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martedì 4 ottobre 2022

Blonde (2022)

Siccome il multisala di Savona ha deciso di consacrare la programmazione settimanale a puttanate (Taddeo l'esploratore, Tutti a bordo) e film vecchi che poco mi interessa rivedere al cinema (Avatar in tutte le versioni possibili e immaginabili), ho dovuto ripiegare sul film di punta di Netflix, ovvero Blonde, diretto e co-sceneggiato dal regista Andrew Dominik a partire dal romanzo omonimo di Joyce Carol Oates.


Trama: il film racconta parte della vita di Marilyn Monroe, divisa tra una fama necessaria e una desiderata normalità, dalla tragica infanzia al presunto suicidio...


Come sempre, prima di vedere un film sulla bocca di tutti ho fatto l'unica cosa possibile: non ho letto niente in merito, anche se stavolta non è stato per nulla facile visto che chiunque, persino chi guarda un film all'anno, ha sentito il bisogno di esprimere un'opinione su Blonde. Considerato che non ho mai letto il romanzo di  Joyce Carol Oates e che di Marilyn Monroe conosco solo pochi fatti risaputi da chiunque, non sapevo proprio cosa aspettarmi dall'opera di Andrew Dominik, tranne il fatto che Blonde NON è un biopic accurato, bensì una rivisitazione della vita della bionda icona, una libera interpretazione, se vogliamo. Talmente libera, in effetti, che gli appassionati di biografie farebbero meglio ad astenersi dalla visione, in quanto Blonde è più un incubo allucinato che una ricostruzione di fatti, per quanto romanzati; per intenderci, chi ha odiato Spencer probabilmente detesterà Blonde, in quanto, anche in questo caso, il regista abbraccia completamente il punto di vista di una mente spezzata, inquieta e disperata, senza badare molto alla verità. Si può proprio dire che non c'è una gioia che sia una all'interno di Blonde, che parte raccontando l'orrore vissuto da una Norma Jeane bambina per mano di una madre depressa e malata e prosegue offrendo il ritratto di una donna divorata dagli sguardi e dalle voglie altrui, impossibilitata a trovare un equilibrio tra la Marilyn Monroe desiderata dal pubblico, dagli studios e dai giornalisti, e la Norma Jeane che vorrebbe solo vivere un'esistenza normale, circondata da affetti di cui è sempre stata tragicamente priva. Il film è scioccante per la violenza che viene mostrata, sia fisica che psicologica, e per il modo in cui alcuni eventi assumono realmente le fattezze di un horror vissuto da una persona trascinata sistematicamente in fondo al baratro nel momento esatto in cui tenta di tirarsene fuori (ogni uomo mostrato nel film è ugualmente deprecabile, tranne forse Arthur Miller, che tuttavia a un certo punto sparisce, e proprio quando Marilyn avrebbe più bisogno di una persona accanto, quindi se non viene rappresentato come orribile esempio di umanità, risulta comunque inutile); Blonde, in questo senso, demolisce il mito di una Marilyn stupida e fragile, perché la stupidità era solo una maschera che l'attrice, tra l'altro, neppure voleva indossare e che agli altri faceva più comodo vedere, mentre se fosse stata davvero fragile non sarebbe probabilmente nemmeno arrivata a compiere 20 anni.


