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venerdì 31 agosto 2018

The Last Sharknado: It's About Time! (2018)

E' finita. Non so come ma è finita, grazie a tutti gli dei. O, almeno, spero. Il regista Anthony C. Ferrante ha sfornato anche quest'anno l'ennesimo capitolo della sua più fortunata creatura, The Last Sharknado: It's About Time! e stavolta pare non ci saranno altri sequel.  Ma perché ora sono così amareggiata quando l'anno scorso non vedevo l'ora di guardare il sesto episodio di Sharknado?


Trama: Fin e soci sono costretti a viaggiare nel tempo per combattere gli sharknado e impedire al terribile fenomeno atmosferico di distruggere il mondo.


L'anno scorso, alla fine del noiosissimo e discutibile quinto episodio, ero rimasta basita innanzi alla visione di Dolph Lundgren che, in guisa di figlio di Fin, invitava il padre ad imbarcarsi in un viaggio nel passato onde distruggere lo sharknado fonte di tutti i mali. Galvanizzata da tanta sfacciata ambizione tamarra, ho atteso col fiato sospeso The Last Sharknado: It's About Time!, confidando in un tripudio di trash e spacconate assortite ma dopo cinque minuti avevo già capito che Lundgren aveva mostrato a tutti il dito medio e abbandonato il progetto, lasciando il ruolo di Gil a comparse e signori nessuno e Ferrante e soci in preda alla deboscia più nera. A prescindere dalla sua infima qualità tecnica, che ormai è persino incapace di fare ridere, The Last Sharknado: It's About Time! è proprio noioso, ripetitivo, permeato da un autocompiacimento nostalgico che annulla persino le poche trovate buone e ammoscia quello che avrebbe dovuto essere l'obiettivo principale dell'ultimo episodio: sfogarsi, buttare tutto in ancor più caciara, rimanere negli annali come il trionfo dell'ignoranza, una roba da parlarne per anni. E invece. E invece abbiamo sempre lo stesso pattern di sceneggiatura: Fin e soci (i quali cambiano di volta in volta, per venire incontro a quei pochi attori che ancora credevano nel progetto o avevano bisogno di soldi contanti) saltano in un warp spaziotemporale, combattono lo sharknado di turno, cercano un mezzo abbastanza veloce da ricreare un altro passaggio per saltare nell'epoca successiva, ricominciano tutto da capo. Alla terza volta, il pattern diventa una palla cosmica. E voi direte, è come gli altri anni, cosa cambia? Sì, è vero, ma per l'ultimo capitolo speravo almeno in un colpo di coda, invece mi sono rimasti solo gli imbarazzanti siparietti di gente costretta a citare film della madonna (The Rocky Horror Show, Ritorno al futuro, La storia fantastica, di nuovo Guerre Stellari per la miseria...) o a darsi di gomito ammiccando (un'orripilante Tori Spelling che, vedendo Ian Ziering, gli chiede "Ma noi non andavamo al liceo assieme?") mentre passa dalla preistoria al medioevo inglese, dalla guerra d'indipendenza americana al Far West, dagli anni '60 ad un lontanissimo futuro, talmente apocalittico che penso nessuna distopia potrebbe reggere il confronto (SPOILER cloni di Tara Reid ovunque, che orrore!!!).


A parte la trama, se di trama si può parlare ché a un certo punto coi paradossi temporali gli sceneggiatori fanno un casino che scànsati, quello che mi offende è che, al SESTO episodio, non si sia riusciti a tirare su un minimo di effetto speciale decente. Secondo me qui non si può più parlare di budget scarso ma di incompetenza e di mancanza di rispetto per lo spettatore, della serie "tanto se li sono visti tutti così, cazzucene".  E non parlo solo dei dinosauri appiccicati sullo schermo in modo da non combaciare con gli attori costretti a interagire con loro, nemmeno degli squali che in sei anni non sono riusciti a rimanere di dimensione standard manco una volta, quanto proprio della poraccitudine dell'insieme, dei "props", chiamiamoli così: basterebbero anche solo l'enorme mazza da baseball brandita da Judah Friedlander, la corona posticcia posata in testa a Tara Reid e, in generale, tutti i "costumi" per far urlare allo scandalo, ché in una recita parrocchiale persino questi dettagli sarebbero più curati di quanto viene mostrato in The Last Sharknado. E vi dirò anche che, salvo alcuni attori che se la godono da morire come la favolosa drag queen Alaska Thunderfuck, vera punta di diamante del film con una Morgana esilarante, risulta palese come Ziering e soci si siano stufati e recitino col pilota automatico oppure caricando all'inverosimile la loro interpretazione, come il belinone che interpreta Billy the Kid, un guitto pescato nei peggiori bar di Caracas, probabilmente. Ovvio, Ziering e soprattutto la Reid non sono MAI stati due attori, per carità di ogni divinità, ma il vecchio Fin è ormai scoglionato, si vede, l'imbarazzo con cui i suoi comprimari si palleggiano battute da avanspettacolo è evidente e sono quasi certa che l'unica a crederci ancora fortissimamente sia solo Tara Reid, impegnata nel doppio ruolo di testa e moglie ma anche di Biancaneve, Jeeg Robot d'Acciaio, Regina Cersei, gatto di marmo, ecc. ecc. Insomma, il diludendo e non sto nemmeno a sprecare parole sulle guest star a meno di non sottolineare lo shock di vedere le due colonne portanti degli Offspring ridotte a umarell bolsi oppure quello di ritrovarmi davanti Tori Spelling ricoperta di cerone e col fisico sfondato. Prego Dio di non farmi invecchiare a 'sto modo o mi impicco. E credetemi, mi spiace vomitare tanto astio su una cretinata come The Last Sharknado, col quale speravo di congedarmi in goliardica amicizia ma quando è troppo è troppo. Speriamo sia davvero la Fin, stavolta!


