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lunedì 29 febbraio 2016

Oscar 2016

Buon lunedì a tutti! Mi duole dirvi che oggi non è affatto un Lovely Day, soprattutto per gli amanti di un certo tipo di cinema. La Notte degli Oscar si è conclusa tra risultati ampiamente prevedibili (qualcuno ha detto FINALMENTE l'Oscar è andato a Di Caprio? Meritate una statuetta in testa, caSSo!) e qualche sorpresa perplimente. Ma partiamo senza indugio, soprattutto ringraziando Dio di aver passato la notte dormendo e non arrabbiandomi davanti allo schermo! ENJOY!


Cominciamo col premio che non ti aspetti? E cominciamoLO. Alla faccia di The Revenant, Room e Mad Max: Fury Road la statuetta per il Miglior Film l'ha portata a casa Il caso Spotlight. Sopracciglio alzatissimo per un film bello ma non memorabile, inattaccabile dal punto di vista della sceneggiatura (non a caso la pellicola porta a casa anche il premio per la Miglior Sceneggiatura Originale) ma per il resto nulla per cui gridare al miracolo. Diludendo, via. L'unica magra consolazione è la sonora pernacchia nei confronti del sopravvalutato The Revenant.


Nessuna sorpresa invece dal punto di vista di Regia e Miglior Attore Protagonista. Leonardo Di Caprio, dopo ANNI passati a far la figura del cretino nei meme dell'intero internetto, porta finalmente a casa l'ambita statuetta "per dovere", visto quanto sia i suoi ruoli in The Aviator che in The Wolf of Wall Street (per non dire i non nominati Django Unchained The Departed) fossero 100 spanne sopra l'ansimante Hugh Glass. Pazienza, era dovuto, ma mi spiace che ci abbia rimesso Bryan Cranston. Allo stesso modo, era scontata la vittoria di Alejandro Gonzales Iñarritu per la regia di The Revenant (speriamo che Immortan Joe arrivi a pigliarlo, povero Miller!!!!), che porta a casa anche l'Oscar per la Migliore Fotografia, per quel che ne capisco io l'unico veramente dovuto e meritato.

Miseria figlio mio, ce l'hai fatta!
Nonostante questa sequela di stronzate (e passatemi il francesismo) PERLOMENO Brie Larson ottiene il premio come Miglior Attrice Protagonista per la sua meravigliosa interpretazione in Room (di cui parlerò domani). Giubilo, alla faccia di Giennifer.

Brava, cì!! <3
Sul fronte Miglior Attore Non Protagonista arriva un altro colpo al cuore. Niente Oscar a Sylvester Stallone. E' davvero una brutta Notte questa per i grebani come me. Fortunatamente la statuetta va al mio secondo amichetto Mark Rylance, fenomenale ne Il ponte delle spie. Un po' di gioia ma, Academy mia, quanta mancanza di coraggio.

Ma non sei preoccupato che Sly ti picchi? "Servirebbe?"
A 'sti punti potrei anche smettere di scrivere, tanto l'Oscar per la Migliore Attrice Non Protagonista è andato ad Alicia Vikander (quanta banalità, che diamine!!) e non a Jennifer Jason Leigh. In compenso, l'amatissimo Ennio Morricone si è accaparrato quello per la Miglior Colonna Sonora Originale, zitti, sucare ed inchinarsi davanti al Maestro. Grazie per avergli dato quest'ennesima opportunità di dimostrare il Suo Genio, Quentin!

Vinciamo anche l'Oscar per il Vestito Urendo, eh.
Diamo un'occhiata anche agli altri premi, perlomeno a quelli di cui posso parlare con un minimo di cognizione di causa. Scontata ma apprezzatissima la vittoria di Inside Out come Miglior Film d'Animazione. I Migliori Effetti Speciali vanno giustamente al bellissimo Ex Machina mentre il bistrattato Mad Max: Fury Road  porta a casa solo una manciata di premi tecnici che compensano ben poco l'affronto al buon nome di George Miller (Miglior Montaggio, Migliori Costumi, Miglior Makeup, Miglior Sonoro, Miglior Montaggio Sonoro, Miglior Scenografia). Un premio è andato anche al carinissimo La grande scommessa, quello per la Miglior Sceneggiatura Non Originale, poca cosa ma meglio di nulla. La finiamo qui? E' meglio, ché questa Notte degli Oscar è stata davvero cheap. ENJOY!

Maestro! <3


domenica 28 febbraio 2016

Anomalisa (2015)

A parte Il bambino che scoprì il mondo, lasciato in disparte causa cattiva distribuzione e mancanza di tempo, ho coperto quasi tutti i candidati "animati" all'Oscar e oggi mi ritrovo a parlare di Anomalisa, diretto nel 2015 dai registi Charlie Kaufman e Duke Johnson.


Trama: Michael Stone è il famoso autore britannico di alcuni manuali di "autorealizzazione", costretto a recarsi a Cincinnati per una conferenza. Lì l'uomo, affetto da un problema percettivo, dovrà fare i conti col suo passato ma incontrerà anche un'"anomalia" incarnata da una giovane e timida ragazza..


Il bello di avere un blog di cinema è che una volta finito di vedere un determinato film vado a documentarmi sulle cose che mi hanno colpita o che magari non ho capito. Per esempio, stavolta ho scoperto l'esistenza della cosiddetta Sindrome di Fregoli, che porta chi ne è affetto a convincersi di essere perseguitato da un singolo individuo che si sostituisce alle persone conosciute, diventando una sorta di stalker "sovrannaturale". Ammetto di essermi fermata qui nell'approfondimento, sono un'ipocondriaca senza speranza e sto già cominciando a guardare storto mia madre, che mi pare un po' cambiata dall'ultima volta che l'ho vista. Mah. Dicevo comunque che al protagonista di Anomalisa capita più o meno la stessa cosa e, non a caso, quel geniaccio di Charlie Kaufman lo fa alloggiare all'Hotel Fregoli; Michael Stone è condannato a sentire sempre la stessa voce maschile uscire dalle labbra dei suoi interlocutori, che siano uomini, donne, vecchi, bambini e persino personaggi di finzione all'interno di un film. Un delirio. Il motivo di questa sua sindrome non viene spiegato nel film e ciò mi ha fatta pentire di non avere una minima infarinatura di psicologia. Per come l'ho capita io, Stone è un uomo annoiato e ormai stanco di essere trattato da celebrità (piccolo pensiero off topic: solo in America un autore di manuali di autorealizzazione può essere considerato tale!), oppresso dall'irrefrenabile desiderio delle persone di averlo tutto per sé ma anche, probabilmente, stufo di avere davanti sempre gli stessi individui "pretenziosi", come una moglie e un figlio trattati quasi come degli estranei. Nel bel mezzo di questo mal di vivere arriva, inaspettata, un'anomalia, la timida e semplice Lisa. ANOMALisa. L'unica ad avere una propria voce, con la quale inevitabilmente fa innamorare Michael, ormai convinto di aver trovato un tesoro di donna, un essere umano indipendente che, pur ammirandolo come autore, non desidera come tutti gli altri di rientrare nelle sue grazie oppure avere un pezzo di lui. Per approcciarvi al film di Kaufman non vi serve sapere altro, se non che Anomalisa è un'anomala (!!) storia d'amore, amarissima e fermamente ancorata alla pietosa condizione dell'uomo moderno come tutte quelle che lo sceneggiatore ha portato sullo schermo. E, ovviamente, che si tratta di un cartone animato per adulti.


