Pagine

mercoledì 7 novembre 2018

First Man - Il primo uomo (2018)

Siccome questo rischiava di essere IL titolo della settimana, domenica sono andata a vedere First Man - Il primo uomo (First Man), diretto dal regista Damien Chazelle.


Trama: dopo una lunga serie di fallimenti, l'ingegnere spaziale Neil Armstrong è pronto ad affrontare la sua prima missione nello spazio...



Cominciamo con le note dolenti? E cominciamoLE. First Man ha un solo, grandissimo difetto: non è stato scritto da Damien Chazelle e purtroppo si vede, si percepisce. Per quanto La La Land non mi avesse fatta impazzire, guardandolo si avvertivano sia l'originalità della scrittura sia l'amore del regista e sceneggiatore per l'argomento trattato, una completezza unica che non sono riuscita a trovare in First Man, "banalissimo" biopic graziato da una regia meravigliosa che probabilmente farà sfracelli durante la prossima notte degli Oscar proprio in virtù di ciò, condannato a diventare l'ennesimo film realizzato a tavolino per far fremere il pubblico patriottico americano (non a caso avrebbe dovuto girarlo Clint Eastwood). Il distacco tra sceneggiatura poco ispirata e regia si riscontra, molto banalmente, nell'alternanza tra momenti di stasi corrispondenti alla vita familiare di Armstrong e le sequenze ambientate nello spazio o comunque legate alle sperimentazioni che hanno portato alla nascita dell'Apollo 11, con i primi che si salvano giusto grazie alla misuratissima interpretazione di Ryan Gosling e al connubio tra la regia e la particolarissima colonna sonora scelta dall'attore e da Chazelle. First Man è infatti quasi interamente imperniato sul dramma familiare di Armstrong, che ha perso la figlioletta in tenera età a causa di un tumore e che da quel momento si è gettato anima e corpo nella missione spaziale, allontanandosi volutamente dal resto della famiglia per creare il necessario distacco onde rendere meno dolorosa la sua eventuale, probabile dipartita nel corso di una delle missioni; l'unico punto forte della sceneggiatura, di fatto, è la scelta di mostrare gli astronauti come cavie, topi da laboratorio perfettamente consapevoli di rischiare la morte a causa di una tecnologia ambiziosa ma probabilmente ancora inadatta agli obiettivi proposti dalla NASA e dal Governo, viziati dalla fretta di superare e surclassare gli odiati Russi nella corsa allo spazio. L'ottimismo di fondo, presente in buona parte dei film a tema, qui viene sostituito dalla paura e dall'incertezza messe a nudo da retroscena sgraditi e intoppi di squisita, pericolosissima banalità (ho molto apprezzato la difficoltà con cui Buzz apre il portellone appena prima di scendere sulla Luna, per dire) che rendono il tutto più realistico, emozionante e sì, anche sconvolgente perché ormai siamo talmente abituati alla riuscita delle missioni spaziali da darle quasi per scontate.


In tutto questo, la regia di Chazelle concorre ad alimentare questo senso di pericolo e di iperrealtà con quelle riprese opprimenti degli interni delle navicelle e dei moduli, che nemmeno la grandezza dello schermo riesce a rendere più spaziose; a tratti, sembra di essere bloccati in quegli ambienti angusti assieme agli astronauti, sballottati, centrifugati senza pietà, e il nostro sguardo viene catturato spesso non tanto dalla meraviglia dello spazio esterno quanto dai dettagli di quelle minuscole viti, levette e scritte che rischiano di condannare a morte, solo per un piccolissimo malfunzionamento, i poveri cristi che si sono affidati a progettisti, ingegneri e tecnici. Ovviamente, Chazelle lascia spazio anche alla bellezza più pura. Gli omaggi a Kubrick e al suo 2001: Odissea nello spazio sono innumerevoli fin dall'inizio e riescono a fondersi perfettamente all'aspetto più "profano" della pellicola, in un'alternanza di gioia profonda e altrettanto profondo terrore che è probabilmente lo specchio perfetto delle sensazioni di chi si avventura nello spazio; gli spazi sconfinati, la luna che osserva beffarda dal cielo prima di venire calpestata con reverenza e trepidazione, la luce solare che si rifrange all'orizzonte, l'assoluto silenzio spezzato solo dal respiro di chi viene protetto giusto dal fragile vetro di un casco, sono tutte immagini indelebili che concorrono a fare di First Man non un gran film ma comunque un bellissimo film, capace di far scendere la lacrimuccia sul finale, con una singola sequenza silenziosa e commovente. Nonostante ciò che ho scritto all'inizio, First Man mi è quindi piaciuto molto ma non ha toccato i livelli epici che mi sarei aspettata e ammetto di essere rimasta un po' delusa, non tanto per la qualità effettiva della pellicola, quanto piuttosto per la sua frequente impersonalità che mi porta a sperare in un prossimo progetto interamente affidato a Chazelle perché solo come regista il ragazzo perde un buon 40% della sua effettiva bravura.