Del regista Anthony C. Ferrante, che compare anche come membro della band che suona sulla spiaggia, ho già parlato QUI. Ian Ziering (Fin), Tara Reid (April), Vivica A. Fox (Skye), James Hong (Confucio), Bo Derek (Mary), Gary Busey (Wilford Wexler) e John Heard (George, in un filmato d'archivio) li trovate invece ai rispettivi link.

Judah Friedlander interpreta Bryan, ruolo ripreso da Sharknado 2: A volte ripiovono. Americano, ha partecipato a film come Ti presento i miei, Zoolander, ... E alla fine arriva Polly, Starsky & Hutch, Cabin Fever 2 - Il contagio, Star Wars - Il risveglio della forza e a serie come 30 Rock; come doppiatore, ha lavorato in American Dad!. Anche sceneggiatore, regista e produttore, ha 49 anni e un film in uscita.


Leslie Jordan interpreta Benjamin Franklin. Americano, ha partecipato a film come Jason va all'inferno, The Help, Fear, Inc. e a serie come Jarod il camaleonte, Dharma e Greg, Ellen, Più forte ragazzi, Sabrina vita da strega, Nash Bridges, Ally McBeal, Monk, Desperate Housewives, Supernatural, American Horror Story e Will & Grace; come doppiatore, ha lavorato in Mucche alla riscossa e American Dad!. Anche sceneggiatore, ha 63 anni e due film in uscita.


Tori Spelling interpreta Raye. Americana, la ricordo per film come Scream 2 e Scary Movie 2 , inoltre ha partecipato a serie quali Love Boat, Bayside School, Melrose Place, Beverly Hills 90210, Perfetti... ma non troppo, Smallville e 90210; come doppiatrice, ha lavorato in Biker Mice da Marte, American Dad!, I Griffin - La storia segreta di Stewie Griffin e I Griffin. Anche produttrice, sceneggiatrice e regista, ha 45 anni.


Tra le guest star presenti nel film segnalo la già citata drag queen Alaska Thunderfuck nei panni di Morgana, l'astrofisico Neil deGrasse Tyson in quelli di Merlino, la Troi di Star Trek, Marina Sirtis, come Winter, gli invecchiatissimi (gesù, che shock!) Dexter Holland e Noodles degli Offspring nei panni di due membri della marina britannica, il comico Darrell Hammond (George Washington), il cantante dei Twisted Sisters Dee Snider (lo sceriffo), Chris Owen (lo Sherman di American Pie, qui nei panni di Gil trentenne), Christopher Knight (nonno Clarke), Bernie Kopell (in quanto ex-membro del cast di Love Boat gli tocca la parte del capitano del battello), LaToya Jackson (Cleopatra), Kato Kaelin (era l'amichetto di O.J. Simpson, qui interpreta il Re vichingo) e l'immancabile Al Roker nei panni di se stesso; dai vecchi Sharknado tornano inoltre Charles Hitting, ovvero Matt il figlio maggiore di Fin, Ryan Newman (la figlia Claudia), i due malviventi che aprivano il primo Sharknado, Mark McGrath (Martin) e Masiela Lusha (Gemini). Troppa gente, porca miseria! Per finire, se volete conoscere tutti i passaggi della saga che ha rovinato l'estate ai cinefili e rallegrato, almeno per un po', quella dei trashofili, recuperate Sharknado, Sharknado 2: A volte ripiovono, Sharknado 3: Attacco alla casa bianca, Sharknado 4 e Sharknado 5: Global Swarming. ENJOY!

giovedì 30 agosto 2018

(Gio)WE, Bolla! del 30/8/2018

Buon giovedì a tutti! Torna in forma normale la rubrica del giovedì, con tutto quello che passa al convento nel Multisala savonese... ENJOY!


Mission: Impossible - Fallout
Reazione a caldo: Quasi quasi mi fa venire voglia
Bolla, rifletti!: Non ho mai guardato un Mission: Impossible ma ultimamente mi sta tornando simpatico Tom Cruise e il trailer di Fallout è realizzato così bene da commuovermi ogni volta che lo vedo. Peccato non avere tempo di recuperare i capitoli precedenti!!

Ritorno al bosco dei 100 acri
Reazione a caldo: Ma anche no!
Bolla, rifletti!: Non basta la presenza di Ewan McGregor per spingermi a vedere un film sull'odioso Winnie la CaccaH, bestia immonda che non ho mai sopportato. E credo così di aver detto tutto!

Hotel Transylvania 3: Una vacanza mostruosa
Reazione a caldo: Uh, che noia. 
Bolla, rifletti!: Già il primo Hotel Transylvania non era particolarmente entusiasmante, quindi non fremo all'idea di guardare il terzo capitolo della saga.

Resta con me
Reazione a caldo: Per l'amor di Dio!!!
Bolla, rifletti!: Un film capace di angosciarmi e angUsciarmi, che è diverso, fin dai trailer. aMMore, disperazione e gente persa in mezzo al mare, una roba da chiudermi lo stomaco per gli anni a venire.

Come ti divento bella
Reazione a caldo: Idem come sopra
Bolla, rifletti!: Commedia adatta a un pubblico femminile ma io che suono uomA dentro non posso farcela. Soprattutto, temo il messaggio insito nella pellicola, a base di "basta la fiducia in se stessi per riuscire a fare tutt... NO!!!!".

mercoledì 29 agosto 2018

The Brain (1988)



Mentre preparavo il post su Re-Animator mi è saltato agli occhi, tra i film "simili" consigliati da Imdb, questo The Brain, diretto nel 1988 dal regista Ed Hunt.


Trama: un cervello alieno manipola, attraverso una popolare trasmissione televisiva, gli abitanti di una cittadina. Un ragazzo scopre casualmente l'esistenza del mostro e da quel momento diventa il bersaglio dell'intera popolazione.