Abituata come sono alla claymation o alla stop-motion burtoniana artigianale, lì per lì non ho capito quale tecnica avessero adottato i realizzatori di Anomalisa, poi ho scoperto di avere davanti un'altra versione di stop-motion, che impiega dei pupazzi creati con una stampa in 3D. La cosa acquista ancora più senso, in effetti, perché il mondo dove vive Michael (anzi, ad essere precisi il mondo PER COME LO VEDE Michael) è popolato di persone che paiono fatte con lo stampino, dei robot programmati per reagire a determinati stimoli, degli esseri "finti" che sembrano quasi dover seguire un copione in cui Michael è l'unico protagonista. A proposito di protagonisti, le voci utilizzate per doppiare i personaggi sono ovviamente solo tre, le stesse che comparivano già nel cosiddetto "dramma sonoro" (realizzato per il Theater of New Ear creato da Carter Burwell) scritto da Francis Fregoli, un alter ego dello stesso Kaufman; davanti ad una platea gremita David Thewlis e Jennifer Jason Leigh facevano sesso senza guardarsi né toccarsi, col solo ausilio di mugolii e parole, mentre Tom Noonan interpretava una dozzina di personaggi, quindi immaginate quanto dev'essere stato straniante ed assurdo questo spettacolo per il pubblico. A noi è andata meglio ma, nonostante una scena d'amore tra le più particolari mai viste al cinema e la possibilità di vedere la diversità sui volti dei vari personaggi doppiati da Noonan, resta il fatto che la visione di Anomalisa sia una delle più intriganti e originali che abbia mai sperimentato. Volete proprio che gli trovi un difetto? Mi sarebbe piaciuto che Lisa avesse cantato Time After Time piuttosto che Girls Just Wanna Have Fun per assecondare le sempre più strane richieste di Michael ma, ripensandoci, quella canzone di Cindy Lauper contribuisce ad intensificare ancor più quel senso di grottesco straniamento che si avverte guardando Anomalisa. Se avete la fortuna di trovarlo in qualche cinema illuminato fiondatevi subito a vedere l'ultima follia di Kaufman!


Del co-regista e sceneggiatore Charlie Kaufman ho già parlato QUI. David Thewlis (voce originale di Michael Stone) e Jennifer Jason Leigh (voce originale di Lisa) li trovate invece ai rispettivi link.

Duke Johnson è il co-regista della pellicola. Americano, al suo primo lungometraggio (ha diretto, tra le altre cose, il corto Marrying God e la serie Mary Shelley's Frankenhole),è anche produttore, sceneggiatore e animatore e ha 37 anni.


Tom Noonan presta la voce a tutti gli altri personaggi. Americano, ha partecipato a film come I cancelli del cielo, FX- Effetto mortale, Manhunter - Frammenti di un omicidio, Scuola di mostri, RoboCop 2, Last Action Hero, Heat - La sfida, The Astronaut's Wife, Compagnie pericolose, Arac Attack e a serie come X-Files, CSI e 12 Monkeys. Anche sceneggiatore, regista, compositore e produttore, ha 65 anni.

venerdì 26 febbraio 2016

The Danish Girl (2015)

Gli Oscar si avvicinano prepotenti ma la distribuzione italiana fa cilecca e molti dei candidati arriveranno DOPO il 28. Questo fortunatamente non vale per The Danish Girl, diretto nel 2015 dal regista Tom Hooper e candidato a 4 premi Oscar (Eddie Redmayne Miglior Attore Protagonista, Alicia Vikander Miglior Attrice Non Protagonista, Migliori Costumi e Miglior Scenografia).


Trama: Einar Wegener è un pittore, sposato con l'artista Gerda. Quando quest'ultima lo convince a posare per un quadro in abiti femminili, Einar a poco a poco comincia a sentirsi estraneo al suo stesso corpo e a desiderare di essere donna, fino alle estreme conseguenze...


Mentre mi accingo a scrivere qualche riga su The Danish Girl, mi ritrovo a pensare quanto il film di Tom Hooper mi sarebbe piaciuto ben di più se nel frattempo non avessi visto Room, di cui parlerò prossimamente. Purtroppo per The Danish Girl, la pellicola di Lenny Abrahamson mi ha toccata e commossa più di quanto credessi possibile, forse anche per il fatto di averla vista in lingua originale, e al confronto la storia del "primo transgender" della storia mi è parsa un compitino bello, ben eseguito ma comunque un po' superficiale. La sensazione si è acuita dopo essermi documentata brevemente sulla vita di Einar e Gerta Wegener, cosa che mi ha fatto storcere il naso davanti alla scelta di rifarsi al romanzo omonimo di David Ebershoff piuttosto che alla raccolta dei documenti scritti dalla vera Lili Elbe, decisione che ha trasformato The Danish Girl nell'edulcorato racconto di una moglie devota alle prese con un marito deciso a diventare donna, con dovizia di scene costruite a tavolino per commuovere l'audience e perlomeno UNA scena capace di far venire in mente tutt'altro allo spettatore più o meno cinefilo (I'd Fuck Me. I'd Fuck Me HARD). In sostanza, la Danish Girl del titolo potrebbe essere Gerda Wegener e non Lili, in quanto la vera protagonista del film è la povera artista interpretata da Alicia Vikander, costretta, dopo aver dato dimostrazione della sua forza di donna indipendente e molto avanti per i suoi tempi, ad assecondare i (per carità!) comprensibili desideri di un marito che capisce di essere nato donna nel corpo di un uomo, standogli vicino fino alla morte e rinunciando alla propria felicità, alla sua indipendenza e alla possibilità di rifarsi una vita accanto ad altri compagni. Dal canto suo, Einar Wegener passa dall'apprezzare le nudità di una moglie disnibita al provare sempre più piacere nel sentirsi e vedersi femmina, subendo nel tempo una terrificante metamorfosi da marito timido e sottomesso a donna egoista, testarda e, ancor peggio, banalmente conforme ai dettami dell'epoca (il fatto che smetta di dipingere e trovi enorme gioia nel divenire commessa di supermercato, con annessi pettegolezzi e risolini assieme alle colleghe, mi ha spezzato il cuore), unendo così il peggio dei due sessi in un solo, tormentato ed incompleto essere.


