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venerdì 5 maggio 2023

Beau ha paura (2023)

Un altro dei titoli che più aspettavo quest'anno al cinema era Beau ha paura (Beau is Afraid), diretto e sceneggiato dal regista Ari Aster. Niente spoiler, più o meno.


Trama: Beau, uomo di mezza età buono ma tremendamente ansioso, cerca di raggiungere casa di sua madre. Il viaggio si rivelerà una terribile odissea...


Siccome, ovviamente, Beau ha paura non è stato programmato al comodo "multisala" a quindici minuti di macchina da casa mia, martedì sera sono dovuta andare a Genova (in soli, miracolosi 30 minuti) per assistere allo spettacolo delle 21.30 presso il Fiumara. Come ben sanno gli aficionados, 21.30 vuol dire come minimo 22, quindi la visione è finita più o meno all'una, dopodiché, tra una chiusura autostradale e un ininterrotto susseguirsi di semafori che va da Sampierdarena a Prà, sono riuscita ad arrivare a casa alle DUE. Poiché mi sveglio alle 6.45 ogni mattina e sono una vecchia di 42 anni, oggi non so più nemmeno come mi chiamo, questo per dire che non so cosa riuscirò a scrivere del film, soprattutto perché questa via crucis genovese ha aizzato un po' il mio odio verso l'ultima creatura di Ari Aster. La quale, come ho scritto nella trama, è invece un'odissea, quella di un uomo buonino come Lupo de' Lupis e talmente ansioso da sfociare nel patologico. Il titolo del film riassume perfettamente la situazione: Beau ha paura di tutto. E' terrorizzato, a ragione, dal quartiere in cui vive, dalle malattie e dalla morte ma, in particolare, ha una fifa blu di mammina e di ogni scelta a cui viene costretto, da lei o da altri, ché non sia mai la gente resti delusa dal goffo, inetto Beau. La sua paura, c'è da dire, è comprensibile se si pensa che il protagonista ha sempre vissuto all'ombra della madre. Figura soffocante che è stata addosso al figlio come un falco sin dalla nascita, la signora Mona Wasserman è l'incarnazione dell'apprensione e dell'autocommiserazione, tanto da aver fatto un lavoro della prima, mettendo in piedi una sorta di casa farmaceutica di cui, da bambino, Beau era l'addolorato volto. Questo è il quadro generale offerto da Aster allo spettatore per orientarsi, per quanto possibile, all'interno della sua ultima opera, e non andrei a ricamarci sopra ulteriormente, in quanto si tratta solo dell'aspetto superficiale di Beau ha paura


Come direbbe il Vate, Beau ha paura "nun va visto, va vissuto". Il che non vuol dire che Ari Aster abbia fatto le cose a membro di segugio o che non esista un significato univoco, legato strettamente alla visione dell'Autore, per ciò che viene mostrato sullo schermo, quanto piuttosto che Beau ha paura può parlare in modi diversi allo spettatore e io di sicuro non li conosco tutti. Si può vivere l'ordalia di Beau come una lunga seduta psichiatrica trasposta in immagini, durante la quale il protagonista parte da ciò che lo terrorizza per cercare di guardare dentro se stesso e capirsi (il che, ahimé, non necessariamente deve portare ad una rinascita, ma può anche accadere che i problemi non si risolvano); si può guardare al film come a una distopia fantascientifica, magari facendosi solleticare da un paio di rimandi a The Truman Show, e vivere le avventure di Beau come se si avesse davanti un burattino mosso da un'eminenza grigia spietata e folle, che lo illude, da sempre, di avere il controllo della propria misera esistenza (questa è l'interpretazione che mi piace di più, anche perché molti indizi lo lascerebbero supporre); ci si può sedere in poltrona e lasciarsi trasportare dal delirio, sposando entrambe le idee di volta in volta o creandone altre, per esempio pensare a un angosciante circle of life, alla rappresentazione della stupida banalità della nostra vita moderna, dentro la quale siamo tutti dei Beau spaventati in attesa di una fantozziana ed illusoria rivalsa su coloro che ci vessano, perennemente ostacolati da eventi più o meno assurdi, a prescindere che siano negativi o positivi. Potete letteralmente pensare ciò che volete di Beau ha paura, tanto la verità la sa solo Ari Aster


