioni sulla dura vita delle prigioni. Il personaggio di Andy nonostante tutto gode di parecchi piccoli privilegi che gli consentono di far filare lisci i suoi piani, e inoltre c’è una divisione talmente netta tra buoni e cattivi che ad un certo punto lo spettatore si chiede come mai tutti gli amici di Andy, Red in primis, siano in prigione visto che, umanamente, sono le persone più simpatiche e buone sulla faccia della terra. Però, ammettiamolo, chi se ne frega? Un film non è la realtà, così come un racconto a volte deve mostrarci una realtà un po’ romanzata, altrimenti apriremmo un quotidiano o ci guarderemmo un telegiornale. Quindi, ignoriamo tutti questi “difetti” e passiamo oltre.

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La storia di Le ali della libertà è semplice, universale e, per questo, bella. Andy viene condannato (ingiustamente o meno lo si scopre a metà film, ma fino ad allora non è troppo importante) per l’omicidio della moglie e dell’amante di lei. Dopo un processo sommario viene condannato all’ergastolo e chiuso nel carcere di Shawshank, dove si svolge tutta la vicenda. Il senso della film sta tutto nel titolo originale: redemption in inglese significa sia redenzione che liberazione. A dire il vero Andy non si redimerà durante il film, anzi. Paradossalmente imparerà non a diventare malvagio, ma a giocare sporco mantenendosi comunque in linea con i suoi principi. Però redimerà gli altri, ricercando insistentemente la libertà dalla prigione, un traguardo non banalmente fisico, ma mentale: attraverso il triste personaggio di Brooks (vecchietto ormai “istituzionalizzato”, come dice il saggio Red, che dopo aver passato a Shawshank gran parte della sua vita si ritrova impossibilitato ad affrontare il mondo esterno) capiamo come il carcere imprigioni innanzitutto l’animo delle persone, privandole della speranza e dell’umanità, due cose che il protagonista cercherà di ottenere disperatamente, per lui in primis ma anche per gli altri e attraverso di loro. A cominciare dal piccolo squarcio di luce rappresentato dal poster di Rita Hayworth, per poi continuare con la birra, la biblioteca, la filodiffusione de Le nozze di Figaro e infine il diploma del giovane Tommy, la ricerca della libertà da parte di Andy, vista attraverso l’occhio cinico e disilluso (ma via via sempre più meravigliato) di Red continua in un crescendo di gioie, disperazioni ed ingiustizie che si concretizzano alla perfezione in un meraviglioso ed emblematico finale.

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Al cuore della vicenda, a sostenere una solida sceneggiatura, ci sono ovviamente gli attori. Tim Robbins interpreta un meraviglioso Andy, conferendogli quell’aria snob di chi è in carcere ma sa di non appartenere affatto a quel mondo; non un eroe nel senso stretto del termine, e nemmeno un perfetto redentore, ma un ometto quasi banale in apparenza, dall’insospettabile forza d’animo. Gli fa da degnissimo contraltare Morgan Freeman, talmente adatto come attore da spingere Frank Darabont a cambiare drasticamente la storia di King: nel libro, infatti, Red è irlandese e non afroamericano. Quando, nel film, Andy gli chiede “Ma perché ti chiamano Red?”, intelligentemente il personaggio risponde “Forse perché sono irlandese” e quindi scoppia a ridere. La regia è assai curata, la macchina da presa si sofferma sui particolari apparentemente più insignificanti e ci regala un paio di scene assolutamente indimenticabili: la prima è la splendida panoramica del carcere, visto dall’alto mentre arriva il furgone che trasporta anche Andy, con tutti i convitti che si radunano, curiosi, vicino alla recinzione. La seconda scena, indubbiamente la più famosa, è quella dove Andy allarga le braccia, a petto nudo, sotto la pioggia, il viso illuminato dai lampi e rivolto verso il cielo, un’immagine splendida che riesce sempre a commuovermi, anche grazie ad una meravigliosa colonna sonora che impreziosisce tutto il film. Insomma, se non lo aveste ancora capito, vado matta per Le ali della libertà, ma come al solito la visione del film vale molto più di qualsiasi parola potrei spendere io, quindi guardatelo!