Del regista Damien Chazelle ho già parlato QUI. Ryan Gosling (Neil Armstrong), Claire Foy (Janet Armstrong), Jason Clarke (Ed White), Kyle Chandler (Deke Slayton), Corey Stoll (Buzz Aldrin), Ciarán Hinds (Bob Gilruth), Shea Whigham (Gus Grissom), Lukas Haas (Mike Collins), Ethan Embry (Pete Conrad) li trovate invece ai rispettivi link.

Patrick Fugit interpreta Elliot See. Americano, ha partecipato a film come Quasi famosi, L'amore bugiardo - Gone Girl e a serie quali E.R. Medici in prima linea, Dr. House e Outcast. Anche produttore, ha 36 anni e due film in uscita.


La bionda moglie di Ed White è interpretata da Olivia Hamilton, moglie di Damien Chazelle, mentre Pablo Schreiber, che interpreta Jim Lovell, era il favoloso Mad Sweeney di American Gods. Se First Man - Il primo uomo vi fosse piaciuto recuperate 2001: Odissea nello spazio. ENJOY!


10 commenti:

  1. Peccato, a questo punto avrei visto bene Rom Howard alla regia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Effettivamente, che ci fosse stato lui alla regia o Clint Eastwood o Chazelle, non credo sarebbe cambiato molto.

      Elimina
  2. A me è piaciuto molto. Molto più dell'acclamato "La La Land", che pure non mi era dispiaciuto. E' forse il primo film americano sull'argomento a mostrarci la triste realtà della corsa allo spazio, presentandoci gli "eroici" astronauti come carne da macello sacrificati sull'altare della guerra fredda con l' URSS (in parte l'aveva fatto, l'anno scorso, anche "Il diritto di contare", ma lì la tematica era diversa). L'unico difetto che gli trovo, ahimè, è il suo protagonista: Gosling, citando Sergio Leone, ha due espressoni: col casco e senza casco (e non solo in questo film). Spero di riuscire a parlarne presto...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io, tra tutti i film di Chazelle, al momento trovo inarrivabile Whiplash, al quale né La La Land né tantomeno First Man sono degni di allacciare le scarpe.
      Quanto a gosling, qui lo trovo perfetto: stundaio quanto un Joel Edgerton qualsiasi ma molto più "profondo".

      Elimina
  3. Devo vederlo ma, dati i toni patriottici e la trama trita e ritrita, non sto proprio correndo in sala...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non è proprio così patriottico, eh. Però non è nemmeno profondo e innovativo quanto mi sarei aspettata.

      Elimina
  4. Anche per me delusione, forse più per il suo regista (per cui un suo guizzo, un qualcosa di più lo aspettavo) che per il risultato in sé. Classico, capace di emozionare, e se si fa troppo tecnico in alcuni punti, lo sguardo familiare bilancia il tutto. Sì, dopo questa parentesi spaziale, rivoglio Chazelle alla musica.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh ma capisci bene che con una trama così è anche difficile brillare dietro la macchina da presa, benché ci siano delle immagini splendide.
      Però, come ho detto, alla regia poteva esserci davvero chiunque...

      Elimina
  5. Splendida riflessione sulla elaborazione del lutto, sulla perdita dell'amicizia e la necessita dell'uomo di riscoprirsi tale e non più Pter Pan. Il film è intimo e dal ritmo compassato, ma l'atmosfera è talmente densa che basta un po' di fumo che escee da un portellone blindato per mozzare il respiro in un attimo. Non forte come "Whiplash" o scoppiettante e amaro come "La La Land", questo film conferma le enormi capacità tecniche del giovane regista e sopratutto la capacita di affrontare comunque un genere come quello biografico, senza riproporne i cliché, ma allo stesso tempo donandogli uno stile personale. Molti hanno detto che sembra un film di Spielberg,ma non esiste considerazione più sbagliata di questa. Non un capolavoro sia chiaro, la parte finale con la partenza è forse quella più scontata che si potesse vedere oggi al cinema, con tanto di rimandi ad "Apollo 13", ma rimane un gran bel film da vedere su di uno schermo più grande possibile.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sinceramente l'ho apprezzato più per lo sfoggio tecnico che per la storia in sé. Mi aspettavo ben di più da First Man ma è comunque un film, come hai detto tu, da vedere possibilmente sul grande schermo.

      Elimina