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venerdì 30 maggio 2014

Cheap Thrills (2013)

Spinta dalla lettura di recensioni molto positive e dalla presenza dell'adorabile David Koechner, l'altra sera ho deciso di guardare Cheap Thrills, diretto nel 2013 dal regista E.L. Katz.


Trama: Craig, sposato e padre di famiglia, si ritrova improvvisamente senza lavoro e con un avviso di sfratto sulla porta. La stessa sera incontra il vecchio amico Vince e un'eccentrica coppia di ricchi annoiati che, con la promessa di soldi facili, coinvolge i due in un vortice sempre più perverso di prove e scommesse...


Cheap Thrills rientra di diritto in quel prospero, intrigante filone di commedie nerissime dove la risata va spesso e volentieri a braccetto con orrore, disagio ed angoscia, più o meno accennati; tra gli esempi più alti del genere o, meglio, tra quelli che più ho amato, mi vengono giusto in mente Piccoli omicidi tra amici, Cose molto cattive o Una cena quasi perfetta (Cheap Thrills assomiglia più alla vecchia pellicola di Danny Boyle che a quelle con Cameron Diaz tra l'altro). Tuttavia, sarà perché mala tempora currunt, sarà perché nel frattempo sono entrata negli Enta, ho riso davvero poco guardando il film di E.L. Katz e non perché mancasse il divertimento, anzi: Cheap Thrills nel corso della sua prima metà scodella una serie di situazioni grottesche da manuale, che non avrebbero affatto sfigurato in una di quelle tipiche commedie idiote americane... però, anche durante questi momenti esilaranti, si avverte palpabile IL DISAGIO. IL DISAGIO, scritto a caratteri cubitali, esplode prepotentemente nel finale che, per quanto prevedibile (come tutto il film del resto), riesce a lasciare lo spettatore con un soverchiante senso di vergogna ed impotenza. Diciamoci infatti la verità: per tutto il film il nostro ruolo coincide con quello di Violet e Colin, i due ricchi annoiati che scommettono su cosa sarebbero disposti a fare due poveracci disperati per avere dei soldi facili e, come loro, trepidiamo tra lo schifato e il divertito nell'attesa di scoprire quali saranno le reazioni di Craig e Vince davanti alle proposte sempre più estreme della coppia. IL DISAGIO però nasce dal fatto che noi non saremo MAI come Violet e Colin ma, molto più facilmente, rischieremmo di trovarci nei panni di Craig e Vince, disperati e con l'acqua alla gola, disposti a rinunciare a dignità, umanità e amicizia per riuscire a sopravvivere in una società che non ci uccide con guerre, carestie o epidemie, bensì con un semplice avviso di sfratto o licenziamento, con una sudata laurea che ci consente a malapena di diventare meccanici sottopagati, con aspirazioni e sogni di grandezza schiacciati dall'impietosa natura "pratica" del mondo che ci circonda mentre ci chiediamo diffidenti cosa pensino di noi i nostri amici e come fare per ottenere approvazione, riscatto o affermazione sociale. In una società come questa nascono i mostri peggiori e basta un solo attimo di debolezza per morire, non necessariamente in senso fisico, e diventare talmente orribili, così brutti "dentro" e fuori da terrorizzare persino i nostri figli. Capirete quindi che, nonostante le premesse, c'è davvero poco da ridere e qui sta l'intelligenza di un film che è molto più di quel che appare.

IL. DISAGIO.
Come in un'opera teatrale di alta caratura, pochi sono i protagonisti e ancora meno gli ambienti in cui si muovono, ma ovviamente entrambi gli elementi sono ottimi. Tra le quattro mura di un bar prima e di una villa poi si consuma il dramma che vede coinvolti degli attori in stato di grazia che non fanno mai dubitare, nemmeno per un attimo, della verosimiglianza delle persone portate su schermo. Pat Healy è il perfetto medioman, l'uomo della strada che non farebbe male a una mosca né rimarrebbe impresso durante un incontro: la contrapposizione con lo scapestrato strozzino interpretato da Ethan Embry è palese e diventa la chiave del gioco al massacro rappresentato nella pellicola dal momento in cui Healy si abbruttisce fisicamente e mentalmente, spillando sangue dall'anima e dal corpo, mentre Embry risulta sempre più sfigato e patetico, disperatamente invidioso della vita apparentemente perfetta dell'amico di un tempo e disposto a qualunque bassezza pur di mostrarsi "superiore" e degno agli occhi dei due ricconi. Dall'altra parte della barricata, invece, si trova la coppia incarnata da David Koechner e Sarah Paxton, lei bellissima, annoiata ed eterea e lui caciarone ed inquietante come pochi, semplicemente inarrivabili e perfetti, la moderna rappresentazione del "male". Per quel che li riguarda, il regista indugia sui dettagli, sui gesti, sulle espressioni appena accennate (soprattutto della Paxton) e sul sottile gioco di sguardi che, fin dall'inizio, lascia intuire che sotto l'atteggiamento indolente di lei e quello compagnone di lui c'è molto di più. Anzi, c'è molto meno di quello che ci aspetteremmo. Perché i due riccastri, a dirla tutta, si limitano a sventolare soldi e proporre scommesse, senza forzare la mano, senza essere violenti o subdoli, con una sincerità di intenti e, soprattutto nel caso dell'inarrivabile Koechner, con una simpatia che ha del disarmante. Non c'è nessuna "tela del ragno", nessun complotto, nessuna machiavellica macchinazione ed è questa la cosa terribile e bellissima di un film che vi consiglio spassionatamente di vedere... per poi magari riflettere su quello che si nasconde dentro di voi, tra una risata a denti stretti e l'altra.


Di Pat Healy (Craig), Ethan Embry (Vince), Sarah Paxton (Violet) e David Koechner (Colin) ho già parlato ai rispettivi link.

E. L. Katz è il regista della pellicola, al suo primo film. Presto uscirà The ABCs of Death 2, che includerà anche un episodio diretto da lui. Americano, anche sceneggiatore, produttore e attore, ha 33 anni.


Se Cheap Thrills vi fosse piaciuto, non perdetevi 13 Beloved (o 13: Game of Death, i titoli variano) e magari le altre commedie nere che ho citato qui e là durante il post. ENJOY!


giovedì 29 maggio 2014

(Gio) WE, Bolla! del 29/5/2014

Buon giovedì a tutti! Dopo la pausa irlandese torna il piccolo spaccato provinciale relativo alle uscite cinematografiche della settimana ed effettivamente qualcosa di carino è uscito stavolta, sebbene il film che mi interessava maggiormente, Dom Hemingway, è rimasto al palo. Avrei dovuto aspettarmelo ma ci ho patito lo stesso. ENJOY!