Se dicessi quindi che non mi sarei aspettata un protagonista migliore, sarei una bugiarda e fortuna che The Danish Girl gode di un'ottima co-protagonista altrimenti la recensione sarebbe stata totalmente negativa, cosa ingiusta per un film comunque realizzato molto bene. Eddie Redmayne me lo hanno spacciato tutti come degno vincitore dell'Oscar di quest'anno ma mi chiedo davvero come si possa decretare la superiorità di un attore che per tutto il film si limita a sorridere leziosetto manco avesse una paresi oppure ad accasciarsi a terra, giancu cumme in papé (n.d.t., bianco come un foglio); ribadisco, non avendo visto il film in lingua originale magari non ho potuto apprezzare appieno la sua interpretazione ma whatever. Molto meglio, anche in italiano, Alicia Vikander, alla quale a rigor di logica sarebbe spettata una candidatura come Miglior Attrice Protagonista, se non fosse che i produttori hanno scelto di pomparla come NON protagonista per darle una maggior possibilità di vittoria e, vi dirò, ci hanno visto lungo, anche perché la fidanzata di Fassbender non regge il confronto con Brie Larson ma potrebbe tranquillamente sbaragliare la concorrenza (a scanso di equivoci, il mio voto andrebbe alla meravigliosa Jennifer Jason Leigh ma se la Academy la pensa come me mi mangio un cane) per la categoria in cui è stata relegata. Il resto del cast a onor del vero lascia un po' a desiderare e si salva soltanto la splendida Amber Heard che, in una manciata di minuti, riesce ad imporsi decisamente più dei due mollissimi Matthias Schoenaerts (mio Dio ma quanto è MMostro????) e Ben Whishaw, mentre tocca levarsi il cappello davanti agli splendidi costumi e alle scenografie, talmente belli da provocare un insano desiderio di poter vivere negli anni '20, in una Parigi purtroppo un po' poco bohemienne per i miei gusti. Insomma, non posso nascondere un po' di delusione, soprattutto considerato che da Hooper e dagli attori coinvolti mi aspettavo come minimo un capolavoro, ma non posso nemmeno dire che The Danish Girl sia un film brutto, anzi. Forse, nonostante lo spinoso tema trattato, è un po' poco coraggioso, quello sì.


Del regista Tom Hooper ho già parlato QUI. Alicia Vikander (Gerda Wegener), Eddie Redmayne (Einar Wegener/Lili Elbe), Amber Heard (Ulla), Ben Whishaw (Henrik) e Matthias Schoenaerts (Hans Axgil) li trovate invece ai rispettivi link.


Gerda Wegener nella realtà non era la moglie sofferente e fedele dipinta nel film e nel romanzo di David Ebershoff da cui è stato tratto, la donna portava avanti una relazione "libera" col marito ed era quasi sicuramente bisessuale e molto probabilmente lesbica, come si evince dalle sue famose illustrazioni lesbo-erotiche, peraltro mai mostrate nella pellicola; inoltre, i personaggi di Henrik e Hans (con il quale, almeno nel romanzo, Gerda finisce per avere una relazione) non sono mai esistiti e Gerda e Lili (che, con tutta probabilità, era già nata intersessuale) non hanno affrontato assieme le operazioni di quest'ultima perché Gerda nel frattempo si era risposata con un italiano ed era andata a vivere prima in Italia poi in Marocco, dove ha saputo della morte di Lili dopo dieci anni. The Danish Girl ci ha messo più o meno lo stesso tempo per venire prodotto e realizzato e a un certo punto di questo lungo cammino Nicole Kidman si è offerta di produrre il film e vestire i panni di Lili, pur avendo molti problemi a trovare un'attrice che interpretasse Gerda: Charlize Theron era stata la prima scelta ma poi ha rinunciato, lo stesso è successo a Gwyneth Paltrow e Rachel Weisz, la quale ha lasciato la parte alla Vikander appena il progetto è passato nelle mani di Tom Hooper. Detto questo, se The Danish Girl vi fosse piaciuto potreste cercare Man into Woman, la vera biografia di Lili Elbe messa assieme da Niels Hoyer a partire dagli stessi scritti della donna, e aggiungere film come The Dallas Buyers Club e Boys Don't Cry. ENJOY!


giovedì 25 febbraio 2016

(Gio)WE, Bolla! del 25/02/2016

Buon (?) giovedì a tutti. Dopo due settimane di gioia era inevitabile che arrivasse quella del diludendo. A Savona, Lo chiamavano Jeeg Robot, film apprezzato da CHIUNQUE abbia avuto la fortuna di vederlo, il primo film di supereroi italiano ad avere davvero le palle, non è uscito. Hanno giustamente preferito lasciare spazio a due troiate (scusate il francese) quali Gods of Egypt e l'ennesima commedia italiana Tiramisù. lasciando al palo anche quell'Anomalisa tra i candidati all'Oscar come Miglior Film d'Animazione e, ovviamente, Lupin III - Il film. Poi uno non si deve incazzare????


Gods of Egypt
Reazione a caldo: E' proprio il caso di dire ANUBI!
Bolla, rifletti!: Non ho nemmeno parole per commentare, basta guardare il trailer. Ennesima troiata americana zeppa di effetti speciali che fa il verso a Percy Jackson e gli eroi dell'Olimpo MA con gli dei egizi, come da titolo. Un flop già annunciato, via.


Tiramisù
Reazione a caldo: Seh, per superare il diludendo ce ne vorrebbero dei quintali...
Bolla, rifletti!: E certo. Lo chiamavano Jeeg Robot no ma il primo film da regista di Fabio De Luigi sì, vorremmo mica perdercelo? Ci meritiamo l'estinzione come razza, ce la meritiamo!!!

Al cinema d'élite continua la programmazione de Il caso Spotlight quindi non ci sono speranze nemmeno su quel fronte... a tutti quelli che leggeranno queste righe per caso: venite ad uccidermi oppure organizzate una proiezione Savonese di Lo chiamavano Jeeg Robot, ve ne prego. 



mercoledì 24 febbraio 2016

Shaun, vita da pecora - Il film (2015)

Oltre alle nuove uscite in odore di Oscar mi ritrovo a dover recuperare anche quei film nominati che, all'epoca, non avevo visto, vuoi per scarso interesse vuoi, come in questo caso, per colpa della mala distribución. Oggi quindi parlerò di Shaun, vita da pecora - Il film (Shaun the Sheep Movie), diretto e sceneggiato nel 2015 dai registi Mark Burton e Richard Starzak e nominato all'Oscar come miglior lungometraggio animato.


Trama: stufa di fare sempre la stessa vita in campagna, la pecora Shaun decide di scappare assieme ad altri suoi simili ma, per tutta una serie di circostanze, si ritrova invece a dover salvare il suo padrone vittima di amnesia e perso nella Città Grande...