The Brain è uno di quei film oggettivamente orribili che però mantengono una loro dignità e per questo non possono essere dileggiati come altri, mettendo in piedi un post facile da scrivere e divertente da leggere. Anche perché l'intento di chi ha realizzato una pellicola come questa era palesemente quello di fare paura, di creare un'atmosfera di paranoia da guerra fredda, forse anche di fare un po' di critica sociale, e probabilmente nelle mani di un regista capace come Cronenberg (ché qui siamo in territorio canadese) sarebbe uscito un gioiellino invece di una robetta cheesy come un puff al formaggio. Purtroppo, The Brain soffre palesi carenze di budget e una sceneggiatura a tratti raffazzonata e ripetitiva, zeppa di momenti che servono solo ad allungare un po' la durata del film e ad offrire al pubblico quello che desidera, nella fattispecie un po' di sise ed inseguimenti con automobili che alla fine esplodono, quando forse sarebbe stato meglio concentrarsi sulla parte "allucinata" della trama, magari mostrando più esempi del terribile potere esercitato dal Cervello del titolo sugli ignari esseri umani. Al di là della pochezza degli effetti speciali (sui quali poi tornerò), bisogna dire che The Brain entra subito nel vivo con una sequenza da incubo in cui una ragazza si ritrova prigioniera della sua stessa stanza, tra orsacchiotti che piangono sangue e tentacoli che spuntano da tutte le parti, quindi prosegue con un protagonista incapace di distinguere la realtà dalle allucinazioni, ossessionato dall'immagine del Cervello alieno che, a sua volta, è una creatura famelica e in grado di inghiottire intere le persone aumentando così il proprio potere. Poiché tutto viene preso estremamente sul serio, tanto che persino la guasconeria del protagonista non riesce ad alleggerire il tutto quanto dovrebbe, sarebbe bastato anche solo utilizzare scenografie migliori e più evocative invece degli stessi due/tre ambienti spogli e asettici (nella fattispecie i corridoi tutti uguali di uno studio televisivo che funge anche da manicomio) o magari approfondire un pochino la sottotrama dei pazienti della clinica psichiatrica per mettere i brividi allo spettatore nonostante la carenza di budget e l'utilizzo di attori cagnolini.


Quello che rimane invece impresso di The Brain, oltre al senso di occasione sprecata e la scelta scellerata di non sfruttare al meglio il periodo natalizio in cui è ambientato, è il musetto del cervello, probabilmente realizzato da due studi differenti e per questo mutevole a seconda di come e quando viene mostrato. Per esempio, nelle sequenze ambientate all'interno del laboratorio la creatura ha sì le zanne ma è più antropomorfo, con un viso un po' voldemortiano, viscido e bruttarello, mentre nei flash che colpiscono il protagonista si ha quasi l'impressione di vedere una scimmia oppure un Critter particolarmente cattivo e disgustoso; il risultato è abbastanza buffo ma la creatura non mostra il fianco nemmeno una volta all'umorismo, nemmeno quello involontario, neppure quando sbaglia lo spelling delle parole, nemmeno quando rotola verso i protagonisti come un killer tomato qualsiasi. Oddio, forse lì un pochino sì. Già che ho nominato Pomodori assassini, posso dire tranquillamente che quel film mi ha annoiata tantissimo mentre The Brain mi ha tenuta avvinta alla sedia in più di un'occasione, soprattutto perché desideravo capire se gli autori sarebbero andati fino in fondo col loro piano di "conquista globale" oppure se tutto sarebbe invece finito a tarallucci e vino grazie ad un barbatrucco ampiamente anticipato a inizio film... e sconsigliato al pubblico prima della fine dei titoli di testa, cosa che ha reso The Brain ancora più divertente. Se masticate un po' di inglese e non vi turba la mancanza di sottotitoli sappiate che il film in questione si trova su Youtube in alta qualità quindi non avete più scuse per non tenermi compagnia nella scoperta (o riscoperta) di questo semisconosciuto fanta-horror canadese.

Ed Hunt (vero nome Edward Hunt) è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Suicidio dallo spazio e Compleanno in casa Farrow ed è anche sceneggiatore e produttore.

Hunt è quello con la camicia a scacchi rossi. Non ho trovato altra foto...
David Gale interpreta il Dr. Anthony Blakely. Inglese, ha partecipato a film come Re-Animator, Una pallottola spuntata, Re- Animator 2, Pentagram, Nei panni di una bionda e a serie quali Il tenente Kojak, Hazzard e Dallas. E' morto nel 1991, all'età di 54 anni.




martedì 28 agosto 2018

Ant-Man and the Wasp (2018)

Tornata dalla splendida Scozia ho trovato aperto il Multisala di Savona e, pur poco convinta, per rimettermi in carreggiata ho deciso di recuperare Ant-Man and the Wasp, diretto dal regista Peyton Reed. NO SPOILER, ci mancherebbe.


Trama: dopo gli eventi accorsi in Civil War, Scott Lang è agli arresti domiciliari e gli è stato proibito di contattare Hope Van Dyne o Hank Pym. Le visioni della moglie scomparsa di Pym lo costringono però a tornare in azione...


