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lunedì 13 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 13: The Wolf of Snow Hollow (2020)

Il tema odierno della Nuovi Incubi Halloween Challenge era "Freddo, ghiaccio, neve". Ho recuperato quindi il film The Wolf of Snow Hollow, distribuito in Italia col titolo Il lupo della neve, diretto e sceneggiato nel 2020 dal regista Jim Cummings.


Trama: la cittadina turistica di Snow Hollow viene scossa da violenti e sanguinosi omicidi, che sconvolgono in primis il corpo di polizia del luogo...


Direi che con The Wolf of Snow Hollow ho azzeccato in pieno il tema della challenge, in quanto il film è ambientato in una cittadina turistica dove l'attrazione principale è proprio la neve, inoltre la vicenda si snoda durante le festività natalizie e si conclude proprio a Capodanno. Piccolo particolare piccante, però, The Wolf of Snow Hollow non è proprio un horror tout court ma è più un mistery con l'aggiunta di una bella dose di commedia nerissima. Tutto inizia quando una turista viene dilaniata ferocemente all'esterno del cottage affittato assieme al fidanzato. La sanguinosa brutalità dell'aggressione sconvolge non solo la cittadina di Snow Hollow, ma soprattutto un corpo di polizia formato da agenti non proprio brillanti per intelligenza, né immacolati nella loro vita privata. In particolare, John, figlio dell'anziano sceriffo Hadley, è vittima di tremendi eccessi di rabbia, aggravati dalla sua natura di ex alcolista e da una depressione strisciante, che lo spinge ad avere pensieri di morte abbastanza costanti. Quando alla prima vittima se ne aggiungono altre, la pressione porta John ad avere sempre più problemi di autocontrollo e, complice il cattivo stato di salute dello sceriffo, il corpo di polizia di Snow Hollow si ritrova nel caos totale; in più, i delitti avvengono durante la luna piena e la ferocia degli attacchi farebbe pensare nientemeno che a un lupo mannaro. Diretto, sceneggiato e interpretato dall'attore Jim Cummings, The Wolf of Snow Hollow è un film nevrotico come il personaggio protagonista e scorre veloce come una scheggia impazzita. Proprio per questo, a tratti sembra perdere il filo della sua parte "mistery", in quanto non dà allo spettatore neppure il tempo di ragionare, e preferisce trasformarsi nello one man show di un personaggio impegnato a superare i suoi problemi personali conquistando almeno una vittoria che non lo faccia sembrare un inetto totale agli occhi del padre, della figlia adolescente e di quei pochissimi colleghi che ancora tiene da conto. Questa scelta di sceneggiatura, soprattutto con l'approssimarsi dell'ultimo atto, si traduce nella necessità di chiudere in fretta tutte le piste lasciate aperte, tanto che quando arriva la rivelazione del mistero sembra di avere fatto una corsa forsennata e si rimane con un "ah sì? Vabbè..." stampato in faccia. Purtroppo, per lo stesso motivo, non si ha neppure il tempo di commuoversi di fronte alle tragedie personali di John, che pure lo meriterebbero, o congratularsi con lui per quei pochi, importantissimi passi verso una possibile serenità.


A prescindere da questa "fretta", The Wolf of Snow Hollow non è affatto un brutto film, anzi (in un'epoca in cui persino le durate degli horror più stupidi sono elefantiache, questo, in realtà, è una boccata di aria fresca!). La fotografia è splendida e cattura non solo il bianco della neve ma anche il freddo che si respira nella cittadina di Snow Hollow, dando l'illusione allo spettatore di poterlo sentire fin dentro le ossa. Il montaggio è particolarissimo e asseconda in toto la frenesia e la confusione provati dal protagonista, tanto che la narrazione non è mai lineare ma alterna il presente a scampoli di tragici eventi passati di cui i poliziotti possono solo vedere le conseguenze, terribilmente sanguinose. A tal proposito, il comparto horror di The Wolf of Snow Hollow è favoloso. Gli omicidi del misterioso killer sono efferatissimi e ognuno di essi è un piccolo gioiellino di tensione e orrore, cosa che denota come il Jim Cummings regista conosca alla perfezione le regole del genere e le sappia rielaborare, mettendole in pratica in maniera efficace; anche la figura del lupo è molto ben fatta e un mix di sapienti riprese, combinate con un buon uso della fotografia, compensano eventuali limiti di budget e, soprattutto, contribuiscono a rendere verosimile la rivelazione sul finale. Molto bravi anche gli attori. Jim Cummings ha la tendenza a soverchiare quanti dividono la scena con lui, anche per necessità di sceneggiatura, ma nessuno dei suoi comprimari, nemmeno quelli meno "importanti", se la fa menare, e o compensano la forte presenza del protagonista con una remissività foriera di momenti esilaranti, oppure ingaggiano con lui furibonde battaglie verbali, come nel caso del favoloso Robert Forster (che si sarebbe spento di lì a poco e al quale il film è dedicato), oppure Chloe East. In conclusione, per quanto mi riguarda The Wolf of Snow Hollow è uno di quei film che bisognerebbe guardare più di una volta, per apprezzare tutte le varie sfumature sfuggite ad una prima visione. Intanto, però, se non lo avete mai visto vi invito a recuperarlo, perché potrebbe darvi delle soddisfazioni! 


Di Robert Forster (Sceriffo Hadley) ho già parlato QUI.

Jim Cummings è il regista e sceneggiatore del film, inoltre interpreta John Marshall. Americano, è principalmente attore e ha partecipato a film come Greener Grass, Halloween Kills e serie quali The Handmaid's Tale. Anche produttore, ha 39 anni.


Riki Lindhome
interpreta la detective Julia Robson. Americana, ha partecipato a film come L'ultima casa a sinistra, Cena con delitto - Knives Out, Queens of the Dead e serie quali Buffy l'ammazzavampiri, Una mamma per amica, Heroes, Criminal Minds, Bones, Nip/Tuck, Dr. House, The Big Bang Theory e Mercoledì. Come doppiatrice ha lavorato in SpongeBob - Fuori dall'acqua, Adventure Time, DuckTales e Animaniacs. Anche sceneggiatrice, produttrice e regista, ha 47 anni e due film in uscita, tra cui l'imminente remake de La mano sulla culla


Chloe East
interpreta Jenna Marshall. Americana, ha partecipato a film come The Fabelmans e Heretic. Anche regista, ha 24 anni e un film in uscita. 



venerdì 10 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 10: Una notte per morire (1965)

Il tema della Nuovi Incubi Halloween Challenge oggi era "Hagsploitation", così ho scelto il fim Una notte per morire (Fanatic), diretto nel 1965 dal regista Silvio Narizzano.