Nonostante alla mia veneranda età continui imperterrita a guardare cartoni animati, devo dire che non ho mai avuto occasione di imbattermi in un episodio della serie Shaun the Sheep, prodotta da quella stessa Aardman Animations che ha creato Wallace & Gromit (Shaun la pecora è proprio un personaggio minore del cortometraggio Una tosatura perfetta, avente per protagonista il dinamico duo). Peccato, innanzitutto perché sicuramente non mi sono goduta Shaun, vita da pecora - Il film come avrei dovuto in quanto mancante di riferimenti pregressi, secondariamente perché mi è sembrato un valido esempio di animazione ironica e divertente, oltre che un giusto compromesso tra un'opera per bambini e qualcosa di fruibile anche da parte di un pubblico adulto. Pur non usando neppure una parola (Shaun, i suoi amici e persino gli esseri umani si esprimono a versi, al massimo con grugniti à la Mister Bean) il film di Mark Burton e Richard Starzak riesce infatti a rappresentare una situazione iniziale sicuramente tipica per molti adulti, ovvero la noia di una routine capace di rendere insopportabili anche le situazioni lavorative o sentimentali più favorevoli, e a sviscerarla all'interno di una storia che insegna comunque ai più piccoli l'importanza dell'amicizia e dei legami familiari e li invita a non dare mai tutto per scontato, nel bene e nel male. La trama costruita attorno a questi punti fondamentali è scorrevole e divertente e si basa essenzialmente sul contrasto tra la tranquilla vita di campagna e le mille insidie di una città grande ed ostile, che non ha pietà per chi non conosce i meccanismi che la regolano.


Le gag presenti nel film vengono affidate interamente a Shaun e ai suoi pecorosi compagni, veri e propri mattatori della pellicola; quello di Shaun, vita da pecora - Il film è un umorismo interamente basato sulla fisicità e sull'espressività dei personaggi, cosa che lo rende ancora più prezioso e meritevole di una visione in quanto ottenere un simile risultato all'interno di un cartone animato realizzato con la claymation non è come affidare le sequenze ad attori in carne e ossa quali Charlie Chaplin, Buster Keaton o persino il già citato Rowan Atkinson. Gli animatori del film però sono riusciti nell'intento e non si può rimanere seri di fronte alle buffe espressioni di Shaun e soci, alle mille esilaranti citazioni cinematografiche di cui è infarcito il film o al sovversivo riferimento ad un caposaldo della letteratura inglese come Animal Farm. Anzi, come nei migliori film comici dell'epoca del muto sono riuscita anche un po' a commuovermi, soprattutto grazie ad un utilizzo assai intelligente di una colonna sonora allo stesso tempo vivace ma nostalgica, all'interno della quale spicca il brano Feels Like Summer di Tim Wheeler, canzone che tocca il suo apice (e il cuore) se cantata da un coro a cappella di pecore belanti. Ascoltare per credere. Ammetto che prima di vedere Shaun, vita da pecora - Il film ero scettica sulla nomination che gli è stata tributata ma avendolo guardato posso capire i motivi che hanno spinto l'Academy a prendere una simile decisione: purtroppo, nel mio cuore quest'anno c'è quello splendore di Inside Out ma la pellicola di Mark Burton e Richard Starzak rappresenta il ritorno ad un modo di fare animazione più semplice (relativamente, ché la claymation è uno sbattimento allucinante!!!), innocente e, sì, anche raffinato quindi merita a maggior ragione tutto il mio rispetto.

Mark Burton è il co-regista e co-sceneggiatore del film. Inglese, è al suo primo film come regista ma scritto la sceneggiatura di Madagascar, Wallace & Gromitt - La maledizione del coniglio mannaro, Alieni in soffitta e Gnomeo e Giulietta. E' anche produttore e compositore.


Richard Starzak è il co-regista e co-sceneggiatore del film. Inglese, ha diretto film come Wallace & Gromit e altre storie e la serie Shaun the Sheep. Anche animatore e doppiatore, ha 57 anni.


Se Shaun, vita da pecora - Il film vi fosse piaciuto recuperate la serie Shaun the Sheep e cartoni come Wallace & Gromitt - La maledizione del coniglio mannaro e Galline in fuga. ENJOY!


martedì 23 febbraio 2016

Deadpool (2016)

Nonostante recensioni altalenanti tra il tiepido e l'entusiasta, o forse proprio in funzione di queste, oppure perché "cazzumene, parliamo di un film su Wade!!!", domenica sono andata a vedere Deadpool, diretto dal regista Tim Miller, alias "il tizio pagato tantissimo". Segue post SENZA SPOILER.


Trama: dopo che gli è stato diagnosticato un cancro incurabile, il mercenario Wade Wilson decide di mettersi nelle mani di ben poco raccomandabili figuri e sottoporsi ad una cura sperimentale che attiverebbe le sue cellule mutanti latenti. In qualche modo l'esperimento funziona e Wade si libera dal cancro, diventando tuttavia un mutante sfigurato capace di autorigenerarsi...


Mica facile scrivere un post senza spoiler su Deadpool, visto che lui per primo vi fregherebbe infilandone mezza dozzina a tradimento per poi ridere tantissimo del vostro essere boccaloni (effettivamente ve lo meritereste, scassapalle). Prima di cominciare prenderò dunque un bel respiro, allontanerò la voce di 'Pool dalle orecchie e mi avvolgerò in un manto di metallo organico diventando buona, retta e pia come Colosso (un Colosso un po' d'antan, eh. L'ultima volta che l'ho visto era impegnato a sbattersi Domino, per dire). Dall'alto della mia ritrovata rettitudine posso e devo dire che Deadpool, dopo il trattamento orrendo subito dal personaggio in X-Men le origini - Wolverine (ma cosa vuoi saperne che sbavavi talmente tanto su Liev Schreiber che il film ti è persino piaciuto??), è tutto quello che mi sarei aspettata da un film dedicato al mercenario chiacchierone, ovvero quasi due ore di battute al fulmicotone, momenti imbarazzanti, scopate, teste mozzate, sangue, visioni surreali, abbattimenti della quarta parete e tutto ciò che, in generale, ha caratterizzato le storie di Deadpool dagli anni '90 in poi. Il tutto appoggiato (uah uah hai detto appoggiato!!) ad una storia di vero aMMore, di quelle strappalacrime ed eterne che piacciono tanto a noi donnicciole, cariche di sofferenza ed ostacoli per i poveri piccioncini che vengono costretti a rimanere separati per lungo tempo; quello di Vanessa e Wade è un amore folle, quasi un'estremizzazione di quel sentimento sopra le righe che univa Clarence ed Alabama in True Romance (hai rotto la ciolla con 'sti continui riferimenti a Tarantino!!) e la storia di "supereroi" (supereroe sarà tua sorella!) è soltanto un di più che serve a renderla più conturbante ed appetibile anche per quel pubblico di ragazzini che, in teoria, non avrebbero neppure dovuto vedere il film. Poi, come dicono le vocine nella mia testa (CHI??), Deadpool non è un film di supereroi, perché di eroico Wade non ha proprio nulla e non smette di ricordarcelo ad ogni goccia di sangue spillato dai suoi nemici, AL LIMITE il buon Wilson è un eroe all'interno del suo "piccolo" mondo, pronto a dedicarsi con tutto sé stesso al bene delle poche persone che ama (e del chimichanga).