Sono passati tre anni dal primo Ant-Man e due da Civil War eppure, col sovraccarico di uscite annuali del MCU, pare quasi trascorso un secolo soprattutto per chi, come me e il Bolluomo, non ha minimamente tempo di indulgere in recuperi che possano rinfrescare la memoria relativamente a pellicole usa e getta, che entusiasmano il tempo di un mese per poi venire subito cancellate dall'uscita successiva. Questo per dire che, se io ricordavo poco o nulla di Ant-Man (occavolo, Scott Lang aveva una figlia???) e di Civil War, il mio povero fidanzato non rammentava nemmeno che il personaggio avesse partecipato ad una delle più attese scene di botte tra supereroi della storia dei cinecomic, quindi continuava a chiedermi perché mai Scott Lang fosse agli arresti domiciliari dopo aver aiutato Captain America. E vi dirò, noi probabilmente staremo anche cominciando l'allegro viaggio verso i prodromi dell'alzheimer, ma posso mettere la mano sul fuoco relativamente al fatto che Ant-Man and the Wasp subirà lo stesso destino dei film che lo hanno preceduto e in meno della metà del tempo. Se le altre pellicole Marvel erano dei ricchissimi fazzolettini usa e getta, il film di Peyton Reed è infatti l'allegro vuoto tra le parole Ma e Quindi (?), il sequel di un film simpatico al quale tuttavia aggiunge poco o nulla, sia in termini di trama che in termini di approfondimento psicologico dei personaggi, affiancati da villain presi direttamente dal discount della malvagità. La mia è una critica, è vero, però non mi ci arrabbio nemmeno più di tanto, anche perché Ant-Man and the Wasp fa il suo dovere di intrattenere per tutta la sua durata, che è probabilmente il compito per cui era stato progettato, oltre a rispondere alla domanda (se qualcuno se la fosse posta) "perché Ant-Man in Infinity War non c'era?" e riempire l'attesa per il prossimo filmone Marvel con qualcosa di non troppo impegnativo. Abbiamo quindi tutti gli ingredienti che rendevano gradevole Ant-Man con pochissime variazioni; se nel primo film Scott Lang era un criminale in quanto ladro, qui lo è in quanto supereroe "in disgrazia", se là il rapporto con Hope era teso, benché romanticamente in evoluzione, proprio per l'ambigua natura di Lang, in questo sequel la disaffezione trova radici in quello che è successo in Civil War. La trama, per il resto, è totalmente incentrata sull'universo Quantico nominato nel primo film, croce e delizia dei vari personaggi, più o meno tutti toccati, buoni o malvagi che siano, dall'esistenza di questa dimensione parallela.


Il pregio principale del film, al di là della trama, resta l'umorismo lieve e tipico di alcune commedie americane, di cui si fanno portavoce il sempre simpatico Paul Rudd, un po' guascone e un po' clueless come giustamente impone il ruolo, lo spassoso Michael Peña che riporta sullo schermo il suo esilarante Luis con tanto di dialoghi messi in bocca ad altri personaggi, e soprattutto un Michael Douglas che riesce a fare ridere senza risultare ridicolo quanto, chessò, uno Skarsgård nudo o un tristissimo Anthony Hopkins in Thor. Anzi, diciamo pure che Ant Man and the Wasp segna la rivincita dei sex symbol anni '80 anche perché la visione della pellicola vale anche solo per la presenza di una Michelle Pfeiffer splendida, capace di dare dei punti a tutto il resto del cast femminile a fronte di un'apparizione totale di nemmeno un quarto d'ora; non è che Evangeline Lilly e la new entry Hannah John-Kamen (tanto affascinante quanto, diciamolo tranquillamente, poco utile) siano da buttare via ma il confronto tra giovinezza e "vecchiaia" stavolta risulta impietoso per la prima, non certo per la seconda. Mettendo un attimo da parte le considerazioni di una persona che ha sempre venerato la Pfeiffer e tornando in campo un po' più "tecnico", l'altra cosa apprezzabile di Ant-Man and the Wasp sono i gradevoli effetti speciali a base di oggetti e persone che si rimpiccioliscono e ingrandiscono a dismisura, particolarmente azzeccati nelle sequenze di lotta ben coreografate, dove il cambio di dimensione diventa fondamentale per conferire dinamismo alle scene, soprattutto quando entra in gioco l'intangibilità di Ghost, personaggio che avrebbe potuto (e avrebbe dovuto) essere utilizzato al meglio delle sue infinite e mortali possibilità, non come un "di più" da affiancare al tristissimo uomo d'affari interpretato da Walton Goggins. Su Ant Man and the Wasp c'è quindi poco altro da dire. Riassumendo, un "classico" cinecomics poco sensazionale ma comunque valido per passare una serata in lieta spensieratezza; non ho idea di come sia la versione 3D (azzarderei a dire "inutile") ma, a parte questo, vi consiglierei di non alzarvi dalla poltrona fino alla fine dei carinissimi titoli di coda perché ci sono ben due scene post-credit, una anche molto interessante. 


Del regista Peyton Reed ho già parlato QUI. Paul Rudd (Scott Lang/Ant-Man), Evangeline Lilly (Hope Van Dyne/Wasp), Michael Peña (Luis), Walton Goggins (Sonny Burch), Bobby Cannavale (Paxton), Judy Greer (Maggie), David Dastmalchian (Kurt), Michelle Pfeiffer (Janet Van Dyne/Wasp), Laurence Fishburne (Dr. Bill Foster) e Michael Douglas (Dr. Hank Pym) li trovate invece ai rispettivi link.


L'immancabile Stan Lee compare nel film nei panni di un signore che si ritrova la macchina rimpicciolita. Ovviamente, Ant Man and the Wasp è da vedersi dopo Ant-ManCaptain America: Civil War e, pur collocandosi cronologicamente prima di Avengers: Infinity War, sarebbe meglio che abbiate visto l'ultimo film degli Avangers prima di tornare a divertirvi con Scott Lang. Se il film vi fosse piaciuto recuperate inoltre Captain America: Il primo vendicatoreIron ManIron Man 2, L'incredibile HulkThor , The Avengers, Iron Man 3Thor: The Dark WorldCaptain America: The Winter SoldierGuardiani della GalassiaGuardiani della Galassia vol. 2, Avengers: Age of UltronDoctor StrangeSpider-Man: Homecoming , Thor: Ragnarok Black PantherENJOY!


domenica 26 agosto 2018

I Kill Giants (2017)

E' approdato direttamente su Netflix, proprio poche settimane fa, il film I Kill Giants, diretto nel 2017 dal regista Anders Walter e tratto dal fumetto omonimo di Joe Kelly e Ken Niimura.


Trama: Barbara è una ragazzina schiva e peculiare, con una particolarità. E' l'unico essere umano consapevole dell'esistenza dei giganti, che cerca di combattere con tutte le forze con l'ausilio della sua arma, la potente Koveleski.



