Eccoci di nuovo al discontinuo appuntamento con la rubrica Bollalmanacco on Demand! Oggi parliamo di un film scelto dal fan feisbucchiano Rosario, I duellanti (The Duellists), diretto nel 1977 dal regista Ridley Scott e tratto dal racconto The Duel di Joseph Conrad.
Il prossimo film On Demand non è ancora stato scelto! Il primo che ne chiederà uno, commentando sul blog o sul gruppo Facebook, sarà il fortunato "vincitore" e potrà costringermi a vedere e recensire quel che vuole!
Trama: siamo all’epoca delle guerre napoleoniche. Il soldato D’Hubert viene sfidato a duello dal soldato Feraud, per una questione d’onore. Da questo momento comincia una faida che si protrarrà fino al ritorno della monarchia.
Pur avendo studiato qualcosa di Conrad all’università, The Duel è un racconto che non conoscevo affatto e che non sono riuscita a leggere prima di guardare il film, quindi non potrò ovviamente fare un confronto tra i due; inoltre, anche per quanto riguarda il regista Ridley Scott non sarò in grado di approfondire la natura del suo modo di mettere in scena l’opera cartacea, visto che è un autore di cui non sono particolarmente appassionata e che quindi conosco assai poco. Dal punto di vista di un’assoluta profana, quindi, posso dire che I duellanti è un’affascinante storia d’onore ed ossessione, dove le regole della cavalleria spesso e volentieri superano quelle imposte dalla morale comune, il senso della famiglia, lo stesso spirito di sopravvivenza. Queste regole fondamentali non ci vengono spiegate bene nel corso del film, bensì vengono quasi date per scontate, al massimo suggerite, come se fossero parte dell’essenza stessa dei due personaggi principali, elementi imprescindibili del loro modo d’essere.
Il modo in cui il film ci racconta la storia risulta quindi parziale e a tratti straniante. Lo spettatore infatti impara a conoscere bene solo uno dei due contendenti, l’integerrimo D’Hubert; l’intera vicenda viene necessariamente filtrata dal suo punto di vista e non arriveremo mai a capire veramente cosa abbia scatenato l’odio di Feraud nei suoi confronti. Se, infatti, D’Hubert ci viene mostrato anche nei suoi momenti più “umani” e conviviali (con l’amante, gli amici, la sorella, la sposa), Feraud viene invece rappresentato come un’entità quasi astratta, misteriosa, un'implacabile forza della natura (e il volto ferino di Harvey Keitel ben si presta ad incarnarlo alla perfezione) che non si stanca di “perseguitare” il suo antagonista sia in tempo di guerra che in tempo di pace, diventando una costante della sua vita, sicura ed ineluttabile come la morte stessa. Se all’inizio riusciamo a comprendere il motivo scatenante dell’interminabile lotta tra i due, già alla fine del primo, feroce duello le motivazioni si perdono in un vortice di ossessione e irrazionalità, paura e desiderio di mettersi alla prova. Gli scontri tra D’Hubert e Feraud diventano così sempre più slegati dall’idea comune di duello, assai più vicini a quella di reciproco omicidio. E diventano anche sempre più coreografici ed emozionanti, allontanandosi dall’elegante ma statico ideale sdoganato dal Barry Lyndon di Kubrick, fino a diventare dei violenti e sanguinosi esempi di suspance.
Dopo il primo scontro tra i due (comunque già parecchio violento), infatti, lo spettatore assiste ad un incredibile duello con le sciabole, talmente furioso da provocare letteralmente scintille quando le lame si incrociano, e ad una sorta di macabro nascondino risolutivo, presso le rovine di un castello. Il mio momento preferito, tuttavia, si trova più o meno a metà della pellicola, quando D’Hubert si convince di stare per combattere l’ultimo duello, quello che lo porterà alla morte: l’idea di inframmezzare la corsa dei cavalli a secchi flash della vita del protagonista, prima di mostrare lo spruzzo di sangue che sancirà la fine dello scontro, è un capolavoro di suspance, regia e montaggio. Rimanendo sempre sull’aspetto tecnico della pellicola, l’influenza di Barry Lyndon si avverte per tutta la durata del film, soprattutto per quanto riguarda i paesaggi e la fotografia sia degli interni che degli esterni, ma Ridley Scott si concentra più su piani ravvicinati e sequenze dinamiche, poco interessato invero ad omaggiare i quadri e l’arte dell’epoca. Splendido, inoltre, il malinconico ed amaro finale, interamente dedicato alla misteriosa figura di Feraud e ad intensi primi piani degli occhi di Harvey Keitel. Insomma, I duellanti potrebbe non essere un film per tutti, ma a me è piaciuto molto quindi, se dovesse capitare, vi consiglio di guardarlo.
Ridley Scott è il regista della pellicola. Sicuramente uno dei più grandi (e discontinui in quanto a qualità) registi viventi, lo ricordo per film come Alien, Blade Runner, Legend, Black Rain – Pioggia sporca, Thelma & Louise, Soldato Jane, Il gladiatore, Hannibal, Black Hawk Down, Un’ottima annata e Robin Hood. Inglese, anche produttore, attore e sceneggiatore, ha 75 anni e tre film di prossima uscita, tra cui quello che sarebbe dovuto essere il prequel di Alien, l’imminente Prometheus.
Keith Carradine interpreta D’Hubert. Figlio di John e fratello di David e Robert Carradine, ha partecipato a film come Nashville e Cowboys & Aliens, oltre a serie come Kung Fu, Criminal Minds, Numb3rs, Dexter e Dollhouse. Anche produttore e compositore, ha 63 anni e tre film in uscita.
Harvey Keitel interpreta Feraud. Grandissimo e versatile attore americano, sicuramente uno dei miei preferiti, lo ricordo per film come Mean Streets, Alice non abita più qui, Taxi Driver, L’ultima tentazione di Cristo, Thelma & Louise, Le iene, Sister Act – Una svitata in abito da suora, Il cattivo tenente, Lezioni di piano, Occhi di serpente, Pulp Fiction, Dal tramonto all’alba, Il mio west, Red Dragon, Il mistero dei templari; ha inoltre partecipato alle serie Hogan’s Heroes e Dark Shadows. Anche produttore, ha 73 anni e quattro film in uscita.
Albert Finney interpreta Fouche. Inglese, ha partecipato a film come Assassinio sull’Orient Express, Traffic, Big Fish – Le storie di una vita incredibile, Ocean’s Eleven e Un’ottima annata, oltre ad aver prestato la voce per La sposa cadavere. Anche produttore e regista, ha 76 anni e due film in uscita.
Se I duellanti vi fosse piaciuto, consiglierei la visione sia di Barry Lyndon che de Il gladiatore. Vi do l'appuntamento quindi al prossimo On Demand, sono curiosa di capire cosa mi toccherà vedere la prossima volta! ENJOY!
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giovedì 31 maggio 2012
mercoledì 30 maggio 2012
Saint Ange (2004)
Come regalo di precompleanno una collega mi ha portato una decina di horror, dalle provenienze più svariate. Il primo della lista era Saint Ange, scritto e diretto nel 2004 da Pascal Laugier.
Trama: negli anni ’50 una ragazza, Anna, va a lavorare in un orfanotrofio in procinto di chiudere. Lì dovrà lottare per proteggere il suo segreto e per scoprire quelli che si celano nel fosco passato della struttura…
Cominciamo la recensione con una botta di sincerità. Saint Ange non mi è piaciuto, l’ho trovato ammorbante e freddo. Laugier è sicuramente abile come regista e anche come sceneggiatore, perché sia la macchina da presa che la trama si districano senza difficoltà tra la dimensione reale e quella del sogno, mescolando con maestria incubi, fantasmi, sensi di colpa e fobie. Però non c’è un solo minuto di film in cui le sensazioni dei personaggi vengano trasmesse con forza allo spettatore, riuscendolo a rendere partecipe del dramma umano messo in scena. Sì perché Saint Ange, più che un horror, è un thriller psicologico con sfumature soprannaturali, nel quale vediamo come la servetta Anna, costretta a portare avanti una gravidanza seguita ad una violenza di gruppo e quindi colma di odio per quel bambino che porta in grembo, sublimi questo sentimento negativo cercando disperatamente di scoprire cosa sia accaduto, anni prima, ai piccoli ospiti dell’orfanotrofio. Diventa però difficile, per lo spettatore, immedesimarsi in cotanto accanimento nell’indagine, apparentemente immotivato, perché Anna è un personaggio freddo, sfuggente e ambiguo, pur se meravigliosamente interpretato.
Attorno ad Anna, poi, si muovono personaggi reali a vario tasso di insopportabilità e, ovviamente, i fantasmi dei bambini “che fanno paura” e che non riusciremo a vedere fino alla fine. La severa padrona dell’orfanotrofio, la materna badante, la donna – bambina Judith sono figure ambigue quanto la protagonista e sembrano tutte volerle mettere i bastoni tra le ruote, ma incarnano anche tre diversi tipi di femminilità: in particolare, Judith, a mio avviso il personaggio meglio riuscito, rappresenta l’innocenza, l’inconsapevolezza, la verginità se vogliamo, caratteristiche che le consentono di vedere ciò che gli altri ignorano, di percepire quel doloroso mondo “altro” che sfiora tutti gli abitanti dell’orfanotrofio e che, talvolta, arriva ad inghiottirli, come viene mostrato nel finale. A proposito del quale tocca rimarcare la somiglianza con quello di The Orphanage, con la differenza che il film spagnolo, pur se molto triste, era in qualche modo più ottimista di questo Saint Ange; qui la morte viene vissuta come rassegnazione e fuga da una realtà insopportabile, lì veniva vista come atto d’amore. In entrambi i casi, comunque, a beneficiarne sono i bambini condannati ad un destino ingiusto, che nel limbo in cui sono bloccati cercano ciò che è mancato loro in vita. Certo, i bimbi di Saint Ange sono davvero molto più inquietanti di quelli di The Orphanage, ne è testimone il terribile finale girato in piena luce, immerso in un bianco asettico ed abbacinante, assai simile a quello usato in alcune sequenze di un altro angosciante film francese, A’ l’interieur. Il che mi porta a pensare che la gravidanza in Francia non venga vissuta molto bene. E che io non viva molto bene gli horror francesi di ultima generazione, chissà.