Edge of Tomorrow - Senza domani
Reazione a caldo: mah...
Bolla, rifletti!: Normalmente i film distopici/action con Tom Cruise li evito come la peste, mi sembrano un po' tutti uguali e questo non dovrebbe fare eccezione. Eppure, il trailer non mi è dispiaciuto e mi ha fatto quasi venire voglia di vedere Edge of Tomorrow. Quasi. Ma attendo nuove da altri blogger prima di lanciarmi nell'impresa!

Goool!
Reazione a caldo: il cartone bello che non ti aspetti...?
Bolla, rifletti!: Non gli avrei dato una lira, invece Barbara ha detto che è molto bello. Ed effettivamente il character design è accattivante come la storia, senza contare che, di tanto in tanto, bisognerebbe aprire la mente anche ad un tipo di animazione che non sia esclusivamente quella americana o nipponica (Goool! è argentino). Candidato per un futuro recupero!

Giraffada
Reazione a caldo: EH?!
Bolla, rifletti!: la tragedia ecologico/intimista in salsa italofrancotedescopalestinese? Non so se me la posso sentire, davvero. Anche se mi spiace per le giraffe.

Maleficent
Reazione a caldo: evviva!
Bolla, rifletti!: Nonostante la Jolie non mi stia troppo simpatica e non rientri neppure nei miei gusti come attrice, questo Maleficent lo aspettavo da tempo e lei sembrerebbe particolarmente perfetta per il ruolo. Spero solo che la pellicola sia un valido e sano intrattenimento gotico e non una favoletta per bimbeminkia dark, non potrei sopportarlo!!

Al cinema d'élite comincia la programmazione dedicata all'ultimo festival di Cannes e si apre col botto...

Le meraviglie
Reazione a caldo: mm....
Bolla, rifletti!: accolto con 12 minuti di applausi a Cannes, il film della regista italiana Alice Rohrwacher, vincitore del Grand Prix della giuria, focalizza la sua attenzione sull'estate di una famiglia composta da quattro bambine, tra ospiti in casa e concorsi a premi. I siti lo definiscono una fiaba malinconica e ironica e dal trailer non sembrerebbe male, quindi credo proprio che lo recupererò in futuro!

mercoledì 28 maggio 2014

X-Men - Giorni di un futuro passato (2014)

Ieri sera sono finalmente tornata a varcare la soglia di una sala cinematografica e ho recuperato l'attesissimo X-Men - Giorni di un futuro passato (X-Men: Days of Future Past), diretto da Bryan Singer. Avevo un po' di timor panico ma, fortunatamente, l'attesa è stata ricompensata!


Trama: nel futuro, i mutanti vengono cacciati e uccisi spietatamente da robot assassini chiamati Sentinelle. Per impedire lo sterminio della razza mutante, i sopravvissuti spediscono la coscienza di Wolverine all'interno del suo io passato, incaricandolo di cercare i giovani Xavier e Magneto e fermare Mystica, fermamente intenzionata ad uccidere il creatore delle Sentinelle, Bolivar Trask.


X-Men - Giorni di un futuro passato è la conferma filmata di come, se gestiti intelligentemente, anche i sequel o i reboot possono costituire un ottimo intrattenimento cinematografico. Quando Bryan Singer aveva abbandonato il timone delle X-saghe cinematografiche il risultato era stato quella schifezza di X-Men - Conflitto finale, una roba talmente obbrobriosa che non avrebbe neppure dovuto essere filmata; il reboot della saga, X-Men - L'inizio, era stato per contro una ventata d'aria fresca piuttosto convincente e sarebbe stato MOLTO comodo proseguire su quella strada, facendo finta che i tre film precedenti non fossero mai esistiti. Con l'ultima pellicola dedicata ai mutanti Marvel, invece, Bryan Singer e soci hanno deciso di prendere una via accidentata e tortuosa, cercando di tirare le fila di quattro film completamente diversi tra loro, sia per qualità che per interpreti, confrontarsi con escamotage difficili da gestire come quello dei viaggi spazio-temporali e ricominciare tutto da capo senza abbandonare i vecchi personaggi, amati quanto e più di quelli nuovi. Il risultato è un film sicuramente imperfetto, con tanti buchetti logici sparsi qui e là, che mostra delle crepe quando cerca di incastrarsi col resto delle pellicole girate (e soprattutto con la scena post credit di Wolverine-L'immortale!), tuttavia convincente, entusiasmante e gradevole, soprattutto se si considera che il punto di partenza era una pietra miliare dei comics dedicati agli X-Men. Alla fin della fiera, lo ammetto, lo status quo tra buoni e cattivi o la personalità dei vari protagonisti rimane pressoché invariata rispetto a X-Men - L'inizio e, gira che ti rigira, il plot è sempre lo stesso (i mutanti vengono minacciati dagli umani perché diversi, segue rappresaglia dei mutanti malvagi e tentativo di quelli buoni di metterci una pezza), tuttavia X-Men - Giorni di un futuro passato pone le basi per un ottimo avvenire e fa sicuramente venire voglia di scoprire cosa accadrà ai mutanti cinematografici nei prossimi film.


La trama, come ho detto, mescola elementi di X-Men - L'inizio ed elementi della prima trilogia dedicata agli X-Men. Il fulcro dell'intera vicenda, forse anche perché la Lawrence è diventata ormai una delle attrici più famose in circolazione, questa volta è la sempre affascinante ed ambigua Mystica, la cui anima oscilla per tutto il film tra dannazione e salvezza, luce ed oscurità. A differenza della sua controparte cartacea, nel film Mystica è ancora una "ragazzina" che cerca il modo migliore per proseguire sul suo cammino verso l'indipendenza da due figure autorevoli e carismatiche come il fratellastro Xavier e l'amante Magneto; il problema, ovviamente, è che nella sua ricerca il movente maggiore sono il dolore, il disagio e l'odio nei confronti degli umani mutantofobi (incarnati dalla figura folle e quasi Hitleriana di Bolivar Trask), che rischiano di spingerla a condannare non solo sé stessa, ma l'intera razza che vorrebbe salvare. Il punto più alto ed emozionante di X-Men - Giorni di un futuro passato è infatti, neanche a dirlo, la rappresentazione del distopico futuro governato dalle terribili sentinelle, dove il clima da pre-guerra fredda viene sostituito da una soverchiante sensazione di disperazione: davanti allo sparuto gruppo di mutanti sopravvissuti, vecchi "amici" di tempi più innocenti ormai consunti, stanchi e fondamentalmente rassegnati all'inevitabile fine, è inevitabile sentire una stretta al cuore che porta ad essere ancora più partecipi dell'intera, complicata vicenda.