Fin dai meravigliosi titoli di testa Deadpool si conferma un film diverso dai soliti Marvel e Fox (ma unire i due universi no, vero?) e brilla della consapevolezza di essere un prodotto di finzione costretto a sottostare alle regole dell'entertainment e della già citata rivalità tra le due case di produzione. Per esempio, volevate degli X-Men importanti? Cascate male, perché il massimo che vedrete saranno le foto di Hugh Jackman, per il resto vi dovrete accontentare di Colosso, di una presa in giro dello Xavier cinematografico e di Testata Mutante Negasonica che, per inciso, è apparsa pochissimo all'interno dei fumetti degli X-Men e, soprattutto, con poteri totalmente diversi (Oh ma che ca**o vuoi? Nerd!!). Speravate in qualche presa in giro nei confronti dell'Uomo Ragno o, Dio non voglia, Capitan America? Seeh, qualche riferimento furbetto lo troviamo (ehi, fatti i fatti tuoi!) ma niente di troppo compromettente. Poco danno ovviamente perché Ryan Reynolds e il suo Deadpool reggono il film senza troppi problemi, interagendo con un paio di comprimari azzeccati e molto amati dai fan (che palle 'sta mancanza di spoiler!) e, soprattutto, divertendosi un casino, con l'attore impegnatissimo a fare il cretino fuori dal set, sui social e quant'altro (adorabile ciccino!). L'abbattimento dell'odiato PG-13 segna l'arrivo di goduriosissime scene d'azione nelle quali finalmente le lame tagliano (snikt!) e le pistole aprono buchi nei nemici senza che allo spettatore sembri di essersi perso qualcosa, inoltre vengono sdoganati tette, culi, patate e un linguaggio che farebbe venire meno Capitan America in persona perché, diciamolo, Deadpool è un prodotto per adulti e sarebbe stato un delitto edulcorarlo (vai così, sorella!!). A questo proposito noi italiani ci abbiamo fatto come al solito la figura da cioccolatai (oh, cinematograficamente parlando non siete davvero capaci a fare un ca**o!), consentendo ad orde di genitori imbecilli di portare al cinema pargoli che non hanno raggiunto nemmeno il numero doppio per quel che riguarda l'età al grido di "tanto non è vietato ai minori": ho capito, porca Eva, allora propinate ai bambini tutti gli horror non vietati ai minori di 14 anni poi non venitemi a rompere le scatole perché vi tengono svegli la notte o vi subissano di domande imbarazzanti (ma secondo te si sono divertiti a spiegare cosa fossero le signorine con la patata e le tette all'aria all'interno dello strip club?)! Terrificante anche il doppiaggio, con Ajax condannato ad avere la voce di Joe Bastianich solo perché inglese (vuoi che muoro?) e Colosso con un accento russo ai limiti dell'imbarazzante (una bella petizione per avere film in lingua originale e sottotitolati?), due cose che mi porterebbero a dirvi di lasciare perdere il cinema e recuperare il divertentissimo Deadpool in DVD/BluRay(/altro). Basta che lo guardiate perché è bellissimo (confermo!), talmente bello che vorrei subito Deadpool 2 (non alzatevi prima della fine di TUTTI i titoli di coda o vi inchiodo alla poltrona, str**zi!)!


Di Ryan Reynolds (Wade Wilson/Deadpool), T.J. Miller (Weasel) e Gina Carano (Angel Dust) ho già parlato ai rispettivi link.

Tim Miller è il regista della pellicola. Americano, anche sceneggiatore, tecnico degli effetti speciali e produttore, è al suo primo lungometraggio ma, se tutto andrà bene, potrebbe dirigere anche Deadpool 2.


Morena Baccarin (vero nome Morena Silva de Vaz Setta Baccarin) interpreta Vanessa. Brasiliana, ha partecipato a film come Serenity serie come Firefly, The O.C., Kitchen Confidential, How I Met Your Mother, Numb3rs, Medium, V, The Flash e Gotham. Ha 37 anni e un film in uscita.


L'inglese Ed Skrein, che interpreta una versione leggermente più gnocca di Ajax (vedere per credere), è stato per tre episodi il Daario Naharis de Il trono di spade, prima di venire sostituito dall'attore Michiel Huisman. Olivia Munn ha fatto invece il provino per il ruolo di Vanessa, cosa che le è valsa invece la parte di Psylocke nell'imminente X-Men - Apocalisse mentre Daniel Cudmore, già Colosso in X-Men 2, X-Men - Conflitto finale e X-Men - Giorni di un futuro passato ha rifiutato di riprendere il ruolo perché non aveva intenzione di limitarsi a prestare le sue fattezze per la motion capture e lasciare che un altro doppiasse il personaggio. Per quanto riguarda i registi, nel 2010 era stato proposto a Robert Rodriguez di girare il film ma il messicanaccio ha rinunciato per realizzare Spy Kids 4 - E' tempo di eroi mentre nel 2014 i produttori avevano avvicinato David S. Goyer, il quale si è poi tuttavia dedicato ad altri progetti. I personaggi che invece non ce l'hanno fatta sono stati Cannonball (sebbene Testata Mutante Negasonica nella pellicola abbia più o meno gli stessi poteri) e Garrison Kane, le cui braccia cibernetiche avrebbero portato il film a sforare il budget. Per il bene di Deadpool, vi sconsiglio di recuperare X-Men le origini: Wolverine, nel quale Reynolds compare per la prima volta nei panni del mercenario chiacchierone, ma se volete capirci qualcosa di più riguardo all'universo descritto nella pellicola e se il film vi fosse piaciuto guardate tranquillamente  X-MenX-Men 2X-Men - Conflitto finale, X-Men - L'inizio X-Men: Giorni di un futuro passato, anche per prepararvi all'imminente X-Men: Apocalisse, nell'attesa che esca l'annunciato Deadpool 2. Ah, e recuperate anche il primo Kick-Ass, già che ci siete! ENJOY!

domenica 21 febbraio 2016

Il caso Spotlight (2015)

La Notte degli Oscar si avvicina e io sono indietrissimo coi recuperi. Pazienza, l'anno prossimo mi organizzerò meglio. Nel frattempo, oggi parlerò de Il caso Spotlight (Spotlight), diretto e co-sceneggiato dal regista Tom McCarthy, candidato a sei Premi Oscar (Miglior Film, Mark Ruffalo Miglior Attore Non Protagonista, Rachel McAdams Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Montaggio).