Di Catriona MacColl, che qui interpreta Francard, ho già parlato qua.
Pascal Laugier è il regista e sceneggiatore del film. Francese, ha diretto pellicole come Martyrs, che peraltro devo ancora vedere. Anche attore, ha 41 anni.
Virginie Ledoyen (vero nome Virginie Fernandez) interpreta Anna. Francese, ha partecipato a film come La figlia di un soldato non piange mai, The Beach, I miserabili (la versione televisiva con Depardieu e John Malkovich) e 8 donne e un mistero. Ha 36 anni e un film in uscita.
Se il film vi fosse piaciuto, vi consiglierei alcune pellicole dall’atmosfera simile, come il già citato The Orphanage, Dark Water (l’originale giapponese, ovviamente), oppure Two Sisters. ENJOY!!
Trama: negli anni ’50 una ragazza, Anna, va a lavorare in un orfanotrofio in procinto di chiudere. Lì dovrà lottare per proteggere il suo segreto e per scoprire quelli che si celano nel fosco passato della struttura…
Cominciamo la recensione con una botta di sincerità. Saint Ange non mi è piaciuto, l’ho trovato ammorbante e freddo. Laugier è sicuramente abile come regista e anche come sceneggiatore, perché sia la macchina da presa che la trama si districano senza difficoltà tra la dimensione reale e quella del sogno, mescolando con maestria incubi, fantasmi, sensi di colpa e fobie. Però non c’è un solo minuto di film in cui le sensazioni dei personaggi vengano trasmesse con forza allo spettatore, riuscendolo a rendere partecipe del dramma umano messo in scena. Sì perché Saint Ange, più che un horror, è un thriller psicologico con sfumature soprannaturali, nel quale vediamo come la servetta Anna, costretta a portare avanti una gravidanza seguita ad una violenza di gruppo e quindi colma di odio per quel bambino che porta in grembo, sublimi questo sentimento negativo cercando disperatamente di scoprire cosa sia accaduto, anni prima, ai piccoli ospiti dell’orfanotrofio. Diventa però difficile, per lo spettatore, immedesimarsi in cotanto accanimento nell’indagine, apparentemente immotivato, perché Anna è un personaggio freddo, sfuggente e ambiguo, pur se meravigliosamente interpretato.
Attorno ad Anna, poi, si muovono personaggi reali a vario tasso di insopportabilità e, ovviamente, i fantasmi dei bambini “che fanno paura” e che non riusciremo a vedere fino alla fine. La severa padrona dell’orfanotrofio, la materna badante, la donna – bambina Judith sono figure ambigue quanto la protagonista e sembrano tutte volerle mettere i bastoni tra le ruote, ma incarnano anche tre diversi tipi di femminilità: in particolare, Judith, a mio avviso il personaggio meglio riuscito, rappresenta l’innocenza, l’inconsapevolezza, la verginità se vogliamo, caratteristiche che le consentono di vedere ciò che gli altri ignorano, di percepire quel doloroso mondo “altro” che sfiora tutti gli abitanti dell’orfanotrofio e che, talvolta, arriva ad inghiottirli, come viene mostrato nel finale. A proposito del quale tocca rimarcare la somiglianza con quello di The Orphanage, con la differenza che il film spagnolo, pur se molto triste, era in qualche modo più ottimista di questo Saint Ange; qui la morte viene vissuta come rassegnazione e fuga da una realtà insopportabile, lì veniva vista come atto d’amore. In entrambi i casi, comunque, a beneficiarne sono i bambini condannati ad un destino ingiusto, che nel limbo in cui sono bloccati cercano ciò che è mancato loro in vita. Certo, i bimbi di Saint Ange sono davvero molto più inquietanti di quelli di The Orphanage, ne è testimone il terribile finale girato in piena luce, immerso in un bianco asettico ed abbacinante, assai simile a quello usato in alcune sequenze di un altro angosciante film francese, A’ l’interieur. Il che mi porta a pensare che la gravidanza in Francia non venga vissuta molto bene. E che io non viva molto bene gli horror francesi di ultima generazione, chissà.
Di Catriona MacColl, che qui interpreta Francard, ho già parlato qua.
Pascal Laugier è il regista e sceneggiatore del film. Francese, ha diretto pellicole come Martyrs, che peraltro devo ancora vedere. Anche attore, ha 41 anni.
Virginie Ledoyen (vero nome Virginie Fernandez) interpreta Anna. Francese, ha partecipato a film come La figlia di un soldato non piange mai, The Beach, I miserabili (la versione televisiva con Depardieu e John Malkovich) e 8 donne e un mistero. Ha 36 anni e un film in uscita.
Se il film vi fosse piaciuto, vi consiglierei alcune pellicole dall’atmosfera simile, come il già citato The Orphanage, Dark Water (l’originale giapponese, ovviamente), oppure Two Sisters. ENJOY!!
martedì 29 maggio 2012
Get Babol! #22
Nonostante la penuria di uscite USA la rubrica va avanti. Messo da parte Men in Black 3, uscito in contemporanea in Italia e oltreoceano, oggi vado a presentarvi due film completamente diversi per genere e (sicuramente) qualità! ENJOY!
Chernobyl Diaries
Di Bradley Parker
Con Jesse McCartney, Jonathan Sadowski, Olivia Dudley.
Trama: 6 turisti ingaggiano una guida che li porta dritti a Pripyat, un tempo dimora degli operai della centrale nucleare di Chernobyl. Nel corso della "gita", scopriranno di non essere da soli...
Getglue me lo consiglia perché mi sono piaciuti Rec e The Ring. Benissimo, peccato che io legga un Oren Peli tra gli sceneggiatori. Per chi non lo sapesse, non fosse esperto del genere e non seguisse il Bollalmanacco, costui è la mente che sta dietro ad uno dei più grandi successi commerciali degli ultimi anni, la franchise Paranormal Activity. Se tanto mi da tanto, da Chernobyl Diaries mi aspetto banalità, stereotipi e spaventi a buon mercato, oltre a parecchi movimenti di macchina atti a far vomitare lo spettatore, e il trailer parrebbe darmi conferma. In America, alla prima settimana di programmazione, il film è già al quinto posto per quanto riguarda gli incassi, in Italia dovremo aspettare il 12 giugno per vedere se sbancherà il botteghino. Quanto a me, chi disprezza compra: da brava masochista andrò sicuramente a vederlo e pregusto già la stroncatura.
Moonrise Kingdom
Di Wes Anderson
Con Jared Gilman, Kara Hayward, Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Harvey Keitel, Tilda Swinton, Frances McDormand e Jason Schwartzman
Trama: Una coppia di giovanissimi fidanzati lasciano la loro cittadina del New England, costringendo così i cittadini a formare delle squadre di ricerca.
Getglue me lo consiglia perché mi è piaciuto Ghost World... ma a dire la verità io amo semplicemente Wes Anderson, di cui sono una fan sfegatata fin dai tempi del bellissimo Rushmore. Inoltre, al di là del cast che è semplicemente strepitoso e conta alcuni dei miei attori preferiti, il trailer è incredibile, meraviglioso: adoro quella fotografia virata nei colori del tramonto, i costumi, lo stile, le immagini assurde, la colonna sonora con quegli echi vintage francesi... non posso fare a meno di attenderlo con una trepidazione senza eguali, e non posso fare a meno di bestemmiare sapendo che Chernobyl Diaries ha già una data di uscita italiana mentre Moonrise Kingdom no. Shame on us!!!
Chernobyl Diaries
Di Bradley Parker
Con Jesse McCartney, Jonathan Sadowski, Olivia Dudley.
Trama: 6 turisti ingaggiano una guida che li porta dritti a Pripyat, un tempo dimora degli operai della centrale nucleare di Chernobyl. Nel corso della "gita", scopriranno di non essere da soli...
Getglue me lo consiglia perché mi sono piaciuti Rec e The Ring. Benissimo, peccato che io legga un Oren Peli tra gli sceneggiatori. Per chi non lo sapesse, non fosse esperto del genere e non seguisse il Bollalmanacco, costui è la mente che sta dietro ad uno dei più grandi successi commerciali degli ultimi anni, la franchise Paranormal Activity. Se tanto mi da tanto, da Chernobyl Diaries mi aspetto banalità, stereotipi e spaventi a buon mercato, oltre a parecchi movimenti di macchina atti a far vomitare lo spettatore, e il trailer parrebbe darmi conferma. In America, alla prima settimana di programmazione, il film è già al quinto posto per quanto riguarda gli incassi, in Italia dovremo aspettare il 12 giugno per vedere se sbancherà il botteghino. Quanto a me, chi disprezza compra: da brava masochista andrò sicuramente a vederlo e pregusto già la stroncatura.
