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martedì 10 gennaio 2017

Under the Shadow (2016)

Siccome è arrivato anche su Netflix con l'orrido titolo L'ombra della paura, oggi svamperò la programmazione e parlerò indegnamente di Under the Shadow, gioiellino horror diretto e sceneggiato nel 2016 dal regista Babak Anvari.


Trama: Shideh è un'ex studentessa di medicina che vive nella Teheran degli anni '80 ed è impossibilitata a riprendere gli studi a causa del suo passato coinvolgimento con i rivoluzionari di sinistra. Quando i missili iracheni minacciano di distruggere la città, Shideh decide di rimanere lì assieme alla figlia Dorsa che, all'improvviso, diventa il bersaglio di forze misteriose...


Di una sola cosa mi sono pentita durante la visione di Under the Shadow, ovvero la consapevolezza di essermi "vissuta" il film dal punto di vista di una donna occidentale e di non aver quindi capito probabilmente il 50% di ciò che ha voluto comunicare Babak Anvari agli spettatori. Allo stesso tempo, ho però gioito per avere visto qualche anno fa Persepolis, che racconta delle speranze infrante di chi ha appoggiato la rivoluzione Iraniana degli anni '70 per ritrovarsi alla mercé di un regime ancora più totalitario ed ignorante di quello precedente, cosa che mi ha consentito perlomeno di capire in parte il clima politico e sociale in cui Under the Shadow è radicato. Shideh, la protagonista del film, prima della rivoluzione faceva parte dei movimenti studenteschi di sinistra e ciò le è costato, con l'affermazione della repubblica islamica, il divieto ad iscriversi alla facoltà di medicina e la condanna ad essere "semplicemente" moglie e madre in una società dove le donne contano quanto il due di coppe a briscola. Privata della sua identità di studentessa e futuro medico, nonché della possibilità di mostrarsi in pubblico a capo scoperto, Shideh riesce ad affermare la propria femminilità solo tra le quattro mura di casa sua, all'interno delle quali può curare il suo aspetto fisico spaccandosi di aerobica con i video di Jane Fonda e sognare di poter riprendere, un giorno, gli studi per diventare medico come suo marito; quest'ultimo, dal canto suo, può solo andare dove la sua professione viene richiesta in tempo di guerra e consigliare a Shideh di fuggire da una Teheran diventata bersaglio per i missili ma la donna, nonostante la presenza della piccola Dorsa, sentendosi costantemente giudicata dal marito e dalla famiglia di lui non vuole rinunciare all'unica forma di libertà che le rimane e all'unico luogo dove poter essere sé stessa, seppur brevemente. In questo spaccato di angosciante vita sociale Babak Anvari insinua un orrore che, non a caso, trae origine dalle credenze popolari che parlano di Djinn, paure ancestrali e spiriti minacciosi.


Come l'irrazionale shari'a ha trasformato una monarchia in una repubblica interamente condizionata dal clero, così i miti e le leggende di quelle terre riescono, nel corso del film, a mandare in frantumi la razionalità di una donna moderna come Shideh e a costringerla a chinare il capo sconfitta persino all'interno della sua stessa casa. L'angoscia che si prova guardando Under the Shadow non deriva semplicemente dalle spettrali apparizioni che insidiano madre e figlia (per quanto, ve l'assicuro, il film non sia privo di jump scare perfettamente orchestrati e momenti di inquietantissima "attesa") quanto dal modo in cui esse vanno a braccetto con i terribili eventi scatenati dalla guerra: un edificio squarciato da un missile, orfani di guerra che hanno visto orrori indicibili, posti di blocco davanti ai quali si rischia di morire per un'inezia, parole come "Non esiste nulla di più importante per una donna che coprirsi col velo" dette ad una madre fuggita di casa terrorizzata per la propria vita e quella di sua figlia, sono tutte immagini di tremenda realtà vissuta, che fanno quasi più paura dei terribili Djinn che infestano la dimora di Shideh. Allo stesso modo, la rappresentazione di queste entità sovrannaturali è legata a doppio filo a cose che già perseguitano la protagonista e che l'hanno privata da tempo di cose importanti (come i Djinn privano la piccola Dorsa della sua bambola). Non credevo potesse arrivare a mettermi paura un burka semovente eppure, in quanto donna, guardando Under the Shadow mi sono sentita soffocare da quella stoffa che cercava di avvolgersi a Shideh e da tutto il resto delle terrificanti prove alle quali la protagonista viene sottoposta, senza che il regista abbia bisogno di ricorrere a scene gore. La guerra richiede sicuramente un alto tributo di sangue ma bisognerebbe riflettere un po' più spesso sulla condizione di chi sopravvive con la morte nel cuore, privato della sua condizione di essere umano e artigliato dalla paura non solo di missili ed esplosioni ma anche di non poter più godere di un'esistenza libera o perseguire i propri sogni, piccoli o grandi che siano. In questo senso, un "horror" come Under the Shadow riesce a far pensare superando generi, tempo e barriere culturali ed è per questo che andrebbe visto e conservato gelosamente in videoteca come il gioiellino che è.