Trama: dopo la morte del fidanzato, Patricia decide di andarne a trovare l'anziana madre, senza sapere che sarà l'inizio di un incubo...


Se non sapete cos'è l'hagsploitation, lasciatemi spendere un paio di righe per un breve "momento Wikipedia". Il termine è l'unione delle parole "hag", che sta per strega ma vale anche come dispregiativo per una donna anziana, ed "exploitation", che viene utilizzato per quei film di serie B dove la fanno da padrone sesso, violenza, gore e follia. L'hagsploitation è un genere diventato popolare negli anni '60 e '70, le cui protagoniste erano appunto vecchie folli dalle caratteristiche grottesche, spesso mosse da odio o vendetta verso altre donne (uno dei massimi esempi di questo filone cinematografico è Che fine ha fatto Baby Jane?, che vi consiglio di vedere se ancora vi mancasse all'appello). L'hagsploitation, proprio per la sua natura, è spesso l'ultima spiaggia di dive cinematografiche dalla carriera in declino, le quali non potevano più sperare di competere con le loro colleghe più giovani e affascinanti, né di trovare ruoli interessanti che ne valorizzassero la maturità. Ciò vale anche per Tallulah Bankhead, poco più che sessantenne all'epoca delle riprese di Una notte per morire, ma segnata da una vita di eccessi e dalla fama di essere una "poco di buono" dallo smodato appetito sessuale; cosa ironica, quest'ultima, in quanto la Bankhead qui interpreta una fanatica religiosa totalmente devota al figlio defunto e pronta a torturare, psicologicamente e fisicamente, l'ormai ex fidanzata, rea di non volere rimanere per sempre incatenata al ricordo dell'uomo. E l'ironia, benché amara e quasi sempre a spese della Bankhead, abbonda in Una notte per morire. Mrs. Trefoile ha un passato da attrice disnibita e, in una delle sequenze, viene mostrato un luogo sotterraneo tappezzato dalle vere foto di una giovane e splendida Tallulah Bankhead, furibonda che la produzione le avesse usate senza il suo permesso; il titolo americano del film invece, Die! Die! My Darling! si riferisce ad una frase che l'attrice è stata costretta a ridoppiare a causa di problemi di sonoro, mettendoci ore in quanto obnubilata dall'alcol e dalle droghe (e ovviamente i distributori ci sono andati a nozze, cavalcando lo scandalo). Insomma, Una notte per morire è un film che, appunto, ha letteralmente sfruttato un'attrice ormai considerata "hag", la quale, ammalatasi proprio all'inizio delle riprese, ha scelto di ridurre il proprio compenso, pur di partecipare. E la sua volontà si vede. L'interpretazione di Tallulah Bankhead, dignitosa nella sua follia religiosa ed imprevedibile negli sbalzi di umore che la rendono prima un'elegante nobildonna e poi una gelida suocera pronta a compiere le peggio nefandezze, è infatti la cosa migliore del film, che pure non è privo di altri elementi interessanti.


In primis, di Una notte per morire colpiscono i dialoghi (scritti da Richard Matheson), i botta e risposta tra Mrs. Trefoil e Patricia, che anche prima di sprofondare nell'odio reciproco rispecchiano lo scontro generazionale tra una gioventù libera, disnibita e un po' frivola, e la rigida austerità sentimental-sessuale di chi ha scelto di rinnegare ogni vizio per risultare rispettabile agli occhi della società. L'interazione iniziale tra Tallulah Bankhead e Stefanie Powers strappa parecchi sorrisi, anche in virtù del piglio sbarazzino e scoglionato della seconda, e funge da ottimo contrasto con la seconda parte del film, più tesa, allucinata e persino "intima", come dimostra l'elegante sequenza che svela tutta la fragilità di Mrs. Trefoile e la sua fatica nel mantenere uno stile di vita retto quando il dolore diventa soverchiante. Un altro aspetto che ho apprezzato molto è la gestione dei colori. Una notte per morire viene introdotto da titoli di testa all'interno dei quali un gatto insegue un topo; sembrerebbe quasi la versione live action di Tom & Jerry, non fosse che le immagini dei due animali sono immerse in un verde malato, la stessa sfumatura che si ripropone, assieme ad altre tinte surreali, man mano che la situazione precipita e Mrs. Trefoile fatica a mantenere il controllo, cercando rifugio nel misterioso sotterraneo che si rivela in tutta la sua "gloria" proprio sul finale. Gli altri elementi del film, invece, non hanno retto molto l'usura del tempo. La regia di Narizzano non è particolarmente entusiasmante e i personaggi di contorno, interpretati da attori che avrebbero fatto carriera negli anni seguenti, scompaiono davanti all'enorme carisma della Bankhead. A proposito di attori carismatici che sarebbero diventati famosi di lì a breve, è interessante vedere all'opera un giovanissimo Donald Sutherland, costretto a vestire i panni del servo ritardato. Questa è una piccola chicca per i fan dell'attore, ma in generale Una notte per morire è un film in grado di offrire un'ora e mezza di divertimento e ansia a tutti gli spettatori che sono stufi dei thriller moderni e vogliono tuffarsi nel vintage, quindi ve lo consiglio. Lo trovate su quella preziosissima miniera di film gratuiti che è Tubi, se avete una VPN, oppure a noleggio su Prime Video.


Di Peter Vaughan (Harry) e Donald Sutherland (Joseph) ho già parlato ai rispettivi link.

Silvio Narizzano è il regista della pellicola. Canadese, ha diretto film come Georgy svegliati! e Choices. Anche produttore e sceneggiatore, è morto nel 2011. 


Tallulah Bankhead
interpreta Mrs. Trefoile. Americana, ha partecipato a film come I prigionieri dell'oceano, Scandalo a corte e a serie come Batman. E' morta nel 1968.


Stefanie Powers
(vero nome Stefania Zofia Federkiewicz) interpreta Patricia Carroll. Americana, celebre per il ruolo di Jennifer Hart nel telefilm Cuore e batticuore, ha partecipato a film come Operazione terrore, Herbie il maggiolino sempre più matto e ad altre serie quali L'uomo da sei milioni di dollari e La donna bionica. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 73 anni.