Moonrise Kingdom
Di Wes Anderson
Con Jared Gilman, Kara Hayward, Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Harvey Keitel, Tilda Swinton, Frances McDormand e Jason Schwartzman
Trama: Una coppia di giovanissimi fidanzati lasciano la loro cittadina del New England, costringendo così i cittadini a formare delle squadre di ricerca.
Getglue me lo consiglia perché mi è piaciuto Ghost World... ma a dire la verità io amo semplicemente Wes Anderson, di cui sono una fan sfegatata fin dai tempi del bellissimo Rushmore. Inoltre, al di là del cast che è semplicemente strepitoso e conta alcuni dei miei attori preferiti, il trailer è incredibile, meraviglioso: adoro quella fotografia virata nei colori del tramonto, i costumi, lo stile, le immagini assurde, la colonna sonora con quegli echi vintage francesi... non posso fare a meno di attenderlo con una trepidazione senza eguali, e non posso fare a meno di bestemmiare sapendo che Chernobyl Diaries ha già una data di uscita italiana mentre Moonrise Kingdom no. Shame on us!!!
lunedì 28 maggio 2012
Cannes 2012
Si è chiusa ieri l'edizione 2012 del Festival di Cannes. Se l'anno scorso l'avevo seguito poco, quest'anno praticamente l'ho snobbato alla grandissima, vista la penuria di autori interessanti (Cronenberg a parte ma, bambin, se ti porti dietro Pattinson e i telegiornali parlano solo di lui manco tu fossi l'ultimo streppone sconosciuto sulla faccia della terra, spengo direttamente la TV) e film che mi potessero far gridare al miracolo. Il mio amore Eli Roth ha però dichiarato il suo ritorno alla regia, l'altro mio amore Simon Pegg è stato apprezzato per la sua ultima fatica, A Fantastic Fear of Everything, il meraviglioso C'era una volta in America di Sergio Leone è stato restaurato (ciò mi da speranza di poterlo vedere in sala, quindi!!) e questo è già qualcosa. Ok, alla fine me ne sono fregata di tutto soprattutto perché anche quest'anno non sono riuscita ad andare sulla Croisette e immergermi nell'atmosfera del Festival.. vogliatemi male, intanto due parole sui vincitori le butto giù comunque. ENJOY!
La Palma d’Oro come miglior film se la porta a casa Amour di Michael Haneke, autore già più volte nominato sul Bollalmanacco, nonché regista tra i più controversi al mondo. Anche questo film, nonostante il titolo apparentemente "innocuo", non mancherà di fare sicuramente discutere, visto che tocca un tema delicato come quello dell'eutanasia. La trama, infatti, è incentrata sulla vita e sull'amore di due ottuagenari, il cui rapporto cambia completamente quando lei viene colpita da un ictus. Un tema, quello che intreccia dolore, morte e amore, già sviscerato da altri autori nel corso degli anni... mi chiedo se Haneke abbia saputo dire qualcosa di nuovo al riguardo. A quanto pare, i giurati di Cannes hanno dato risposta positiva al mio dubbio e hanno premiato per l'ennesima volta il regista tedesco.
Il premio come miglior regista è andato al giovane autore messicano Carlos Reygadas, al suo settimo film. Post Tenebras Lux è un'opera che affonda le radici nella terra di origine del regista e mette in scena lo scontro (e l'ovvia convivenza) tra la frenetica vita della grande città e una campagna quasi onirica. A occhio, mi sembra la solita, noiosissima pellicola "da festival", molto raffinata e cerebrale, quasi fine a sé stessa, ma non vorrei incorrere negli strali di qualche vero cinefilo all'ascolto!
Il danese Mads Mikkelsen, dall'inquietantissima faccia, si porta a casa il premio come miglior attore. Haneke a parte, costui è il secondo vincitore vagamente conosciuto (almeno per me), visto che tra i film dell'attore ci sono pellicole come Pusher, King Arthur, Valhalla Rising, Scontro tra Titani e I tre moschettieri. Jagten, che gli è valso la palma d'oro in questione, è un film incentrato sull'ahimé attuale e fin troppo diffuso problema della pedofilia, e Mads Mikkelsen interpreta proprio il ruolo di un uomo ingiustamente accusato e per questo additato dall'intera comunità. Il regista è Thomas Vinterberg, uno degli sceneggiatori dell'ammorbantissimo Festen (alta scuola Dogma, il signore me ne scampi e liberi!!), e il film parrebbe un intenso ed interessante drammone ad alto tasso di depressione, nervoso e frustrazione per lo spettatore. Passando a opere più "facete", il futuro di Mads Mikkelsen prevede invece una parte nel secondo Thor.
Infine, premio come migliore attrice si è sdoppiato ed è andato a Cristina Flutur e Cosmina Stratan per il film Beyond the Hills (Dupa Delauri), del regista romeno Cristian Mungiu. Le due attrici interpretano due amiche, due amanti che, dopo molto tempo passate lontane, si ritrovano... tuttavia una di loro ha deciso di consacrarsi a Dio, e l'ossessione dell'altra, unita alla sua disperazione, condurranno a comportamenti ai quali si cercherà di porre rimedio con l'esorcismo. Drizzo le orecchie appena si parla di esorcismi e affini, sicuramente sono di parte, ma il film mi sembra interessante. Complimenti alle due (per me sconosciute) protagoniste!
La Palma d’Oro come miglior film se la porta a casa Amour di Michael Haneke, autore già più volte nominato sul Bollalmanacco, nonché regista tra i più controversi al mondo. Anche questo film, nonostante il titolo apparentemente "innocuo", non mancherà di fare sicuramente discutere, visto che tocca un tema delicato come quello dell'eutanasia. La trama, infatti, è incentrata sulla vita e sull'amore di due ottuagenari, il cui rapporto cambia completamente quando lei viene colpita da un ictus. Un tema, quello che intreccia dolore, morte e amore, già sviscerato da altri autori nel corso degli anni... mi chiedo se Haneke abbia saputo dire qualcosa di nuovo al riguardo. A quanto pare, i giurati di Cannes hanno dato risposta positiva al mio dubbio e hanno premiato per l'ennesima volta il regista tedesco.
Appunto, con quella faccetta lì... da primo della classe! XD |
E tu con quell'altra faccia inquietanterrima, proprio da pedofilo mancato...! |
domenica 27 maggio 2012
Quella casa nel bosco (2011)
Da che mondo è mondo, è più facile scrivere recensioni negative che positive. Considerato che, per me, Quella casa nel bosco (The Cabin in the Woods), diretto nel 2011 da Drew Goddard, è probabilmente l'horror più bello dell'ultimo decennio, recensirlo degnamente sarà praticamente impossibile.
Trama: cinque ragazzi decidono di trascorrere un weekend all'interno di una casa nel bosco, appunto. Come nella migliore tradizione horror, quella che doveva essere una rilassante vacanza si trasformerà in un incubo...
Ad aggiungersi alla sostanziale difficoltà di recensire un film bello, divertente, ben scritto e ben diretto come Quella casa nel bosco, si aggiunge quello di dover assolutamente evitare qualsivoglia tipo di spoiler. Purtroppo per me, infatti, il punto di forza della pellicola sta nell'assoluta imprevedibilità della trama, nei colpi di scena inaspettati, nel costante disattendere le aspettative del pubblico: per godersi appieno Quella casa nel bosco bisogna andare al cinema senza sapere assolutamente nulla del film, come per fortuna ho fatto io. E' solo in questo modo che lo spiazzante e divertentissimo meccanismo messo in moto dalla premiata ditta Whedon - Goddard può funzionare e lavorare in perfetta sinergia con le conoscenze e i pregiudizi dello spettatore, soprattuto quello più scafato ed esperto di film horror. Come accadeva infatti negli anni '90 con la saga di Scream, Quella casa nel bosco strizza innanzitutto l'occhio ai fanatici di un certo tipo di cinema, prendendone in giro i cliché, seguendone alla lettera le regole del genere solo per poi riderne, rendendo finalmente giustizia a tutte quelle volte che abbiamo detto "ma perché cavolo devi scendere in cantina, cretino?? Ma quale torno subito, ma perché vi dividete???". A differenza della saga di cui sopra, però, Quella casa nel bosco alza il tiro e mescola ancora più le carte in tavola, annullando i confini tra metacinema e finzione, mescolando un'umorismo quasi surreale ad una storia tremendamente seria.
Nonostante vi siano infatti alcuni momenti comici e assolutamente prosaici, Quella casa nel bosco non è una supercazzola, ma un horror tout court per gente abbastanza preparata. Drew Goddard e Joss Whedon abbondano con omaggi a pellicole più o meno storiche del genere, ma ogni citazione è funzionale alla trama, non è messa lì tanto per accontentare i fan: ogni inquadratura, ogni battuta, ogni gesto o effetto speciale è accuratamente studiato, elemento fondamentale di una sceneggiatura e una regia praticamente perfette, che non danno allo spettatore un attimo di tregua e non smettono di emozionarlo (in positivo o in negativo) nemmeno per un istante. Sono tanti i momenti in cui si ride ma sono parecchi anche quelli in cui si salta sulla poltrona o si rimane semplicemente scioccati ed impotenti a guardare lo schermo, in un crescendo di orrori che si conclude con una grandiosa macellata finale che è semplicemente da antologia, una festa per qualsiasi appassionato di horror che si rispetti. Quella casa nel bosco si distacca inoltre dal concetto di semplice film di genere anche e soprattutto per la bravura della maggior parte degli attori: il veterano Richard Jenkins, con il suo professionalissimo e umanissimo personaggio, si mangia praticamente tutti gli altri, ma Bradley Whitford gli fa da degnissima spalla e, tra le "vittime", Fran Kranz è semplicemente superbo (e anche più figo del pur bellissimo Chris Hemsworth sì, lo so che ho dei gusti del ca...).
