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mercoledì 20 febbraio 2019

Cold War (2018)



Ci stiamo avvicinando a grandi passi alla notte degli Oscar, quindi ho recuperato Cold War (Zimna wojna), diretto e co-sceneggiato nel 2018 dal regista Pawel Pawlikowski e candidato a te statuette: Miglior Film Straniero, Miglior Regia e Miglior Fotografia.


Trama: negli anni subito seguenti la seconda guerra mondiale, un compositore polacco cerca di convincere una cantante a fuggire con lui a Parigi.



Cold War potrebbe fare idealmente il paio con Roma per la sua natura di film confezionato benissimo ed affascinante ma dalla trama poco coinvolgente, almeno per come l'ho percepito io. L'amore tra Zula e Wiktor, Romeo e Giulietta di una Polonia  post-conflitto mondiale dove la speranza di libertà è stata subito oppressa dall'arrivo del regime di stampo stalinista, si snoda tra pochi alti e moltissimi bassi in un tira e molla continuo fatto di ardente passione, depressione blasé, tradimenti, escamotage per potere rimanere assieme e musica, tantissima musica. Una guerra fredda che non è solo quella tra un est sempre più povero e retrogrado e un ovest ricco di opportunità, ma anche tra diverse generazioni e due modi opposti di intendere la vita. Da un lato abbiamo Wiktor, piacente compositore già probabilmente oltre i quaranta, che dalla natia Polonia non può e non vuole più pretendere nulla e ambisce a farsi un nome altrove, dall'altra abbiamo la giovanissima Zula, restia ad abbandonare la patria soprattutto nel momento di maggior successo raggiunto a scapito di una vita difficilissima. Lui cerca di scappare, sperando di portarsi dietro lei, ma la fanciulla lo lascia andare a Parigi da solo; parrebbe che questo sentimento, già nato tra mille difficoltà, non riuscirà mai a concretizzarsi e invece i due si ritroveranno sempre, nel corso di quindici lunghi ed intensi anni, spinti a sprofondare nel baratro dalla passione incostante di lei e dall'amore incondizionato di lui. Unico punto fermo per entrambi, la musica, in tutte le sue declinazioni. L'amore tra Zula e Wiktor nasce con la musica popolare delle loro terre, piegata poi ai voleri del nuovo regime, e si impantana durante la realizzazione di un disco a Parigi, impersonale e "bastardo", come direbbe Zula; nel mezzo, mille declinazioni di melodie, dalla musica classica a quella jazz, passando per la lirica fino ad arrivare al trash esotico alla Carmen Miranda, specchio di un declino che non è solo musicale ma anche e soprattutto psicofisico.


Tra un numero musicale e l'altro, gradevoli e perfettamente intrecciati alla trama, la storia di Cold War scorre sullo schermo come se fosse scandita da una serie di diapositive, microepisodi che segnano il passare degli anni. Ciò che accade a Wiktor e Zula tra un incontro e l'altro importa poco e comunque viene proposto allo spettatore attraverso alcuni dettagli e spezzoni di dialoghi; quel che conta è la musica, la bellezza dei due interpreti enfatizzata da un bianco e nero abbacinante e perfettamente fotografato, capace di infondere in ogni fotogramma quell'aria di raffinatezza vintage, di cinema d'altri tempi, purtroppo privo dello stesso calore di un tempo. Dei due protagonisti, indubbiamente quella che si fa ricordare di più per carisma e fascino è la bionda Johanna Kulig, elegante come una diva del cinema anni '50, tuttavia il suo è un personaggio che ho trovato insopportabilmente banale, la tipica femme fatale (come rimarcato anche nei dialoghi) piena di problemi esistenziali fondamentalmente inutili; lui, dal canto suo, ha quella bellezza sciupata che lo rende interessante ma obiettivamente viene eclissato dalla compagna, privato della verve che potrebbe renderlo più di un semplice "uomo col borsello", destinato a consumarsi nello spleen di un sentimento che farebbe scappare la pazienza a un santo. Detto questo, nulla da togliere alla bellezza formale dell'insieme, alla bravura del cast e alla particolarità della colonna sonora, tuttavia non sono rimasta toccata da questa tragica storia d'amore come avrei voluto, potuto e dovuto. Come a dire, non è solo la guerra ad essere fredda.

Pawel Pawlikowski è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Polacco, ha diretto film come Last Resort - Amore senza scampo, My Summer of Love e Ida. Anche produttore e attore, ha 62 anni e un film in uscita.




14 commenti:

  1. Le prime due righe della tua recensione dicono tutto: concordo in pieno, film formalmente ineccepibile ma, per me, poco coinvolgente e freddo come il ghiaccio. Però siamo in pochi a pensarla così… (quasi) tutti hanno esaltato questa pellicola. Magari la rivedrò...

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    1. Boh, io anche a ripensarci a distanza di giorni giuro che non provo nulla. Diversamente per Roma e persino per Se la strada potesse parlare.
      Sarà che ormai dopo tutti questi recuperi sono satura?

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  2. Nel mio caso l'emozione c'è stata, ho trovato meraviglioso il finale, però ho gradito poco la sceneggiatura a spizzichi e bocconi, troppo frammentaria.

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    1. La frammentazione della sceneggiatura è particolare e non mi ha dato fastidio, tuttavia ho trovato in generale la storia d'amore inflazionata e banalotta. Peccato.

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  3. Ero partita con tutte le migliori intenzioni, visto che Ida mi era piaciuto parecchio. E invece niente, questo proprio non mi ha conquistato. Ho detestato lei e malsopportato lui.

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    1. Lui secondo me è un figo. Già solo quello gli da dei punti XD
      Ida sono anni che dovrei vederlo...

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    2. perché, della biondina ne vogliamo parlare? :D tanta roba!

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    3. Beh ma lei è splendida. Peccato per la banalità della femme fatale che è costretta a interpretare.

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  4. Si sarà capito dall'header, ma a questo film ho voluto davvero bene. C'ho messo un po' ad entrare nella sceneggiatura ad episodi, ma loro, il finale, mi hanno scaldato il cuore. E quella fotografia chi se la scorda più?

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    1. La struttura a episodi tra l'altro è assai simile a Mirai, uno dei candidati al Miglior Film d'Animazione :D

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  5. Non siamo ancora riusciti a vederlo, e anche se ne ho sentito spesso parlare bene ho letto anche stroncature motivate, come la tua e quella di Poison ... quindi, se andremo a vederlo non avremo grosse aspettative, quindi magari non rimaremo delusi ... su Roma concordo in pieno: grandissmo film come pochi. Strameritate le lodi, e spero venga sommerso dagli Oscar (per quanto valgono).

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    1. Secondo me lì dipende quanto riuscirete a farvi affascinare dagli interpreti e dalla loro dolente storia d'amore.
      Per Roma.. chissà. Visto al cinema probabilmente mi avrebbe catturata molto di più, su Netflix le immagini perdono molto, si sbiadiscono.

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  6. il paragone con Roma ci sta e l'ho fatto anch'io...
    con la differenza che a me sono piaciuti entrambi, non moltissimo ma diciamo molto...
    sarà che privilegio spesso la bella confezione sulla sostanza (sono un esteta checcedevofà)..
    però credo che in molti la pensino come te e che trovino questo film decisamente freddo...
    ciao

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    1. A volte capita anche a me ma stavolta non mi ha granchè impressionato il "cuore" della vicenda o comunque non l'ho trovato particolarmente innovativo.

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