A tal proposito, ammetto che il mio maggior timore era quello di vedere, in questi squarci di futuro, un'accozzaglia di carne mutante gettata in pasto ai fan senza un perché, come accadeva appunto in X-Men - Conflitto finale. Gli autori sono invece riusciti ad aggiungere (miracolo!!) pochi nuovi mutanti fatti bene, cadendo giusto in qualche pacchianata come l'aspetto ridicolo di Quicksilver o il look da Torcia Umana di Sunspot e regalandomi, bontà loro, una meravigliosa resa dei poteri di teletrasporto della bellissima Blink. Superlativo anche il lavoro compiuto sulle inquietanti sentinelle, così come il montaggio nel prefinale, dove ad ogni azione di Mystica nel passato segue l'ineluttabile conclusione delle vicende future, con un crescendo di tensione e momenti commoventi, ma sicuramente il mio momento preferito è stato lo "show" del giovane Quicksilver, un trionfo di gag al ralenti sulle note dell'appropriatissima Time in a Bottle di Jim Croce. A proposito di Quicksilver, non lasciatevi ingannare dall'orrendo look da bimbominkia di Evan Peters, praticamente perfetto in una versione giovanile del supereroe che, probabilmente, avrebbe apprezzato anche il geniale scrittore Peter David: il signorino si candida tranquillamente come miglior attore del film accanto ai bellissimi (da infarto!!!) Hugh Jackman e Michael Fassbender e ad un James McAvoy nei panni di un inedito e sboccato Xavier in piena crisi esistenziale (e d'astinenza). E se tutto questo ancora non vi basta per correre a vedere X-Men - Giorni di un futuro passato ... beh, sappiate che nell'ormai indispensabile scena post-credit risuona chiaro un solo, terribile nome: En Sabah Nur. 'nuff said!!! 

 

Del regista Bryan Singer ho già parlato qui. Hugh Jackman (Logan/Wolverine), James McAvoy (Charles Xavier), Michael Fassbender (Eric Lehnsherr), Jennifer Lawrence (Raven/Mystica), Halle Berry (Tempesta), Nicholas Hoult (Hank McCoy/Bestia), Anna Paquin (Rogue), Ellen Page (Kitty Pryde), Peter Dinklage (Dr. Bolivar Trask), Shawn Ashmore (Bobby/Uomo Ghiaccio), Ian McKellen (Magneto), Patrick Stewart (Professor X), Famke Janssen (Jean Grey) e James Marsden (Scott Summers/Ciclope) li trovate invece ai rispettivi link.

Omar Sy interpreta Bishop. Francese, ha partecipato a film come Quasi amici - Intouchables e Mood Indigo - La schiuma dei giorni. Anche sceneggiatore e produttore, ha 36 anni e tre film in uscita, tra cui l'annunciato Jurassic World.


Evan Peters (vero nome Evan Thomas Peters) interpreta Peter/Quicksilver. Giovane ma carismatico protagonista di tre serie di American Horror Story (confermato anche per la quarta, alé!), ha partecipato a film come Kick-Ass e ad altre serie come Monk, Dr. House, Ghost Whisperer e Criminal Minds. Ha 27 anni e due film in uscita.


Daniel Cudmore torna ad interpretare Colosso otto anni dopo X-Men - Conflitto finale; l'attore, assieme a Booboo Stewart (Warpath), ha partecipato nel frattempo anche alla saga Twilight. Josh Helman invece, che nel film interpreta il giovane William Stryker, era stato scritturato per il ruolo del giovane Cain Marko/Fenomeno, tagliato poi dalla sceneggiatura così come un altro paio di interessanti idee: quando ancora si pensava di affidare la regia a Matthew Vaughn, l'intenzione era infatti quella di dirigere un seguito diretto di  X-Men - L'inizio, ambientato negli anni '70, e di cominciarlo con l'assassinio di Kennedy per mano di Magneto (incastrato in questo caso da Mystica ed Emma Frost, intenzionate a prendere il potere e governare gli States). Come si può tranquillamente notare, inoltre, anche la presenza di Anna Paquin è stata drasticamente ridotta: avrebbe dovuto infatti esserci una sequenza in cui Rogue, intrappolata in una Scuola Xavier trasformata in prigione dalle sentinelle, veniva liberata da Xavier, Magneto e l'Uomo Ghiaccio, scena eliminata per questioni di metraggio. Chissà se la povera Paquin tornerà in uno degli X-Film previsti a partire dal 2016, ovvero X-Men: Apocalypse (che, a quanto pare, ha già una data, 26 maggio 2016!), X-Force e una terza pellicola interamente dedicata a Wolverine. Chi vivrà vedrà ma, nel frattempo, se X-Men - Giorni di un futuro passato vi fosse piaciuto oppure se volete guardarlo e capirci qualcosa recuperate X-Men, X-Men 2, X-Men - Conflitto finale, X-Men - L'inizio, X-Men Origins: Wolverine e Wolverine - L'immortale. ENJOY!


L'angolo del Nerd (o del gnégnégné, fate voi!!)

Giorni di un futuro passato: il titolo e la trama della pellicola si ispirano a due importantissime storie degli X-Men, sceneggiate da Chris Claremont e disegnate da John Byrne. In esse è un anziana Kate Pryde a trasferire la propria coscienza nel passato e ad avvisare gli X-Men del terribile futuro che li attenderebbe se Mystica (aiutata dalla Confraternita dei Mutanti) riuscisse ad assassinare il Senatore Kelly (già protagonista del primo X-Men e di conseguenza sostituito da Bolivar Trask). Tra i mutanti del futuro spiccano Wolverine, Colosso, Tempesta, un paraplegico Magneto, il figlio della Donna Invisibile e di Mr. Fantastic, Franklin Richards, e la figlia di Jean Grey e Ciclope, Rachel Grey Summers che, di fatto, è l'unica ad avere il potere di rimandare Kate nel passato. Una delle poche belinate del film, infatti, è il fatto che sia Kitty Pride (dotata del potere dell'intangibilità) a spedire le coscienze dei suoi compagni nel passato, con un metodo che ovviamente non viene specificato né spiegato. Male!

