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mercoledì 14 settembre 2022

Bolla Loves Bruno: Il falò delle vanità (1990)

Pensavate che mi fossi dimenticata della rubrica dedicata a Bruce Willis? Nemmeno per sogno! Oggi parliamo de Il falò delle vanità (The Bonfire of the Vanities) diretto nel 1990 da Brian De Palma e tratto dal romanzo di Tom Wolfe.


Trama: un giornalista alcoolizzato ottiene soldi e successo raccontando lo scandalo che ha coinvolto un brocker di Wall Street, accusato di avere investito un ragazzo di colore e di essere fuggito, lasciandolo in coma...


Il falò delle vanità è stato uno dei film più odiati del 1990. Lo dimostrano non tanto le nomination a quasi tutte le categorie dei Razzie Award, quanto piuttosto il fatto che Tom Wolfe lo abbia praticamente disconosciuto, Hanks lo abbia definito il peggior film della sua carriera, Morgan Freeman non l'abbia mai guardato e De Palma ricordi l'esperienza come un incubo dentro e fuori dal set. Per quanto riguarda Bruce Willis, pare che se la tirasse un sacco in quanto attore sulla cresta dell'onda, tanto che sul set lo odiava persino Tom Hanks, irritato dal suo "sorrisetto mangiamerda". Insomma, un trionfo. Eppure, a me Il falò delle vanità era piaciuto sia la prima volta che l'avevo visto, tantissimi anni fa, che durante questo rewatch, pur riconoscendo che la trama è l'emblema del cerchiobottismo e si mantiene molto ambigua (però non ho mai letto il romanzo di Tom Wolfe, quindi non posso sapere se questa caratteristica si ritrova anche nell'opera cartacea). Per chi non avesse mai visto il film, Il falò delle vanità è la fiera dell'ipocrisia e dell'arrivismo ed è incentrato sulla caduta dall'Olimpo di Sherman McCoy, ricchissimo operatore di Wall Street il quale, dopo aver investito un ragazzo di colore assieme all'amante, diventa il mezzo attraverso cui una serie di personaggi deprecabili cercano di ottenere fama, denaro e successo (in primis il giornalista in disgrazia Peter Fallow) spacciando le loro azioni come spasmodica ricerca di giustizia. L'intenzione dell'opera è quella di essere una satira spietata verso personaggetti di varie etnie, con le mani in pasta nel settore economico, giudiziario e religioso, i quali apparentemente cercano di fare l'interesse delle classi più povere e disagiate (che escono a loro volta con le ossa rotte da una descrizione impietosa) ma, in realtà, perseguono semplicemente il loro tornaconto, travolgendo con la grazia di elefanti chiunque blocchi loro il passo. A trovarsi in mezzo, stavolta, è Sherman McCoy, che come protagonista è quasi peggio di chi cerca di trascinarlo nel fango; è difficile provare empatia per un paraculo razzista, pavido e bugiardo, ed è ancora più difficile accettare le parole finali con cui Peter Fallow, altro parassita con la coscienza a intermittenza, dichiara come McCoy abbia perso soldi e fama ma abbia ritrovato un'anima, gettando una luce positiva su un personaggio che, a ben vedere, non si redime mai.


Lo stile con cui De Palma cerca di rappresentare questo enorme esempio di pochezza umana è ironicamente pomposo e "teatrale", "ridicolo", se mi passate il termine, tanto quanto la convinzione di Sherman di essere un novello Don Giovanni; la macchina da presa del regista (coadiuvato, in quella che è una delle scene introduttive più belle mai viste, dall'esperto di steadycam Larry McConkey, un piano sequenza talmente immersivo che sembra di essere a fianco di Bruce Willis, ubriachi quanto il suo Peter Fallow) annulla il confine tra realtà e showbusiness, presentandoci alternativamente personaggi ripresi dal basso che incombono sia sullo spettatore che sul loro interlocutore, panoramiche su folle desiderose solo di spettacolo e totalmente noncuranti del vero dramma vissuto dall'oggetto dei loro sguardi e pochi momenti di intimità zeppa di bugie e ripicche, dove persino le persone integerrime arrivano a rinnegare i propri ideali per salvare la faccia. La mano dell'Autore, a mio avviso, si vede eccome, e onestamente non ho trovato male neppure il tanto criticato cast. Certo, se De Palma avesse potuto avere John Lithgow come Sherman McCoy avremmo probabilmente goduto di un capolavoro, ma la faccetta giovane e clueless di Tom Hanks aggiunge quella punta di dabbenaggine in grado di rendere il personaggio ancora più fastidioso e biasimevole e lo stesso vale per "il sorrisetto mangiamerda" di Bruce Willis; Peter Fallow è viscido quanto basta, il finto amico che venderebbe la madre per la fama, e non faccio fatica a credere che l'atteggiamento sul set di Willis abbia contribuito ad arricchire la personalità del giornalista alcoolizzato di interessanti, benché sgradevoli, sfumature. Probabilmente, l'unico vero difetto de Il falò delle vanità è quello di essere uscito in un periodo in cui l'America non era ancora pronta a criticare quell'ipocrisia che è il fondamento dell'utopica idea del self made man, mentre nel 2022 la sua satira risulta ambigua e all'acqua di rose (lo speech finale di Freeman, detestato dallo stesso De Palma, e la chiosa di Willis sono davvero imbarazzanti, bisogna ammetterlo), ma nella sua imperfezione l'ho trovato comunque molto interessante e ben realizzato, così come lo ricordavo. Se vi capitasse sottomano, dategli una chance!


