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venerdì 18 gennaio 2019

The House That Jack Built (2018)

Con un misto di timore e reverenza, ho recuperato anche La casa di Jack (The House That Jack Built), diretto e co-sceneggiato nel 2018 dal regista Lars Von Trier.



Trama: Jack è un ingegnere, architetto e soprattutto un serial killer. Nel corso del film lo ascoltiamo raccontare la sua vita criminale, in cinque episodi che coprono un arco di dodici anni.



Il mio rapporto con Von Trier è altalenante. Non lo amo, non lo odio, a tratti mi affascina al punto da trovarlo adorabile, talvolta lo trovo talmente presuntuoso che vorrei prenderlo a schiaffi. Per questo, a differenza di molti altri spettatori, mi avvicino ad ogni sua opera senza particolari pregiudizi ma con un vago senso di ansia data dall'idea di non riuscire a capire tutto quello che vedrò sullo schermo; non si tratta di un terrore "lynchiano", ché bene o male le trame dei film di Von Trier sono sempre complesse ma comunque comprensibili, quanto piuttosto di un'inadeguatezza culturale che prevede un grande sforzo di ricerca da parte dello spettatore. Esempio banalissimo, che vi può far rendere conto di quanto sia capra: l'ultimo dei capitoli in cui è diviso The House That Jack Build si intitola Katabasis. Ora, non avendo studiato greco al liceo non avevo assolutamente idea di cosa fosse la catabasi anche perché nessuno dei professori coi quali ho analizzato la Divina Commedia alle superiori o all'università ha mai usato questo termine per definire una discesa nell'Ade e ora grazie a Von Trier lo so. Grazie ad Alessandra poi ho anche colto molti dei riferimenti "pop" presenti non solo nella catabasi ma anche nel corso del film, uno su tutti l'uso di cartelli scritti a mano dal protagonista per sottolineare alcuni dei concetti espressi, cosa che mi ha permesso di apprezzare maggiormente una pellicola che fa dell'amore per l'arte, per la cultura, per le "icone" e per l'ironica autocritica uno dei suoi punti di forza. Per dire, probabilmente se dovessi incontrare per strada Jack o, come arriva a definirsi nel corso del film, Mr. Sophistication, verrei accusata di essere "simple" o stupida come buona parte delle sue vittime e finirei uccisa nel peggiore dei modi, senza nemmeno rientrare nei cinque incidenti che il protagonista racconta al misterioso Verge, interlocutore di cui per buona parte della pellicola sentiamo solo la voce. Eppure, persino una "simple" come me capisce che il valore di The House That Jack Built non risiede nella sua anima corrotta di opera atta a sconvolgere il pubblico con una violenza insopportabile (se posso permettermi, è vero che il film di Von Trier ha delle sequenze agghiaccianti come quella di Mr. Grumpy, ma Il sacrificio del cervo sacro è MOLTO più insostenibile) ma nei botta e risposta tra Jack e Verge, all'interno dei quali una metodica, crudele follia viene combattuta con un'ironica razionalità... senza che vi sia un netto vincitore, perché a dispetto dell'apparente disinteresse di Verge, la strisciante, colta e raffinata oscurità di Jack minaccia di affascinarlo.


E dunque cos'è, in definitiva, questo The House That Jack Built? In sostanza, sono due ore di riflessione sulla fondamentale malvagità dell'esistenza, di terrificante correlazione tra arte o genialità e le peggiori cose mai capitate al genere umano, di una natura che non è meno terribile o fredda, un mix tra Dante Alighieri e Goethe all'interno del quale Von Trier entra a gamba tesa, col suo pessimismo e lo strascico di tutte le critiche che gli sono piovute addosso nel corso degli ultimi anni, riuscendo a confezionare un film molto valido dal punto di vista della regia e della parte più "riflessiva" della sceneggiatura, meno interessante dal punto di vista del mero, voyeuristico spettacolo "horror". Intendiamoci, come ho scritto sopra The House That Jack Built (titolo tratto da una nursery rhyme inglese che in pratica è la versione originale di Alla fiera dell'Est) non è privo di momenti nauseanti, ma come riflessione sulla natura di serial killer è molto meglio il recente The Clovehitch Killer, anche perché Jack è un maniaco terribilmente sfigato (benché vanesio ed arrogante) e meritevole di essere preso in giro da Verge, soprattutto nel corso del secondo incidente. Ed effettivamente, più del pur bravo Matt Dillon è lo straordinario Bruno Ganz a fare da mattatore, con la sua sola voce contrapposta a quella del protagonista; pacato, disilluso, ironico, perplesso e distaccato, l'attore tedesco diventa la nostra guida nei meandri della mente di Jack, ci consente di prenderne le distanze e talvolta anche di sbeffeggiare la sua presunta superiorità nei confronti del genere umano (sicuramente sbaglio ma l'ho letto come un invito a prendere più alla leggera anche Von Trier), a non "ragionar di lui ma guardare e passare", ché tanto la livella della morte alla fine mette tutti sullo stesso piano, geni malvagi o semplici ochette strillanti che siano. Von Trier sembra suggerire che il tempo delle icone è passato e che la modernità attuale rischia di lasciare ai posteri soltanto della grande mediocrità e la mera illusione di avere contato qualcosa o cambiato il mondo, soprattutto perché tutti sembrano concentrati solo ed esclusivamente su se stessi, sui loro piccoli desideri malvagi reiterati come se fossero davvero importanti. E considerato che questo, a quanto pare, rischia di essere l'ultimo film diretto dal regista, l'utilizzo di Hit the Road Jack! sul finale suona ancora più come autoironica presa in giro. Ci saremo liberati definitivamente del piccolo Lars?