Bestia strana questo I Kill Giants, soprattutto per chi non dovesse avere letto il fumetto omonimo, che vi direi di recuperare perché bellissimo. Dico così perché non è così facile ascriverlo a un genere, né probabilmente rimanerne folgorati come dal fumetto, benché a me sia piaciuto (e mi è sembrato che anche il Bolluomo abbia gradito). Siccome mi sono gingillata un po' sul post e stentavo a trovare l'ispirazione, come spesso accade durante le vacanze quando sono fuori allenamento, ho deciso di rileggere il fumetto per "sbloccarmi" e ho più o meno capito ora cosa c'è che "non va", in senso lato, nel film di Anders Walter. L'opera di Kelly e Niimura è feroce, arrabbiata e si consuma in poco tempo catturando il lettore che non riesce a posare il volumetto; benché i dialoghi siano simili, praticamente identici a quelli uditi nel film e gli eventi si susseguano allo stesso modo, la forza di I Kill Giants sta nella commistione tra questi dialoghi e il segno nervoso, quasi un po' underground, di Niimura, che restituisce al lettore l'idea di un mondo fantastico (e anche spaventoso) presente appena sotto la superficie di una realtà violenta, triste, inadatta a una bambina delle elementari qual è la Barbara del fumetto. La pellicola di Walter, invece, pare bearsi della costruzione di un limbo poetico e si concentra sulle trappole che Barbara costruisce per fermare i giganti, convogliando l'attenzione dello spettatore più verso l'effettiva esistenza degli stessi piuttosto che sul dramma umano di una ragazzina adolescente assai difficile, con la quale non è scontato immedesimarsi. Il sangue che scorre nell'I Kill Giants cinematografico è quello di rituali colorati ed accattivanti, in odore di Harry Potter, mentre nel fumetto le persone si fanno male davvero e c'è tutta la frustrazione di una ragazzina che preferisce rifugiarsi in un mondo di fantasia per non pensare alle nocche di una bulla fuori di testa, degno completamento di una vita fatta di abbandono, morte, inadeguatezza sociale, la difficoltà di integrarsi coi propri coetanei unita al desiderio di lasciare da parte Giganti e martelli magici per potersi abbandonare, anche solo una volta, alla stupidità di fatine e boyband.


L'opera di Walter si "perde", in effetti, focalizzandosi sull'aspetto visivo dell'opera, com'è proprio del mezzo cinematografico: la fotografia patinata, i colori, i costumi e la colonna sonora "ammorbidiscono" il grezzo mondo di fantasia creato da Kelly e Niimura, dilatando il tempo a dismisura quando invece, a mio avviso, le sconvolgenti emozioni della protagonista (la quale, in soldoni, ha problemi psichici abbastanza evidenti, benché comprensibili) avrebbero abbisognato di un trattamento più "cupo" e incisivo, meno malinconico. Dove il film arriva a cogliere nel segno è sul finale, zeppo di momenti tra lo spettacolare/catartico e il devastante per il povero cuore dello spettatore, il quale viene colpito da tutta la disperata ineluttabilità della situazione di Barbara, già presente nel fumetto. Il risultato dell'operazione è dunque un film più assimilabile al mondo dello young adult che dei comics, molto ben realizzato dal punto di vista della confezione, con degli effetti speciali poco invasivi e contenuti così da rendere al meglio la battaglia finale tra Barbara e il Titano, ottimamente recitato da una coppia di giovani attrici assai brave e molto carine (in effetti, anche troppo: Barbara nel fumetto è un piccolo mostrino, la Wolfe invece, alla faccia degli occhialoni, è di una bellezza disarmante), adatto sia a un pubblico adulto che a quello formato da spettatori più giovani, benché visti i temi trattati non lascerei i  bambini soli davanti allo schermo. Come avrete capito, mi sarei aspettata molto di più da questo film, non abbastanza incisivo da lasciare il segno come la sua controparte cartacea ma forse, e dico solo forse, guardandolo con occhi "vergini" potreste anche innamorarvene o comunque ritenerlo superiore alla media dei film che mensilmente vengono propinati su Netflix. Per me sicuramente supera la sufficienza, però continuo a preferire un approccio più tosto, nonostante già così il pericolo per lo spettatore di annegare nelle proprie lacrime sia altissimo.


Di Zoe Saldana (Mrs Mollé), Imogen Poots (Karen) e Jennifer Ehle (la madre di Barbara) ho già parlato QUI.

Anders Walter è il regista della pellicola, al suo primo lungometraggio (il corto Helium gli è valso l'Oscar nel 2013). Danese, anche sceneggiatore, ha 40 anni.


Madison Wolfe interpreta Barbara. Americana, ha partecipato a film come La stirpe del male, L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo, Joy, The Conjuring - Il caso Enfield e a serie quali True Detective e Scream: The TV Series. Ha 16 anni.


Se I Kill Giants vi fosse piaciuto consiglierei il recupero del fumetto, edito da Bao, e poi aggiungerei Sette minuti dopo la mezzanotte. ENJOY!


giovedì 23 agosto 2018

Il (Gio) WE, Bolla! che vorrei (23/8/2018)

Oggi dovrei essere di ritorno dalla Scozia ma ancora non so come mi accoglierà il Multisala! Diludendo o gioia? A saperlo... ma intanto ecco cosa vorrei che mi aspettasse! ENJOY!


La settima musa
Il ritorno di Balaguerò sui grandi schermi italiani. C'era l'anteprima a Genova ma purtroppo l'ho persa quindi spero a) che il film non sia una schifezza visto che a Balaguerò voglio bene e b) che arrivi anche a Savona!

domenica 19 agosto 2018

Shark - Il primo squalo (2018)

Probabilmente era uno dei film più attesi del mese quindi, alla faccia del multisala chiuso, sono comunque corsa fino a Genova per vedere Shark - Il primo squalo (The Meg), diretto dal regista Jon Turteltaub e tratto dal romanzo omonimo di Steve Alten.