Del regista Brian De Palma (che compare come guardia di sicurezza nella scena iniziale) ho già parlato QUI. Tom Hanks (Sherman McCoy), Bruce Willis (Peter Fallow), Melanie Griffith (Maria Ruskin), Kim Cattrall (Judy McCoy), Morgan Freeman (Giudice Leonard White), Donald Moffat (Mr. McCoy), Kurt Fuller (Pollard Browning), Kirsten Dunst (Campbell McCoy) e  F. Murray Abraham (P.D. Abe Weiss) li trovate invece ai rispettivi link.

Saul Rubinek interpreta Jed Kramer. Tedesco, ha partecipato a film come L'ospedale più pazzo del mondo, Wall Street, Gli spietati, Una vita al massimo, Gli intrighi del potere - Nixon, La ballata di Buster Scruggs e a serie quali Oltre i limiti, Frasier, Lost, Masters of Horror, Grey's Anatomy e Hunters. Anche regista, sceneggiatore, produttore e compositore, ha 74 anni e tre film in uscita. 


Tra le guest star figurano Rita Wilson, la moglie di Tom Hanks, che interpreta la PR che accompagna Fallow nella scena iniziale, e Geraldo Rivera, ovvero il reporter che si occupa della storia di Lamb. La sceneggiatura originale prevedeva che, alla fine, la vittima dell'incidente uscisse dall'ospedale con le sue gambe, chiaro segno di frode, ma gli screen test hanno dimostrato che il pubblico non gradiva questa versione. Siccome nel libro il giudice è ebreo, De Palma avrebbe voluto Walther Matthau o Alan Arkin nel film, ma il ruolo è finito a Freeman quando il regista ha deciso che sarebbe stato più efficace un giudice di colore; per quanto riguarda Sherman, quando ancora il film doveva venire diretto da Mike Nichols, l'attore scelto era stato Steve Martin, mentre sia John Cleese che Jack Nicholson hanno rifiutato quello di Fallow. Per quanto riguarda le quote rose, Michelle Pfeiffer ha rifiutato il ruolo di Maria (tra le altre, Uma Thurman, Lena Olin e Robin Wright non hanno invece ottenuto la parte), mentre Kristin Scott Thomas ha dovuto rinunciare a quello di Judy perché, al momento di fare lo screen test con Tom Hanks, era in vacanza coi figli. Grandi rinunce infine anche tra i registi, con Steven Spielberg e Adrian Lyne in prima linea. ENJOY!

5 commenti:

  1. John sarebbe stato uno spettacolo, sicuramente avrebbe dato al personaggio di Sherman quella punta di durezza ed ulteriore ambiguità di cui Hanks difetta. Ma ci si "accontenta" anche così!

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  2. Non lo rivedo dall'epoca della sua uscita, "leggermente" pompato da ogni trasmissione di cinema e trailer, quando De Palma era un nome che aveva un discreto peso, comunque ne ho conservato un buon ricordo, soprattutto per il piano sequenza iniziale: oggi è una tecnica che usano tutti, ma all'epoca solo Hitch e De Palma erano così pazzi da portare un piano sequenza al cinema :-P

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    1. Io avevo 9 anni e De Palma non sapevo nemmeno chi era, quindi non ricordo davvero nulla della pubblicità dell'epoca. L'avevo visto ai tempi in cui, fresca di amore per il cinema, non mi perdevo nemmeno un film che avesse tra gli attori uno dei miei preferiti (in questo caso Bruce) e probabilmente lo avevo apprezzato giusto per la storia, ora invece mi godo anche i virtuosismi tecnici!

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  3. Anche a me era piaciuto. Il piano sequenza iniziale avrebbe meritato una menzione ne I Protagonisti di Altman.

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