Maurice Kaufmann
, che interpreta Alan Glentower, era nel cast de L'abominevole Dr. Phibes mentre Yootha Joyce, che interpreta Anna, sarebbe diventata la Mildred delle sit-com Un uomo in casa e George e Mildred. ENJOY!

giovedì 9 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 9: Godzilla Minus One (2023)

Oggi si mixano due challenge. Il tema di quella di Letterboxd era "Kaiju", mentre quella di Nuovi Incubi "Animal Attack", pertanto ho scelto di guardare Godzilla Minus One (ゴジラ-1.0), diretto e sceneggiato nel 2023 dal regista Takashi Yamazaki.


Trama: durante la seconda guerra mondiale, il kamikaze Shikishima si sottrae al proprio compito e vede un intero battaglione di soldati sterminato da Godzilla. L'uomo torna a casa vivo ma con enormi sensi di colpa, che tornano a perseguitarlo quando, una volta finita la guerra, Godzilla ricompare per minacciare Tokyo e l'intero Giappone...


Comincerò il post con una confessione che farà male soprattutto a Lucia: sarò anche appassionata di Giappone, ma i Kaiju non mi hanno mai detto nulla. Di Godzilla ho solo guardato questo e quello di Hideaki Anno, entrambe le volte per motivi "trasversali" (Godzilla Minus One era nella lista dei film da recuperare in quanto vincitore di un Oscar per i migliori effetti speciali, Shin Godzilla l'avevo visto perché era diretto dal creatore di Evangelion). E' un genere di film che mi diverte molto, durante la visione, come scoprirete leggendo questo post, ma potendo scegliere preferisco guardare dell'altro. In realtà, Godzilla Minus One mi aveva tenuta un po' indietro per via della sua durata, che supera le due ore, e purtroppo ammetto che tra l'attacco a Ginza e il tentativo finale di sconfiggere Godzilla in mare ho faticato a rimanere sveglia e seguire tutte le fasi preparatorie, con tutto il rispetto per il dramma umano messo in scena da Yamazaki. Il "minus one" del titolo, infatti, sta a significare l'ulteriore passo indietro del Giappone che, da "ground zero" martoriato dalla seconda guerra mondiale, si trova a sprofondare di un ulteriore gradino a causa della furia distruttiva di Godzilla. Il tutto, sotto gli occhi di Yamazaki, arruolatosi come kamikaze prima di scoprirsi terrorizzato dalla morte ed inventare una "scusa" per non compiere il dovere verso la patria. Non c'è alcun legame tra la sua decisione e la comparsa improvvisa di Godzilla sull'isola in cui è atterrato fingendo un'avaria, ma lo sterminio del plotone di soldati di stanza lì, proprio per mano del bestione, si traduce in un senso di colpa che Yamazaki si porta dietro anche dopo la fine della guerra, vittima di un profondo stress post traumatico. Proprio questo senso di colpa gli impedisce di aprire il cuore a Noriko, giovane sfollata con neonata non sua appresso, e di formare con loro una famiglia. Quando poi Godzilla si ripalesa, con conseguenze nefaste per tutto il Giappone ma in particolare per il protagonista, ecco che Yamazaki si convince di essere vittima di una maledizione causata dalla codardia dimostrata in guerra, e di dover espiare in modo definitivo, invece di "limitarsi" a fuggire dalle gioie della vita sentendosi indegno. L'aspetto psicologico del film si accompagna a varie critiche alla società giapponese (il riscatto finale dei "vinti" è da antologia) e, in generale, a un mondo che, come nel Godzilla originale, crea mostri nel tentativo di dominare la natura e sfruttare la scienza per portare distruzione. Il kaiju creato nel 1954 da Ishiro Honda non è seplicemente un mostro, è una divinità malvagia portatrice di distruzione indiscriminata, una calamità, una forza della natura che ci fa capire quanto siamo piccoli e inutili nell'universo.


Questa sensazione di impotenza e cieco terrore è rappresentata perfettamente attraverso sequenze in grado di lasciare a bocca aperta, sconcertati dalla distruzione portata da Godzilla. Il colossale bestione spazza via navi, treni e interi quartieri come se fossero briciole, calpesta persone che probabilmente neppure catturano il suo sguardo e, come carico a coppe, a un certo punto spara anche un raggio nucleare dalla bocca, oltre ad essere autorigenerante. L'orrore, però, non si trova solo sulla terraferma. Yamazaki omaggia più volte Lo squalo di Spielberg e ambienta le scene più tese del film in mare, dove nulla può competere con la grandezza e la potenza di Godzilla e, soprattutto, nulla può sfuggirgli. Il regista, che alterna inquadrature ravvicinate di Godzilla ad ampie, dinamiche panoramiche in cui scatenare tutta la potenza distruttiva del mostro, si avvale di effetti speciali all'avanguardia, che rendono ogni scena perfetta e verosimile, coinvolgendo lo spettatore in questa storia di sopravvivenza disperata; Godzilla Minus One ha il respiro ampio di un kolossal, un ritmo dilatato che offre spazio sia all'azione concitata che all'introspezione, inoltre è anche un ottimo film "storico", perché rappresenta con dovizia di particolari la reale situazione post-bellica del Giappone, così come lo stoico, testardo orgoglio di chi ancora si ritiene una potenza militare, anche con le gambe tagliate. Per quanto riguarda il mostro, ho trovato deliziosa l'idea di combinare l'iperrealismo di dettagli come squame, artigli e denti, a nostalgici omaggi verso gli ormai iconici occhi strabici e la camminata eretta, non proprio da dinosauro/rettile, tanto che a un certo punto mi sono chiesta se Godzilla fosse stato creato unendo effetti digitali alle riprese di un essere umano infilato in un pupazzo di gomma (mi sbagliavo. E' interamente digitale!). Alla fine del film mi sono pentita di non avergli dato una chance al cinema, visto che un'opera simile andava rigorosamente vista su schermo gigante, ma anche così, Godzilla Minus One è una visione che ho apprezzato molto!


Del regista e sceneggiatore Takashi Yamazaki ho già parlato QUI mentre Sakura Ando, che interpreta Sumiko, la trovate QUA


Se Godzilla Minus One vi fosse piaciuto avete una filmografia sterminata dalla quale attingere, aggiungerei giusto Lo squalo e Pacific Rim. ENJOY!

mercoledì 8 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge day 8: Ma come si può uccidere un bambino? (1976)

La Nuovi Incubi Horror Challenge di oggi ha come tema "Bambini cattivi". Ho colto dunque l'occasione per guardare un film che mi intrigava da anni, Ma come si può uccidere un bambino? (Quién Puede Matar A Un Niño?), diretto e co-sceneggiato nel 1976 dal regista Narciso Ibáñez Serrador, a partire dal romanzo El juego de los niños di Juan José Plans.