Trama: Nel 2001 il nuovo direttore del Boston Globe decide di affidare alla squadra giornalistica denominata Spotlight un'indagine riguardante la presenza di preti pedofili all'interno della comunità. La verità che i giornalisti porteranno alla luce sarà sconvolgente...


Mentre nel 2001 il mondo intero piangeva giustamente le vittime degli attentati dell'11 settembre, un gruppo di giornalisti di Boston aveva il suo bel daffare per comprovare una vicenda altrettanto sconvolgente e meritevole di attenzione internazionale. Personalmente mi sono sempre chiesta cosa spinga un prete ad andare consapevolmente contro tutto ciò che gli è stato insegnato e contro la morale cristiana di cui dovrebbe farsi paladino e a mettere le mani addosso a dei ragazzini ma la cosa che più mi turba è il fatto che spesso e volentieri queste storie di abusi vengono alla luce e i responsabili vengono semplicemente spostati in un'altra parrocchia col beneplacito di vescovi e alti prelati, come se nascondere la spazzatura sotto il tappeto bastasse a cancellare un crimine (perché di questo parliamo) così atroce e squallido. Evidentemente le stesse domande se le sono poste all'epoca i giornalisti della Spotlight i quali, nel 2001, hanno scelto di combattere contro il muro di omertà e lo strapotere della Chiesa all'interno di una comunità fortemente cattolica come quella di Boston e di portare questa vicenda alla luce, scoperchiando così un vaso di Pandora che ha visto coinvolti almeno una novantina di preti e uno sterminato numero di vittime. Non uno, gente. NOVANTA. SACERDOTI. Ne sarebbero bastati anche solo venti (ma anche solo due!) per andare a dar fuoco al Cardinale Law, Arcivescovo di Boston, colui che sapeva e non ha fatto nulla per anni, sfruttando l'influenza della Chiesa, i soldi, le marchette, il terrore superstizioso della gente ignorante, il desiderio di non creare scandali dei vertici della società bostoniana e uno stuolo di avvocati compiacenti per mettere tutto a tacere e continuare a fare la bella vita. Invece sono arrivati quelli della Spotlight a rompergli giustamente le uova nel paniere, raccogliendo con coraggio prove, testimonianze e quant'altro abbia permesso al Boston Globe di mettere in piazza i panni sporchi della Chiesa ridando un minimo di orgoglio alle vittime di questi abusi... ma se credete che Il caso Spotlight racconti una storia a lieto fine cascate male perché la monnezza di Boston ce la siamo beccata noi, col Cardinale Law che è diventato uno dei membri di spicco della curia ROMANA. Quanta gioia.


Il caso Spotlight racconta questa storia orribile con uno stile asciutto capace di rendere il tutto ancora più surreale. La sceneggiatura di Tom McCarthy e Josh Singer si limita a raccontare i fatti, senza edulcorarli ed enfatizzando quelli salienti, con l'unica concessione di "sentimentalismo" ad un momento topico come quello dell'attentato dell'11 settembre; le personalità dei componenti della squadra Spotlight e dei loro colleghi si evincono da pochissimi squarci di vita privata e soprattutto dal modo in cui ognuno di loro si getta a capofitto nell'indagine, ciascuno seguendo le proprie inclinazioni e le convinzioni, spesso soffrendo non solo per le vittime ma anche per il modo in cui il loro Credo religioso è stato brutalmente scosso. La parte più angosciante del film, ovviamente, è la ricorstruzione delle interviste fatte non solo alle vittime di abusi sessuali ma anche ai pochi prelati che hanno accettato di raccontare la loro versione dei fatti oppure a chi, come uno dei direttori della Boston College High School, ha consigliato ai giornalisti di farsi i fatti propri ed evitare di sconvolgere la società Bostoniana, come se l'ignoranza dello struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia potesse servire a qualcosa. In tutto questo, gli attori coinvolti hanno fatto un lavoro egregio nel riportare sullo schermo le forti personalità di questi giornalisti pronti a tutto; l'interpretazione di Mark Ruffalo è molto potente e merita la nomination all'Oscar (anche se il mio cuore batte tuttora per Stallone o Rylance), anche perché Mike Rezendes è stato il giornalista più coinvolto all'interno della vicenda e tuttora lavora alla Spotlight, e anche Michael Keaton e Liev Schreiber, impegnati in ruoli stranamente sobri ma fondamentali all'interno del film, mi sono piaciuti molto, mentre Stanley Tucci come al solito si mangia il resto del cast in virtù del suo carisma. Non ho capito molto invece la nomination di Rachel McAdams, brava ma non eccelsa e, purtroppo per lei, "messa in ombra" dalle performance del cast maschile. Al di là delle nomination Il caso Spotlight è comunque un film duro, necessario, che merita assolutamente una visione; ne uscirete sconvolti ed arrabbiati ma a mio avviso ne sarà valsa la pena, se non altro per aprire un po' gli occhi su un fenomeno preoccupante che non è limitato solo all'area di Boston e che meriterebbe una dura presa di posizione da parte di chi dovrebbe tutelare i deboli, non approfittarsene. Cristo, che nervoso.


Di Mark Ruffalo (Mike Rezendes), Michael Keaton (Walter "Robby" Robinson), Rachel McAdams (Sacha Pfeiffer), Liev Schreiber (Marty Baron), John Slattery (Ben Bradlee Jr.), Stanley Tucci (Mitchell Garabedian) e Billy Crudup (Eric Macleish) ho già parlato ai rispettivi link.

Tom McCarthy (vero nome Thomas Joseph McCarthy) è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come The Station Agent, L'ospite inatteso e Mosse vincenti. Anche attore e produttore, ha 50 anni.


Nella versione originale del film il personaggio di Richard Sipe, del quale si sente solo la voce al telefono e che non è neppure nominato nei credits, è "interpretato" (o per meglio dire doppiato) dall'attore Richard Jenkins. Per quanto riguarda il "fantacast", Matt Damon era stato preso in considerazione per il ruolo di Mike Rezendes mentre Margot Robbie ha rifiutato quello di Sacha Pfeiffer per stanchezza da superlavoro. Detto questo, se Il caso Spolight vi fosse piaciuto recuperate Quinto potere, Tutti gli uomini del presidente, JFK - Un caso ancora aperto, Il verdetto, Good Night, and Good Luck e L'inventore di favole. ENJOY!

venerdì 19 febbraio 2016

Zoolander 2 (2016)

So che siamo in tempo di Oscar ma non si può sempre e solo parlare di film seri. Nell'attesa che di andare a vedere quel Deadpool per cui ho già una scimmia mutante nutrita a chimichanga sulla schiena, beccatevi un post su Zoolander 2, diretto e co-sceneggiato da Ben Stiller.