La recensione potrebbe benissimo finire qui perché di più non potrei scrivere senza riempire il post di spoiler. Vorrei solo spendere due parole da Buffy - addicted quale sono e dire che Quella casa nel bosco è l'ideale evoluzione di tutto quello che Whedon ci ha raccontato in sette stagioni televisive e una cartacea interamente dedicate alla bionda ammazzavampiri. L'universo in cui sono immersi i personaggi del film è il risultato di un mondo senza La Prescelta, di una società non per questo necessariamente negativa ma ancora troppo ancorata ad antiche credenze, superstizioni e pregiudizi. I personaggi di Buffy the Vampire Slayer combattevano ad oltranza nonostante la loro esistenza fosse, per il 90% del tempo, decisamente misera e dolorosa, a prescindere dai mostri sovrannaturali che erano sempre lì lì per minacciare di distruggere il mondo... ma oggi i tempi sono ulteriormente cambiati e con tutte le crepe che stanno disgregando la nostra società quanto sarebbe brutto o sconsiderato scegliere di lasciare semplicemente lo spazio ad altro e dare modo all'umanità di smettere di fare casini e tormentarsi? Con questo dubbio amletico la recensione si chiude e il mio ultimo consiglio è quello di andare assolutamente a vedere Quella casa nel bosco, fosse l'ultima cosa che fate prima dell'Armageddon (o dell'apocalisse zombi, chissà!!).
Di Richard Jenkins (Sitterson), Chris Hemsworth (Curt) e Sigourney Weaver (il direttore) ho già parlato nei rispettivi link.
Drew Goddard (vero nome Andrew Goddard) è il regista e sceneggiatore (assieme a Joss Whedon) della pellicola. Americano, è al suo primo e finora unico lavoro come regista, ma come sceneggiatore ha scritto parecchi episodi di Buffy the Vampire Slayer, Angel, Alias, Lost e il film Cloverfield. Anche produttore e attore, ha 37 anni.
Kristen Connolly interpreta Dana. Americana, ha partecipato a film come E venne il giorno e Revolutionary Road. Anche produttrice, ha due film in uscita.
Fran Kranz (vero nome Francis Kranz) interpreta Marty. Americano, lo ricordo innanzitutto per il suo ruolo di Topher nel telefilm Dollhouse, inoltre ha partecipato a film come Donnie Darko e The Village. Ha 29 anni e quattro film in uscita, tra cui il già citato Much Ado About Nothing, ultima pellicola di Joss Whedon.
Bradley Whitford interpreta Hadley. Americano, ha partecipato a film come La rivincita dei nerds 2, Presunto innocente, Risvegli, Scent of a Woman – Profumo di donna, RoboCop 3, Philadelphia, Il cliente, L’uomo bicentenario e a serie come X – Files, E.R. Medici in prima linea e Malcom. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 53 anni e tre film in uscita.
Amy Acker interpreta Lin. Anche lei da ricordare per la sua performance nella serie Dollhouse, ha partecipato a film come Prova a prendermi e a serie come Angel, Supernaturals, How I Met Your Mother, Alias, Ghost Whisperer e CSI. Ha 36 anni e un film in uscita, Much Ado About Nothing.
Tim De Zarn interpeta l’inquietante Mordecai. Americano, ha partecipato a film come I racconti della cripta – Il cavaliere del male, Fight Club, Spider – Man, Non aprite quella porta – L’inizio, Die Hard – Vivere o morire e The Artist, oltre a serie come Hunter, E.R. Medici in prima linea, Più forte ragazzi, CSI, Six Feet Under, Cold Case, Weeds, Criminal Minds, Sons of Anarchy e Lost. Ha 60 anni e un film in uscita.
E ora, un paio di curiosità sul resto del cast. Anna Hutchison, che nel film interpreta la bionda Jules, era il Power Ranger giallo in una delle tremila serie dedicate ai trashissimi combattenti in tutina colorata (nella fattispecie Power Rangers Jungle Fury, del 2008), mentre i Buffy fan all’ultimo stadio come me avranno sicuramente riconosciuto il sempre adorabile Tom Lenk nei panni dello stagista sfigato. Se vi fosse piaciuto Quella casa nel bosco, giocate a “trova il riferimento” e, una volta capite tutte le citazioni, abbuffatevi di horror! Da parte mia, vi posso dire che ho riconosciuto omaggi più o meno evidenti a La mummia (volete quella con Boris Karloff? Ma sì, è carina anche quella con Brendan Fraser!), Venerdì 13, La casa, La casa 2, L’armata delle tenebre, Un lupo mannaro americano a Londra, L’ululato, Hellraiser, The Cube – Il cubo, The Ring (possibilmente quelli giapponesi!), Funny Games (per i titoli di testa), Alien, It, The Strangers, Anaconda, Arack Attack, Al calar delle tenebre, I 13 spettri, Le colline hanno gli occhi, La notte dei morti viventi, Dracula di Bram Stoker e altri ancora che sicuramente non avrò colto… mentre per atmosfere “simili”consiglio i simpatici Tagli al personale, Giovani diavoli e, ovviamente, il primo Scream. ENJOY!, è proprio il caso di dirlo!
Trama: cinque ragazzi decidono di trascorrere un weekend all'interno di una casa nel bosco, appunto. Come nella migliore tradizione horror, quella che doveva essere una rilassante vacanza si trasformerà in un incubo...
Ad aggiungersi alla sostanziale difficoltà di recensire un film bello, divertente, ben scritto e ben diretto come Quella casa nel bosco, si aggiunge quello di dover assolutamente evitare qualsivoglia tipo di spoiler. Purtroppo per me, infatti, il punto di forza della pellicola sta nell'assoluta imprevedibilità della trama, nei colpi di scena inaspettati, nel costante disattendere le aspettative del pubblico: per godersi appieno Quella casa nel bosco bisogna andare al cinema senza sapere assolutamente nulla del film, come per fortuna ho fatto io. E' solo in questo modo che lo spiazzante e divertentissimo meccanismo messo in moto dalla premiata ditta Whedon - Goddard può funzionare e lavorare in perfetta sinergia con le conoscenze e i pregiudizi dello spettatore, soprattuto quello più scafato ed esperto di film horror. Come accadeva infatti negli anni '90 con la saga di Scream, Quella casa nel bosco strizza innanzitutto l'occhio ai fanatici di un certo tipo di cinema, prendendone in giro i cliché, seguendone alla lettera le regole del genere solo per poi riderne, rendendo finalmente giustizia a tutte quelle volte che abbiamo detto "ma perché cavolo devi scendere in cantina, cretino?? Ma quale torno subito, ma perché vi dividete???". A differenza della saga di cui sopra, però, Quella casa nel bosco alza il tiro e mescola ancora più le carte in tavola, annullando i confini tra metacinema e finzione, mescolando un'umorismo quasi surreale ad una storia tremendamente seria.
Nonostante vi siano infatti alcuni momenti comici e assolutamente prosaici, Quella casa nel bosco non è una supercazzola, ma un horror tout court per gente abbastanza preparata. Drew Goddard e Joss Whedon abbondano con omaggi a pellicole più o meno storiche del genere, ma ogni citazione è funzionale alla trama, non è messa lì tanto per accontentare i fan: ogni inquadratura, ogni battuta, ogni gesto o effetto speciale è accuratamente studiato, elemento fondamentale di una sceneggiatura e una regia praticamente perfette, che non danno allo spettatore un attimo di tregua e non smettono di emozionarlo (in positivo o in negativo) nemmeno per un istante. Sono tanti i momenti in cui si ride ma sono parecchi anche quelli in cui si salta sulla poltrona o si rimane semplicemente scioccati ed impotenti a guardare lo schermo, in un crescendo di orrori che si conclude con una grandiosa macellata finale che è semplicemente da antologia, una festa per qualsiasi appassionato di horror che si rispetti. Quella casa nel bosco si distacca inoltre dal concetto di semplice film di genere anche e soprattutto per la bravura della maggior parte degli attori: il veterano Richard Jenkins, con il suo professionalissimo e umanissimo personaggio, si mangia praticamente tutti gli altri, ma Bradley Whitford gli fa da degnissima spalla e, tra le "vittime", Fran Kranz è semplicemente superbo (e anche più figo del pur bellissimo Chris Hemsworth sì, lo so che ho dei gusti del ca...).
Bello lui , appunto! *___* |
Di Richard Jenkins (Sitterson), Chris Hemsworth (Curt) e Sigourney Weaver (il direttore) ho già parlato nei rispettivi link.
Drew Goddard (vero nome Andrew Goddard) è il regista e sceneggiatore (assieme a Joss Whedon) della pellicola. Americano, è al suo primo e finora unico lavoro come regista, ma come sceneggiatore ha scritto parecchi episodi di Buffy the Vampire Slayer, Angel, Alias, Lost e il film Cloverfield. Anche produttore e attore, ha 37 anni.
Kristen Connolly interpreta Dana. Americana, ha partecipato a film come E venne il giorno e Revolutionary Road. Anche produttrice, ha due film in uscita.
Fran Kranz (vero nome Francis Kranz) interpreta Marty. Americano, lo ricordo innanzitutto per il suo ruolo di Topher nel telefilm Dollhouse, inoltre ha partecipato a film come Donnie Darko e The Village. Ha 29 anni e quattro film in uscita, tra cui il già citato Much Ado About Nothing, ultima pellicola di Joss Whedon.