Trama: due turisti inglesi in vacanza in Spagna decidono di fare una gita in un isola molto distante dalla terraferma. Lì, scoprono che i bambini del posto hanno ucciso quasi tutti gli adulti...


In questi tempi terribili, durante i quali si sta compiendo un genocidio sotto i nostri occhi disinteressati, mette più angoscia l'introduzione di Ma come si può uccidere un bambino? piuttosto che il film stesso. Prima di cominciare a raccontare l'irrealtà cinematografica, Narciso Ibáñez Serrador ci introduce a una serie di tragedie reali, unite da un sanguinoso fil rouge di guerra e morte, come l'Olocausto, la guerra in Biafra, il Vietnam, la guerra in Corea; nel corso di questi orrori, ci dice il regista e co-sceneggiatore, a pagare lo scotto più alto sono sempre i bambini. Il perché, non devo starvelo a spiegare io. I bambini sono innocenti e spesso muoiono senza avere neppure capito cosa stia succedendo, o perché gli adulti abbiano deciso di farsi i loro violenti interessi senza tenere in conto dell'esistenza di vite che dipendono in toto da loro. Anzi, tanti bambini nascono in Paesi dove fame, povertà, guerra e morte sono all'ordine del giorno, e quella è l'unica normalità che conoscono, il che è ancora più tragico e orribile. "Ma come si può uccidere un bambino?" diventa dunque una domanda oziosa, perché purtroppo c'è gente che lo fa senza troppi problemi, anche perché a qualcuno bisogna persino "definirli" i bambini, o non capisce di cosa si stia parlando. Così, in questo film, i bambini si vendicano. "Giocano", che è poi quello che fanno gli adulti nei loro confronti, con la stessa noncuranza, e il gioco consiste nell'uccidere uomini e donne talmente sventurati da capitare nell'isola sperduta di Almanzora. Proprio lì si recano Tom ed Evelyn, incinta per la terza volta, per concludere una vacanza all'insegna della spensieratezza. I due, coppia benestante e colta, ci mettono un po' a capire che c'è qualcosa di strano ad Almanzora, tra strade deserte, locali abbandonati e gruppi di inquietanti bambini che li fissano in silenzio, e quando lo capiscono è ormai troppo tardi, anche per un motivo legato al titolo del film. Uccidere un bambino è un'aberrazione, qualcosa che frenerebbe la mano anche di chi fredderebbe un adulto senza pensarci due volte, e che entra in risonanza col giusto senso di colpa scatenato dalle sequenze iniziali, richiamate da telegiornali e notiziari radio i quali, nel corso del film, ricordano ai protagonisti della guerra in Corea e del conseguente sterminio di anime innocenti. Evelyn in particolare, in quanto donna e per di più incinta, non comprende (o non vuole credere) fino all'ultimo il pericolo incarnato da bambini pronti a massacrare di botte un uomo, dopo averlo ingannato col più innocente dei sorrisi, e la lucidità con cui Tom compie un gesto irreparabile viene resa ancora più sconvolgente dal modo in cui Serrador decide di girare la relativa scena. 


Al di là di un paio di immagini che fungono da shock value per mostrare di cosa sono capaci i bambini e una sequenza, poco prima del finale, che sconfina nell'horror vero e proprio, Serrador non indugia infatti sulla violenza dei piccoli mostri (probabilmente, anche perché sarebbero state scene difficili da girare). Invece, nel momento in cui Tom supera il limite imposto da società e cultura e spara per difendere Evelyn, la cinepresa si sofferma a lungo sul corpicino che si accascia e sul sangue spillato, così da creare ancora più orrore nello spettatore, preso tra la volontà di condonare il gesto di autodifesa e gli inevitabili vincoli morali. Un'altra caratteristica di Ma come si può uccidere un bambino? è quella di essere uno di quei rari horror bruciati dal sole, dove avviene tutto alla luce del giorno. E' una scelta interessante, che non rende il film meno inquietante, anzi; Tom ed Evelyn arrivano dall'Inghilterra, e abbassano la guardia proprio perché attirati dall'atmosfera calda e soleggiata della Spagna in generale e di Almanzora in particolare. Ai loro occhi, l'isola è un paradiso dopo la folla delle città più turistiche, almeno all'inizio. Quelle stesse caratteristiche positive, tuttavia, ci mettono un istante a trasformarsi in seri problemi, in particolare per una donna incinta, tra caldo afoso, sete, isolamento e chi più ne ha più ne metta. Quando i bambini calano la loro silenziosa ed ingannevole maschera, Almanzora diventa un inferno torrido, e le ombre offrono una ben falsa sicurezza visto che pullulano di ragazzini; inoltre, le casette tutte uguali, così come gli spogli corridoi e scale degli interni, come se non bastassero già strade brulle e spiagge dalle quali non si vede altro che mare, contribuiscono a dare l'idea di un labirinto senza uscita. Ma come si può uccidere un bambino?, visto al giorno d'oggi, ha l'unico difetto di mancare di equilibrio tra una seconda parte concitata e una prima parte introduttiva molto lunga, un po' troppo lenta anche per uno slow burn, e ha due protagonisti tagliati un po' con l'accetta, soprattutto Evelyn, tenerissima ma rea di non capire proprio una mazzafionda (d'altronde, il marito è un biologo che sa pure lo spagnolo, quella deve solo scodellare figli e divertirsi in vacanza). In compenso, gode di un finale di rara perfidia, che stranamente non ha aperto la via a una marea di sequel, uno più brutto dell'altro (qualcuno ha detto Children of the Corn?), e in generale è un film molto bello, che val la pena vedere o riscoprire!

Narciso Ibáñez Serrador è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Uruguayano, ha diretto film come Gli orrori del liceo femminile ed episodi della serie Historias para no dormir. Anche attore e produttore, è morto nel 2019.


Del film esiste un remake messicano intitolato Come Out and Play ma, non avendolo mai visto, se Ma come si può uccidere un bambino? vi fosse piaciuto consiglio Grano rosso sangue, The Children, There's Something Wrong with the Children, Cooties e Il villaggio dei dannati. ENJOY!



martedì 7 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 7: Aenigma (1987)

Il tema della Nuovi Incubi Horror Challenge oggi è "Vendetta". Per l'occasione, vi parlo di Aenigma, diretto e co-sceneggiato da Lucio Fulci nel 1987.


