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martedì 2 settembre 2025

Il sorpasso (1962)

A Ferragosto ho deciso di guardare un film che, con mia somma vergogna, non avevo mai visto prima, nonostante sia un cult famosissimo, ovvero Il sorpasso, diretto e co-sceneggiato nel 1962 dal regista Dino Risi.


Trama: Bruno Cortona, fannullone rimasto solo a Ferragosto, per una serie di circostanze invita un ragazzo appena conosciuto, lo studente Roberto Mariani, a fargli compagnia durante la festività...


Mi ci sono voluti decenni, e un post su Facebook della mia sistah Alessandra, per decidere di fare ammenda ed affrontare, finalmente, una pietra miliare della commedia all'italiana. Che poi, ha senso parlare di commedia nel caso de Il sorpasso? Cercherò di non fare spoiler, perché magari, tra i lettori, c'è qualche bestia ignorante come me vittima di lacune enormi, ma Il sorpasso racchiude in sé tanta di quella amarezza da bastare per giorni, altro che allegria di Ferragosto. Anzi, Il sorpasso ha proprio il sapore triste delle feste comandate, quelle in cui bisogna divertirsi ad ogni costo ed ostentare, sempre e comunque, senza rimanere mai soli, altrimenti sai che vergogna; probabilmente, se oggi decidessero di girare un inopportuno remake, Bruno sarebbe un influencer, o comunque uno di quelli che riempie i suoi social di status accattivanti, con foto di luoghi esclusivi, piatti raffinati, sorrisoni a cinquanta denti e abbondanza di grazie femminili. La verità, con tutto il bene che voglio a un Gassman affascinante e gigione, è che Bruno è un uomo vuoto come la società del boom economico anni '60 rappresentata nel film, una persona invadente e sbruffona che probabilmente manderei a cagare dopo dieci minuti. Nelle sue grinfie, poverino, finisce lo studente Roberto, il quale vorrebbe passare una tranquilla giornata sui libri, magari nell'attesa che compaia la sua vicina di casa, di cui è segretamente innamorato. Roberto si ritrova ad essere l'unico abitante di una Roma vuota, quindi il solo a cui Bruno può chiedere di telefonare a degli amici che (possiamo dar loro torto?) hanno scelto di non aspettarlo e di passare il Ferragosto senza di lui. Piuttosto che rimanere solo, Bruno decide di trascinare Roberto in due folli giornate on the road, a bordo di una Lancia Aurelia lanciata a tutta birra per le strade del Lazio prima e della Toscana poi. Nel corso del viaggio Roberto, così come lo spettatore, ha modo di istaurare con Bruno un rapporto di amore e odio, una fascinazione che gli impedisce di essere risoluto nei suoi saltuari tentativi di tornare a casa per conto proprio; il modo di vivere libero e sfacciato di Bruno, così diverso da quello del timido Roberto, apre la mente del ragazzo a possibilità mai prese in considerazione, sul mondo e sui propri famigliari, sull'amore e le donne, ma anche su se stesso. 


Per quanto riguarda Bruno, invece, Roberto è una delle tante "comparse" di una vita vissuta sempre ai 130 all'ora, curandosi degli altri solo quando sono necessari ad alimentare vanità ed egoismo, magari a scroccare una cena o una scopata. Bruno percepisce il vuoto che lo divora, lo si evince da alcune espressioni, da alcuni dialoghi, dall'irrequietezza che fa del personaggio un uomo sempre in movimento; da questo vuoto, Bruno è in fuga perenne, e probabilmente Roberto rappresenta una momentanea ancora di salvezza, un giovane animo malleabile da impressionare, sì, ma forse anche "educare", in un modo tutto distorto, almeno finché non arriverà qualcos'altro a cui aggrapparsi. E' soprattutto per questo che Il sorpasso mette tristezza, per la profonda differenza dell'importanza che Roberto e Bruno rivestono l'uno per l'altro. Questo, ovviamente, prima dello scioccante finale, che arresta il ritmo scatenato del film con una brusca frenata e un'inquadratura da pelle d'oca sul volto sconvolto di chi, per la prima volta in vita sua, si ritrova faccia a faccia con quel vuoto, quella solitudine da cui cerca di fuggire da sempre. A proposito di ritmo scatenato, la regia di Dino Risi è molto originale e varia. Le riprese delle corse forsennate della Lancia sono da mal di mare e, viste con gli occhi di chi non ha mai vissuto un'epoca di tale "libertà" stradale, sono al tempo stesso esilaranti e angoscianti. In esse, come nella scelta di utilizzare un "io pensante", la voce fuoricampo di Roberto che esterna i pensieri del ragazzo, si sente molto la mano dell'autore, ma personalmente ho apprezzato tantissimo anche gli inserti quasi documentaristici de Il sorpasso, quelle sequenze corali in cui il regista lascia che gli usi e costumi dell'epoca vivano sullo schermo senza filtri. Sembra quasi di trovarsi in una macchina del tempo, e non è difficile lasciarsi catturare dal fascino materialistico di un momento storico in cui tutto sembrava possibile, la povertà della guerra solo un incubo lontano, cancellato da automobili da corsa, sigarette, alcool, abiti e pettinature all'ultima moda, provocanti bikini e juke box. Ne Il sorpasso, si respira la speranza di affrancarsi da una vita retta ma banale, di venire portati via almeno per un paio di giorni dalla monotonia e dall'angoscia di un futuro inquadrato (col posto fisso, moglie/marito, figli), facendo un tuffo nel mare accompagnati da canzonette leggere. E forse, è per questo che guardarlo in un 2025 dove questa sciocca innocenza non esiste più, dove ci si sente stupidi anche solo a pensare di potersi distrarre per un giorno, mette ancora più tristezza. 


