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domenica 12 febbraio 2017

Lion - La strada verso casa (2016)

Me l'ero perso al cinema per vari motivi ma in previsione della Notte degli Oscar ho recuperato Lion - La strada verso casa (Lion), diretto nel 2016 dal regista Garth Davis, tratto dall'autobiografia La lunga strada per tornare a casa di Saroo Brierly e nominato per sei Oscar (Miglior Film, Dev Patel Miglior Attore Non Protagonista, Nicole Kidman Migliore Attrice Non Protagonista, Miglior Sceneggiatura Non Originale, Miglior Fotografia e Miglior Colonna Sonora Originale).


Trama: il piccolo Saroo, nato e cresciuto in un villaggio sperduto dell'India, rimane bloccato su un treno e si perde a Calcutta dopo aver percorso 1600 chilometri. Dopo alterne vicende viene adottato dai coniugi Brierley e portato in Australia ma, crescendo, decide di ritrovare la madre e il fratello...



Chissà dove sarebbe finito Proust se invece di una madeleine avesse addentato un jalebi? Probabilmente da un cerusico dell'epoca, col palato offeso da un cibo simile, mentre invece il protagonista di Lion viene soverchiato dai ricordi di un passato sepolto per trent'anni e si ritrova a cominciare la sua Ricerca del tempo perduto con l'ausilio indispensabile di Google Earth. Tié, Proust, beccati questa! Quest'introduzione al limite dell'imbecillità è messa per dissimulare il fatto che Lion, neanche a dirlo, mi ha ridotta ad uno straccio lacrimante, soprattutto nella prima parte del film, interamente dedicata alle disavventure del piccolo Saroo, separato dalla famiglia e perso nell'immensa Calcutta, dove tra rapitori di bambini, pedofili e miseria non si sa davvero quale sia la minaccia peggiore per un bimbo di soli cinque anni. La sceneggiatura di Lion - La strada verso casa costruisce il film non come un flashback ma come la storia di Saroo dal fatale giorno in cui si è ritrovato solo sul treno all'incontro con i futuri genitori, per poi focalizzarsi dopo un salto temporale sul ragazzo ormai adulto, improvvisamente ossessionato dai ricordi della famiglia lasciata in India e roso dal senso di colpa all'idea che madre e fratello lo stiano ancora cercando; la seconda parte del film si sviluppa come la storia di una ricerca forsennata, di un'ossessione durata anni, al prezzo della distruzione di un'armonia familiare faticosamente raggiunta, e sebbene meno commovente della prima è comunque impreziosita da alcuni momenti intensi legati al rapporto tra Saroo e la madre adottiva e, ovviamente, alla risoluzione dell'intera vicenda. Al di là della storia personale del protagonista, ho molto apprezzato come Lion faccia riflettere intensamente su questioni come l'adozione e l'importanza che essa può avere per bambini che hanno avuto la sfortuna di nascere in luoghi poveri o malsani. Indubbiamente, la famiglia originale di Saroo lo amava molto ma quale futuro avrebbe avuto il bambino se non avesse avuto la "sfortuna" di salire su un treno e andare lontano, se non avesse incontrato i Brierley e se Sue, nonostante la possibilità di avere figli suoi, non avesse scelto consapevolmente di dare amore e possibilità infinite a due dei migliaia di bimbi costretti a vivere negli orfanotrofi di tutto il mondo?