Del regista e co-sceneggiatore Lars Von Trier ho già parlato QUI. Bruno Ganz (Verge), Uma Thurman (Donna 1), Riley Keough (Simple) e Jeremy Davies (Al) li trovate invece ai rispettivi link.

Matt Dillon interpreta Jack. Americano, lo ricordo per film come I ragazzi della 56ª strada, Rusty il selvaggio, Drugstore Cowboys, Da morire, In & Out, Sex Crimes - Giochi pericolosi, Tutti pazzi per Mary, Tu io e Dupree, inoltre ha partecipato a serie quali Wayward Pines e doppiato episodi de I Simpson. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 54 anni e due film in uscita.


Siobhan Fallon Hogan  interpreta Donna 2. Americana, ha partecipato a film come Caro zio Joe, Forrest Gump, Striptease, Men in Black, Il negoziatore, Dancer in the Dark, Dogville, Funny Games, ... e ora parliamo di Kevin, e a serie quali Wayward Pines e American Gods. Anche sceneggiatrice, ha 58 anni e due film in uscita.


Il film era stato annunciato come una miniserie di otto episodi ma alla fine Von Trier ha deciso di realizzare un lungometraggio. Se The House That Jack Built vi fosse piaciuto recuperate The Clovehitch Killer e Il sacrificio del cervo sacro. ENJOY!


12 commenti:

  1. Von Trier poco lo tollero, ma riproverò. Con un genere, con una storia folle, questa volta più congeniale a me e sorpattutto al suo cinema estremo. So che non sarà amore, eh, ma mi impegno. :)

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    1. Vabbé ma è un po' arduo che con Von Trier sia amore al 100 per 100, anche con altri film a me più congeniali.
      Però questo è molto meno antipatico di Nymphomaniac e Antichrist, perlomeno.

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  2. anche a me è piaciuto, ne ho parlato dalle mie parti xD

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  3. Me ne tengo alla larga, specie dopo aver letto il tuo commento che conferma i miei sospetti. Non credo che tu sia "simple", se non per scherzo. È Trier ad essere intellettual-snob. Se non ci mettesse le ninfomaniache o i serial killer per attirare il pubblico , la sala rimarrebbe deserta.

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    1. Meglio i serial killer delle ninfomaniache comunque XD

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  4. Il riferimento a Bob Dylan l'avevo colto. Il significato di Katabasis invece ammetto che mi era sfuggito...

    Ultimo film di Lars?
    No, dai. Non può essere!

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    1. Beh, ho dovuto cercarlo sul vocabolario perché non mi andava troppo di perdermene un pezzo :P

      Eeeh, chissà!

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  5. Sai come la penso su Trier e, mi duole dirlo, non mi fa cambiare idea a questo giro. Più che un invito a prenderlo meno sul serio, mi è sembrato un incredibile pippone a due mani :/

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    1. Ma veramente?
      Io a tratti ho riso. Beh, era successo anche con Nymphomaniac.
      Sono una brutta persona forse? XD

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  6. Pur essendo su posizioni fortemente anti-Trier, ho alla fine visto il film e l'ho trovato l'unica cosa decente fatta da questo regista, tra alti e bassi. Grandi Dillon e Ganz.

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    1. Ganz soprattutto, una prova incredibile per questo grande attore!

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