Poiché, spesso, le vicende assumono toni onirici ed allucinati, lo stile di Blonde non è assolutamente lineare, né si può sperare in una consecutio temporum, se non quella vaga di una cronologia generica scandita più che altro da un paio di film particolarmente conosciuti e un paio di mariti ed amanti eccellenti, peraltro mai chiamati per nome. Andrew Dominik rinuncia al realismo e gira il film principalmente in bianco e nero, con alcuni inserti realizzati come i film a colori anni '50 o come vecchi filmati casalinghi, a sottolineare quanto la vita di Norma Jeane fosse così intrecciata al mito di Marilyn Monroe da rendere impossibile distinguerle, ed è inquietante come spesso e volentieri il regista inserisca delle riproposizioni anastatiche di foto o filmati ormai diventati parte del patrimonio culturale dell'umanità, soprattutto perché ad ogni immagine familiare riuscivo a sentirmi in colpa, parte di quel pubblico che ha condannato Marilyn ad essere (e a venire tramandata) sempre in un certo modo. E la stessa Marilyn è stata fatta rinascere per l'occasione, non grazie all'ausilio dell'odiata ed irrispettosa CGI, ma grazie ad un attrice che porta sulle spalle tutto il peso del film e che, a tratti, sembra la reincarnazione della bionda bombshell. Ana De Armas è spettacolare, non solo si annulla fisicamente nei panni di Marilyn, ché lì si giocherebbe nel territorio "facile" del cosplay, ma ne tira fuori l'anima tormentata, e nello sguardo riesce a racchiudere la condanna di rimanere perennemente una bambina spaventata, l'orrore di rappresentare un giocattolo sessuale, la dignità di chi cerca di mostrarsi al di là dei preconcetti, la tristezza di chi comunque è destinato a non essere capito ed accettato per ciò che è, il dolore di chi vorrebbe essere madre e non riesce, i rarissimi sprazzi di felicità incarnati da pochi, nervosi sorrisi che contrastano con quello sexy, quasi vorace, al quale siamo abituati a pensare quando si parla di Marilyn. Certo, la De Armas probabilmente non basta ad "alleggerire" un film imperfetto nei ritmi e nelle intenzioni, lacunoso ed impreciso a livello biografico, che comunque richiede molto allo spettatore, sia in termini di tempo che di attenzione, e che rischia di lasciare insoddisfatta la maggior parte degli utenti, ma qualcuno potrebbe venire catturato dall'elegante, perverso fascino di Blonde, com'è successo a me... Quindi vi invito a trovare una sera (o un paio, non si offenderà nessuno se spezzerete la visione in due) per dare almeno una chance a questo film. Se vi va di parlarne, ci risentiamo nei commenti!


Di Ana de Armas (Norma Jeane), Julianne Nicholson (Gladys), Sara Paxton (Miss Flynn), Xavier Samuel (Cass Chaplin), Bobby Cannavale (Ex Atleta) e Adrien Brody (il Drammaturgo) ho parlato ai rispettivi link.

Andrew Dominik è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Neozelandese, ha diretto film come L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford e Cogan - Killing Them Softly. Ha 55 anni. 


Il romanzo di Joyce Carol Oates era già stato adattato nel 2001 in una miniserie TV in due parti dal titolo omonimo. Sia Naomi Watts che Jessica Chastain (il film è in progetto dal 2010) erano state considerate per la parte ma entrambe hanno rinunciato. Ciò detto, se Blonde vi fosse piaciuto recuperate Spencer. ENJOY!
 

6 commenti:

  1. Io l'ho trovato estremamente pesante. Pesantissimo. Sia per i contenuti che per il ritmo e, non ultima, la volgarità e la gratuità di certe scene. Ecco, se non lo avessi visto al cinema credo che a casa mia lo avrei abbandonato dopo nemmeno un'ora... Confezione notevole comunque, così come l'interpretazione della De Armas. Ma nell'insieme parecchio indigesto.

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    1. Alcune scene sono state da pelle d'oca anche per me, Blonde a tratti è più brutale ed esplicito di molti horror, soprattutto per il risvolto psicologico delle violenze subite dalla protagonista. Ammetto di non avere colto appieno lo scopo dell'operazione, e posso capire che risulti indigesto sia per i fan di Marilyn che per molti spettatori, però io l'ho trovato "intrigante". Non ho un modo migliore per descriverlo.

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  2. Sono partito dalle tue stesse premesse, non sapendo su Marilyn altro che qualche sparuta notizia nota a tutti, quindi il trovarmi davanti a un film anti-biografico è stata una sorpresa, che però non mi è dispiaciuta. Visti i tempi (e visto qualche chiarissimo accenno) ne sarebbe venuta fuori la solita reinterpretazione revisionista di cui faccio volentieri a meno.
    L'ho visto come se Adrian Lyne avesse scritto un film dove una donna subisce un'allucinazione e vive alcuni momenti topici della vita di Marilyn, con la giusta dose di spavento e stupore. Che fosse proprio "quella" Marilyn alla fin fine non ha molta importanza.
    Piuttosto che fare un film piacione, lecchino, revisionista, alliscia-social e moralista, Dominik ha fatto quello che un cineasta deve fare: un film. Senza aggettivi aggiunti.
    Sono d'accordo con te, vale la pena ritagliarsi del tempo per vederlo ;-)

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    1. Sì, sono d'accordo, forse è proprio questa caratteristica del film che me lo ha fatto apprezzare di più, la volontà del regista di fare un film personale, fregandosene di qualunque cosa. Se gli fosse venuto male avrei da ridire, ma qui la tecnica e la bravura ci sono!

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  3. Per farmi mollare a metà un film con Ana de Armas ce ne vuole, ma ci sono riusciti. Perché fare un biopic per raccontare... qualcos'altro che non è esistito?

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    1. Perché, dichiaratamente, il film non è un biopic. Ma bisognerebbe chiedere i motivi al regista!

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