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venerdì 25 febbraio 2011

Il Grinta (2011)

Andando a rivedere i post dell’anno scorso, mi rendo conto che a febbraio i film proiettati nei cinema sono qualitativamente migliori rispetto al resto dell’anno. Sarà perché gli Oscar sono imminenti, probabilmente, comunque sia se il risultato è la possibilità di vedere dei bei film come Il Grinta (True Grit) dei fratelli Coen non posso davvero lamentarmi.

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Trama: la quattordicenne Mattie Ross arriva nella città dov’è stato ucciso suo padre, decisa a cercare vendetta contro il suo assassino, il bandito Tom Chaney. Per riuscire nell’intento ingaggia il vecchio sceriffo Cogburn, un ubriacone dalla fama di duro, e alla strana coppia si unisce il ranger texano LaBoeuf. Comincia così una caccia all’uomo che metterà alla prova la “grinta” di tutti i coinvolti…

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Tra i generi cinematografici, quello western è probabilmente quello che conosco di meno. Mi è capitato di guardare il bellissimo Un dollaro d’onore e l’altrettanto bello Il buono, il brutto e il cattivo (anche se quest’ultimo rientra già nel campo degli spaghetti western se non sbaglio), e come tutti i bambini degli anni ’80 sono stata cresciuta da Trinità, ma non vado oltre a questo. Quindi, non conosco nemmeno Il grinta originale, diretto nel 1969 dal regista Henry Hathaway, che ha fatto vincere l’Oscar a John Wayne proprio grazie al ruolo di Cogburn. Proprio per questo non posso fare un confronto tra l’originale ed il remake dei Coen, né parlare dall’alto di una conoscenza del genere: posso solo dire che Il Grinta è uno splendido film, che supera qualsiasi “etichetta”.

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Guardandolo, mi sono resa conto che probabilmente il “vecchio west” è qualcosa di talmente connaturato ormai nei nostri miti e nel nostro immaginario che un film simile risulta quasi rilassante, amichevole, “accogliente”. Le praterie sconfinate, le stellette sul petto, gli abiti polverosi quasi tutti sui toni del nero, dell’ocra, del marrone, i volti sporchi dei banditi, gli speroni, i cavalli, sono tutti elementi che risultano familiari a qualunque spettatore, e anche la storia è universale, con il protagonista che desidera vendetta nei confronti di chi ha fatto del male ad un suo caro. Però fin dall’inizio Il grinta si mostra come qualcosa di particolare, e lo fa non tanto per il protagonista che da il titolo al film, quanto per la piccola e tostissima presenza femminile. Mattie Ross è un’adorabile, insopportabile so-tutto-io dalla faccia tosta, una quattordicenne che da dei punti sia al vecchio sceriffo ubriacone che al ranger texano, e lo fa mantenendo sempre e comunque un’aria credibile. Non è una supereroina, una ninja prodigio o qualsiasi altra idiozia del genere, ma una ragazzina dalla salda educazione scolastica , dalla fede incrollabile e dai saldi principi morali. E i Coen di tanto in tanto ci ricordano l’età di Mattie, mostrandocela colma di pietà per il giovane bandito, capricciosa, impaurita dai serpenti, legata all’amatissimo cavallo Tuttomatto (SPOILER: Ho preso in giro Toto per anni sapendo che si era disperato per la morte del cavallo di Atreiu ne La storia infinita… ora posso dire di avere pianto anche io per un cavallo. La morte di Tuttomatto è semplicemente straziante e un pezzo di cinema d’autore.) e anche, secondo me, un po’ cotta di LaBoeuf.