Trama: un gruppo di ricercatori marini riesce a superare una barriera naturale sul fondo dell'oceano e a scoprire cosa si nasconde sotto di essa, consentendo però ad un terrificante megalodonte di risalire in superficie...



Come al solito, mi tocca palesare ignoranza e ammettere di non avere mai letto né il romanzo di Steve Alten né i suoi seguiti; a naso, scorrendo un po' la trama su Wikipedia, mi azzarderei a dire che l'opera cartacea è ben più seria, scientificamente plausibile, cattiva e splatter rispetto al film di Turteltaub, ma siccome non mi è mai capitato di averla tra le mani sarò felice di essere smentita. Al netto del romanzo di Alten, ciò che noi spettatori ignoranti ci siamo ritrovati per le mani è un perfetto blockbuster estivo, prevedibile dall'inizio alla fine, scemo come un tacco e con un tasso di morti masticati talmente basso che al confronto Blu profondo diventa un capolavoro dell'horror acquatico. La mia non è una critica, beninteso: siamo ad agosto, un film simile è in grado di richiamare un'enorme fetta di pubblico e, soprattutto, la pellicola di Turteltaub non è neppure vietata ai minori di 14 anni, tanto che domenica scorsa al multisala c'era una bambina di 7/8 anni che implorava la madre di portarla a vedere Shark - Il primo squalo ed è stata prontamente accontentata, divertendosi probabilmente più di me. Minimo sforzo, dunque, massima resa. E in effetti The Meg è un film molto spassoso, che coniuga quel leggero desiderio di brivido che accompagna gli spettatori fin dai tempi de Lo squalo (aggiungendo ad esso un pizzico di mistero alla Jurassic Park, con tanto di studiosi costretti a fare la morale a ricconi senza scrupoli) a un'avventura vissuta da uomini e donne duri e tostissimi, capaci di ridere davanti al pericolo e persino di flirtare senza remore, anche con una schiera di zanne affilatissime a un metro dalla faccia. Certo, è un'avventura che prevede dei morti ma lo stesso valeva per il già citato Jurassic Park. Della serie, nessun personaggio di spessore verrà maltrattato dall'inizio alla fine delle riprese e chi ci lascia la pelle lo fa o per venire punito della propria stupidità, o per dare inizio a una sorta di "vendetta" oppure, meglio ancora, per arrivare all'inevitabile momento strappalacrime dove chi rimane porta il lutto per mezza giornata o anche meno, dipende dalla durata del film. In pratica, Shark - Il primo squalo è un film della Disney senza Casa del Topo ma con gli squali.


A caricarsi tutta la vicenda sulle spalle non è tanto il megalodonte del titolo, presenza preponderante ma comunque "gentile", uno squalo gigantesco che non sfrutta tutte le sue potenzialità non ho capito se per problemi di budget e relativi effetti speciali o forse per non turbare troppo gli animi dei giovani spettatori (per dire, in una spiaggia affollata ha fatto ben più danni il branco di pescetti nello stupidissimo Piranha, al megalodonte bastava aprire la bocca e via ma si è preferito lasciare spazio a sospiri di sollievo legati alla salvezza di cagnolini e pargoli), bensì Jason Statham finalmente diventato la copia di Bruce Willis anche per quel che riguarda le trame dei film a cui partecipa. Tragedia iniziale? Check! Ubriachezza post tragedia? Check! Situazione sentimentale non ottima ma comunque in via di miglioramento? Check! Sindrome da superuomo zeppo d'ironia? Check! L'unica cosa che non abbiamo "checkato", se così si può dire, è la buzza da bevitore che ha sempre caratterizzato l'adorabile Bruno, perché Jason Statham combatte gli squali con un fisico talmente scolpito da far sciogliere le spettatrici in lacrime... ma è anche vero che Jason sta invecchiando malamente almeno di viso, mentre Willis alla sua età era ancora un gran figo (vogliamo parlare di Pulp Fiction?), quindi rimanendo in tema di creature fantastiche chiederei a qualche scienziato compiacente di creare in laboratorio un Bruce Statham che combini il meglio dei due pelatoni, ovviamente da rendere obbligatorio nelle case di ogni donna o uomo che lo desiderassero. Ahem, scusate. Tornando al film, c'è da dire che, benché il megalodonte sia garbato e cortese nelle sue scorribande masticatorie, Shark - Il primo squalo si fa guardare volentieri nelle varie scene action a base di acqua, pinne minacciose, sommergibili e gente che viene colpita da botte di sfiga inenarrabili (la scena degli elicotteri che esplodono ci ha fatto tanto ridere, mancava solo un'astronave), mentre quando viene cercata l'introspezione c'è da voltarsi dall'altra parte e far finta di non vedere e soprattutto non sentire i dialoghi improbabili messi in bocca ai protagonisti. Fortunatamente, c'è poca conversation e molta action, con in più finezze e citazioni che difficilmente si vedrebbero in Sharknad... come dite, stasera esce l'ultimo Sharknado??? Non mi ci fate pensare che mi tocca aspettare una settimana per vederlo!!!! Perlomeno, la voglia di squali quest'anno me la sono tolta con questo Shark - il primo squalo, che vi consiglierei comunque di vedere per una serata ad alto tasso di delicata ignoranza.


Del regista Jon Turteltaub ho già parlato QUI. Jason Statham (Jonas Taylor), Bingbing Li (Suyin) e Rainn Wilson (Morris) li trovate invece ai rispettivi link.

Cliff Curtis interpreta Mac. Neozelandese, "indimenticabile" Travis dell'orrenda Fear the Walking Dead, ha partecipato a film come Lezioni di piano, Sei giorni sette notti, Three Kings, Al di là della vita, Blow e La giuria. Anche produttore, ha 50 anni e due film in uscita, i sequel di Avatar.