Il regista, questo è sicuro, guarda a grandi modelli, come Aronofsky, Charlie Kaufman o Lynch, senza limitarsi a copiare pedissequamente, bensì infondendo nell'opera la sua personalità, magari senza riuscire a raggiungere un risultato perfetto o coeso, ma almeno provandoci. Volendo dividere il film in segmenti (neanche fosse un'antologia ad episodi), per quanto mi riguarda Beau ha paura è come quella puntata dei Simpson in cui Boe ha aperto la sua Mangiatoia per famiglie e all'inizio canta tutto entusiasta "Qui per te, sai chi c'è, lo Zio Boe, guarda un po'": le prime due, lunghissime disavventure del protagonista sono un agghiacciante mix di immagini angoscianti e grottesche, realizzate con inquadrature e movimenti di macchina inconsueti che aumentano ancora di più il disagio dello spettatore, in sincronia con quello crescente di Beau. E' lì che Aster si riconferma maestro dell'horror inusuale, vissuto persino alla luce del giorno, dove tutto ciò che è "normale" rischia in un attimo di diventare mostruoso e terrificante, e lo stesso stile si ripropone verso il finale, che tuttavia si fa ancora più onirico e assurdo, con una sequenza in particolare che mi ha causato delle risate isteriche con lacrime annesse di cui Florence Pugh andrebbe fierissima. Se Beau ha paura fosse stato tutto così avrei probabilmente urlato al capolavoro. Purtroppo, c'è quella menosissima parte ambientata nel bosco, che per me è stata l'equivalente del Boe scoglionato che lancia i piatti ai bambini bofonchiando "Sai che c'è? Lo zio Boe, prendi un po'". Per carità, la sequenza animata è bellissima e poetica, e l'intero "episodio" serve ad inquadrare ancor meglio il carattere pavido di Beau e il nocciolo di tutti i suoi problemi ma, giusto per assecondare la qualità onirica del segmento in questione, mi sono ritrovata un paio di volte con gli occhi semichiusi e non mi vergogno a dirlo.


Ad Aster servirebbe qualcuno di vessante e intimidatorio come la madre di Beau, che lo portasse a fermarsi e dubitare, invece di dare sfogo a tutto ciò che gli passa per la testa convinto che sia sempre cosa buona e giusta. Anche perché (diciamoci la verità senza timore di scatenare l'ira degli dèi) tre ore del pur bravissimo Joaquin Phoenix con la faccia triste del cane bastonato, che sciorina una lamentela dopo l'altra quando non è impegnato ad uggiolare o a balbettare scuse incomprensibili, sono un po' pesanti da sopportare. Molto meglio Patti LuPone, cazzutissima madre che avrei voluto vedere di più sullo schermo, col suo fastidio a malapena trattenuto verso quella larva di figlio che lei stessa ha contribuito a rendere anche più mollo del lecito, oppure i terribili sposini interpretati da Amy Ryan e
Nathan Lane, il lato vezzoso e "carino" di una realtà da incubo. Lungi da me lamentarmi troppo, comunque. Beau ha paura è un film ostico, elefantiaco (e il prossimo che osa lamentarsi di Babylon verrà legato alla poltrona e costretto a guardare sei ore di Phoenix piangente in loop) eppure terribilmente interessante e sfaccettato, qualcosa di raro in quest'epoca cinematografica di rapido consumo sia a livello di visioni che di recensioni, che merita sicuramente più di una visione o di un giudizio tranchant. Il mio consiglio è quello di andare al cinema a vederlo, magari non a un tardo orario serale come ho fatto io, e godersi lo spettacolo senza troppe pippe mentali né aspettative, nel bene e nel male. Poi fatemi sapere cosa ne pensate, che se c'è un film in grado di alimentare discussioni a non finire questo è proprio Beau ha paura.


Del regista e sceneggiatore Ari Aster ho già parlato QUI. Joaquin Phoenix (Beau Wasserman), Nathan Lane (Roger), Amy Ryan (Grace), Stephen McKinley Henderson (Terapista), Zoe Lister-Jones (Mona da giovane), Julian Richings (l'uomo strano) e Bill Hader (fattorino UPS) li trovate invece ai rispettivi link. 

Patti LuPone interpreta Mona Wasserman. Americana, la ricordo per film come 1941: Allarme a Hollywood, Witness - Il testimone, A spasso con Daisy e serie quali Will & Grace, Penny Dreadful, Hollywood e American Horror Story; come doppiatrice ha lavorato in BoJack Horseman e I Simpson. Anche cantante, ha 74 anni e parteciperà all'imminente serie Marvel Agatha: Congrega del Caos.  