Trama: sono passati quindici anni dall'ultimo film e Derek Zoolander è diventato un eremita a seguito di terribili eventi che hanno coinvolto sua moglie, suo figlio e persino il biondo Hansel. I due ex modelli vengono però richiamati sulle passerelle e si ritrovano coinvolti in un complotto legato alla morte di alcune popstar...


Iniziamo il post con una premessa MOLTO importante: se non vi è piaciuto Zoolander, se non amate questo genere di film supercazzola, se non tollerate la comicità assolutamente demenziale e/o priva di qualsivoglia satira, critica, riflessione, smettete pure di leggere, tanto nulla di ciò che scriverò potrà convincervi ad andare a vedere Zoolander 2. Che, per inciso, mi è piaciuto molto, nei limiti della belinata che è, ovviamente, e forse soprattutto perché sono una di quelle persone che non ha elevato il primo film a cult della vita. Al grido di "squadra che vince non si cambia!" e addirittura "sceneggiatura che vince non si cambia!" Ben Stiller si è limitato a prendere personaggi e situazioni di Zoolander, immaginare come gli stessi sarebbero cambiati dopo una decina di anni, trascinarli all'interno di un mondo della moda che, complici anche le nuove tecnologie, si rinnova completamente nel giro di mezza stagione (tanto che quello che era cool la settimana prima, dopo sette giorni è già demodé) ed esasperare al limite estremo le gag più riuscite del capostipite. Stop. Zoolander 2 è praticamente Zoolander all'ennesima potenza, niente di più e niente di meno, un'ininterrotta serie di momenti WTF affidati quasi interamente alla natura clueless dei "bellissimi" Derek e Hansel, con qualche stoccata all'acqua di rose al jet set internazionale (diciamo che in questo senso a Stiller e Theroux è piaciuto vincere molto facile, come dimostra l'iniziale comparsata di Justin Bieber) e una sottotrama da film action che è un mero pretesto narrativo per appoggiare le suddette gag a qualcosa di tangibile, onde evitare che gli spettatori si perdano nel marasma di espressioni "belle belle in modo assurdo" del protagonista.


Non vi sto ovviamente ad anticipare NULLA di quei cinque o sei momenti genuinamente esilaranti presenti nel film, meriterei di venire arrestata dalla divisione Fashion dell'FBI se lo facessi. Posso solo dire che Zoolander 2 sfrutta forse più che nel primo capitolo le comparsate dei VIP che si sono prestati al gioco (Pénelope Cruz compare persino nella locandina ma il vincitore assoluto di TUTTO - e non a caso - è un favoloso Benedict Cumberbatch) e anche il tempo che ormai si riflette in maniera abbastanza impietosa sui volti dei due protagonisti Stiller e Wilson è una componente fondamentale della trama. L'ambientazione italiana, o per meglio dire romana, ricatapulta lo spettatore all'interno di una Dolce Vita, più che di una Grande Bellezza, quasi d'antan e l'omaggio a vecchi film come Vacanze Romane è palese, così come sono palesi i rimandi non solo a 007 ma anche e soprattutto a Guerre stellari ed Austin Powers, celebrato in una sfacciatissima scena di bacio slinguazzato. Quel che manca a Zoolander 2 (anche se il mio ragazzo non è proprio d'accordo) è però quell'elemento un po' "froSCio" che era parte integrante del primo film, quel modo tutto particolare di mescolare immagini da videoclip ad una colonna sonora molto azzeccata; sì, qualche timido tentativo lo troviamo anche qui (il finto spot con Naomi Campbell è geniale quanto il destino finale di Mugatu) ma si tratta soprattutto di rimandi al vecchio Zoolander e lasciano un po' il tempo che trovano. Per finire, vi consiglio di non andare a vedere Zoolander 2 al cinema e di recuperarlo in lingua originale: tolta la voce di Pino Insegno, al quale voglio sempre molto bene, l'adattamento italiano sfiora l'imbarazzante. Mi rendo conto di quanto sia difficile rendere un modo di parlare probabilmente astruso come quello del personaggio Don Atari nella nostra lingua ma infilarci uno "stica" ogni due per tre non mi è parso il modo migliore e lo stesso vale per l'imbarazzante "figoso" messo in bocca a Zoolander, che mi ha causato la stessa pelle d'oca di quando Fabio Volo dice "cioé...ficofico" in Kung Fu Panda. Orrore vero, altro che "bello bello in modo assurdo"!


Del regista e co-sceneggiatore Ben Stiller, che interpreta ovviamente anche Derek Zoolander, ho già parlato QUI. Penélope Cruz (Valentina), Christine Taylor (Matilda Jeffries), Kristen Wiig (Alexanya Atoz), Benedict Cumberbatch (Tutto), Justin Theroux (è il co-sceneggiatore della pellicola ma anche il DJ malvagio), Milla Jovovich (Katinka), Will Ferrell (Mugatu), Owen Wilson (Hansel), Jerry Stiller (Maury Ballstein) e John Malkovich (Skip Taylor) li trovate invece ai rispettivi link.


Tra i VIP che compaiono nel ruolo di se stessi segnalo la futura Betsy Braddock Olivia Munn, Susan Sarandon, l'immancabile Billy Zane, Justin Bieber, Demi Lovato, Katy Perry, Kiefer Sutherland, Anna Wintour, Lenny Kravitz, Naomi Campbell, Sting, Kate Moss, Susan Boyle, Tommy Hilfiger, Valentino, M.C. Hammer, Mark Jacobs e Skrillex (solo per citare quelli che ho riconosciuto) mentre in piccoli ruoli compaiono anche la modella rumena Madalina Diana Ghenea e il cantante Mika. Ovviamente, detto questo, se il film vi fosse piaciuto recuperate il primo Zoolander, ENJOY!

giovedì 18 febbraio 2016

(Gio)WE, Bolla! del 18/2/2016

Buon giovedì a tutti!! Oggi è IL giovedì cinematografico per eccellenza e ringraziando Cthulhu quella ca**ata di Cinquanta sbavature di nero è rimasto al palo, liberando così un posto per The Danish Girl. Settimana al cinema, here I come! ENJOY!

The Danish Girl
Reazione a caldo: YAY!!!
Bolla, rifletti!: Al momento il candidato che vorrei vincesse l'Oscar è Bryan Cranston ma siccome mi hanno detto (e dal trail posso crederci!!) che in questo film Eddie Redmayne fa faville, non vedo l'ora di guardare The Danish Girl e gustarlo come merita per poi prendere una decisione definitiva!

Zootropolis
Reazione a caldo: YAY 2!!
Bolla, rifletti!: Questo film mi ricorda talmente tanto l'adorato Robin Hood della Disney che non posso non volergli bene già a prescindere. E poi i bradipi postali del trailer sono meravigliosi!! Purtroppo dovrò aspettare almeno una settimana perché prima viene il Mercenario Chiacchierone!!