Trama: una ragazza, finita in coma dopo uno scherzo crudele, si vendica dei suoi aguzzini sfruttando i propri poteri psichici...


Mi tocca cominciare il post con una dolorosa premessa. Io voglio bene a Fulci, gliene vorrò sempre, perché ci ha regalato dei capolavori immensi. Per questo, guardando Aenigma, ho provato a cercare tracce del Fulci che amo, trovando anche qualcosina di positivo in quell'ammasso di vaccate che è il film. Purtroppo, all'epoca il regista era malato, e da due anni non si metteva dietro la macchina da presa; inoltre, Aenigma è una produzione a bassissimo budget, realizzata a Sarajevo con molti attori e comparse del luogo, e probabilmente l'utilizzo sul set di lingue diverse dall'inglese e l'italiano, con successivo ridoppiaggio, ha peggiorato ulteriormente la recitazione già legnosa di buona parte dei coinvolti. C'è poi una fotografia a dir poco penosa, televisiva, e una struttura anche troppo lineare, che fa di Aenigma una "raccolta" di punizioni tenute assieme da un collante spesso pretestuoso, che deraglia, da un certo punto in poi, in una follia d'amore in grado di toccare punte di estremo imbarazzo. E' triste constatare la pochezza di Aenigma, perché l'idea di base, che parte dichiaratamente da Carrie - Lo sguardo di Satana e si tinge delle atmosfere perverse di Patrick, avrebbe anche del potenziale. Il film, infatti, racconta la vendetta di Kathy, finita in coma a causa di uno scherzo perpetrato dalle compagne di collegio, le quali non l'hanno mai accettata in quanto, letteralmente, "figlia della serva". La disperazione di Kathy, consapevole di stare per morire, proietta il suo spirito all'interno del corpo di Eva, una coetanea che ha passato lungo tempo rinchiusa in una casa di cura a causa di un pesante esaurimento nervoso. Attraverso Eva, nel frattempo iscrittasi al suo stesso collegio, Kathy si vendica delle sue ex compagne, dando prova di un potere psichico quasi onnipotente. L'aspetto horror di Aenigma, i modi fantasiosi con i quali Kathy elimina le sue vittime, sono la testimonianza di come Fulci fosse un visionario abituato ad ingegnarsi con pochi mezzi per veicolare un'enorme inquietudine. Infatti, nonostante il pessimo attore a disposizione, la scena del doppelgänger che compare dalle ombre per strangolare l'insegnante di ginnastica mette angoscia, così come la lunga sequenza ambientata in un labirintico museo, tra statue semoventi e visioni sanguinose, per non parlare della scena, giustamente nominata in tutte le recensioni di Aenigma, in cui una ragazza viene uccisa da una miriade di lumache: i gasteropodi, di dimensioni contenute, si limitano a strisciare lentamente sull'attrice, sono la regia, il montaggio, il sonoro e gli effetti speciali a compiere la magia e a darci l'orribile impressione di qualcuno che viene consumato da esseri che, normalmente, non farebbero paura a nessuno. 


Nonostante il tasso di gore molto contenuto, la regia e alcune soluzioni visive di Fulci infondono la sensazione di qualcosa di sbagliato, di una presenza insidiosa e malvagia, che trasforma un normale collegio in un claustrofobico covo di ingiustizie, sussurri e punti di vista alterati; se solo Aenigma a un certo punto non si perdesse e non lasciasse cadere un paio di spunti interessanti, in effetti, si potrebbe anche sorvolare sulla sua confezione "televisiva" (anche se l'inquadratura insistente su un poster di Tom Cruise, a un certo punto, come se l'attore c'entrasse in qualche modo in tutta la faccenda, mi ha portata a ridere più del dovuto). Il problema è che, a un certo punto, Kathy si invaghisce del neurologo che l'ha in cura e sfrutta Eva per portare avanti una relazione con lui. Il disagio alla vista di un quasi cinquantenne che, dopo una breve ritrosia iniziale, comincia a lumare con sguardo lubrico ogni studentessa diciottenne del college, con profusione di limonate e rapporti sessuali nei luoghi più imbarazzanti (and the Oscar goes to il neurologo cretino che invita la fidanzatina per il suo primo rapporto completo IN OSPEDALE, nella stanzetta dove lui tiene d'occhio Kathy sui monitor. Brrividi, amici), mi ha distratta in più occasioni dall'aspetto horror del film. Anche perché, dal momento in cui Eva/Kathy si invaghisce di Anderson, la povera ragazza in coma diventa una pazza scriteriata preda della gelosia più nera, e si perde un po' il senso della vendetta, che lascia spazio a frustrazione da mancanza di cippa. E viene lasciata cadere anche l'idea che, come in Suspiria, ci sia una cricca di insegnanti che si riuniscono nottetempo a fare cose innominabili, e anche i vari riferimenti a New Orleans e al voodoo sono usati semplicemente come nota di colore , dimenticata dopo pochi dialoghi. Per tutti questi motivi, francamente, non mi sento di consigliare la visione di Aenigma, a meno che non siate dei Fulciani di ferro. Il regista, poverino, ha messo nome e faccia in cose ben peggiori (se non altro, qui si limita vestire i panni di un ispettore e a constatare scoglionato che un insegnante di ginnastica è morto, altro picco di profonda ilarità), ma rischiate di addormentarvi prima che finisca il film e di farvi un'idea sbagliata di Fulci


Del regista e co-sceneggiatore Lucio Fulci, che interpreta anche l'ispettore di polizia, ho già parlato QUI.


Jared Martin
, che interpreta il Dr. Anderson, è stato il protagonista della serie televisiva La guerra dei mondi mentre sia Lara Lamberti (Eva) che Ulli Reinthaler (Jenny) hanno poi partecipato a Zombi 3.  Se Aenigma vi fosse piaciuto, recuperate Suspiria, Carrie - Lo sguardo di Satana, Phenomena e Patrick (se volete farvi del male ci sarebbe anche Patrick vive ancora ma... no, insomma). ENJOY!

lunedì 6 ottobre 2025

Nuovi Incubi Horror Challenge Day 6: Demeter - Il risveglio di Dracula (2023)

Sesto giorno di Nuovi Incubi Halloween Challenge, con un horror per chi è agli inizi col genere. Pensandoci un po' su mi è parso perfetto Demeter - Il risveglio di Dracula (The Last Voyage of the Demeter), diretto nel 2023 dal regista André Øvredal.