Nel film compare anche l'Hiro di Heroes, Masi Oka, nei panni di Toshi. Qualche anno fa il progetto ha rischiato di finire in mano a Eli Roth il quale, ovviamente, avrebbe preteso non solo di mantenere un R-rating ma anche di interpretare il personaggio di Jonas Taylor. Inutile dire che i produttori gli hanno fatto una leva per molteplici motivi, ahinoi. Per superare il diludendo, se Shark - Il primo squalo vi fosse piaciuto recuperate Lo squalo, 47 metri, Paradise Beach - Dentro l'incubo e ovviamente Blu profondo. ENJOY!


giovedì 16 agosto 2018

Il (Gio) WE, Bolla! che vorrei (16/8/2018)

Nella settimana di ferragosto riapre il Multisala savonese ma siccome io dovrei essere ancora in Scozia non ho idea di cosa programmeranno. Ergo, ecco ciò che vorrei trovare al ritorno... e sono quasi sicura che sarò esaudita! ENJOY!


Ant-Man and the Wasp
Il primo Ant-Man mi era piaciuto e sono assai curiosa di vedere in azione Wasp, finalmente (la nuova e la vecchia, soprattutto, ça va sans dire). Onestamente, non mi aspetto nulla più che un paio d'ore di divertimento Marvel "usa e getta", da dimenticare nel giro di una settimana, ma per dovere di completezza non posso mancare all'appuntamento!


martedì 14 agosto 2018

Bollalmanacco On the Road: Scozia

Oggi, se tutto va bene, col Bolluomo dovremmo partire per un viaggetto di una decina di giorni in Scozia. Per questo lasso di tempo, dunque, il Bollalmanacco entrerà in pausa, in particolare per quel che riguarda il Bollodromo e Lupin III - Parte 5 che, per ovvi motivi, non potrò guardare. Conto di piazzare un paio di post per il giovedì e probabilmente una recensione la domenica, così che si possa poi tornare regolari a partire dal 27 agosto! Nel frattempo, non dimenticatemi, godetevi le immagini cinefile di un paio dei posti dove andrò e... ENJOY!


Si comincia con Glasgow, set di Perfect Sense!

Glenfinnan Viaduct. Dubito che riuscirò a vedere Harry e Ron ma..

Braveheart sarà ovunque, no?

La splendida Skye, set di Stardust!

Highlander, castello di Eilean Donan. Sento già la musica dei Queen in sottofondo..

E correremo come Renton e soci ad Edinburgo...

Sperando di non finire nel peggior bagno della Scozia!!!

domenica 12 agosto 2018

The Cleanse (2016)

Dopo averne letto QUI e QUI ho deciso di recuperare The Cleanse (conosciuto anche come The Master Cleanse), diretto e sceneggiato nel 2016 dal regista Bobby Miller.


Trama: Paul è un uomo sconfitto dal lavoro e dall'amore, che non riesce più a trovare un motivo per vivere. Un giorno vede in TV una pubblicità relativa ad un rifugio che porterebbe le persone a purificarsi dai pensieri negativi ed abbracciare una vita piena e decide di fare un tentativo. Ma The Cleanse, il trattamento ideato dal dottor Ken Roberts, è più complicato di quello che appare...



The Cleanse è un film delizioso e molto malinconico, imperniato su quell'insoddisfazione, spesso sconfinante nella tristezza e nella depressione, da cui tutti siamo più o meno afflitti, chi periodicamente chi in maniera cronica. E' una pellicola dotata di una metafora che più chiara non si può, che parte dalla parodia di quei programmi di purificazione probabilmente più diffusi in America che in Italia per arrivare a ragionare sulla natura del dolore e sul modo di affrontarlo. Bobby Miller pare volerci dire che il dolore, la "negatività" se vogliamo, è parte integrante di ognuno di noi; accresciuto sicuramente da elementi esterni, non è tuttavia imputabile essenzialmente ad altri oppure al destino avverso, perché è il nostro stesso carattere a dargli terreno fertile per prosperare e sconfiggerci. Proprio per questo, molte persone trovano conforto nello spleen della propria esistenza, indossando il male di vivere come una cappa forse scomoda, di cui lamentarsi spesso, tuttavia troppo rassicurante per liberarsene completamente. Accettare il cambiamento, lasciarsi alle spalle il passato, per quanto faccia male, fa meno paura rispetto al gettarsi a capofitto in un futuro privo di certezze (lavorative, sentimentali o quant'altro), quindi talvolta si preferisce rimanere frustrati, tristi ed arrabbiati per paura di minare lo status quo della propria esistenza. Questo lo fa Paul, il protagonista della pellicola, lo fa la sua compagna di sventura Maggie, lo faccio io e lo fa probabilmente la metà della popolazione mondiale, perché è la cosa più facile da fare. E Bobby Miller ci racconta questa umanissima "pigrizia" sfruttando una trama che mescola fantasia e horror, andando a creare una favola "nera" a tratti molto dolce e anche commovente, più efficace quando sfrutta questo suo aspetto sentimentale piuttosto che quando cerca di assecondare il desiderio di inquietare lo spettatore, desiderio che lascia un po' il tempo che trova e si concretizza in una sottotrama tirata per i capelli, appena abbozzata.


Veicolo fondamentale di questa metafora nonché punto forte del film sono, neanche da dirlo, i bestiolini frutto del trattamento del Dr. Roberts. Pucciosissimi animatronics che non sfigurerebbero nelle case di qualsiasi appassionato di robe disgustosette ma fondamentalmente kawaii, i mostrillini rubano giustamente la scena agli attori in carne ed ossa e si conquistano le simpatie dello spettatore il quale, nonostante immagini dopo più o meno mezz'ora come finirà la storia, non può fare a meno di affezionarsi a loro con tutte le conseguenze del caso, un po' come succede ai protagonisti. E' interessante come Bobby Miller mescoli questo sprazzo di pura fantasia e perizia tecnica ad uno stile di regia quasi "naturalistico", scevro da orpelli o rimandi pop, assai simile ad un modo di fare cinema tipico della scena indie più dimessa, se posso permettermi di usare questo termine; il cortocircuito tra regia e bestiole impreziosisce il film di un tocco di realismo che lo rende più plausibile, di conseguenza più vicino allo spettatore. Non guasta nemmeno che il protagonista sia Johnny Galecki, più valido nel ruolo di medioman simpatico e timidissimo piuttosto che in quelli di machiavellico ed inquietante professore (vedi The Ring 3), dotato di quei tic facciali che denotano perenne insicurezza e persino un po' di fastidio, per quanto speranzoso, nel forzarsi a ricercare contatti umani. Galecki, assieme all'adorabile Anjelica Huston e un altro grande caratterista come Oliver Platt, è la ciliegina sulla torta di un film piccolino ed imperfetto da "divorare" tutto d'un fiato, per divertirsi, intenerirsi... e chissà, magari anche un po' riflettere sul modo migliore per liberarci di tutte le paranoie che ci rovinano quotidianamente la vita.