Quicksilver/Pietro Maximoff: nei fumetti è il figlio naturale di Magneto, ha una gemella, Scarlet/Wanda Maximoff e una sorellastra, Polaris/Lorna Dane. Al momento milita nei Vendicatori ma, in passato, ha fatto parte di varie X-Squadre e ciò ha creato scompensi nella scombinata, assurda gestione dei diritti cinematografici delle serie Marvel: lo stesso personaggio, infatti, compare sia in X-Men - Giorni di un futuro passato che, assieme alla sorella Scarlet, nell'imminente Avengers: Age of Ultron, dove verrà interpretato da Aaron Taylor-Johnson. L'accordo tra Fox e Marvel per l'utilizzo di Quicksilver in entrambe le saghe prevede, tra le altre cose, che in nessuna delle due pellicole il personaggio venga chiamato "mutante" e che non venga fatta menzione della sua parentela con Magneto. Mah.

Bolivar Trask: anche nel fumetto ha creato le Sentinelle ma i robottoni gli si sono rivoltati contro, rendendolo prima schiavo e poi costringendolo a sacrificarsi per salvare l'umanità. Decisamente più pericoloso il figlio mutante Larry, pervaso dallo stesso odio mutantofobo del padre e dotato di un potere precognitivo.

Blink, Bishop, Warpath e Sunspot: li ho raggruppati tutti assieme perché, in effetti, per il ruolo di semplici combattenti che hanno nel film, non necessitavano di grandi chiose o spiegoni, sono più o meno come vengono dipinti nella pellicola. Bishop (in Italia conosciuto come Alfiere) in particolare è stato uno dei mutanti del futuro a viaggiare e stabilirsi definitivamente nel passato per scovare il presunto "traditore" che avrebbe portato alla fine degli X-Men. Interessantissimo personaggio chiave negli anni '90, è tornato prepotentemente alla ribalta qualche anno fa durante la saga Messiah Complex, che lo ha visto impazzire e cercare di uccidere Hope, la prima mutante nata dopo l'evento che aveva praticamente condannato la specie all'estinzione. Perso nuovamente nel tempo, recentemente è tornato nel presente, un po' più savio e posato di prima.

lunedì 26 maggio 2014

Cannes 2014

Si è concluso sabato il Festival di Cannes, mentre io ero in Irlanda. Arrivo in ritardo come al solito, rammaricandomi di non aver potuto degnamente saltellare alla vista del mio amatissimo Quentin che si mangiava la Croisette assieme ad Uma sia per il ventennale di Pulp Fiction (con proiezione sulla spiaggia!!!) sia per la presentazione della versione restaurata di Per un pugno di dollari. Sarà per l'anno prossimo, mannaggia! Ma gli ambiti premi, che forse è ciò che interessa maggiormente ai veri cinefili, a chi sono andati? ENJOY!

LOVEEE!!
La Palma d'Oro va a Winter Sleep, mattonella turca dalla durata di più di tre ore dove il paesaggio dell'Anatolia si fa protagonista assieme ad una manciata di esseri umani in piena crisi esistenziale. Dirige il turco Nuri Bilge Ceylan, che sento nominare per la prima volta solo oggi, me ne vergogno e mi scuso. Il film dovrebbe uscire in Francia ad agosto, quindi presumo che un'uscita italiana sia poco più che un miraggio lontano. Peccato perché sembrerebbe molto interessante.

Uh l'aMMoro brizzolat... ehm sì, quello al centro ha vinto la Palma d'oro...
Miglior regista è risultato essere l'americano Bennett Miller (che aveva già diretto Capote e Moneyball) con il suo Foxcatcher, una pellicola che racconta la storia vera del campione olimpico di wrestling Mark Schulz e del fratello Dave, trascinati nella tragedia dal filantropo milionario John du Pont. Il film in questione sembra interessantissimo, soprattutto per la presenza di Steve Carell, impegnato in uno di quei ruoli drammatici che, solitamente, risultano perfetti addosso a consumati attori comici come lui. Nei panni dei due sfortunati fratelli troviamo invece Channing Tatum e Mark Ruffalo, altro motivo per vedere Foxcatcher che dovrebbe uscire negli USA a novembre (noi, come minimo, aspetteremo Natale).


Rimanendo su terreni più "conosciuti", il Potteriano Timothy Spall ha vinto il premio come miglior attore per il film Mr. Turner di Mike Leigh, nel quale interpreta nientemeno che il grandissimo pittore William Turner, per inciso uno dei miei preferiti. La tempesta interiore di un grande artista portata su schermo da un altrettanto grande attore, non vedo l'ora di gustarmi la pellicola rigorosamente in lingua originale! In Inghilterra Mr. Turner uscirà il giorno di Ognissanti, un ulteriore motivo per aspettare Halloween con trepidazione!


Come migliore attrice vince invece Julianne Moore, che negli ultimi anni ho rivalutato e privato del titolo di Patata Lessa ma la cui vittoria non mi sta convincendo ad andare a vedere  Maps to the Stars, ultimo film di un David Cronenberg sicuramente ormai sostituito da un doppio malvagio: avendo avuto tra le mani i vermi informi de Il demone sotto la pelle perché non si rende conto che Pattinson è assai meno espressivo di loro? Mah. Ah, comunque la Moore interpreta una sorta di attrice squilibrata perseguitata dallo spettro del successo della madre (sempre attrice), di cui dovrà riprendere il ruolo in un film. Ri-mah. Andare o non andare a vedere Maps to the Stars, stranamente proiettato anche a Savona?

David... perché???
Per concludere questa sconclusionata rassegna Cannesiana, menzione d'onore all'Italia che si porta a casa il Grand Prix della giuria grazie alla regista Alice Rohrwacher e al suo Le meraviglie. Se dico di non conoscere neppure questa autrice nostrana mi defollowate il blog? Nell'incertezza applaudo, poi scappo a nascondermi... ci si risente al prossimo Festival!!

domenica 25 maggio 2014

That's 70! - Velvet Goldmine (1998)

Da un'idea di Alessandra, la padrona del blog Director's Cult, torna oggi la potente unione dei soliti folli blogger per celebrare, come da titolo, gli anni '70. Non potevo ovviamente farmi sfuggire l'occasione per parlare di uno dei film che più ho amato durante l'adolescenza, ovvero Velvet Goldmine, diretto nel 1998 dal regista Todd Haynes.


Trama: la pellicola racconta l'ascesa e la caduta della rockstar Brian Slade, scomparso dalle scene all'apice del successo, dopo aver simulato la propria morte...