Richard Kind interpreta il Dr. Cohen. Americano, ha partecipato a film come Stargate, Confessioni di una mente pericolosa, Hereafter, Argo, Sharknado 2, Bombshell - La voce dello scandalo, ... tick, tick, Boom! e serie quali La tata, That '70s Show, Scrubs e Due uomini e mezzo. Come doppiatore ha lavorato in A Bug's Life - Megaminimondo, Toy Story 3 - La grande fuga, Inside Out, Kim Possible, Phineas e Ferb, I Simpson, I Griffin e American Dad!. Anche sceneggiatore, ha 67 anni e quattro film in uscita. 


Uno dei figli di Beau è Michael Gandolfini (immaginate quindi quanto fossi bollita in quel momento per non averlo nemmeno riconosciuto) mentre il regista David Mamet interpreta il rabbino. Il film è l'"espansione" del corto Beau, diretto e sceneggiato da Ari Aster nel 2011. Se Beau ha paura vi fosse piaciuto recuperatelo e aggiungete Madre!, Strade perdute e Mulholland Drive. ENJOY! 

10 commenti:

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  2. Io non ho paura dei film lunghi 3 ore e Babylon mi è piaciuto da matti. Inoltre adoro i film strani come Sto Pensando Di Finirla Qui. Direi che sono pronto anche per questo.

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    1. Bravissimo, è così che si fa :D
      Allora penso proprio che ti piacerà anche Beau ha paura!

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  3. Secondo me bastava anche uno sguardo minaccioso di Patti LuPone. Purtroppo, in questo caso, Aster è stato coccolato come Beau a casa del dottore!

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  4. Ho saltato a piè pari quello che hai scritto perché non sono ancora riuscito a vederlo... ma mi hai incuriosito troppo! Prometto che appena avrò visto il film la tua sarà la prima recensione che leggerò!!

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    1. Allora aspetto di leggere la tua, ho visto che finalmente hai avuto occasione di testimoniare la follia di Aster!

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  5. Ho amato profondamente i primi due film di Aster, soprattutto Midsommar per cui ho una sorta di adorazione oracolistica, quindi ero partito già sapendo che questo film non avrebbe mai potuto sostenere il confronto. A mio parere infatti non lo fa e per larghi tratti sono d'accordissimo con te, in particolare sulla lunghezza e sulla parte centrale che spezza totalmente il ritmo. Aggiungo che Phoenix è bravissimo, ma in realtà non ricordo nessuna scena particolare in cui mi abbia davvero impressionato, a differenza della Colette in Hereditary e della Pugh in Midsommar.
    Vedo in giro che, esattamente come per Midsommar, i pareri sono tutti estremi, chi gli dà zero e chi dà dieci, io mi pongo nel mezzo, probabilmente gli darei un 7 o un 7,5 (con un 0,5 in più per la regia).

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    1. Mi pongo in mezzo anche io, nonostante abbia amato più Hereditary che Midsommar. Questo è di sicuro il suo film che ho preferito meno, ma continuo a dire che non è un brutto film, anzi. Solo, serviva un po' di "freno", qualcuno che, da esterno, aggiustasse un po' ciò che è strabordato forse per eccessiva partecipazione, chissà.

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  6. Eccomi, finalmente. Per me è un gran film, oserei dire il film dell'anno (anche se, lo ammetto, il mio giudizio è dettato da una riflessione molto personale che me lo ha fatto sentire più "mio" rispetto a ogni altro...)
    Ad ogni modo, credo che l'orario in cui lo hai visto abbia influito: non è un'opera da vedere quando si è stanchi. A me le tre ore sono volate e, tra l'altro, la sequenza animata nel bosco l'ho trovata di una bellezza incredibile. Sono praticamente quattro film in uno, e in ogni spezzone Aster cambia registro: aldilà dei gusti personali, credo che almeno dal punto di vista stilistico si possa dire di trovarci davanti a un capolavoro.

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    1. Sono molto contenta che ti sia piaciuto! Infatti la mia ferma volontà è quella di riguardarlo in un momento più favorevole, ciò nonostante rimango dell'idea che il film avrebbe meritato una piccola sforbiciata qui e là per meri motivi di ritmo, mentre non ho nulla da obiettare per quanto riguarda lo stile e spero si sia capito dal post!

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