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mercoledì 5 dicembre 2018

Sabrina (2018)

Ogni tanto Neflix prende delle cantonate della Madonna e le spaccia per film da vedere assolutamente, al punto da piazzarle nella home page. E' il caso di Sabrina, diretto e co-sceneggiato dal regista Rocky Soraya.


Trama: la piccola Vanya vive con gli zii dopo la morte dei genitori ma ancora non riesce a superare la mancanza della madre. Attraverso un gioco assai simile alla tavoletta ouija cerca quindi di contattare lo spirito della donna, proprio quando in casa arriva un'inquietante bambola.



La cosa più interessante che potrete ricavare dalla visione di Sabrina, anzi l'unica, è scoprire come l'indonesiano sia zeppo di parole straniere mutuate dall'inglese (le più moderne) e dallo spagnolo o portoghese (probabilmente legate ad oggetti/concetti introdotti dai missionari cristiani e dai commercianti): ho trovato molto buffo che la bambola Sabrina venisse sempre definita come muñeca Sabrina e che i fantasmi fossero le entitas, parola indonesiana più simile all'entitad spagnolo che ad altri modi di definire spettri o spiriti (hantu, dedemitan, polong), per non parlare di quando i personaggi pronunciano frasi come "I love you, I love you more". Questo per dire che Sabrina, nonostante contenga in sé due degli spauracchi più grandi per la sottoscritta, ovvero bambole orribili e demoni, fa talmente schifo che mi sono più volte assopita nel corso della visione quindi ho dovuto trovare altri motivi per tenere desta l’attenzione, ed è talmente trash che mi chiedo come possa Netflix pensare non solo di inserirlo in catalogo ma anche di pomparlo come fosse chissà quale opera d'arte. Sabrina è cheesy proprio a livello di trama, non tanto di realizzazione, ché tal Rocky Soraya si è anche sbattuto a sfruttare una CGI forse troppo invasiva ma non orrenda ed alcuni effetti speciali sanguinari carini, ma innanzitutto bisogna considerare come il film sia lo spin-off di una "saga" sconosciuta ai più come quella di The Doll, con la conseguenza che l'impressione finale di Sabrina sarà quella di aver visto il lungo pilot di una serie TV, con un paio di protagonisti alla Supernatural pronti ad esorcizzare laddove ce ne sia bisogno, armati di spada/piffero taumaturgico e collana dotata di superpoteri. Il resto, beh, non è nulla che Annabelle e persino Puppet Master non avesse già raccontato prima: c'è una muñeca malvagia che è solo lo specchietto delle allodole nonché il rifugio di un demone alla ricerca di un ospite umano, stuzzicato dalla stupidità dei bambini che vanno alla ricerca di entità con l'ausilio di una App (...) e di un giochetto chiamato Charlie, Charlie che l'anno scorso ha fatto proseliti anche in Italia. Tutto ciò, ovviamente, è solo la punta dell'iceberg di eventi messi in moto per altri motivi da altre persone e che sfocerà sul finale in un arresto da facepalm, ché come si fa ad imputare qualcuno per il reato di "fattura", soprattutto dopo essersi rivolti al Diego Abatantuono indonesiano degli evocatori di demoni?


Altra cosa non trascurabile è la bruttezza rara di Sabrina, al cui confronto Annabelle è la bambola che tutte le bambine vorrebbero in casa. Occhi giganteschi, tratti da vecchio transessuale rifatto, capelli ricci a tenda, una testa sproporzionata rispetto al resto del corpo et volilà! il nuovo prototipo di Sabrina, ché quello vecchio probabilmente non era ancora così brutto. Tra l’altro, da quel che ho capito leggendo sul web la trama di The Doll 2, dove compare la versione vecchia di Sabrina, già la figlia della protagonista aveva una di queste bambocce orrende che l’ha uccisa, quindi perché decidere di regalare la Sabrina 2.0 alla propria nipotina e futura figliastra? Non ti rendi conto che questi giocattoli orripilanti non possono essere altro che veicoli del Demonio o maledetta mentecatta? Come puoi dire a una bambina orfana di madre “Quando ti senti sola abbraccia Sabrina, vedrai che ti proteggerà!” senza sentirti nemmeno un po’ in colpa? Davvero, guardando Sabrina la suspension of disbelief dello spettatore, solitamente messa a dura prova da questo genere di film già quando sono ben realizzati, rischia di abbandonarlo per sempre ma mai quanto il suo senso architettonico, offeso dalla cafonaggine di edifici residenziali privati a sette piani, come minimo, dotati di ingressi assai simili a quelli delle chiese occidentali, al confronto dei quali le ville dei Casamonica sono esempio di sobrietà. Direi quindi che la mia prima esperienza con il cinema indonesiano, soprattutto quello di genere, non è stata granché positiva visto che Rocky Soraya ha scelto di ammucchiare tutti i cliché della saga The Conjuring/Annabelle e mescolarli con uno throwback J-Horror loffio in quanto privato di ciò che faceva davvero paura negli horror nipponici d’inizio millennio, quell’atmosfera opprimente ed invasiva che riusciva a rendere spaventevoli quelle demonesse dai capelli lunghi che si muovevano a scatti. E che perlomeno all'epoca non erano dotate di canappia. Meglio puntare quindi sull’altra Sabrina di Netflix, la bionda protagonista di Chilling Adventures of Sabrina, serie davvero pregevole.

Rocky Soraya è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Indonesiano, ha diretto film come The Doll, The Doll 2 e Mata Batin. E' anche produttore e ha un film in uscita.


Il film è lo spin-off di The Doll e The Doll 2, di quest'ultimo è anche il sequel visto che tornano tutti i personaggi; personalmente non mi sento di recuperarli ma voi potete farlo se Sabrina vi è piaciuto, aggiungendo magari la saga de La bambola assassina, Annabelle e Annabelle: Creation. ENJOY!


3 commenti:

  1. L'omonima su Netflix mi aveva confuso in effetti. Poi per fortuna ho beccato la Sabrina giusta, Spellman. Nonostante ingrani timidamente, ho apprezzato lo splatter e l'ironia nera: ben poco da teen americano. E poi quanto è splendida Miranda Otto? Sulla bambola omonima, invece, mi sa che soprassiedo.

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    1. Concordo in pieno su Sabrina, anche se la serie a fumetti è MOLTO più splatter. Ma Miranda Otto compensa con un'eleganza stratosferica!

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  2. Questo è l'ennesimo film estremamente scarso con cui Netflix sta riempiendo il catalogo in vista della fuoriuscita delle case di produzione come Disney o Warner

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