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Del regista Frank Darabont ho già parlato qui, mentre per un piccolo excursus su Morgan Freeman, che interpreta Red, potete andare qua. Il regista è alle prese con una nuova serie che debutterà in tutto il mondo il 31 ottobre e che non vedo l’ora di vedere, The Walking Dead, mentre l’attore sta per tornare sugli schermi con un action assieme al divino Bruce Willis e dovrebbe riprendere il ruolo di Lucius Fox nel prossimo Batman diretto da Christopher Nolan.

Tim Robbins interpreta Andy Dufresne. A mio avviso uno dei migliori attori americani viventi, lo ricordo per film come Quinto potere, Top Gun, Howard… e il destino del mondo, Cadillac Man, Allucinazione perversa, America oggi, il bellissimo Arlington Road – L’inganno, Austin Powers la spia che ci provava, Alta Fedeltà, il meraviglioso Mystic River (per il quale ha vinto un Oscar come miglior attore non protagonista), Anchor Man: The Legend of Ron Burgundy e Tenacious D in The Pick of Destiny. Ha recitato nelle serie tv Santa Barbara, Love Boat, Moonlighting, doppiato un episodio de I Simpson e inoltre è anche regista: suo è infatti Dead Man Walking – Condannato a morte, dove recita, tra gli altri, la ex compagna storica Susan Sarandon). Ha 52 anni e tre film in uscita.

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Bob Gunton interpreta il viscido direttore del carcere, Norton. Americano, tra i suoi film segnalo Nato il quattro luglio, JFK – un caso ancora aperto, Giochi di potere, Demolition Man, L’ultima eclissi, Ace Ventura: missione Africa, Nome in codice: Broken Arrow, Mezzanotte nel giardino del bene e del male e Patch Adams; l’attore è inoltre molto attivo per quanto riguarda le serie televisive, infatti compare in episodi di Miami Vice, Law & Order, Avvocati a Los Angeles, Star Trek: The Next Generation, Perry Mason, Ally McBeal, Oltre i limiti, Greg the Bunny, CSI, Giudice Amy, Monk, Nip/Tuck, Desperate Housewives, Numb3rs e 24. Ha 65 anni e un film in uscita.

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William Sadler interpreta il prigioniero Heywood. Per me questo attore ha una faccia conosciutissima, dato che avrò visto almeno 6 volte I racconti della cripta – Il cavaliere del male, dove interpreta uno degli sfortunati avventori del motel, ma è comparso anche in molti altri film, come Poliziotto a 4 zampe, Die Hard 2 – 58 minuti per morire, Freaked – Sgorbi, Bordello of Blood, Il miglio verde (dove compariva nei panni del papà delle due bimbe uccise), The Mist e serie tv come L’ispettore Tibbs, Pappa e ciccia, Racconti di mezzanotte, Oltre i limiti, Star Trek: Deep Space Nine, Roswell, JAG, Tru Calling, Law & Order, CSI, Numb3rs, Medium, Criminal Minds. Americano, ha 60 anni e la bellezza di dieci film in uscita.

