Esce oggi su Disney+ lo splendido Nomadland, diretto e sceneggiato nel 2020 dalla regista Chloé Zhao e tratto dal libro omonimo di Jessica Bruder, che durante la notte degli Oscar ha vinto per le categorie Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Attrice Protagonista.
Trama: dopo aver perduto lavoro e casa a causa della crisi economica, Fern sale su un minivan e viaggia per l'America, cercando come può di sopravvivere...
In questa annata di Oscar poco convincenti, solo due pellicole hanno rapito il mio cuore e hanno smosso delle emozioni vere durante la visione. Una è stata Promising Young Woman, l'altra questo Nomadland, ognuna per motivi diversi. Il film di Chloé Zhao è una commovente parabola sulla natura sfuggente dell'essere umano, sul modo in cui ognuno vive a modo suo la tristezza della morte e la gioia della vita, e punta i riflettori sulle moderne popolazioni di nomadi americani che seguono il flusso delle stagioni e delle occupazioni temporanee, creando una sorta di tribù o famiglia allargata fatta di aiuti reciproci e di scambi non solo materiali ma anche e soprattutto umani. Fern è diventata uno di questi nomadi suo malgrado, ché lei le radici le aveva trovate col marito Bo, in una città "aziendale" ai margini del deserto del Nevada che, in quanto tale, si è svuotata di tutti i suoi abitanti quando l'azienda proprietaria è fallita; vedova, senza lavoro e senza casa, Fern decide di portarsi dietro poche cose importanti e di cominciare a vivere in un van, spostandosi seguendo le disponibilità lavorative offerte da altre aziende, come Amazon, o dalle varie località turistiche. La vita del nomade è pericolosa, perché innanzitutto si è spesso soli e come tali bisogna imparare a cavarsela, ci sono malattie improvvise, c'è il freddo dell'inverno, c'è l'impossibilità di trovare un posto sicuro (e legale) dove parcheggiare il van e dormire, al di là di tante altre piccole cose scomode, ma per Fern ancora più pericoloso è quello che potrebbe succederle se dovesse di nuovo mettere radici, lei che ancora non ha superato il lutto per il marito morto e sente di non appartenere ad altri che a se stessa. La protagonista di Nomadland non è né speciale né particolare, è un piatto dozzinale, rotto e rabberciato alla bell'e meglio con l'Attack, non certo un esempio dell'arte del Kintsugi, ed è per questo ancora più facile empatizzare con lei e mettersi nei suoi panni, nonostante il suo carattere schivo.
Non ho letto il libro di Jessica Bruder da cui Chloé Zhao ha tratto la sceneggiatura di Nomadland e la stessa mette ben poche parole in bocca a una Frances McDormand umanissima e meravigliosa, che si mescola senza fatica tra i veri nomadi con i quali ha condiviso non solo lo stile di vita, ma anche lavori ed esperienze, preferendo siano le immagini e la malinconica musica a trasmettere tutte le emozioni del personaggio. I primi piani di Fern, col suo sguardo perso verso l'orizzonte e verso qualcosa che solo lei può vedere, si alternano a campi lunghissimi che riportano tutti i colori e la bellezza selvaggia del paesaggio americano, che risulta così stranamente accogliente ed ospitale, in aperto contrasto con l'innegabile squallore dei piccoli van, delle lavanderie a gettoni, delle tavole calde. La cinepresa si sofferma a lungo su questi elementi naturali e sulla vita dei nomadi, dandoci modo di toccarla quasi con mano, mentre per contro le poche sequenze ambientate all'interno di quattro mura "sicure" e solide, abitate da Famiglie con la F maiuscola, vengono spezzettate da un montaggio rapido che rende palpabile l'ansia di Fern, ormai estranea a questo stile di vita, la sofferenza di sentirsi fuori posto nonostante la gentilezza di chi vorrebbe per lei una presunta normalità e la reintegrazione, l'inquietudine che sembra di leggere in ogni ruga e in ogni sguardo della McDormand, nei suoi capelli tagliati male e nel suo aspetto dimesso. Eppure, in tutti questi piccoli dettagli, quanta dignità si riesce a percepire, e quanta forza. La stessa che serve a scegliere come vivere la propria esistenza, magari sbagliando ma senza compromessi e senza fare male a nessuno. E pazienza se qualcuno, lungo la via, deciderà che quello non è il suo stile di vita, perché la strada perdona e capisce più delle persone, consapevole che, prima o poi, tutti quelli che abbiamo conosciuto e amato li rincontreremo lungo il cammino. Life isn't pain. Life isn't bliss. Life is just this. Is living.
Di Frances McDormand, che interpreta Fern, ho già parlato QUI mentre David Strathairn, che interpreta Dave, lo trovate QUA.
Chloé Zhao è la regista e co-sceneggiatrice della pellicola. Cinese, ha diretto film come Songs My Brothers Taught Me e The Rider - Il sogno di un cowboy. Anche sceneggiatrice e produttrice, ha 38 anni e un film in uscita, Gli Eterni.