Bradley Whitford interpreta Hadley. Americano, ha partecipato a film come La rivincita dei nerds 2, Presunto innocente, Risvegli, Scent of a Woman – Profumo di donna, RoboCop 3, Philadelphia, Il cliente, L’uomo bicentenario e a serie come X – Files, E.R. Medici in prima linea e Malcom. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 53 anni e tre film in uscita.
Amy Acker interpreta Lin. Anche lei da ricordare per la sua performance nella serie Dollhouse, ha partecipato a film come Prova a prendermi e a serie come Angel, Supernaturals, How I Met Your Mother, Alias, Ghost Whisperer e CSI. Ha 36 anni e un film in uscita, Much Ado About Nothing.
Tim De Zarn interpeta l’inquietante Mordecai. Americano, ha partecipato a film come I racconti della cripta – Il cavaliere del male, Fight Club, Spider – Man, Non aprite quella porta – L’inizio, Die Hard – Vivere o morire e The Artist, oltre a serie come Hunter, E.R. Medici in prima linea, Più forte ragazzi, CSI, Six Feet Under, Cold Case, Weeds, Criminal Minds, Sons of Anarchy e Lost. Ha 60 anni e un film in uscita.
E ora, un paio di curiosità sul resto del cast. Anna Hutchison, che nel film interpreta la bionda Jules, era il Power Ranger giallo in una delle tremila serie dedicate ai trashissimi combattenti in tutina colorata (nella fattispecie Power Rangers Jungle Fury, del 2008), mentre i Buffy fan all’ultimo stadio come me avranno sicuramente riconosciuto il sempre adorabile Tom Lenk nei panni dello stagista sfigato. Se vi fosse piaciuto Quella casa nel bosco, giocate a “trova il riferimento” e, una volta capite tutte le citazioni, abbuffatevi di horror! Da parte mia, vi posso dire che ho riconosciuto omaggi più o meno evidenti a La mummia (volete quella con Boris Karloff? Ma sì, è carina anche quella con Brendan Fraser!), Venerdì 13, La casa, La casa 2, L’armata delle tenebre, Un lupo mannaro americano a Londra, L’ululato, Hellraiser, The Cube – Il cubo, The Ring (possibilmente quelli giapponesi!), Funny Games (per i titoli di testa), Alien, It, The Strangers, Anaconda, Arack Attack, Al calar delle tenebre, I 13 spettri, Le colline hanno gli occhi, La notte dei morti viventi, Dracula di Bram Stoker e altri ancora che sicuramente non avrò colto… mentre per atmosfere “simili”consiglio i simpatici Tagli al personale, Giovani diavoli e, ovviamente, il primo Scream. ENJOY!, è proprio il caso di dirlo!
venerdì 25 maggio 2012
WE, Bolla! del 25/5/2012
Buon venerdì a tutti! Poche novità questa settimana nella realtà cinematografica savonese, ma qual cosina da dire c’è sempre. Personalmente, andrei a rivedere il geniale Quella casa nel bosco (presto la recensione, don't worry!!), ma mi rendo conto che sarebbe da malati, quindi… ENJOY!
Men in Black 3 - 3D
Reazione a caldo: ah, i bei tempi andati…
Bolla, rifletti!: inutile nascondersi dietro a un dito. Avevo adorato il primo Men in Black mentre il secondo non lo ricordo nemmeno, tanto era insignificante. Se la parabola discendente significa qualcosa, questo terzo episodio sarà anche peggio, e il fatto che si veda poco Tommy Lee Jones mi mette ancora meno voglia di guardarlo. Al limite, lo recupererò in DVD.
Cosmopolis
Reazione a caldo: bel dilemma!
Bolla, rifletti!: Cronenberg è uno dei miei registi preferiti. Pattinson non lo considero nemmeno un attore. Purtroppo per me, al momento vince l'amore per il regista, alimentato anche dal fatto che sto cercando di non guardare i trailer del film per evitare di farmi passare la voglia di andare al cinema (per una volta che danno un film di Cronenberg al multisala non posso fare finta di nulla!!!!)… sempre purtroppamente, dalla trama Cosmopolis mi sa di megamartellata sulle bolas. Questo pensiero, unito alla consapevolezza dell’inespressività di Pattinson, mi mette in uno stato di dubbio profondo. Ma la settimana prossima, se qualcuno vorrà immolarsi con me, andrò probabilmente a vedere il film.
Al cinema d’élite danno invece un film di cui ho sentito parlare benissimo e che, sulla carta,mi sembrerebbe molto più interessante di Cosmopolis (scusa David, ho bestemmiato, lo so…)… sicuro candidato al recupero!
Pollo alle prugne
Reazione a caldo: questi film, darli nel multisala normale no, eh???
Bolla, rifletti!: in parte commedia grottesca, in parte fiaba, in parte opera di fantasia, in parte film legato alla realtà della regista. La storia del viaggio di un violinista ferito, tratta da una graphic novel di Marjane Satrapi, mi ispira davvero e il titolo mi incuriosisce parecchio. Nessun problema, posso aspettare l’uscita in DVD senza fretta ma con trepidazione!!
Men in Black 3 - 3D
Reazione a caldo: ah, i bei tempi andati…
Bolla, rifletti!: inutile nascondersi dietro a un dito. Avevo adorato il primo Men in Black mentre il secondo non lo ricordo nemmeno, tanto era insignificante. Se la parabola discendente significa qualcosa, questo terzo episodio sarà anche peggio, e il fatto che si veda poco Tommy Lee Jones mi mette ancora meno voglia di guardarlo. Al limite, lo recupererò in DVD.
Cosmopolis
Reazione a caldo: bel dilemma!
Bolla, rifletti!: Cronenberg è uno dei miei registi preferiti. Pattinson non lo considero nemmeno un attore. Purtroppo per me, al momento vince l'amore per il regista, alimentato anche dal fatto che sto cercando di non guardare i trailer del film per evitare di farmi passare la voglia di andare al cinema (per una volta che danno un film di Cronenberg al multisala non posso fare finta di nulla!!!!)… sempre purtroppamente, dalla trama Cosmopolis mi sa di megamartellata sulle bolas. Questo pensiero, unito alla consapevolezza dell’inespressività di Pattinson, mi mette in uno stato di dubbio profondo. Ma la settimana prossima, se qualcuno vorrà immolarsi con me, andrò probabilmente a vedere il film.
Al cinema d’élite danno invece un film di cui ho sentito parlare benissimo e che, sulla carta,mi sembrerebbe molto più interessante di Cosmopolis (scusa David, ho bestemmiato, lo so…)… sicuro candidato al recupero!
Pollo alle prugne
Reazione a caldo: questi film, darli nel multisala normale no, eh???
Bolla, rifletti!: in parte commedia grottesca, in parte fiaba, in parte opera di fantasia, in parte film legato alla realtà della regista. La storia del viaggio di un violinista ferito, tratta da una graphic novel di Marjane Satrapi, mi ispira davvero e il titolo mi incuriosisce parecchio. Nessun problema, posso aspettare l’uscita in DVD senza fretta ma con trepidazione!!
mercoledì 23 maggio 2012
Le avventure di Tintin: Il segreto dell'unicorno (2011)
Dopo qualche mese di attesa sono finalmente riuscita a vedere Le avventure di Tintin: Il segreto dell’unicorno (The Adventures of Tintin), diretto nel 2011 da Steven Spielberg e tratto dalla famosissima serie a fumetti del belga Hergé.
Trama: il giovane giornalista Tintin, assieme al fedele cagnolino Snowy (io l’ho visto in inglese ma dovrebbe chiamarsi Milou), si ritrova catapultato in un’avventura che lo porterà a conoscere il capitano Haddock e risolvere il mistero legato ad un suo antenato.. un mistero che potrebbe portare ad un favoloso tesoro sommerso.
Non partivo prevenuta davanti a questo film: di più. Non ero andata a vederlo al cinema innanzitutto perché era in 3D, tecnica che notoriamente sono arrivata ad odiare, poi perché, a pelle, ho sempre detestato Tintin. Mi ha sempre ricordato il peggior Topolino detective, con quel ciuffetto rosso, l’aria saputa, gli occhietti a spillo, etc. etc., e questo bastava sia ad evitare i fumetti sia la serie animata. Poi è uscito questo Le avventure di Tintin e adesso, beh… ammetto di essermi pentita di questa testarda volontà di evitare la creatura di Hergé. Infatti, il film è un capolavoro, sicuramente uno dei più bei film di animazione (ma si può chiamare così una pellicola girata in capture motion?) usciti negli ultimi tempi e il migliore girato da Spielberg da vent’anni a questa parte. Messo da parte il deludentissimo Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, finalmente il Señor Spilbergo torna a regalarci l’Avventura con la A maiuscola, quella vera, quella che ti incolla allo schermo con la bocca spalancata facendoti perdere completamente il senso del tempo, quella, in poche parole, con la quale il regista americano ha cresciuto noi fortunati bambini degli anni ’80.