Del regista e co-sceneggiatore Dino Risi ho già parlato QUI mentre Jean-Louis Trintignant, che interpreta Roberto Mariani, lo trovate QUA.

Vittorio Gassman interpreta Bruno Cortona. Nato a Genova, lo ricordo per film come Riso amaro, I soliti ignoti, La grande guerra, L'armata Brancaleone, Brancaleone alle crociate, Profumo di donna, C'eravamo tanto amati, Il deserto dei tartari, I nuovi mostri, Caro papà, Sono fotogenico e Sleepers. Anche sceneggiatore e regista, è morto nel 2000, all'età di 78 anni. 


Catherine Spaak
interpreta Lilli Cortona. Francese, la ricordo per film come L'armata Brancaleone, Il gatto a nove code, Febbre da cavallo, Rag. Arturo De Fanti bancario-precario, Io e Caterina; inoltre, ha partecipato a serie come Un medico in famiglia. Anche sceneggiatrice, è morta nel 2022, all'età di 77 anni. 


1 commento:

  1. Uno dei film italiani più belli di sempre (lo vidi per la prima volta nella videocassetta allegata a l’Unità) e che cerco di rivedere ogni anno, rigorosamente a ferragosto; quest’anno ci sono riuscito! Un film perfetto, perfetto in tutto: dalla scrittura, alle musiche (che sono state la colonna sonora dei nostri genitori), alle facce - tutte perfette (dal contadino col borsalino e sigaro alla cameriera “selvatica” del ristorante al porto di Civitavecchia, dall’imprenditore vincente al Cormorano allo sconfitto zio Michele); non c’è un’inquadratura fuori posto, un fotogramma sbagliato (i primi piani che si fermano sui volti di Trintignant e Edda Ferronao subito prima che alla salga in stanza da Bruno, la camera che segue lo sbuffo di sigaretta e che si ferma sul viso annoiato ed ammiccante della ragazza al night sulle note e voce di Peppino Di Capri); un’attrice più bella dell’altra, Catherine Spaak giovanissima ma già di una bellezza matura. Il sorpasso racconta di un’Italia che non c’è più ma non quella ruggente del boom economico che rappresenta in un giorno d’estate Dino Risi bensì quella ferita ma genuina, povera ma ricca di valori del Secondo dopoguerra (e di cui già Calvino sente lo scarto e di cui Scola ne racconterà il canto del cigno in C’eravamo tanto amati): la Roma deserta di ferragosto, la trattoria (chiusa) a San Pietro, la festa di paese, il juke-box e il Cynar dell’autogrill ma soprattutto Bruno che cerca di piazzare la merce dell’incidente stradale mortale ci parla di un Paese che si stava perdendo e poi vendendo perché ogni cosa non ha più valore ma un prezzo; ma un’Italia ancora, che rispetto ad oggi, aveva pur sempre imprenditori alla Olivetti, sindacalisti alla Di Vittoria, sempre stella polare della (nuova) bellezza con il design di Bruno Munari; politici come Calamandrei e Tina Anselmi. Il periodo più felice del cinema italiano che dal Neorealismo si chiude (ancora) con C’eravamo tanto amati quando gli sceneggiatori si chiamavano Zavattini, Flaiano, Monicelli, Suso Cecchi D’amico, Age & Scarpelli. Il sorpasso poi l’epitome, un buddy movie, una commedia girata sotto il sole estivo ma su cui si addensano già nubi malinconiche (e ognuno di noi ha fatto almeno una volta il giro delle stanze che Roberto fa da zio Michele e zia Enrica) con un futuro prossimo da tregenda. Una parola su Bruno Cortona, l’immenso Vittorio Gassman: Bruno non è solo l’eterno Peter Pan che non è mai cresciuto (“Bruno lo considero un figlio un po’ sfortunato” dice la ex moglie Gianna a Roberto), il papà assente che non riconosce neanche la figlia, il cinico pronto a piazzare la merce di un incidente mortale, colui che in un attimo riesce a mettere in discussione le certezze di Roberto (“Tu devi studiare diritto spaziale”) mentre da zio Michele gli smonta in una frase ciò che il nipote pensava della propria famiglia, Occhio Fino compreso… perché Bruno Cortona è anche quell’energia vitale, quella forza irruenta senza freni che per un attimo ci svela chi era nel ricordo di Roberto, chi poteva essere zia Lidia mentre, allo stesso Roberto, consegna quel coraggio per alzare il telefono e prendersi il “suo” caffè (sebbene con quel finale tragico Dino Risi mi ha sempre fatto credere che restiamo quel che siamo e che il destino non cambia per quanto facciamo: insomma anche noi come zia Lidia guarderemo alla finestra Bruno allontanarsi e strombazzare, mentre ci rilegheremo la chioma corvina per tornare dentro nella nostra stanza). Scusa la prolissità ma Il sorpasso è Il sorpasso!

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