Di Johnny Galecki (Paul), Kyle Gallner (Eric), Anjelica Huston (Lily) e Oliver Platt (Ken Roberts) ho già parlato ai rispettivi link.

Bobby Miller è il regista e sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, è anche produttore e attore.


Chloë Sevigny era stata scelta per il ruolo di Maggie ma ha rinunciato ed è stata sostituita da Anna Friel. Se The Cleanse vi fosse piaciuto recuperate Bad Milo!. ENJOY!


venerdì 10 agosto 2018

Il Bollodromo #61: Lupin III - Parte 5 - Episodio 18

Ultimo appuntamento prima della pausa estiva del blog con la serie Lupin III - Parte 5. Come già la scorsa settimana, anche oggi il post verterà su un filler talmente pieno di gag che a un certo punto ho creduto di aver sbagliato anime... ENJOY!


Benché nei commenti dell'ultimo post avessimo pensato a un episodio ambientato nella quarta serie (e in effetti la cravatta di Jigen era quella, grigio chiarissimo anziché nera), in realtà 不二子の置きみやげ (Fujiko no Oki Miyage - Il souvenir di Fujiko) si colloca temporalmente agli inizi dell'avventura in Francia ed è ambientato all'interno del rifugio ubicato sopra il ristorante dove Jigen e Lupin sono soliti andare a mangiare travestiti da vecchietti. Ora, l'episodio in questione è davvero imbecille e riassumerlo in un post non rende l'idea della quantità di dialoghi tra l'assurdo e l'imbarazzante sconfinanti nell'umorismo slapstick e surreale che ci sono all'interno, quindi vi consiglierei di guardarlo e stop. Per invogliarvi, la faccenda più o meno è questa. Dopo una notte passata a ubriacarsi come rospi, Lupin, Jigen e Goemon si ritrovano addormentati nel rifugio di cui sopra e a un certo punto Jigen sente il richiamo della foresta e si reca al bagno; il pistolero scopre così che lo sciacquone non funge, con sommo scorno di Lupin il quale, proprio in quel momento, rischia di soccombere ai suoi bisogni fisiologici. Certo di poter andare nell'altro bagno, di proprietà di Jigen, Lupin si vede mostrare il dito medio e cerca quindi di aggiustare lo sciacquone con le bacchette di Goemon, il quale si dichiara ovviamente orripilato e offeso. Non c'è altra soluzione che chiamare un idraulico che tuttavia se la prende con comodo, quindi Goemon viene spedito a prendere del cibo da asporto nel ristorantino di sotto al quale pare sia arrivata della roba fatta di grano saraceno ma i nostri rimangono di sasso quando scoprono che il cuoco non dispone di soba ma solo di farina. Al samurai non rimane altro che appendere la spada al chiodo e scambiarla con un più utile mattarello e mettersi quindi a cucinare per la coppia di dementi.




Nel frattempo, spunta Fujiko vestita solo di una camicia (probabilmente di Lupin) che le copre giusto la patata. La signorina insiste per andare in bagno, proprio QUEL bagno, quello rotto, e con un barbatrucco riesce ad impedire che l'idraulico arrivi a metterlo a posto. I tre babbei però mangiano la foglia e capiscono che lo sciacquone è rotto perché Fujiko ci ha nascosto qualcosa dentro, probabilmente della refurtiva; ogni tentativo di far parlare la donna, però, risulta vano e chi ci "rimette" di più è proprio Goemon il quale, costretto dagli altri due ad andare a parlamentare, si ritrova attaccato al muro da una Fujiko completamente nuda. Che sfortuna, eh? In quella, arriva persino Zenigata, attirato dal profumo nipponico del cibo cucinato da Goemon. Intenerito dalle parole di elogio che l'ispettore ha per lui, Lupin non se la sente di mandarlo via e lo accoglie travestito da vecchietto, nutrendolo e conversando amabilmente. Approfittando del bailamme, Fujiko sguiscia all'interno del bagno e recupera l'oggetto nascosto nello sciacquone: un pacchettino che la donna, la sera prima, aveva portato a Lupin per festeggiare il loro anniversario, romanticheria naufragata davanti a un Lupin gonfio come un batrace e in procinto di aumentare ulteriormente il tasso alcolemico in compagnia di Jigen e Goemon. Dispiaciuta all'idea di buttarlo via, Fujiko aveva deciso di "punirlo" in quel modo ma Lupin è un cretino, quindi nulla: difatti, quando il ladro gentiluomo si ritrova all'improvviso il cesso funzionante e il pacchettino zuppo d'acqua sul tavolo... lo butta via lo stesso, senza nemmeno aprirlo. Sarà questo il motivo per cui Fujiko lo ha giustamente mandato al diavolo? Beh, sarebbe sensato. Siccome il 14 partirò per la tanto attesa vacanza, il post su Lupin non ci sarà per un paio di settimane quindi godetevi per me la prossima puntata, probabilmente imperniata su un vecchio amore di Jigen che, di fatto, non arriverà vivo alla fine dell'episodio!  


Ecco le altre puntate di Lupin III - Parte 5:

Episodio 1
Episodio 2
Episodio 3
Episodio 4
Episodio 5