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Clancy Brown interpreta il bastardissimo capitano Hadley. Caratterista americano dalla faccia abbastanza riconoscibile, lo potete trovare in film come Highlander, l’ultimo immortale, Cimitero vivente 2, Dead Man Walking – Condannato a morte, Starship Troopers – fanteria dello spazio, Flubber – un professore fra le nuvole e Nightmare (non l’ho mica riconosciuto lì: interpretava il padre di Quentin, ammazza quanto è invecchiato!!) o in telefilm come Hazzard, Racconti di mezzanotte, Oltre i limiti, ER, Lost e Law & Order. Ultimamente si è specializzato come doppiatore di serie animate, tanto che la sua voce si può sentire in serie come La Sirenetta, Gargoyles, L’incredibile Hulk, Estreme Ghostbusters, Hercules, i divini The Angry Beavers, Superman, Ricreazione, Buzz Lightyear comando spaziale, Le superchicche, Jackie Chan Adventures, Kim Possible, Biker Mice From Mars, Wolverine & The X-Men, American Dad!, I pinguini di Madagascar; in originale tra l’altro presta la voce al Mr. Krabs di Spongebob. Ha 51 anni, un film in uscita e tre serie animate che beneficeranno della sua voce.

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David Proval interpreta Snooze, uno dei carcerati. Proval fa parte dell’infinita schiera di caratteristi utilizzati quasi esclusivamente per ruoli da mafioso (e in questo è assolutamente magistrale nei panni dello schifoso Richie Aprile ne I Soprano) e delinquente; lo ricordo per film come Mean Streets, Scuola di mostri, Viceversa,due vite scambiate, Un poliziotto in blue jeans, Amore all’ultimo morso, Four Rooms, dove interpreta il geniale Sigfried, Relic – l’evoluzione del terrore, Attacco al potere. Per la tv lo troviamo in serie come Il tenente Kojak, Supercar, Miami Vice, Saranno famosi, Jarod il camaleonte, West Wing, Giudice Amy e Tutti amano Raymond. Americano, ha 68 anni e otto film in uscita.

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Segnalo inoltre la guest appearance, nei panni di una guardia semplice, l’attore Paul McCrane, ovvero l’odioso (ma adorabile!!) Dr. Romano di E.R.  E ora.... giusto per sdrammatizzare, beccatevi il trailer fatto con degli spezzoni di una puntata de I Griffin che omaggia palesemente il film. Scusate la blasfemia e... ENJOY!!




7 commenti:

  1. La scena di lui con le braccia al cielo rimarrà per sempre indimenticabile. Un capolavoro per me.

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  2. prima volta che vedo questo film (ma la mia 'gnuranza in termini cinematografici già ti è nota u.u) e devo ammettere che è proprio bello e sai perché?non una sola scena è prevedibile. Non c'è una sola volta in cui mi viene da pensare 'ma dai, ora è ovvio che accadrà questo e poi quello.. un classico'.siamo tanto abituati a vedere la solita roba fatta in tutte le salse, che quando vediamo qualcosa di diverso, quasi non ci si rende conto del perché di tanta meraviglia.L'ho apprezzato in un crescendo. Il finale merita davvero e sono sempre più convinto che Morgan Freeman sia un grande u.u

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  3. Uno dei film più belli che abbia mai visto.

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  4. È strano parlare di un film come questo dopo 4 anni dall'ultimo commento di un tuo lettore.
    Perché effettivamente anch'io lo considero un capolavoro e mi aspettavo chissà quanti commenti.
    Però ripensandoci uno che legge la tua recensione per la prima volta ed è d'accordo con te no può che rispondere con il silenzio assenso!
    Anch'io non ho molto da aggiungere ,dico solo che questo film è un evergreen
    Per me la scena migliore è quella dove il direttore del carcere scopre il buco sul muro dietro il poster.
    È come una metafora della vita .
    Piena di contraddizioni e ingiustizie o compromessi ma prima o poi ti mostra anche la sua parte migliore :la fuga ,la libertà di essere quello che vuoi e magari se non tutti anche di realizzare gran parte dei tuoi sogni.
    Certo se si vincesse al Superenalotto...sarebbe la ciliegina sulla torta .
    Ciao Babol
    Massimiliano

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    1. Davanti a quella scena io mi profondo sempre in un elegantissimo gesto dell'ombrello, è più forte di me. Anche questa, in fondo, è libertà! :D

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  5. Bhe ci sta eccome!
    Un ottima chiave di lettura anche questa!!!
    Ciao

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