Deadpool
Reazione a caldo: Chimichanga!!!
Bolla, rifletti!: Per Deadpool ho una scimmia talmente grande che potrebbe essere paragonabile a King Kong. Non vedo l'ora di farmi sfondare la quarta parete dall'amorevole e "pansessuale" Wade!!!

Onda su onda
Reazione a caldo: Vabbé.
Bolla, rifletti!: Considerato che non sopporto Papaleo e considerato il ben di Dio che c'è questa settimana in sala, volete davvero che mi interessi qualcosa di questo film???

E Il caso Spotlight, direte voi? C'è, c'è!!! Miracolo!!

Il caso Spotlight
Reazione a caldo: Evvai.
Bolla, rifletti!: Cavolo, questa settimana facciamo l'en plein e l'unico problema sarà organizzarmi per guardare TUTTO. Ma con le sue sei candidature all'Oscar (che probabilmente non porterà a casa) Il caso spotlight, tratto da un'orrenda storia vera di pedofilia e chiesa, si qualifica come uno dei film da vedere assolutamente!!!






mercoledì 17 febbraio 2016

1981 - Indagine a New York (2014)

Si è fatto aspettare un paio d'anni ma alla fine A Most Violent Year, film diretto e sceneggiato nel 2014 dal regista J.C.Chandor, è approdato anche sul suolo italico con l'orrido titolo 1981 - Indagine a New York.


Trama: Abel Morales, proprietario della Standard Heating Oil Co, si ritrova a dover fare i conti con piccole bande di criminali che assaltano i camion con i quali trasporta il combustibile, rovinando così la sua attività proprio alla vigilia di un'importante acquisizione. A gettare, letteralmente, benzina sul  fuoco, ci pensa un assistente procuratore distrettuale, che comincia ad indagare negli affari di Morales...


Tante volte, sul mio blog, ho scritto che il pubblico americano è al 70% formato da poveri mentecatti bisognosi di spiegoni e incapaci di capire l'argomento di un film se lo stesso non viene sviscerato da tutti i punti di vista e con dovizia di particolari, mentre noi europei siamo un pochino più elastici (oddio, forse una volta...). A fronte di questo ragionamento, mai avrei pensato che i titolisti italiani avrebbero sottovalutato così tanto il pubblico nostrano da dover specificare QUALE fosse "l'anno assai violento" del titolo originale, o lo avrebbe voluto perculare al punto da aggiungere una specifica assolutamente fuorviante come "indagine a New York", convincendo i poveri spettatori di avere davanti una sorta di crime story. Niente di più sbagliato!! A Most Violent Year (abbiate pazienza, non ce la faccio a riportare quel titolo orrendo) è una pellicola difficile da incasellare, ben lontana dalla tesa indagine investigativa che l'adattamento italiano lascerebbe supporre, più simile a quelle storie "criminali" a sfondo filosofico che vanno tanto di moda negli ultimi anni. Inoltre, lasciatemelo dire, è anche una palla mostruosa, salvata a malapena dalla bravura degli interpreti e da una regia sobria ma in qualche modo stilosetta. Il problema di A Most Violent Year, infatti, è che ANCHE il titolo americano è fuorviante: uno pensa che il film parli di una violenza generale, radicata all'interno dell'America, e l'inizio, in cui un camion viene assaltato, lascerebbe presupporre che sia così. In verità, l'anno violento si riferisce ad un anno particolare all'interno della vita dei protagonisti, costretti in un breve lasso di tempo ad affrontare una violenza non solo fisica ma anche psicologica, a lottare per mantenere uno status quo e, soprattutto nel caso di Abel Morales, per non farsi inghiottire dalle spire di un'illegalità che preme per infiltrarsi anche nella sua attività. Nella fattispecie, il protagonista ambirebbe a condurre una vita retta, onesta ed onorevole, mentre la moglie e tutti quelli che lo circondano (forse anche il procuratore, a un certo punto ho cominciato a seguire poco, lo ammetto) non esitano a ricorrere a mezzucci più o meno perseguibili per legge, onde prosperare nei loro affari.


Rileggendo quello che ho scritto viene quasi da pensare che A Most Violent Years sia un film dinamico ed interessantissimo. In verità, Albert Morales sarà anche un uomo (quasi) tutto d'un pezzo ma passa il tempo a lamentarsi di quanto siano scorretti gli altri e di quanto lui vorrebbe vivere un'esistenza retta; ancor peggio, adora dare consigli non richiesti agli altri, sempre con dovizia di parole gettate al vento e scarsi risultati, purtroppo per lui. Tra un dialogo-fiume e un altro si ha il tempo di andare a farsi parecchi caffé e sono davvero poche le sequenze capaci non dico di creare tensione nell'animo dello spettatore, ma perlomeno di interessarlo alle vicende narrate, interamente basate su un commercio di benzina in mano a dei banfoni. L'avesse girato Scorsese un film simile sarebbe probabilmente diventato un capolavoro, J.C. Chandor invece ha affrontato la cosa con piglio moscio e lo stesso, mi duole dirlo, ha fatto Oscar Isaac, bravo ma troppo compassato, incapace di trasferire al pubblico quel fuoco sacro che muove il suo personaggio, tanto da portarmi più volte a pensare "chissenefrega", come direbbe Sandford Smithers. Fuori scala invece, come sempre, la bellissima Jessica Chastain, interprete dell'unico personaggio con le palle presente nella pellicola e anche l'unico capace di regalare qualche emozione vera, lontana da quella fredda rigidità che mi è parso permeasse non solo i protagonisti ma anche i costumi, le scenografie e la fotografia, una sorta di perfezione eccessiva, fine a se stessa. Onestamente, mi spiace avere scritto quella che, in soldoni, è la stroncatura di un film che aspettavo da tempo; il fatto è che avevo riposto molte speranze in A Most Violent Years e il diludendo un po' brucia ma, chissà, magari a qualche spettatore meno "in fregola" e più illuminato della sottoscritta potrebbe anche piacere.


Di Oscar Isaac (Abel Morales), Jessica Chastain (Anna Morales), Albert Brooks (Andrew Walsh), David Oyelowo (D.A. Lawrence), Alessandro Nivola (Peter Forente), Catalina Sandino Moreno (Luisa) e David Margulies (Saul Lefkowitz) ho già parlato ai rispettivi link.

J.C. Chandor (vero nome Jeffrey McDonald Chandor) è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Margin Call e All is Lost - Tutto è perduto. Anche produttore e attore, ha 43 anni.


Javier Bardem avrebbe dovuto interpretare Abel Morales ma ha abbandonato il progetto a causa di divergenze con il regista; è stata proprio Jessica Chastain a suggerire Oscar Isaac come rimpiazzo, mentre il ruolo di Anna Morales è stato rifiutato da Charlize Theron e quello di Andrew Walsh era stato scritto per Stanley Tucci. Detto questo, se 1981 - Indagine a New York vi fosse piaciuto recuperate anche Vizio di forma e Chi è senza colpa. ENJOY!