Pagine

martedì 3 aprile 2018

The Open House (2018)

Altro originale Netflix, altro regalo. Rimando ancora l'uscita del post su Bright per parlare di The Open House, diretto e sceneggiato dai registi Matt Angel e Suzanne Coote.


Trama: dopo la morte del padre, un ragazzo e la madre vanno a vivere nella casa di montagna della zia, luogo che una volta alla settimana viene mostrato a potenziali acquirenti. All'interno dell'edificio cominciano tuttavia ad accadere strane cose...



Netflix mi aveva comunicato l'uscita di The Open House già qualche settimana fa ma era un po' passato in cavalleria a causa di Oscar assortiti e vari impegni della sottoscritta. Un paio di sere or sono ho però chiesto al Bolluomo di farmi compagnia nel corso della visione e ci sono state reazioni miste da parte mia e sua; io ho cercato di gabbarlo convincendolo di avere davanti un thriller ma spesso lui l'ha percepito come horror, temendo l'uscita di fantasmi e demoni e rammentando costantemente la scena della cantina di It, col risultato che di tanto in tanto mi giravo solo per vedere Mirco con gli occhi chiusi che fingeva di dormire. Che ci volete fare, gli uomini nati dopo l'81 sono tenerelli. Per contro, a me è venuto spesso da addormentarmi per davvero, ché The Open House non è proprio un film originale o frizzante, nemmeno per sbaglio. Diciamo che la pellicola parte da uno spunto particolare ma non utilizzato nel migliore dei modi e nel corso della visione si perde in digressioni che dovrebbero inquietare lo spettatore ma risultano completamente slegate dalla storia in sé, a partire dallo stesso incidente che da il la all'intera vicenda. Senza fare troppi spoiler, ci sono un ragazzo e la madre che, causa debiti ingenti, dopo la morte del capo famiglia sono costretti ad accettare "l'elemosina" di una ricca zia e andare a stare in montagna, nella "open house" del titolo. Come saprà chi ha visto Santa Clarita Diet, in America prendono il lavoro di agente immobiliare molto sul serio e l'evento settimanale in cui viene mostrata una determinata casa diventa un happening con tanto di rinfresco, soprattutto quando la magione "incriminata" è particolarmente bella e appetibile; nel giorno stabilito, quindi, Logan e la madre vengono sbattuti fuori a calci dalla casa senza troppi complimenti, mentre gli agenti immobiliari la mostrano in pompa magna a potenziali acquirenti e non si sbattono nemmeno a chiuderla o fare un giro per vedere se dentro è rimasto qualcuno prima del ritorno dei due. Che questa assurda situazione sia collegata in qualche modo agli strani eventi che cominciano ad accadere nella casa è praticamente matematico ma gli sceneggiatori del film cercano in ogni modo di sviare lo spettatore inserendo flashback del terribile incidente, inquietanti vicine di casa con l'alzheimer, aitanti giovanotti di colore lasciati liberi di vagare per casa (anche lì: va bene, la casa non è tua ma lì ci vivi, è possibile decidere di lasciare così tanta libertà al primo streppone conosciuto il giorno prima al punto di non sapere se se n'è già andato o se ancora gira per le stanze? Ho capito la privacy ma magari accompagnalo, vah...) e un po' di family drama che, vista la presenza di Dylan Minnette, non fa mai male.


La cosa triste di The Open House è che, nonostante l'assunto iniziale, l'intera opera gira a vuoto persa nei rassicuranti cliché di un thriller horror banale e si "risveglia" solo sul finale, che manda allegramente al diavolo quanto mostrato prima abbattendo sul piccolo nucleo famigliare tutta la casualità del Male e lasciando lo spettatore con un senso incredibile di angoscia, un po' come succedeva nel ben più divertente ed efferato Fender Bender di Mark Pavia. Poca roba dopo un'ora e mezza di noia ma è pur sempre qualcosa e salva il film dall'oblio definitivo. Intendiamoci, non è che in un thriller horror cerchi necessariamente il sangue, per carità, però mi piacciono atmosfere un po' stranianti, particolari, o perlomeno dell'originalità dal punto di vista della storia o della realizzazione e purtroppo The Open House difetta di tutti questi elementi. Altra cosa che apprezzo in una sceneggiatura è la presenza di elementi apparentemente "inutili" ma che a un certo punto diventano funzionali alla risoluzione di qualche snodo narrativo e in The Open House manca purtroppo anche questo. Per esempio, Logan corre, corre come Forrest Gump. Dici beh, quando la merda colpirà il ventilatore questa sua abilità gli tornerà utile? Correrà talmente tanto che qualunque cosa si nasconda in casa rimarrà con un palmo di naso? Nemmeno per sogno (Va già meglio con la sua miopia, fonte di un paio di scene ad alto tasso di orrore personale, l'unica cosa che probabilmente ricorderò nel tempo). E lo stesso vale per i flashback e per un paio di segretucci perplimenti, utilizzati in modo se vogliamo un po' scorretto, per spaventare gente come il povero Bolluomo a cui viene data ad intendere una svolta sovrannaturale che lo spettatore scafato ha già scartato a priori. Insomma, un grosso mah. Peccato perché i due registi non fanno nemmeno un lavoro malvagio considerato che entrambi si trovano alla loro prima esperienza dietro la macchina da presa ma tra il senso di "già visto" e la monoespressività di un Dylan Minnette che avevo preferito in altre pellicole, questo The Open House si riduce ad essere un prodottino senza molte pretese, dimenticabile già il giorno dopo la visione.


Di Dylan Minnette, che interpreta Logan Wallace, ho già parlato QUI.

Matt Angel è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, inoltre interpreta un poliziotto. Americano, al suo primo lavoro come sceneggiatore e regista, è principalmente attore e ha partecipato a varie serie televisive. Anche produttore, ha 28 anni.


Suzanne Coote è la co-regista e co-sceneggiatrice della pellicola, inoltre interpreta una cameriera. Americana, al suo primo lavoro come sceneggiatrice e regista, ha lavorato anche come produttrice.


Se The Open House vi fosse piaciuto recuperate Fender Bender. ENJOY!


4 commenti:

  1. Ne ho letto malissimo praticamente ovunque.
    Salto, nonostante Minetti mi faccia simpatia - perfino nell'odiato 13.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il problema di Open House è che finisce quando comincia a diventare interessante, dopo avere abbattuto lo spettatore dalla noia. Non si fa!

      Elimina
  2. Io l'ho trovato davvero tremendo, e i due registi più che promettenti mi sembrano da galera. :)
    Oltre alla noia che avvolge il tutto, la sceneggiatura è pessima. Come dici tu, il protagonista corre sempre, ma la cosa non si rivela poi funzionale alla trama. E allora che ca**o lo fate correre tanto? XD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, la storia della corsa mi ha perplessa oltremodo. Per il resto, dimenticabilissimo, non so nemmeno perché Netflix si sbatta a produrre film simili...

      Elimina