Le avventure di Tintin, grazie anche all’aiuto di sceneggiatori capaci come Edgar Wright, offre quasi due ore di divertimento ininterrotto. Parlando da assoluta profana ed ignorante della serie a fumetti, ho apprezzato innanzitutto la parte più “gialla” legata al mistero degli Haddock e al galeone che da il titolo al film, che è molto coinvolgente e mantiene la suspance fino alla fine; ho trovato i personaggi molto affascinanti e ben caratterizzati, soprattutto per quanto riguarda il Capitano, che passa dall’essere uno sciagurato beone a orgoglioso, capace e saggio uomo di mare con una naturalezza incredibile, rubando più di una volta la scena al protagonista Tintin; ho adorato (nonostante non apprezzi questo genere di “spalla”) il cagnolino Snowy, sempre pronto a salvare le chiappe al padrone, intelligente e scaltro ma non pesante né inverosimile come spesso accade in questi casi; mi sono goduta, infine, il perfetto equilibrio tra i momenti comici affidati alla mitica coppia di inetti agenti Thompson e Thomson, e quelli quasi drammatici, come l’intenso flashback in cui finalmente Haddock ricorda i racconti del nonno, riguardanti l’ultima battaglia dell’antenato Sir Francis.
A proposito della battaglia ambientata nel passato, è sicuramente un pezzo di regia a dir poco magistrale, dove i movimenti del Capitano si fondono naturalmente con quelli di Sir Francis, in una vertiginosa altalena tra un “tranquillo” presente e un passato dove sono i mari in tempesta, le fiamme, le spade e la violenza a farla da padrone. Questa è sicuramente la mia sequenza preferita, ma Le avventure di Tintin è pieno di momenti mozzafiato che ci confermano come Spielberg sia molto lontano dall’appendere berretto e cinepresa al chiodo: il rapimento di Tintin, la fuga dalla nave con conseguente, disastroso volo verso il Marocco, la rocambolesca fuga dal palazzo del sultano e infine la battaglia conclusiva a colpi di gru tra Haddock e il malvagio Saccharine, per non parlare del geniale inizio con il borsaiolo cleptomane che ci introduce nel mondo di Tintin e Snowy chiarendo alla perfezione il rapporto tra i due personaggi, sono momenti di pura commozione cinefila. E la tecnica del motion capture è incredibile, in grado di generare personaggi realistici e allo stesso tempo non troppo distanti da quelli creati da Hergé: dovrebbero pensarci tutti i registi intenzionati a trasporre fumetti dal character design ben definito e marcato prima di girare roba trash come, che so, Dragonball Evolution, giusto per fare un nome. Detto questo, come avrete già ampiamente capito, Le avventure di Tintin: il segreto dell’unicorno è una perla che mi sento di consigliare senza remore.
Di Andy Serkis (il capitano Haddock), Daniel Craig (Saccharine), Nick Frost (Thomson), Simon Pegg (Thompson), Cary Elwes (il pilota) e Toby Jones (Silk) ho già parlato nei rispettivi link.
Steven Spielberg è il regista della pellicola. Sicuramente uno dei più grandi autori americani viventi, se non altro uno di quelli che mi ha cresciuta, lo ricordo per film come Duel, Lo Squalo, Incontri ravvicinati del terzo tipo, 1941: allarme a Hollywood, I predatori dell'arca perduta, E.T. - L'extraterrestre, Ai confini della realtà, Indiana Jones e il tempio maledetto, Il colore viola, Indiana Jones e l'ultima crociata, Hook - Capitan Uncino, Jurassic Park, Schindler's List (con il quale ha vinto il primo Oscar per la regia), Il mondo perduto: Jurassic Park, Salvate il soldato Ryan (con il quale ha vinto il secondo Oscar per la regia), A.I.: Intelligenza artificiale, Minority Report, Prova a prendermi e Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo; inoltre, ha diretto un episodio della serie Colombo. Anche produttore, sceneggiatore, attore e quant'altro, ha 66 anni e tre film in lavorazione, tra cui Indiana Jones 5.
Jamie Bell è il doppiatore originale di Tintin. Attore inglese diventato famoso giovanissimo per il ruolo di Billy Elliott nell’omonimo film, ha partecipato ad altre pellicole come King Kong e Jane Eyre. Anche direttore della fotografia, ha 26 anni e due film in uscita.
Il film ha avuto una gestazione lunghissima. Spielberg è infatti diventato fan della creatura di Hergé ai tempi de I predatori dell’arca perduta, quindi la pellicola era già in fase di progetto, ovviamente come live action, negli anni ’80 (addirittura Jack Nicholson avrebbe dovuto interpretare il capitano Haddock). E’ stato poi Peter Jackson, in tempi recenti, a convincere Spielberg a girare il film con la tecnica del motion capture, quando quest’ultimo ha chiesto l’aiuto della WETA per realizzare il cagnolino Snowy in CGI. Il film, che ha ricevuto un’unica, scandalosa nomination all’Oscar per la miglior colonna sonora originale, ha avuto così tanto successo che sono già in cantiere due seguiti: il primo, The Adventures of Tintin: Prisoners of the Sun, è previsto per il 2013, mentre un altro ancora senza titolo dovrebbe uscire nel 2015. Campa cavallo! Nel frattempo, sarà il caso, anche per me, di prendere tra le mani l’opera di Hergé, magari in qualche bel volumetto. ENJOY!
Trama: il giovane giornalista Tintin, assieme al fedele cagnolino Snowy (io l’ho visto in inglese ma dovrebbe chiamarsi Milou), si ritrova catapultato in un’avventura che lo porterà a conoscere il capitano Haddock e risolvere il mistero legato ad un suo antenato.. un mistero che potrebbe portare ad un favoloso tesoro sommerso.
Non partivo prevenuta davanti a questo film: di più. Non ero andata a vederlo al cinema innanzitutto perché era in 3D, tecnica che notoriamente sono arrivata ad odiare, poi perché, a pelle, ho sempre detestato Tintin. Mi ha sempre ricordato il peggior Topolino detective, con quel ciuffetto rosso, l’aria saputa, gli occhietti a spillo, etc. etc., e questo bastava sia ad evitare i fumetti sia la serie animata. Poi è uscito questo Le avventure di Tintin e adesso, beh… ammetto di essermi pentita di questa testarda volontà di evitare la creatura di Hergé. Infatti, il film è un capolavoro, sicuramente uno dei più bei film di animazione (ma si può chiamare così una pellicola girata in capture motion?) usciti negli ultimi tempi e il migliore girato da Spielberg da vent’anni a questa parte. Messo da parte il deludentissimo Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, finalmente il Señor Spilbergo torna a regalarci l’Avventura con la A maiuscola, quella vera, quella che ti incolla allo schermo con la bocca spalancata facendoti perdere completamente il senso del tempo, quella, in poche parole, con la quale il regista americano ha cresciuto noi fortunati bambini degli anni ’80.
Le avventure di Tintin, grazie anche all’aiuto di sceneggiatori capaci come Edgar Wright, offre quasi due ore di divertimento ininterrotto. Parlando da assoluta profana ed ignorante della serie a fumetti, ho apprezzato innanzitutto la parte più “gialla” legata al mistero degli Haddock e al galeone che da il titolo al film, che è molto coinvolgente e mantiene la suspance fino alla fine; ho trovato i personaggi molto affascinanti e ben caratterizzati, soprattutto per quanto riguarda il Capitano, che passa dall’essere uno sciagurato beone a orgoglioso, capace e saggio uomo di mare con una naturalezza incredibile, rubando più di una volta la scena al protagonista Tintin; ho adorato (nonostante non apprezzi questo genere di “spalla”) il cagnolino Snowy, sempre pronto a salvare le chiappe al padrone, intelligente e scaltro ma non pesante né inverosimile come spesso accade in questi casi; mi sono goduta, infine, il perfetto equilibrio tra i momenti comici affidati alla mitica coppia di inetti agenti Thompson e Thomson, e quelli quasi drammatici, come l’intenso flashback in cui finalmente Haddock ricorda i racconti del nonno, riguardanti l’ultima battaglia dell’antenato Sir Francis.
A proposito della battaglia ambientata nel passato, è sicuramente un pezzo di regia a dir poco magistrale, dove i movimenti del Capitano si fondono naturalmente con quelli di Sir Francis, in una vertiginosa altalena tra un “tranquillo” presente e un passato dove sono i mari in tempesta, le fiamme, le spade e la violenza a farla da padrone. Questa è sicuramente la mia sequenza preferita, ma Le avventure di Tintin è pieno di momenti mozzafiato che ci confermano come Spielberg sia molto lontano dall’appendere berretto e cinepresa al chiodo: il rapimento di Tintin, la fuga dalla nave con conseguente, disastroso volo verso il Marocco, la rocambolesca fuga dal palazzo del sultano e infine la battaglia conclusiva a colpi di gru tra Haddock e il malvagio Saccharine, per non parlare del geniale inizio con il borsaiolo cleptomane che ci introduce nel mondo di Tintin e Snowy chiarendo alla perfezione il rapporto tra i due personaggi, sono momenti di pura commozione cinefila. E la tecnica del motion capture è incredibile, in grado di generare personaggi realistici e allo stesso tempo non troppo distanti da quelli creati da Hergé: dovrebbero pensarci tutti i registi intenzionati a trasporre fumetti dal character design ben definito e marcato prima di girare roba trash come, che so, Dragonball Evolution, giusto per fare un nome. Detto questo, come avrete già ampiamente capito, Le avventure di Tintin: il segreto dell’unicorno è una perla che mi sento di consigliare senza remore.
Di Andy Serkis (il capitano Haddock), Daniel Craig (Saccharine), Nick Frost (Thomson), Simon Pegg (Thompson), Cary Elwes (il pilota) e Toby Jones (Silk) ho già parlato nei rispettivi link.