Trama: durante la traversata dal porto di Varna a Londra, l'equipaggio della nave mercantile Demeter si trova a fare i conti con un clandestino terrificante...


Avevo letto le peggio cose su The Last Voyage of the Demeter (con tutto il rispetto, il titolo italiano è orribile, ma che risveglio e risveglio?), forse per questo mi sono accinta a guardare il film senza grandi aspettative. In virtù di ciò, o del fatto che l'ho visto spezzato in un paio di giorni per la mia consueta mancanza di tempo, l'ho apprezzato più di quanto pensassi e non ho patito la mancanza di ritmo iniziale, anzi, mi sono fatta prendere abbastanza dall'atmosfera. D'altra parte, è anche vero che adoro Dracula e, a prescindere dalla qualità delle opere, mi diverto quasi sempre con le varie versioni del romanzo di Stoker, anche quando la trama, come in questo caso, si prende alcune libertà che sconfinano nella minchiata (per esigenze narrative, il contagio ha durata variabile, questa è l'unica cosa che mi ha indispettita). Per chi non lo sapesse, e senza fare troppi spoiler, The Last Voyage of the Demeter racconta, per l'appunto, l'ultimo viaggio di una nave condannata a un infausto destino nel momento esatto in cui viene designata per portare le casse di terra di Dracula verso la magione britannica scelta dal vampiro per "espandere la sua attività"; i protagonisti del film sono tutti dei dead men walking e c'è solo da aspettare l'inizio di una mattanza che non risparmia nessuno e che ha la struttura di un survival horror girato in un unico ambiente chiuso ed inospitale. La sceneggiatura si impegna persino a dare un minimo di personalità ai vari membri dell'equipaggio, salvo per un paio connotati come mera carne da macello, così che allo spettatore venga dato il tempo non solo di affezionarsi/interessarsi inutilmente, ma anche la possibilità di non prevedere perfettamente l'ordine di dipartita, il che consente di ravvivare un po' il ritmo del film. 


La pellicola punta inoltre a rendere Dracula un mostro privo di alcuna coscienza umana e praticamente muto, distante anni luce dalla figura romantica o elegante sdoganata da anni di opere a tema. Non ci sono sequenze di seduzione o ipnosi, ma solo la caccia feroce di una bestia che sfrutta le ombre di una nave zeppa di anfratti e le condizioni meteo avverse, e il risultato è che Øvredal può sfogarsi con sequenze fulminee e sanguinose, oppure giocare con l'interessante architettura della nave titolare senza neppure offrire il fianco a banali jump scares. Purtroppo, nonostante le mille possibilità legate a scenografia, fotografia e montaggio, The Last Voyage of the Demeter si affida ad una CGI non sempre all'altezza, soprattutto nel momento in cui alle movenze inquietanti dello snodatissimo Javier Botet si sostituiscono le inquadrature nitidissime di un mostro zannuto e nerboruto, finto come i soldi del Monopoli. Per fortuna, non è una scelta preponderante, ed è anche gradevole osservare le interazioni sempre più tese e disperate tra gli ottimi attori di un cast variegato, tra i quali spiccano l'adorato David DastmalchianAisling Franciosi (anche se dal suo personaggio si dipartono parecchie storture di sceneggiatura che mi hanno perplessa), Liam Cunningham nel ruolo del capitano e il piccolo, bravissimo Woody Norman, di cui spero di vedere il musotto tenerello in un altro horror, prossimamente. In breve, The Last Voyage of the Demeter non è la schifezza demolita da tantissimi spettatori e nemmeno un film imperdibile, bensì una perfetta via di mezzo per passare una serata in lieta tensione.


Del regista André Øvredal ho già parlato QUI. Corey Hawkins (Clemens), David Dastmalchian (Wojchek) e Javier Botet (Dracula / Nosferatu) li trovate invece ai rispettivi link.

Liam Cunningham interpreta il capitano Eliot. Irlandese, ha partecipato a film come Il cartaio, Harry Brown e a serie quali Doctor Who e Il trono di spade. Anche regista e produttore, ha 63 anni. 


Per la serie, dove li ho già visti: Aisling Franciosi, ovvero Anna, era la protagonista di The Nightingale; Chris Walley, che intepreta Abrams, era nel cast di 1917 e Unwelcome (o La maledizione dei Far Darrig); Stefan Kapicic, che interpreta Olgaren, ha doppiato Colosso nei due film dedicati a Deadpool; Nikolai Nikolaeff (Petrofsky) era l'Ivan della quarta stagione di Stranger Things; il piccolo Woody Norman è il protagonista del bellissimo Cobweb. Siccome sono 20 anni che questo film è in progetto, tra i vari registi che, prima o poi, hanno "rischiato" di dirigerlo c'erano Marcus Nispel, Neil Marshall e David Slade, mentre tra gli attori "caduti" figurano Viggo Mortensen, Noomi Rapace e Ben Kingsley. Ovviamente, se Demeter - Il risveglio di Dracula vi è piaciuto dovete recuperare Nosferatu, Dracula, Dracula di Bram Stoker e anche la miniserie del 2020 Dracula, con uno splendido episodio interamente ambientato sul Demeter. ENJOY! 

domenica 5 ottobre 2025

La voce di Hind Rajab (2025)

Causa challenge di Halloween in corso ho scelto un giorno strano per pubblicare, lo so. Probabilmente, così, nessuno leggerà il post, ma fa nulla, perché davanti a tragedie simili mi chiedo come si possa pretendere di dire qualcosa di intelligente. Ma tant'è, due parole su La voce di Hind Rajab (Sawt Hind Rajab), diretto e sceneggiato dalla regista Kaouther Ben Hania, volevo comunque scriverle.


Trama: nel gennaio del 2024, gli operatori della sede palestinese della Mezzaluna Rossa ricevono la telefonata di Liyan Hamada, un'adolescente intrappolata all'interno di un'auto presa di mira dall'esercito israeliano, che ha già ucciso i genitori e i suoi fratelli. Quando anche Liyan viene uccisa, gli operatori scoprono che nell'auto c'è una bimba di 6 anni ancora viva, Hind Rajab, e cercano disperatamente di salvare almeno lei...


