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venerdì 9 febbraio 2024

Flux Gourmet (2022)

Avrei voluto riaprire la rubrica Bolle di Ignoranza, ché non ho capito molto questo Flux Gourmet, diretto e sceneggiato dal regista Peter Strickland, ma magari con l'aiuto di qualcuno che lo ha visto...



Trama: un collettivo di artisti le cui performance si basano sui suoni prodotti dalla cottura del cibo sperimentano tensioni e problemi all'interno di una sontuosa villa, mentre lo scrittore incaricato di intervistarli comincia a soffrire di disturbi gastrici sempre più invalidanti.


Flux Gourmet è un film che ho dovuto ricominciare un paio di volte dopo essermi addormentata passati giusto venti minuti, e non è che dopo essermi risvegliata lo abbia apprezzato granché. A mia discolpa, posso dire di avere forse approcciato Flux Gourmet nel modo sbagliato, pensando che fosse un horror come In Fabric, film di Strickland che invece avevo molto gradito, mentre la sua ultima opera è più una commedia grottesca che mescola elementi autobiografici e uno stile che rimanda a quello di Greenaway e Lanthimos. Protagonisti del film sono un gruppo di artisti senza nome le cui performance riguardano il "sonic catering", ovvero la realizzazione di spettacoli in cui l'elemento fondamentale è la riproduzione dei suoni derivati dalla cottura in diretta del cibo, che è poi la stessa cosa in cui si cimenta Strickland col suo gruppo musicale The Sonic Catering Band. Il terzetto di artisti, capitanati dalla prepotente Elle di Elle, viene ospitato nella magione di Jan Stevens, una sorta di mecenate che, periodicamente, apre le porte del suo elegante palazzo a collettivi diversi e li affida alle "cure" di Stones, il cui compito è di intervistarli e realizzare una sorta di libretto introduttivo per il pubblico. Purtroppo, Stones ha i suoi problemi, derivanti da un reflusso gastrico e un'aerofagia che non gli lasciano scampo e che lo costringono a lunghe sedute in bagno e ad evitare contatti umani troppo ravvicinati, il che non è affatto facile tra spettacoli, interviste e cene con discussioni annesse. La trama di Flux Gourmet parte da queste premesse e ruota attorno a screzi sempre più pesanti non solo tra i membri del collettivo, esasperati dalle manie di controllo del "capo" Elle di Elle, ma anche tra quest'ultima e Jan Stevens, che vorrebbe invece dire la sua su alcuni aspetti dello spettacolo e non accetta il carattere testardo di Elle, inoltre viene presa di mira da un altro collettivo di artisti scartati; parallelamente ai problemi "artistici", ci sono quelli più terra terra di Stones e gli esami sempre più invasivi a cui viene sottoposto dal Dr. Glock, che a poco a poco vengono inglobati nelle performance via via più estreme del collettivo.


Il mio scarso apprezzamento del film deriva, di base, dal non aver colto appieno il nocciolo della questione. Immagino, vista la natura grottesca e volutamente esasperata delle performance del collettivo e, soprattutto, del corollario alle stesse (orge, monologhi aventi come argomento manuali di cucina o feticismi, piuttosto che scenette mute dove gli attori seguono un copione letto da Jan Stevens in cui si descrivono personaggi che fanno la spesa), che il film voglia essere in primis una critica agli artisti pieni di sé, all'arte volutamente criptica e onanistica, al vuoto che si nasconde dietro una parvenza di cultura. Il fatto che Stones racconti le sue sventure con una voce fuoricampo che parla in greco, a mio avviso, sottolinea l'incomunicabilità che parrebbe essere un po' il fil rouge del film, all'interno del quale tutti sono più o meno egoisti e focalizzati solo sulla loro visione delle cose, oppure impegnati a mostrare chi ce l'ha più grosso artisticamente parlando; Stones, coi suoi problemi intestinali e la sua conseguente tendenza a tenersi in disparte, sembra proprio incarnare l'uomo comune che ha gatte ben più grosse da pelare, legate a questioni che non toccano minimamente l'artista, almeno finché quest'ultimo non può farle proprie ed "elevarle", decontestualizzandole per il divertimento, il piacere o lo shock del pubblico. D'altra parte, Strickland suggerisce che l'arte, se ben utilizzata, possa anche essere spunto per riflessioni interessanti e discussioni, e lo stesso vale anche per il cibo (si pensi alla visione patriarcale della cucina, luogo riservato esclusivamente alla donna che deve compiacere l'uomo dietro ai fornelli, oppure alla natura talvolta discriminatoria delle abitudini alimentari, da quelle volute a quelle imposte, e al disagio che esse possono creare durante le occasioni conviviali), a fronte ovviamente di interlocutori interessati ed aperti di mente, altrimenti si rischia di avere davanti un Dr. Glock che asfalta chi dimostra di non possedere cultura accademica, e allora non c'è confronto.


A dirla tutta, però, Flux Gourmet mi è parso molto simile a ciò che dovrebbe criticare, cioè un criptico esercizio di stile zeppo di immagini particolarmente intriganti. Quello che non manca a Strickland, infatti, sono lo stile e il gusto per gli attori particolari. A partire dalle mise assurde di Jan Stevens, interpretata da una Gwendoline Christie elegante e bellissima, col suo modo di parlare cortese ed affettato, passando alla realizzazione delle performance del collettivo (un tripudio di suoni distorti e inquadrature ad effetto, con una sequenza in particolare difficile da sopportare senza farsi venire conati di vomito), per arrivare alle inquadrature teatrali non solo delle estemporanee del terzetto (adoro vedere la mimica caricata dei personaggi, immersi nella luce blu del palcoscenico) ma anche delle sveglie mattutine, seguite dalle passeggiate accompagnate dal brano più evocativo e barocco della colonna sonora, tutto in Flux Gourmet è curato fino all'ultimo dettaglio, tanto che il film è un piacere per gli occhi. Inoltre, l'interpretazione misurata di Makis Papadimitriou, così umanamente imbarazzato e riservato, si fonde alla perfezione con quelle degli altri attori, spesso assai caricate e grottesche, in particolare quella di Richard Bremmer, che continua ad essere uno dei vecchi più inquietanti del cinema recente, e ovviamente di Fatma Mohamed, la quale unisce la fisicità elegante di una ballerina a una trivialità a malapena tenuta a bada. In conclusione, non posso dire che Flux Gourmet non sia un film interessante e ben realizzato, tuttavia rischia di non essere, stavolta è il caso di dirlo, cibo per tutti i palati, quindi vi suggerirei di approcciarvi con molta cautela. 


Del regista e sceneggiatore Peter Strickland ho già parlato QUI. Asa Butterfield (Billy Rubin) e Gwendoline Christie (Jan Stevens) li trovate invece ai rispettivi link.


Fatma Mohamed, che interpreta Elle di Elle, è collaboratrice assidua di Strickland, col quale ha lavorato in Berberian Sound Studio e In Fabric. Se Flux Gourmet vi fosse piaciuto o se volete prepararvi ad affrontarlo, recuperate In Fabric (l'unico altro film di Strickland che ho visto, volendo potete tentare anche Berberian Sound Studio e The Duke of Burgundy ma non posso darvi un parere in merito) e Climax. ENJOY!

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