Prima di cominciare a parlare di Velvet Goldmine, diciamo le cose come stanno: io di musica non so una benemerita cippa. Non era certamente grazie alla passione per David Bowie (ispirazione per il personaggio Brian Slade) o Iggy Pop (ispirazione per il personaggio Curt Wild) che, all'età di 17 anni, mi ero fiondata al cinema d'élite assieme alle mie migliori amiche per vedere questa pellicola nostalgica che dipingeva un'Inghilterra fatta di lustrini, paillettes ed eccessi, figuriamoci. Era piuttosto l'idea di vedere in un unico film quel gran figo di Ewan McGregor, già ampiamente apprezzato grazie a Trainspotting, altro cult dell'epoca, e le allora new entries Jonathan Rhys Meyers e Christian Bale; come sovrappiù, nel corso del film comparivano anche i quotatissimi Placebo e lo swanstuck del già citato Ewan McGregor quindi immaginate come saremo uscite da quella sala, con gli ormoni i superfibrillazione e una voglia matta di riguardare Velvet Goldmine (perlomeno un paio di scene, via) e ascoltare la stupenda colonna sonora fino a non poterne più. Nel frattempo, sono passati 16 anni (Cristo, quanto sono vecchia!!!), la mia conoscenza della musica non è aumentata e riguardando Velvet Goldmine mi sono accorta che l'ormone davanti a certe scene non smette di dimenarsi, che ormai canto le canzoni a memoria facendo anche degli inquietanti ballettini nella stanza e anche che, diciamo le cose come stanno, questo film sarà stato un mio cult adolescenziale ma non è proprio un capolavoro. Grandissimi attori, grandissima musica, grandissimi costumi ma un canovaccino esile, pretestuoso e confuso, effettivamente vuoto come l'epoca gloriosa che voleva dipingere.


Le affascinanti star Brian Slade, Curt Wild e Jack Fairy, amanti dell'eccesso e portatori di una libertà di costumi sessuali impensabile per la rigida e monarchica Inghilterra coccolata dai più "normali" Beatles, sono tre uragani che sconvolgono la mente dello spettatore, tre creature benedette e maledette da un destino proveniente letteralmente da un altro mondo, infusi della luce delle stelle: come divinità capricciose influenzano la vita di chi si ritrova ad avere a che fare con loro, che siano amici e amanti o semplici fan, come per esempio il povero Arthur Stuart, il giornalista costretto, negli anni '80, a riesumare vecchi ricordi, amori ed umiliazioni. Arthur è la componente umana della pellicola, il personaggio a cui ci si può rapportare grazie alla disperazione e al senso di inferiorità che lo muovono almeno all'inizio, spingendolo a diventare "altro". Tra un videoclip e l'altro, infatti, assistiamo attraverso i ricordi e le ricerche del giornalista allo squallido passaggio da un'epoca superficiale ma in qualche modo ricca di cambiamenti e gioiosa ai tristissimi anni '80 votati allo Yuppismo e ormai conformati alla vile logica del denaro, anni nei quali non riesce a trovare posto quel verde scintillìo di ribellione e novità. Velvet Goldmine, costruito un po' come un finto documentario, un po' come una storia d'amore e un po' come un musical, procede nella sua apologia del glam facendosi ricordare più per l'impatto visivo ed uditivo che per la satira di costume o la blanda critica mossa a chi ha lasciato che il sogno morisse, persa in citazioni da diario scolastico e dialoghi vuoti messi in bocca a persone che, col senno di poi, risultano decisamente odiose. Sicuramente, parliamo di un film adattissimo ad un pubblico di adolescenti che tuttavia rischia ormai di risultare vetusto agli occhi delle nuove generazioni, specchio di un'epoca lontana che ai nostri tempi non va neppure più di moda ma che, a fine anni '90, aveva conosciuto una certa sorta di revival (si vedano anche Boogie Nights, Studio 54 e persino Austin Powers). Personalmente, nonostante tutto, è un film che consiglierei di vedere se non vi è mai capitato di farlo e, soprattutto, è degno di celebrare alla grande gli anni '70!!


Di seguito, troverete l'elenco dei blog che partecipano a questa simpatica e scopadelica iniziativa (sto scrivendo questo post con una decina di giorni di anticipo causa vacanza quindi non riuscirò a mettere i link esatti ai vari post, mi spiace!), dategli un'occhiata e... ENJOY!

Dantès: Boogie Nights
Alfonso Maiorino: Romanzo criminale
Beatrix Kiddo: American Hustle
Jean Jeacques: Garage Olimpo
Kris Kelvin: I primi della lista
James Ford: Buongiorno notte
Denny B.: The Dreamers
Lisa Costa: Les Amants Regulier
Elisa Pavan: Quasi famosi
Marco Goi: Blood Ties
Obsidian Mirror: The Doors
Director's cult: Larry Flint - Oltre lo scandalo
Poison: Toni Manero





mercoledì 21 maggio 2014

Il giardino delle parole (2013)

Oggi in tutte le sale italiane aderenti all'iniziativa la Nexo Digital proietterà Il giardino delle parole (言の葉の庭 - Kotonoha no niwa), diretto e sceneggiato nel 2013 dal regista Makoto Shinkai. In previsione del viaggio irlandese l'ho visto ovviamente prima ma ve ne parlerò ora!


Trama: Takao è uno studente quindicenne con due passioni, le scarpe e i giorni di pioggia, durante i quali ama saltare le lezioni per recarsi al parco di Shinjuku. Proprio lì incontra una strana donna, di cui a poco a poco comincerà ad innamorarsi...


Come si fa a parlare in una recensione di un'opera delicata e particolare come Il giardino delle parole? Innanzitutto, potrei cominciare con una piccola avvertenza, dicendo che il mediometraggio di Makoto Shinkai non è sicuramente un anime per tutti, ma solo per chi ha la pazienza e la voglia di passare 40 minuti sospesi tra silenzi, piccoli gesti quotidiani, immagini poetiche e comunissimi drammi umani. Detto infatti con parole grezze, ne Il giardino delle parole "non succede niente": non ci sono personaggi grandiosi o dalle caratteristiche peculiari, non ci sono avvenimenti particolarmente pregnanti, non c'è nemmeno un finale definitivo, proprio come accade nella vita di tutti i giorni. Ci sono "soltanto" due animi solitari e tormentati che si incontrano, entrambi fiaccati dalla malinconia e dal terrore della solitudine e del fallimento, due vite schiacciate dalla società, dalla cattiveria e dal menefreghismo che ricercano nella natura e nella reciproca compagnia il desiderio e la forza di risollevarsi o inseguire i propri sogni. Attraverso una sinfonia fatta di gesti, sguardi, parole non dette o solo accennate, con le immagini della città che si contrappongono a quelle del suo polmone verde e la voce dei meteorologi che dispensano felicità o tristezza a seconda che ci sia pioggia o sereno, l'anime giunge al suo punto clou con un'esplosione di dolorose emozioni tale da spezzare il cuore, proprio come ci stessero raccontando la storia di due persone che conosciamo da sempre ma che non abbiamo potuto aiutare nel momento di maggiore difficoltà. Altro non aggiungo sulla storia, perché molta della bellezza de Il giardino delle parole sta nella pazienza di attendere che la natura dei personaggi venga rivelata a tempo debito.