Steven Spielberg è il regista della pellicola. Sicuramente uno dei più grandi autori americani viventi, se non altro uno di quelli che mi ha cresciuta, lo ricordo per film come Duel, Lo Squalo, Incontri ravvicinati del terzo tipo, 1941: allarme a Hollywood, I predatori dell'arca perduta, E.T. - L'extraterrestre, Ai confini della realtà, Indiana Jones e il tempio maledetto, Il colore viola, Indiana Jones e l'ultima crociata, Hook - Capitan Uncino, Jurassic Park, Schindler's List (con il quale ha vinto il primo Oscar per la regia), Il mondo perduto: Jurassic Park, Salvate il soldato Ryan (con il quale ha vinto il secondo Oscar per la regia), A.I.: Intelligenza artificiale, Minority Report, Prova a prendermi e Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo; inoltre, ha diretto un episodio della serie Colombo. Anche produttore, sceneggiatore, attore e quant'altro, ha 66 anni e tre film in lavorazione, tra cui Indiana Jones 5.
Jamie Bell è il doppiatore originale di Tintin. Attore inglese diventato famoso giovanissimo per il ruolo di Billy Elliott nell’omonimo film, ha partecipato ad altre pellicole come King Kong e Jane Eyre. Anche direttore della fotografia, ha 26 anni e due film in uscita.
Il film ha avuto una gestazione lunghissima. Spielberg è infatti diventato fan della creatura di Hergé ai tempi de I predatori dell’arca perduta, quindi la pellicola era già in fase di progetto, ovviamente come live action, negli anni ’80 (addirittura Jack Nicholson avrebbe dovuto interpretare il capitano Haddock). E’ stato poi Peter Jackson, in tempi recenti, a convincere Spielberg a girare il film con la tecnica del motion capture, quando quest’ultimo ha chiesto l’aiuto della WETA per realizzare il cagnolino Snowy in CGI. Il film, che ha ricevuto un’unica, scandalosa nomination all’Oscar per la miglior colonna sonora originale, ha avuto così tanto successo che sono già in cantiere due seguiti: il primo, The Adventures of Tintin: Prisoners of the Sun, è previsto per il 2013, mentre un altro ancora senza titolo dovrebbe uscire nel 2015. Campa cavallo! Nel frattempo, sarà il caso, anche per me, di prendere tra le mani l’opera di Hergé, magari in qualche bel volumetto. ENJOY!
martedì 22 maggio 2012
The Woman in Black (2012)
Dalle mie parti era stato snobbato e non era neppure uscito al cinema, ma in questi giorni sono riuscita a recuperare The Woman in Black, del regista James Watkins.
Trama: un giovane avvocato si reca in un paesino della campagna inglese per sbrigare delle pratiche relative a un'eredità. Lì scoprirà che gli abitanti sono terrorizzati dal fantasma di una donna che pare spinga i bambini a suicidarsi...
Considerato che il regista è quello stesso James Watkins che ha diretto lo splendido Eden Lake, non so cosa mi aspettassi da questo The Woman in Black, ma senza dubbio lo ritengo un film riuscito solo a metà. Innanzitutto, cosa deleteria per un horror, l'ho trovato poco coinvolgente, prima ancora che noioso. La colpa è forse da ricercarsi non tanto nella regia e nella sceneggiatura ma nella bolsa e monoespressiva faccia del povero Daniel Radcliffe, assolutamente poco credibile nei panni di giovane avvocato, vedovo e con prole. Per tutto il film l'ex maghetto occhialuto sgrana gli occhioni azzurri, inarca le sopracciglia spettinate e deglutisce con la faccia (e il colorito) di uno che si è appena mangiato un piatto di impepata di cozze alle quattro del mattino, senza ovviamente capire una mazza di quello che gli sta accandendo attorno e limitandosi a girare a vuoto facendosi insultare dagli autoctoni oppure a duettare con un Ciaràn Hinds che tenta invano di dare un po' di spessore attoriale alla pellicola. Considerato che un buon 70% del film si basa sulle ricerche dell'avvocato e sui suoi vari confronti con gli abitanti dell'isola, capirete perché per più di metà della durata The Woman in Black sembra non arrivare da nessuna parte, nemmeno fosse un mero esercizio di stile.
Come dicevo, però, la regia non l'hanno messa nelle mani dell'ultimo idiota che passava per caso. A cominciare dall'inquietante e scioccante sequenza iniziale, dove delle bambine lasciano incustoditi i loro giochi per andare incontro a qualcuno che non vediamo, i momenti prettamente horror sono diretti con una perizia tale che basta un rumore o un'immagine per fare saltare lo spettatore sulla sedia. Sinceramente, ed era un po' che non mi succedeva, non sono riuscita ad evitare di coprirmi gli occhi quando Daniel Radcliffe entra per la prima volta nella misteriosa stanza chiusa del maniero, zeppa di orripilanti giocattoli antichi, angoli morti, scimmiette semoventi, burattini e una terrificante sedia a dondolo che si muove da sola, e l'ansia si mantiene alta in ogni sequenza girata all'interno della casa della "donna in nero". Molto efficace anche la scena dell'incendio e quella finale ambientata nel fango della palude (con qualche eco delle splendide inquadrature dello sguardo di Kelly Reilly in Eden Lake), mentre invece il furbo twist finale sa molto di già visto, anche in tempi recenti. Nulla da dire sulla qualità della fotografia, a dir poco perfetta, e sulle scenografie, evocative come poche.
Non avendo mai visto l'omonimo film TV del 1989, né letto il libro della scrittrice inglese Susan Hill, non posso fare confronti con nessuna delle due opere, ma in generale questo The Woman in Black mi è sembrato poco più di un freddo tentativo di rievocare i vecchi e storici horror della casa di produzione Hammer, strizzando l'occhio a ghost story più recenti e conosciute. Come dimostrano l'inarrivabile The Others o il pregevole 1921 - Il mistero di Rookford, per essere coinvolgenti questo tipo di pellicole devono essere anche emozionanti, di un'emozione che parte dall'umanità dei protagonisti, non limitarsi a qualche sporadico spavento. E' difficile per lo spettatore provare simpatia per lo sfigatissimo avvocato protagonista del film o provare pietà per la triste storia della Donna in nero, perché quest'ultima ci viene mostrata solo come uno spauracchio che evoca l'immagine di troppi j-horror dell'ultimo decennio, un vendicativo spirito senz'anima ma con abiti d'epoca. Detto questo, a fronte dell'eccellente realizzazione "formale" non mi sento di sconsigliare The Woman in Black, ma senza dubbio esistono esempi migliori del genere.
Del regista James Watkins ho già parlato qui, mentre Daniel Radcliffe (Arthur) e Ciaràn Hinds (Daily) li trovate ai rispettivi link.
Come ho scritto, il libro di Susan Hill era già stato trasposto in un film per la TV inglese dal titolo The Woman in Black, diretto dal regista Herbert Wise, nel quale il ruolo di Arthur veniva affidato proprio all'attore che interpretava il padre di Harry Potter nei film dedicati al maghetto, Adrian Rawlins. Rimanendo in tema di strane "coincidenze", il figlio di Daniel Radcliffe nella finzione è stato interpretato dal suo vero figlioccio, mentre la fidanzata dell'attore ha interpretato la Donna in nero in alcune scene. Del film è previsto anche un seguito dal titolo The Woman in Black: Angels of Death, che dovrebbe uscire tra un paio d'anni. Nell'attesa, se la pellicola vi fosse piaciuta, vi consiglio di guardare i già citati The Others e 1921 - Il mistero di Rookford, oppure Mirrors - Riflessi di paura e Dark Water. ENJOY!!
Trama: un giovane avvocato si reca in un paesino della campagna inglese per sbrigare delle pratiche relative a un'eredità. Lì scoprirà che gli abitanti sono terrorizzati dal fantasma di una donna che pare spinga i bambini a suicidarsi...
Considerato che il regista è quello stesso James Watkins che ha diretto lo splendido Eden Lake, non so cosa mi aspettassi da questo The Woman in Black, ma senza dubbio lo ritengo un film riuscito solo a metà. Innanzitutto, cosa deleteria per un horror, l'ho trovato poco coinvolgente, prima ancora che noioso. La colpa è forse da ricercarsi non tanto nella regia e nella sceneggiatura ma nella bolsa e monoespressiva faccia del povero Daniel Radcliffe, assolutamente poco credibile nei panni di giovane avvocato, vedovo e con prole. Per tutto il film l'ex maghetto occhialuto sgrana gli occhioni azzurri, inarca le sopracciglia spettinate e deglutisce con la faccia (e il colorito) di uno che si è appena mangiato un piatto di impepata di cozze alle quattro del mattino, senza ovviamente capire una mazza di quello che gli sta accandendo attorno e limitandosi a girare a vuoto facendosi insultare dagli autoctoni oppure a duettare con un Ciaràn Hinds che tenta invano di dare un po' di spessore attoriale alla pellicola. Considerato che un buon 70% del film si basa sulle ricerche dell'avvocato e sui suoi vari confronti con gli abitanti dell'isola, capirete perché per più di metà della durata The Woman in Black sembra non arrivare da nessuna parte, nemmeno fosse un mero esercizio di stile.