Quando ho deciso di andare a vedere La voce di Hind Rajab mi aspettavo che avrei pianto non solo tutte le mie lacrime, ma anche quelle della mia compagna di visione. In realtà, come ho scritto su Facebook, ho pianto, certo, ma di rabbia. E' la stessa sensazione provata guardando Diaz, derivata da un'impotenza angosciante e dall'assurda consapevolezza che chi potrebbe fare davvero qualcosa per evitare lo sterminio di un intero popolo se ne batte i coglioni minimizzando, oppure dichiarando che il problema non esiste proprio. Non è giusto che serva un film per risvegliare le coscienze, anche perché Hind Rajab è una sola bambina, dotata di un nome, un volto e una voce, mentre a migliaia ne muoiono ogni giorno nell'anonimato, senza che la loro orribile storia ci raggiunga. Non è giusto, ripeto, ma è necessario, perché un film come La voce di Hind Rajab ci sbatte in faccia la realtà sepolta in una quotidianità fatta di lavoro, notifiche, video di gattini, cazzi nostri, e ci ricorda che c'è un posto (anzi, più di uno, ché la guerra non è solo in Palestina) dove, quale che siano le loro ragioni, delle persone hanno deciso di diventare dei mostri e sterminare indiscriminatamente altri esseri umani. L'aspetto ancora più tremendo del film di Kaouther Ben Hania, nonché un enorme dito medio nei confronti di chi sicuramente denigrerà la natura "strappalacrime" del film, è che in realtà si tratta di un'opera molto asciutta, che non si concentra esclusivamente sulle ultime ore di vita di una bimba, ma soprattutto sulle vite di chi, ogni giorno, rischia la pazzia per salvarne altre. La voce di Hind Rajab è l'equivalente di un thriller. La pressione psicologica che vomita sullo spettatore è fortissima, ed è la stessa che hanno subito Omar, Rana, Mahdi e Nisreen, quattro operatori impotenti di fronte alle maglie di una burocrazia bellica spaventosa e all'orrore di non sapere se i paramedici che quotidianamente mandano in soccorso faranno ritorno vivi. La voce della piccola è ovviamente fondamentale, ma è una delle tante; il dramma umano che si consuma all'interno della sede della Mezzaluna Rossa racconta tutta la frustrazione, la disperazione, l'ansia e il panico di chi è costretto a portare sulle spalle, ogni giorno, un peso enorme.


Kaouther Ben Hania
punta la cinepresa sui volti dei protagonisti, tutti bravissimi, sceglie uno stile asciutto e senza fronzoli, quasi documentaristico, soffermandosi su pochi gesti di cameratismo e conforto (quelli commuovono realmente) e annullando il confine tra drammatizzazione ed eventi reali grazie all'uso intelligente di file audio e cellulari. Bastano questo, il tempo scandito con un pennarello impietoso e le inquadrature finali di una madre compresa in un dignitoso dolore, a stringere il cuore di chi vuole ascoltare e capire, anche quando c'è solo silenzio. Perché è sicuramente la voce, reale, terrorizzata, di Hind Rajab, puntellata da spari e dal suono dei cingoli di un carro armato, a schiacciare come un macigno, ma è ancora più orribile ciò che non si vede e non si sente. Non si sente la voce di chi sta comodo in poltrona a distribuire con ostentazione una stiracchiata salvezza, solo perché "importante"; non si vedono i soldati israeliani, impegnati in un folle gioco tra gatto e topo (nel dialogo più terribile del film si sottolinea l'impossibilità che i soldati non si siano accorti della presenza di una persona ancora viva, e la certezza che la conversazione venisse intercettata, e visto il livello tecnologico dell'esercito israeliano solo chi è in malafede potrebbe sostenere il contrario); non si vede l'ultimo, disperato viaggio di un'ambulanza che non ha mai raggiunto la destinazione, rappresentata dal disegno di un'auto su una mappa digitale. Non si vede tutto ciò che hanno vissuto gli operatori della Mezzaluna Rossa prima di quella terribile telefonata, né tutte le tragedie che sono seguite, e davanti all'orrore di tante vite spezzate inutilmente, la vera domanda che mi tormenta dalla fine del film è se chi non è morto abbia ancora la forza psicologica di resistere e combattere per rimanere sano di mente, perché io non so proprio se riuscirei. Lasciate perdere le diatribe oziose da festival cinematografici e le critiche dei cosiddetti esperti del settore e, per una volta, date retta al cuore, anche se rischia di spezzarsi; correte a vedere La voce di Hind Rajab e tenetevi strette a lungo le sensazioni che vi lascerà, perché ce ne sarà bisogno, se vorremo rimanere umani nei tempi bui che ci aspettano.

Kaouther Ben Hania è la regista e sceneggiatrice del film. Tunisina, ha diretto film come L'uomo che vendette la sua pelle e Quattro figlie. Anche montatrice e direttrice della fotografia, ha 48 anni.


La vicenda di Hind Rajab è stata raccontata anche in due corti, che non guarderò mai, Close Your Eyes Hind Hind Under Siege. Se vi sentite di star ancora più male, recuperateli, io non posso farcela. 

venerdì 3 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 3: Tenebre (1982)

Terzo giorno della Nuovi Incubi Halloween Challenge, che oggi ha come tema "Slasher". Siccome ci sono di mezzo rasoi e accette ho scelto di guardare Tenebre, diretto e sceneggiato nel 1982 dal regista Dario Argento.


Trama: Lo scrittore Peter Neal si reca a Roma per presentare il suo ultimo romanzo, Tenebre. Poco dopo, un misterioso assassino comincia ad uccidere delle donne seguendo proprio il modus operandi del killer protagonista del romanzo...