Per quanto riguarda invece la realizzazione, Il giardino delle parole, pur non essendo molto innovativo, è comunque curatissimo e delicato. Il character design dei personaggi è essenziale e semplice ma molto particolareggiato, soprattutto per quel che riguarda gli abiti e le calzature, queste ultime fulcro dell'intera storia e legame con la serena infanzia del protagonista. Perfette anche le ambientazioni, tanto che il parco di Shinjuku è facilmente riconoscibile quando viene contrapposto al paesaggio urbano che lo circonda; ovviamente, al suo interno ogni pretesa di realismo viene meno perché i colori brillanti immersi in una tenue bruma lo rendono un luogo permeato di magia, quasi fuori dalla realtà, ma anche questa rappresentazione ideale è totalmente funzionale alla storia. Ogni passaggio della pellicola, poi, è sottolineato da una colonna sonora nella quale prevalgono le melodie suonate al pianoforte, lievi e malinconiche come una giornata di pioggia, per poi arrivare sul finale e sui titoli di coda con la canzone Rain, che accompagna lo spettatore e lo predispone ad attendere le scene post-credit che vi consiglio di non perdere in quanto fondamentali per la completezza dell'anime. Ammetto l'ignoranza, prima di guardare Il giardino delle parole non conoscevo Makoto Shinkai ma il suo tratto semplice e pulito e l'aura poetica che permea ogni istante di questo piccolo gioiellino mi fa venire voglia di saperne di più e di recuperare le sue vecchie opere; voi, invece, godetevi questa meraviglia al cinema (soprattutto perché sarà preceduto da un corto dello stesso autore dal titolo Someone's Gaze) e non stupitevi se poi vi verrà voglia di passeggiare, ombrello alla mano, nei bellissimi parchi giapponesi!

Makoto Shinkai (vero nome Matoko Niitsu) è il regista e sceneggiatore della pellicola. Giapponese, ha diretto anche il corto La voce delle stelle, 5 centimetri al secondo e Il viaggio verso Agartha. Anche produttore e animatore, ha 41 anni.


Se Il giardino delle parole vi fosse piaciuto recuperate La collina dei papaveri. ENJOY!




domenica 18 maggio 2014

Il Bollalmanacco in vacanza 2 - La vendetta







Le brume di Paris non si sono ancora dissipate che già sto ripartendo. Destinazione: Irlanda.
Mentre io mi ammazzerò di Guinnes voi non dimenticate di seguire il Bollalmanacco anche perché stavolta sono riuscita a programmare un paio di post per la prossima settimana!

Buona vita ragazzi, ci si risente "in diretta" da lunedì 26 e, soprattutto... ENJOY!

giovedì 15 maggio 2014

(Gio) WE, Bolla! del 15/5/2014

Buon giovedì a tutti! Oggi è l'ultimo giorno della Festa del Cinema ma a Savona, come ben sapete, mai 'na gioia, altro che festa! Per fortuna Only Lovers Left Alive o, se preferite, Solo gli amanti sopravvivono, l'ho già visto e recensito QUI o mi sarei davvero inca**ata come un'ape. Detto questo, diamo uno sguardo a quello che è uscito in sala da queste parti e... ENJOY!


Godzilla
Reazione a caldo: Bah…
Bolla, rifletti!: Nonostante sia una nipponofila convinta a me Godzilla o Gojira non ha mai fatto impazzire, figuriamoci poi se si parla di remake ammeregani. Dopo il pur gradevole Pacific Rim lascio la visione a chi potrà apprezzare meglio di me il binomio mostroni e distruzione!

Grace di Monaco
Reazione a caldo: Not interested
Bolla, rifletti!: per quanto mi affascinino la Hollywood dell’epoca in generale e la figura di Grace Kelly in particolare, questa pellicola mi sa troppo di mera “esposizione dei fatti” senz’anima per aver voglia di guardarlo. L’accoglienza fredda che ha ricevuto ieri sera a Cannes conferma questi miei timori, effettivamente.

Ghost Movie 2- Questa volta è guerra
Reazione a caldo: Mabbasta!!
Bolla, rifletti!: Ma perché i Wayans non hanno smesso dopo Scary Movie? C’è davvero ANCORA bisogno di questi film parodici e, soprattutto, c’è ancora bisogno che ‘sta roba venga doppiata e distribuita sul mercato italiano con tutti i bei film che vengono lasciati a marcire nel limbo? Questo mi fa davvero paura!!!

Al cinema d’élite si buttano invece sul cinema argentino!

The German Doctor - Wakolda
Reazione a caldo: non lo conoscevo ma dalla trama sembra interessante!
Bolla, rifletti!: Diretto da una giovane regista argentina e tratto dal suo quinto romanzo, il film racconta la storia di una famiglia che si ritrova a dover ospitare, senza saperlo, nientemeno che il nazista Mengele. Ospitata nella sezione Un certain regard nell’ultima edizione del festival di Cannes, pare che la pellicola sia molto ben diretta e ben recitata, intrigante e solida quanto basta. Potrei recuperarla in futuro!!

mercoledì 14 maggio 2014

La stirpe del male (2014)

Approfittando della Festa del cinema ieri sera sono andata a vedere La stirpe del male (Devil's Due), horror diretto dai registi Matt Bettinelli - Olpin e Tyler Gillett.


Trama: l'ultimo giorno di luna di miele i coniugi McCall passano la notte in una sorta di discoteca abusiva e si risvegliano il mattino dopo con un tremendo hangover e nessun ricordo di come siano tornati in camera. Poco dopo, lei scopre di essere rimasta incinta e nella casetta dei novelli sposi cominciano ad accadere strane cose...