Come dicevo, però, la regia non l'hanno messa nelle mani dell'ultimo idiota che passava per caso. A cominciare dall'inquietante e scioccante sequenza iniziale, dove delle bambine lasciano incustoditi i loro giochi per andare incontro a qualcuno che non vediamo, i momenti prettamente horror sono diretti con una perizia tale che basta un rumore o un'immagine per fare saltare lo spettatore sulla sedia. Sinceramente, ed era un po' che non mi succedeva, non sono riuscita ad evitare di coprirmi gli occhi quando Daniel Radcliffe entra per la prima volta nella misteriosa stanza chiusa del maniero, zeppa di orripilanti giocattoli antichi, angoli morti, scimmiette semoventi, burattini e una terrificante sedia a dondolo che si muove da sola, e l'ansia si mantiene alta in ogni sequenza girata all'interno della casa della "donna in nero". Molto efficace anche la scena dell'incendio e quella finale ambientata nel fango della palude (con qualche eco delle splendide inquadrature dello sguardo di Kelly Reilly in Eden Lake), mentre invece il furbo twist finale sa molto di già visto, anche in tempi recenti. Nulla da dire sulla qualità della fotografia, a dir poco perfetta, e sulle scenografie, evocative come poche.
Non avendo mai visto l'omonimo film TV del 1989, né letto il libro della scrittrice inglese Susan Hill, non posso fare confronti con nessuna delle due opere, ma in generale questo The Woman in Black mi è sembrato poco più di un freddo tentativo di rievocare i vecchi e storici horror della casa di produzione Hammer, strizzando l'occhio a ghost story più recenti e conosciute. Come dimostrano l'inarrivabile The Others o il pregevole 1921 - Il mistero di Rookford, per essere coinvolgenti questo tipo di pellicole devono essere anche emozionanti, di un'emozione che parte dall'umanità dei protagonisti, non limitarsi a qualche sporadico spavento. E' difficile per lo spettatore provare simpatia per lo sfigatissimo avvocato protagonista del film o provare pietà per la triste storia della Donna in nero, perché quest'ultima ci viene mostrata solo come uno spauracchio che evoca l'immagine di troppi j-horror dell'ultimo decennio, un vendicativo spirito senz'anima ma con abiti d'epoca. Detto questo, a fronte dell'eccellente realizzazione "formale" non mi sento di sconsigliare The Woman in Black, ma senza dubbio esistono esempi migliori del genere.
Del regista James Watkins ho già parlato qui, mentre Daniel Radcliffe (Arthur) e Ciaràn Hinds (Daily) li trovate ai rispettivi link.
Come ho scritto, il libro di Susan Hill era già stato trasposto in un film per la TV inglese dal titolo The Woman in Black, diretto dal regista Herbert Wise, nel quale il ruolo di Arthur veniva affidato proprio all'attore che interpretava il padre di Harry Potter nei film dedicati al maghetto, Adrian Rawlins. Rimanendo in tema di strane "coincidenze", il figlio di Daniel Radcliffe nella finzione è stato interpretato dal suo vero figlioccio, mentre la fidanzata dell'attore ha interpretato la Donna in nero in alcune scene. Del film è previsto anche un seguito dal titolo The Woman in Black: Angels of Death, che dovrebbe uscire tra un paio d'anni. Nell'attesa, se la pellicola vi fosse piaciuta, vi consiglio di guardare i già citati The Others e 1921 - Il mistero di Rookford, oppure Mirrors - Riflessi di paura e Dark Water. ENJOY!!
lunedì 21 maggio 2012
Get Babol! #21
Settimana propizia per le uscite italiane, quindi vediamo se anche negli USA si stanno dando da fare. Nostalgia canaglia in chiave horror, un'inedita Cameron Diaz e una cupissima pellicola di fantascienza, ecco i consigli di GetGlue per la settimana. ENJOY!
Lovely Molly
Di Eduardo Sanchéz
Con Gretchen Lodge, Johnny Lewis e Alexandra Holden.
Trama (da Imdb): Molly, sposina novella, si trasferisce in campagna, nella casa del defunto padre. Presto, comincia ad essere perseguitata da dolorosi ricordi...
Il sito me lo consiglia perché mi sono piaciuti Rosemary's Baby, The Ring e Rec. All'inizio del post parlavo di nostalgia canaglia non tanto per la trama del film, ma perché il regista è lo stesso di The Blair Witch Project, che bene o male è stato l'horror che ha segnato i miei ultimi anni da liceale. Peccato che da questo modello iniziale di mockumentary innovativo Sanchéz non si è mai staccato, e il trailer di questo Lovely Molly lo confermerebbe. Reminescenze di The Blair Witch Project 2 e, soprattutto, Paranormal Activity, mi portano a considerarlo un film mal recitato, diretto alla carlona e in generale da evitare... ma tanto so che, se mai uscirà in Italia, mi farò fregare come al solito.
Beyond The Black Rainbow
Di Panos Cosmatos
Con Eva Allan, Michael Rogers e Scott Hylands.
Trama (da Imdb): Nonostante sia pesantemente sedata, Elena cerca di fuggire da Arboria, un'isolata e quasi futuristica comune.
Il sito me lo consiglia perché mi sono piaciuti Donnie Darko, Essi vivono e Arancia meccanica. A me, a dire il vero, il trailer ricorda più un cupissimo film di fantascienza anni '70, è tutto molto vintage, dagli abiti, alla colonna sonora, all'atmosfera generale. Sembrerebbe una pellicola molto visionaria e priva di qualsivoglia filo logico, quindi molto affascinante. Dispero di vederlo, comunque, soprattutto in Italia.
What to Expect when You're Expecting
Di Kirk Jones
Con Cameron Diaz, Matthew Morrison e J. Todd Smith.
Trama (da Imdb): Uno sguardo sull'Amore attraverso gli occhi di cinque coppie alle prese con le emozioni della gravidanza, che alla fine arriveranno a capire una verità universale: non importa quello che hai pianificato, la vita non ti porta sempre quello che ti aspetti.
Il sito me lo consiglia perché mi è piaciuto Scherzi del cuore. Alzo gli occhi al cielo, che Dio mi liberi da questi filmastri, polpettoni educativi e buonisti travestiti da commedie. Camerona, io ti adoro, sei una delle mie attrici preferite, ma queste cosette evitale, per piacere... tra l'altro, tra gli attori spuntano anche "cose" come Jennifer Lopez e Chris Rock, che mi infastidiscono soltanto a sentirli nominare. Il film è tratto dall'omonimo libro, che ha dato inizio ad una serie di fortunatissime pubblicazioni dedicate a genitori impanicati, ovviamente best seller negli USA, dove se non hai un maledetto manuale di istruzioni per ogni cosa sei praticamente fregato. Date le premesse, è un film che eviterò con piacere, quando uscirà a settembre in Italia col titolo Che cosa aspettarsi quando si aspetta.
Lovely Molly
Di Eduardo Sanchéz
Con Gretchen Lodge, Johnny Lewis e Alexandra Holden.
Trama (da Imdb): Molly, sposina novella, si trasferisce in campagna, nella casa del defunto padre. Presto, comincia ad essere perseguitata da dolorosi ricordi...
Il sito me lo consiglia perché mi sono piaciuti Rosemary's Baby, The Ring e Rec. All'inizio del post parlavo di nostalgia canaglia non tanto per la trama del film, ma perché il regista è lo stesso di The Blair Witch Project, che bene o male è stato l'horror che ha segnato i miei ultimi anni da liceale. Peccato che da questo modello iniziale di mockumentary innovativo Sanchéz non si è mai staccato, e il trailer di questo Lovely Molly lo confermerebbe. Reminescenze di The Blair Witch Project 2 e, soprattutto, Paranormal Activity, mi portano a considerarlo un film mal recitato, diretto alla carlona e in generale da evitare... ma tanto so che, se mai uscirà in Italia, mi farò fregare come al solito.
Beyond The Black Rainbow
Di Panos Cosmatos
Con Eva Allan, Michael Rogers e Scott Hylands.
Trama (da Imdb): Nonostante sia pesantemente sedata, Elena cerca di fuggire da Arboria, un'isolata e quasi futuristica comune.
Il sito me lo consiglia perché mi sono piaciuti Donnie Darko, Essi vivono e Arancia meccanica. A me, a dire il vero, il trailer ricorda più un cupissimo film di fantascienza anni '70, è tutto molto vintage, dagli abiti, alla colonna sonora, all'atmosfera generale. Sembrerebbe una pellicola molto visionaria e priva di qualsivoglia filo logico, quindi molto affascinante. Dispero di vederlo, comunque, soprattutto in Italia.
What to Expect when You're Expecting
Di Kirk Jones
Con Cameron Diaz, Matthew Morrison e J. Todd Smith.
Trama (da Imdb): Uno sguardo sull'Amore attraverso gli occhi di cinque coppie alle prese con le emozioni della gravidanza, che alla fine arriveranno a capire una verità universale: non importa quello che hai pianificato, la vita non ti porta sempre quello che ti aspetti.
Il sito me lo consiglia perché mi è piaciuto Scherzi del cuore. Alzo gli occhi al cielo, che Dio mi liberi da questi filmastri, polpettoni educativi e buonisti travestiti da commedie. Camerona, io ti adoro, sei una delle mie attrici preferite, ma queste cosette evitale, per piacere... tra l'altro, tra gli attori spuntano anche "cose" come Jennifer Lopez e Chris Rock, che mi infastidiscono soltanto a sentirli nominare. Il film è tratto dall'omonimo libro, che ha dato inizio ad una serie di fortunatissime pubblicazioni dedicate a genitori impanicati, ovviamente best seller negli USA, dove se non hai un maledetto manuale di istruzioni per ogni cosa sei praticamente fregato. Date le premesse, è un film che eviterò con piacere, quando uscirà a settembre in Italia col titolo Che cosa aspettarsi quando si aspetta.