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Il resto è pura magia Coen, con dialoghi allo stesso tempo profondi e divertenti, quel pizzico di violenza che squarcia la calma apparente, e quella spolverata di neve, che mi riporta alla mente Fargo e che sempre mi meraviglia in un western: non fa sempre caldo in quei posti? Un western “invernale” è doppiamente affascinante, a mio avviso. La regia poi è semplicemente emozionante (bellissima la sequenza della corsa notturna del Grinta in sella a Tuttomatto, cavaliere e cavalcatura che si stagliano neri contro un cielo color indaco mentre, a poco a poco, appare il primo piano col profilo del cavallo sfiancato, ma anche l’epico scontro finale dove lo sceriffo tira fuori finalmente le palle e la sfida al ranger per decretare chi dei due è il tiratore più abile sono momenti indimenticabili e perfettamente girati) e splendidamente accompagnata da una colonna sonora azzeccatissima, che tocca il suo apice sul finale, dolce e amaro allo stesso tempo, una conclusione coerente e nostalgica che riesce a dire ancora qualcosa sui personaggi e sui rapporti che li legava. Voto dieci, ovviamente, a tutti gli attori coinvolti. Jeff Bridges era già uno dei miei miti da tempo, ma qui a tratti sembra posseduto dallo spirito di John Wayne ed il risultato è un personaggio discutibile, rozzo, insopportabile e allo stesso tempo irresistibile, reso vivo e reale dalle migliori caratteristiche di questi due grandi interpreti; stupenda, ovviamente, la piccola Hailee Steinfeld alla quale auguro la migliore delle carriere, e interessante anche Matt Damon, che ho amato soprattutto nei battibecchi con lo sceriffo. Josh Brolin, nonostante il suo personaggio sia il motore del film, si vede poco e conferisce al bandito un alone di miseria, squallore e pochezza tali che verrebbe voglia di mandare a quel paese la bambina per essersi impegnata tanto ad ucciderlo. Ma d’altronde, non erano così sfigati anche i rapitori di Fargo? Spesso l’Empio, come viene scritto a inizio film, non solo fugge sempre anche quando nessuno lo insegue, ma è meno affascinante e scafato di quel che ci si aspetti… quasi banale, e anche goffo. Non certo come i film dei Coen.

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Dei registi e sceneggiatori del film, Joel ed Ethan Coen, ho parlato in questo post. Di Jeff Bridges, che interpreta Rooster Cogburn, ho già parlato qui. Quest’anno è candidato all’Oscar come miglior attore protagonista proprio per questo ruolo, dopo averne già vinto uno nel 2010 per il film Crazy Heart; per il 2011 speriamo che Colin Firth possa rubargli la statuetta, ma se dovesse rivincere Bridges sarei contenta lo stesso. Di Matt Damon, che interpreta il ranger texano Laboeuf ho parlato qui, mentre Josh Brolin, che recita nei panni di Tom Chaney, lo trovate qua. Anche Barry Pepper, qui irriconoscibile nel ruolo di Lucky Ned Pepper, ha già goduto del suo momento di gloria sul Bollalmanacco.

Hailee Steinfeld interpreta la piccola Mattie Ross. Prima di partecipare a Il Grinta ha lavorato per alcuni corti e alcune serie TV che non conosco. Americana, ha 15 anni e quest’anno è candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista proprio per questo film. Auguri!

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Tra gli altri interpreti, segnalo la presenza del già citato (in questo post) figlio di Brendan Gleeson, Domhnall, nei panni del giovane bandito chiacchierone che viene ucciso dal compare. Nell’originale, questo personaggio era interpretato nientemeno che da Dennis Hopper, mentre nei panni di Lucky Ned Pepper c’era Robert Duvall. Per quanto riguarda il “totoOscar”, Il Grinta quest’anno ha portato a casa ben 10 nominations, tra qui quelle importantissime di miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, migliore attrice non protagonista e miglior sceneggiatura non originale. Sinceramente, spero che Hailee Steinfeld si porti a casa la statuetta (con buona pace di Helena Bonham Carter) e lo stesso per i Coen: nonostante come film abbia apprezzato di più Il discorso del re e Inception, come regia i fratellini battono Tom Hopper, almeno quanto Colin Firth batte Jeff Bridges. Come premio di consolazione ci sta tutto anche l’Oscar per miglior sceneggiatura non originale, ovviamente! E ora vi lascio col trailer originale del vecchio Il Grinta con John Wayne! ENJOY!!


1 commento:

  1. Ieri sera me lo sono proprio goduto questo film! : P
    Considerando che il western non mi è mai interessato, a questo giro ho proprio apprezzato la pellicola e soprattutto l'assenza di banalità e luoghi comuni che troppo spesso abbondano nei film. Niente di scontato, me lo sono visto con l'incertezza di sapere cosa sarebbe accaduto.

    Voto dieci all'uomo con la pelle da orso.. un genio incompreso! XD

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