Quando Rosemary's Baby incontra Paranormal Activity viene fuori un film talmente banale che persino io, notoriamente suggestionabile davanti a dèmoni e affini, sono riuscita a tornare a casa senza nemmeno un brivido lungo la schiena. La stirpe del male è la summa dei cliché sulle gravidanze demoniache (fitte tremende alla pancia, ecografie che non mostrano nulla, voglia improvvisa di carne cruda anche se si è vegetariane, fenomenali poteri infernali in un minuscolo spazio vitale, momenti di vuoto mentale durante i quali il corpo della gestante è completamente in balia della progenie di Satana, ecc. ecc.) inseriti, purtroppo, all'interno di una cornice che rispetta le regole del mockumentary, il che vuol dire telecamere infilate in casa in maniera pretestuosa oppure riprese a mano fatte in qualsiasi momento dell'esistenza dei protagonisti, col marito minkia che non molla la videocamera nemmeno quando la moglie, palesemente, vorrebbe vederlo morto, impiccato coi suoi stessi intestini. A peggiorare ulteriormente la situazione di La stirpe del male si aggiunge anche la componente "paranoica", gestita lucidamente ed egregiamente da Roman Polanski ed Ira Levin negli anni '70 ma ridotta a pura incoerenza dalla sceneggiatrice Lindsay Devlin, che ci propina poliziotti idioti, ginecologi da operetta e, peggio ancora, famiglie o amici che, mentre la gestante esce di testa davanti a un marito sempre più preoccupato, tendono a defilarsi facendosi gli affari propri come se la cosa non li riguardasse. Last but not least, non manca alla pellicola nemmeno il solito corollario alla "Prima legge sulla demenza nei mockumentary" che vuole che ogni ripresa effettuata, possibilmente contenente prove schiaccianti sulla natura maligna degli eventi in corso, venga poi visionata solo quando ormai la situazione è oltre ogni possibile recupero: spiegatemi QUALE coppia sposata non mostrerebbe il filmino della propria vacanza ad amici e parenti dopo nemmeno una settimana, mentre il povero pirla protagonista de La stirpe del male lo lascia lì a frollare per mesi. Mah.


Rispetto alla media dei mockumentary e degli ultimi, desolanti capitoli di Paranormal Activity, c'è da dire almeno che i due protagonisti sanno recitare, soprattutto lei: vederla passare, a poco a poco, da allegra neo-sposina a sciupata gestante sempre più distaccata da tutto quello che la circonda è forse la cosa più interessante e inquietante del film. Il resto della pellicola ripropone situazioni e stilemi già visti, persino per quel che riguarda le riprese, tanto che quei pochi spaventi che i realizzatori sono riusciti a confezionare diventano prevedibili già a partire dall'angolazione dell'inquadratura o dal brusco passaggio all'infrarosso; un paio di elementi interessanti si possono ritrovare nelle soggettive di un paio di vittime (ma anche lì, se mi scagliano IN CIELO con la telecinesi non dovrebbe di regola, come prima cosa, cadermi la videocamera di mano?), nel delirio di distruzione finale e negli improvvisi scoppi di violenza della protagonista, francamente l'unica cosa in grado di scuotere lo spettatore durante la visione del film. Potrei anche aggiungere che, in un certo qual modo, è particolare e a tratti straniante l'alternarsi all'interno della pellicola di usanze cattoliche come la celebrazione della prima comunione (credo sia la prima volta che ne vedo rappresentata una in un film americano...) e ambientazioni esotiche ed inusuali per un horror come la Repubblica Dominicana ma, per il resto, c'è poco altro da dire, sicuramente la campagna di marketing virale faceva molta più paura ed era sicuramente più geniale di questo La stirpe del male. E per fortuna alla fine dei titoli di coda viene scritto che il film ha dato lavoro a 13.000 persone, così mi sono sentita un po' meno in colpa per aver buttato via i miei euro (a proposito di Euro, leggete anche la recensione de I 400 calci, è geniale!!).


P.S. ovvero, Quando il pubblico è meglio del film:
Durante la visione de La stirpe del male avevo alle spalle due genii (con due I, erano due) che, più o meno all'inizio, durante la scena dell'ingravidamento, sono riusciti a dire "Ah ma qui bisogna chiamare qualcuno, il film si vede male, a scatti, non si capisce nulla!!". Quale parte del significato di mockumentary non avete capito, signori?
All'uscita invece parte il commento dei rEgazzini (La stirpe del male è vietato ai minori di 14 anni, non chiedetemi perché, quindi questi ne avranno avuti al massimo 15) che volevano convincere altri amici a vedere 'sta fiera della banalità: "Oh cioé minkia andate a vedere cioé La stirpe lì del cioé male perché minkia oh, ci siamo caCati in mano dibbrutto". Ah, i bei tempi in cui il V.M. 14 significava davvero farsela sotto per la paura, molto più del V.M. 18!!

Matt Bettinelli - Olpin Tyler Gillett sono i registi della pellicola. Americani, avevano già diretto assieme uno degli episodi del film V/H/S, 10/31/98. Dovrebbero essere entrambi sopra i trent'anni e sono anche stati attori, sceneggiatori e produttori.

Bettinelli primo della fila, Gillett ultimo!
Allison Miller interpreta Samantha McCall. Nata a Roma da genitori americani, ha partecipato a serie come Cold Case, CSI: NY, Desperate Housewives e Terranova. Ha 29 anni.


Zach Gilford interpreta Zach McCall. Americano, ha partecipato a film come La setta delle tenebre, Super e a serie come Grey's Anatomy. Ha 32 anni e un film in uscita, Anarchia - La notte del giudizio, seguito de La notte del giudizio.


Se anche voi, come me, vi siete chiesti dove avevate già visto padre Thomas, sappiate che l'attore Sam Anderson è stato il Bernard della serie Lost. Detto questo, se La stirpe del male vi fosse piaciuto recuperate il pluricitato Rosemary's Baby e la serie Paranormal Activity. ENJOY!!

martedì 13 maggio 2014

Bolla's Top 5 - Sweet Child of Mine!

Ieri sera sarei dovuta andare a vedere La stirpe del male. Purtroppo, siccome il multisala di Savona, oltre a proporre film di meLma, al lunedì è anche chiuso, ho dovuto cambiare programma ed organizzarmi per stasera. Salta quindi la recensione che avrei pensato di scrivere e, giusto per non abbandonare il blog a sé stesso, ho deciso di stilare una delle mie solite Top 5: per rimanere in tema, stavolta la dedichiamo a quelle gestazioni che hanno avuto un finale, diciamo... peculiare. Altro che bimbetti rosei, paffutelli e graziosi, qui passa la voglia di diventare genitori!! Occhio agli SPOILER e... ENJOY!