Babak Anvari è il regista e sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Iraniano, ha lavorato anche come produttore, attore e animatore.


Per la cronaca, Under the Shadow è stato il candidato ufficiale inglese per la categoria film straniero agli Oscar di quest'anno e non sto a dirvi che è stato ovviamente snobbato perché l'horror all'Academy non piace, lo sapete. Detto questo, se Under the Shadow fosse piaciuto almeno a voi, recuperate il già citato Persepolis e aggiungete The Babadook e Train to Busan, di cui parlerò nei prossimi giorni. ENJOY!

18 commenti:

  1. L'ambientazione mi ispira moltissimo, ma è un horror...

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    1. Ti posso assicurare che non viene spesa una goccia di sangue. Certo, se hai paura delle storie di fantasmi però lascia perdere perché è ben inquietante...

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  2. Bel post!

    Certo che quelli di Netflix hanno tirato fuori un titolo italiano davvero spaventoso, quindi azzeccato per un horror ahahah :)

    Quanto al film, è angosciante su più piani e tra missili, spiriti e burka non si sa di cosa avere più paura.

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    1. Grazie! :)
      Quanto al titolo è davvero terrificante: se non ne avessi letto benissimo in giro probabilmente lo avrei evitato, invece merita più di una visione :)

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  3. Il messaggio del film è veramente bello ma, purtroppo, ti dicevo che mi sono annoiato un po'. :'(

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    1. Io invece tra questo, Train to Busan e Hell or High Water sono tre sere che rimango davanti allo schermo bella pimpante, altro che GGG!

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  4. Ah...lo avevo visto ma leggendo l'urfido
    Titolo
    Pensavo si trattasse di altra roba,.

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    1. Se hai Netflix ignora il titolo e cerca di guardarlo appena possibile!

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  5. Hai proprio ragione, Under The Shadow è un film che devota fortemente il suo venire dall'Iran, ma allo stesso tempo resta godibile universalmente anche da chi non sapesse collocare Teheran sulla cartina. Uno dei migliori film (mica solo horror) dell'anno, piccolo ma recitato benissimo ed anche appassionante, persino quando non succede niente. ..e fanculo i titolisti italiani

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    1. Concordo con tutto quello che hai detto. Però è anche bello vedere film simili per farsi venire voglia di sapere di più! :)

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  6. Persepolis non l'ho visto, ricordo però quei giorni. Khomeini che arriva a Theran salutato come se fosse una specie di santone pop. E poi fa fuori gli alleati comunisti. Nessuno aveva capito un accidente di niente, l'Islam radicale sembrava che non facesse parte dell'equazione... anche se immagino che i giovani rivoluzionari comunisti, se avessero avuto la vittoria finale, avrebbero rimpianto amaramente lo shah...
    [spoiler]
    Quanto a Shideh, il suo malessere l'ho visto amplificato nel modo in cui si aggrappa irrazionalmente alla sua ultima fortezza di "razionalità" ovvero il luogo in cui può vivere alla occidentale: dentro casa.
    Con la figlia che alla fine le dice: ma perché mi dici che sono una fantasia (i Djinn) se li hai visti anche tu? E la bambola che ricompare nel casseto dove c'era il libro con la dedica della madre: la bambola senza la quale non si poteva andare via. Dorsa accusa la madre di averla rubata lei, lo spettatore viene lasciato con uno strano dubbio.
    Incredibile sofisticazione delle atmosfere di un film fatto con quattro stracci, chissà se qualche italiano ha preso nota.

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    1. Io purtroppo quei giorni non li ricordo affatto: credo di aver cominciato ad avere consapevolezza di quelle zone con la comparsa di Saddam Hussein e la risonanza mediatica della Guerra del Golfo, ero ancora troppo "piccola" prima. Però mi affascina la complessità di queste vicende così come mi affascina l'aura di mistero che circonda il finale di Under the Shadow che, come hai sottolineato tu, rimane piuttosto ambiguo.

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  7. Provai a vederlo tempo fa ma ricordo che qualcosa mi interruppe e non arrivai nemmeno a metà. Da allora non ho avuto ancora la voglia di riprenderlo, ma ora che lo posso trovare su Netflix in italiano, complici le ottime recensioni che leggo, mi sa che cercherò di recuperarmelo a brevissimo!

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    1. Assolutamente, non farti scoraggiare e approfitta di Netflix!

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  8. l'ho visto e in effetti per certi versi mi ha ricordato un po' The babadook

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    1. Sono due film differenti, però tra Shideh e la madre di The Babadook c'è questo legame dato dall'impossibilità di essere genitrici come si deve che genera incubi...

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