Per quanto possa sembrare un film stucchevole, costruito a tavolino per racimolare Oscar che probabilmente e (forse) giustamente non vincerà mai, già solo il fatto che spinga lo spettatore a porsi questo genere di domande lo rende ai miei occhi un film onesto e meritevole di venire apprezzato, nonostante la regia semplice e "classica" o qualche eccesso di retorica. C'è da dire inoltre che la prima parte di Lion ha una potenza cinematografica che è raro trovare al giorno d'oggi, soprattutto se si pensa che per almeno un'ora la pellicola è recitata in dialetto hindi e bengali e poggia quasi interamente sulle piccole spalle del grandissimo Sunny Pawar, un bimbo dallo sguardo talmente intenso e dal faccino così tenero che è impossibile non lasciarsi trasportare dalle sue terribili vicende. La seconda parte, come ho detto, è più "banale", se mi passate il termine: Dev Patel è molto bravo nel ruolo del Saroo adulto e Nicole Kidman, pur avendo ben poche scene a disposizione, regala una delle interpretazioni più intense e belle di questi ultimi anni in cui la sua stella pareva essersi un po' offuscata, soprattutto durante il confronto finale tra Sue e Saroo, commovente ed intelligente. Meno bene Rooney Mara, costretta invece nell'inutile personaggio di Lucy che, in pratica, altro non è che un amalgama di tutte le fidanzate che hanno accompagnato il vero Saroo nella ricerca della sua famiglia, probabilmente messo lì per dare un valore ancora più positivo al protagonista ma in definitiva assolutamente non necessario (ma davvero al giorno d'oggi per accentuare la moralità adamantina di una persona bisogna mostrarlo per anni con la stessa ragazza? Mah.). Peccato, perché Rooney Mara mi piace tantissimo e solitamente sceglie i suoi ruoli con maggiore oculatezza. A parte questo dettaglio, Lion - La strada verso casa è un film intenso e commovente che merita una visione; non so se dopo averlo visto vi sentirete meglio ma a me è tornata un po' di speranza nei confronti dell'umanità intera!


Di David Wenham (John Brierley), Nicole Kidman (Sue Brierley) e Rooney Mara (Lucy) ho già parlato ai rispettivi link.

Garth Davis è il regista della pellicola. Australiano, ha diretto prevalentemente serie TV a me sconosciute. Ha un film in uscita.


Dev Patel interpreta Saroo Brierley. Inglese, ha partecipato a film come The Millionaire, L'ultimo dominatore dell'aria, Marigold Hotel e Ritorno al Marigold Hotel. Anche produttore, ha 27 anni e un film in uscita.




12 commenti:

  1. scientemente, dopo aver visto il trailer al cinema, ho deciso di non andare a vederlo, perché sapevo avrei pianto come una matta per tutto il tempo... perché è un film fatto appositamente per far piangere, tanto.

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    1. Ho avuto la stessa reazione davanti al trailer, ecco perché lo avevo lasciato da parte. Ma, come dice Ink già di sotto, il pianto non è affatto forzato, bensì condivisibile e umano :)

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  2. Non concordo con Patalice, non l'ho trovato per nulla strappalacrime a forza.
    Commuove, ma è inevitabile. L'ho trovato dolce, delicato, così pieno di speranza da risultare necessario di questi tempi. Non vincerà niente, ma gli ho voluto bene e tifo Patel, che il Bafta intanto l'ha vinto. :)
    Ti bocco solo la Mara, che io trovo sempre un po' anonima e spiritata, ahahahah!

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    1. Io sono ancora su Bridges o Shannon, aspetto ancora di vedere Manchester by the Sea. Patel mi è piaciuto ma non mi ha fatta impazzire, interpretazione nella norma, quanto alla Mara, come ho detto, davvero uno spreco.

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    2. Eh, però Patel regge il film.
      Bridges e Shannon fanno il loro mestiere di caratteristi, lì, diciamo così. Secondo me l'hanno messo nella categoria sbagliata, ecco. :)

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    3. Probabilmente l'hanno fatto apposta perché la competizione per la statuetta al Miglior Attore Protagonista sarebbe stata troppo serrata? Non so, in effetti ci ho pensato anche io al motivo per cui Patel sia stato "relegato" a comprimario... alla fine il personaggio principale è il suo!

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  3. Anch'io immaginavo una cosa superstucchevole e invece l'ho apprezzato molto, soprattutto la prima metà :)

    Ps.: anzichè tornare a commentare ne ho scritto sul blog di Hacksaw Ridge ;)

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    1. La prima metà è bellissima, merito anche di quel piccino così espressivo <3
      Vengo a leggere allora :)

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  4. Anch'io come Patalice dal trailer avevo paura che fosse il classico film costruito a tavolino per strappare qualche lacrima. Visto che invece tu e Ink lo promuovete gli darò una possibilità.

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    1. Le lacrime, come ho detto, scendono copiose ma è una storia vera e regala comunque alcuni momenti di riflessione necessari e non banali. Io gli ho voluto molto bene! :)

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  5. A me non è piaciuto. Costruito per commuovere. E pure male. Fortissimo quando scopre Google Earth... una rivelazione... e non avesse più cenato indiano? Chissenefrega dei veri genitori.. bah!

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    1. Vabbé, dai, costruito per commuovere... è una storia vera, cosa ci facciamo se fa piangere? XDXD

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