5. Jacob (Nightmare 5 - Il mito, 1989)
Questa volta il simpatico Freddy non si limita a tormentare i sogni delle vittime, vorrebbe anche rinascere nel mondo reale incarnandosi nel figlio che la povera Alice porta in grembo. Il film è una mezza schifezza, ma in quanto a gravidanze assurde (la nascita di Freddy come conseguenza dello stupro di almeno 100 malati mentali ai danni di una suora, all'anima!!) sicuramente parliamo dell'esponente più alto dell'intera saga!
Che schifo, la vita!!!
4. Kayako (Ju-On: Rancore 2, 2003)
Dopo essere stata tormentata per tutto il film da fantasmi, bambini dagli occhi a panda e quant'altro, finalmente la povera protagonista incinta riesce ad arrivare in sala parto. Medici ed infermiere muoiono tutti per l'orrore e ci credo: la donna partorisce nientemeno che lo spettro di Kayako, l'inquietante spirito di vendetta presente in tutti i film della serie. Momenti di puro terrore anche per lo spettatore, ve lo garantisco.
Cu-cù!
3. I bambini di Midwich (Il villaggio dei dannati, 1957)
Gli abitanti di un paese cadono addormentati tutti assieme, all'improvviso. Nove mesi dopo, tutte le donne in età fertile danno alla luce pargoletti biondi, bellissimi, dotati di una mente condivisa e spaventosi poteri. E' l'inizio di una delle invasioni aliene più inquietanti di sempre!!
Inquietanti chi..? Noi?!
2. Il secondogenito della famiglia Davis (Baby Killer, 1974)
Povero, piccolo senzanome (e se ce l'aveva non lo ricordo, sorry). Nato zannuto, artigliato, mostruoso, assetato di sangue... come si fa a non volergli bene quando salta al collo del lattaio perché ha fame e nessuno lo vuole? Trash riscoperto in anni liceali e diventato subito cult, alla fine la storia di Baby Killer palesa anche un tenero cuore di genitore.
Il lattee!! Dammi il latte, brutto bastardo!!!
1. Adrian Woodhouse (Rosemary's Baby, 1968)
Il piccolo Adrian, anche se molti giurano di averlo visto nelle immagini della culla, non viene mai mostrato nel capolavoro di Polanski. Eppure, fa più paura di tanti suoi "fratellini" cinematografici, Demien compreso. Forse perché sembra non esserci scampo contro la sua sicura vittoria.
Non si vede ma c'è. Che è anche peggio!

domenica 11 maggio 2014

Lupin III: Il ritorno di Pycal (2002)

Continuiamo imperterriti con la rassegna dedicata ai film di Lupin III con l'OAV Lupin III: Il ritorno di Pycal (ルパン三世 生きていた魔術師 - Rupan Sansei - Ikiteita majutsushi), diretto nel 2002 dal regista Mamoru Hamatsu in occasione dei 35 anni del personaggio.


Trama: durante la ricerca di sette cristalli dalle misteriose proprietà Lupin e soci si imbattono in un vecchio e pericoloso nemico...


Il ritorno di Pycal, come dice il titolo, è un brevissimo OAV che rispolvera perlappuntamente quel Pycal già comparso in un episodio della prima serie di Lupin III. Ricordo benissimo la puntata in questione dato che l'avrò vista almeno una ventina di volte e, di conseguenza, rammento anche benissimo l'atmosfera di inquietudine, dubbio e strisciante orrore che permeava quello storico episodio: Lupin e soci, infatti, si trovavano a dover affrontare un uomo apparentemente invulnerabile, in grado di camminare nell'aria, scomparire e sputare fuoco che, ad un certo punto, crocefiggeva Fujiko sul ciglio di una cascata. La risoluzione finale, molto in stile ScoobyDoo, nulla toglieva al fatto che la tensione, per tutto l'episodio, si tagliasse letteralmente col coltello e, indubbiamente, il personaggio Pycal (o Whisky, come veniva chiamato in Italia) era dotato del carisma in grado di consacrarlo a villain storico. Un omaggio era sicuramente dovuto quindi, peccato che Il ritorno di Pycal sia una delle cose più brutte a cui sia mai stato associato il nome Lupin. I realizzatori, infatti, hanno cercato di riproporre l'aura di mistero e malvagità che impregnava quel mitico episodio imbastendo una ridicola e lacunosa storia imperniata sulla ricerca di sette cristalli in terra greca e su una melodia in grado di controllare la mente ed il corpo degli esseri viventi, un canovaccio esilissimo che viene dilatato aggiungendo un paio di inseguimenti e un'orrenda ambientazione che ricorda anche troppo il luogo dove andavano ad allenarsi i Cavalieri dello zodiaco.


Se i primi dieci minuti dell'OAV, ambientati durante una fiera di paese zeppa di giocolieri, animali esotici, fiaccole e quant'altro, risultano effettivamente efficaci per animazioni ed atmosfere, il resto dell'anime è un'incredibile fuffa quasi interamente realizzata con l'ausilio di una computer graphic a dir poco orrenda, che crea inguardabili sfondi nei quali i personaggi realizzati con l'animazione tradizionale sembrano appiccicati con la colla: l'odissea all'interno del rifugio di Pycal credo sia uno dei punti più bassi mai toccati dall'animazione nipponica moderna ma la cosa peggiore è il "duello" finale a base di schitarrate dove, in teoria, la musica dovrebbe farla da padrone mentre, in pratica, lo score creato per l'occasione renderebbe un capolavoro qualsiasi vomitevole composizione futurista. Imbarazzante anche il lavoro fatto sui personaggi, tra i quali si salva giusto una Fujiko sexy ed infida come ai bei tempi della prima serie, mentre il povero Zenigata compare giusto per una manciata di minuti prima di lasciare spazio al villain che da il titolo all'OAV. In pratica, Il ritorno di Pycal è una schifezza di rara fattura e non mi spiego come abbiano osato realizzare una rumenta simile per festeggiare i 35 anni di Lupin, né riesco ad immaginare la reazione dei fan davanti ad un tale scempio. Personalmente, mi auguro di non rivederlo mai più, neanche per sbaglio o di sfuggita!!


Mamoru Hamatsu è il regista della pellicola. Giapponese, ha diretto episodi delle serie Lamù B'T X Cavalieri alati. E' anche animatore e sceneggiatore.

Se Lupin III: Il ritorno di Pycal vi fosse piaciuto o se volete capirci qualcosa recuperate l'episodio della prima serie dal titolo La barriera invisibile (io ricordo questo ma so che è stato anche reintitolato Poteri magici), altrimenti passate ad altro con serenità. ENJOY!