Allora, io non so se Tenebre rientra proprio nella definizione di slasher, visto che lo stesso Argento lo ha dichiaratamente girato per riaffermare il suo predominio sul genere che ha contribuito a portare al successo, il giallo. Tuttavia, il giallo è un po' il nonno o il papà dello slasher (un figliolo molto meno raffinato e più rozzo, almeno agli inizi), quindi il legame di parentela comunque c'è. Ma vediamo, banalmente, se Tenebre ha tutte le caratteristiche dello slasher. L'assassino è motivato da un trauma passato, che lo ricordi o meno, e che viene "triggerato" da qualcosa? Sì. Ci sono scene di inseguimenti e omicidi, magari anche un po' legati alla sfera sessuale, che titillino la natura voyeuristica dello spettatore? Direi di sì. L'assassino usa lame, stalkera le vittime, che sono più di una? Di nuovo, sì. C'è una final girl? Ma non ve lo dirò mai, se ancora non avete guardato Tenebre o se, come me, lo avevate visto una volta vent'anni fa e ricordavate solo Eva Robin's sulla spiaggia, sconvolti dal fatto che una personalità televisiva percepita allora come un po' "trash" avesse partecipato a un thriller-horror. Se l'ho dimenticato è perché, almeno a parer mio, Tenebre non è una delle opere migliori di Dario Argento, di cui preferisco altri film, almeno a livello di trama. Lasciando perdere il twist, sul quale si potrebbero fare le pulci per ore relativamente a tempistiche e spostamenti vari, Tenebre è l'espressione cinematografica con cui Argento ha cercato di esorcizzare il terrore provocatogli dalle minacce di un vero stalker, oltre a ricusare con cupa ironia le accuse di misoginia che gli aveva fatto piovere addosso la critica, e ripete ossessivamente sequenze in cui una mano sconosciuta massacra donne prive di legami tra loro. Il whodunnit entra in campo a metà film, quando finalmente il protagonista decide di indagare, invece di aspettare passivo come se la cosa non lo riguardasse (il killer sta seguendo la trama del tuo libro, insomma!!), ma in quel momento i personaggi rimasti sono un po' pochini per poter venire sviati, e Argento, anche sceneggiatore, ricorre a mezzucci scorretti per instillare dubbi (un esempio su tutti, la telefonata tra Anne e Jane, anche se, in generale, il personaggio della ex di Peter per me è forzato in generale). Altra cosa che rallenta, sempre a mio avviso, il ritmo del film, è una generale impressione di "spaesamento" che sembra affliggere tutti i protagonisti, spesso persi in silenziose riflessioni o sogni ad occhi aperti; d'altra parte, questo isolamento, anche fisico (il regista ha dichiarato che Tenebre è ambientato in un futuro prossimo in cui la popolazione è diminuita), prelude a una maggiore angoscia nell'attesa che l'assassino colpisca e contribuisce alla bellezza degli omicidi presenti nel film.


Dal punto di vista della messa in scena, infatti, ho trovato Tenebre un'ottima espressione della creatività e della cura che Argento metteva, decenni fa, nella regia dei suoi film. Intanto, Tenebre ha una fotografia nitidissima e molto luminosa; la maggior parte dei delitti avviene alla luce del giorno e, anche quando avvengono in interni oppure di notte, non ci sono quasi ombre e le immagini sono chiare e dettagliate. Le sequenze che mi hanno colpita maggiormente sono l'omicidio di John Saxon, girato nella piazza assolata del Centro commerciale Le Terrazze di Roma, mentre attorno all'attore si svolgono almeno tre micro-storie di ordinaria vita quotidiana, e l'incredibile panoarmica realizzata con la camera crane che precede l'omicidio di Tilde e della sua compagna. Questa, in particolare, potrebbe essere una di quelle sequenze in grado di respingere uno spettatore ai nostri giorni, perché "è lunga e non succede nulla"; in realtà, è un modo per rappresentare la falsa sicurezza instillata da un condominio o da una casa, dà l'impressione che il killer, come una presenza sovrannaturale che tutto vede, cerchi meticolosamente un punto debole da cui penetrare nella vita delle sue vittime, fa crollare ogni illusoria certezza. E' notevole anche la sequenza del dobermann (probabilmente l'origine di tutte le false credenze su questa povera razza di cani), incalzante e ansiogena, e ho apprezzato molto anche le architetture di un paio di appartamenti, sempre zeppi di vetri e finestrone come piace ad Argento, e alcuni complementi di arredo utili solo per fungere da arma impropria, come quello che impala il killer sul finale. Per quanto riguarda la colonna sonora, a 15 anni mi sono ascoltata in loop, per mesi, il tema portante di Tenebre, con quel "paura" campionato e distorto che si ripete a ritmo di musica, quindi ho avuto una botta di nostalgia terribile, riguardando il film, adorando ogni singolo momento in cui viene utilizzato il brano. In definitiva, non so ancora se ho azzeccato il tema di oggi, con Tenebre, ma sono comunque contenta di averlo rivisto, perché con tutti i suoi difetti è ancora una valida espressione dell'abilità ormai perduta di Dario Argento.  


Del regista e sceneggiatore Dario Argento ho già parlato QUI. John Saxon (Bullmer) e Daria Nicolodi (Anne) li trovate invece ai rispettivi link.

Giuliano Gemma interpreta il Capitano Germani. Nato a Roma, lo ricordo per film come Il gattopardo, Angelica, La meravigliosa Angelica, Una pistola per Ringo, Anche gli angeli mangiano fagioli, Il deserto dei tartari e Tex e il signore degli abissi. E' morto nel 2013.


Veronica Lario
, che interpreta Jane McKerrow, sarebbe diventata nel 1990 la seconda moglie di Berlusconi; altra persona diventata molto famosa negli anni '90 è Eva Robin's (la quale all'epoca dava "scandalo" in quanto nata uomo), che qui interpreta la ragazza sulla spiaggia, presente nei ricordi dell'assassino. Se Tenebre vi fosse piaciuto recuperate Profondo Rosso, L'uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e 4 mosche di velluto grigio. ENJOY!

giovedì 2 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 2: I vivi e i morti (1960)

La Nuovi Incubi Horror Challenge di oggi è dedicata Roger Corman e, per l'occasione, ho scelto I vivi e i morti (House of Usher), diretto dal regista nel 1960.


Trama: Philip Winthrop si reca a casa della ragazza di cui è innamorato, Madeline Usher, per chiederle di sposarlo. Lì conosce il fratello di Madeline, Roderick, uomo nevrotico e convinto che la famiglia sia vittima di una terribile maledizione...


Erano tantissimi anni, almeno 20, che non guardavo un gotico diretto da Corman. All'epoca ricordavo per filo e per segno l'origine delle numerose incursioni cormaniane nella letteratura di Edgar Allan Poe, e ne avevo viste anche parecchie, ma ora sono vittima di una spaventosa ignoranza di ritorno causata dall'impossibilità di leggere e documentarmi, quindi per un approfondimento più ampio vi rimando QUI. I vivi e i morti, titolo italiano che poco c'entra con l'originale House of Usher è, appunto, molto liberamente tratto dal racconto di Poe, La caduta della casa degli Usher, adattato per lo schermo da Richard Matheson. Il film conferisce un background al protagonista senza nome del racconto, e quest'ultimo viene asciugato da orpelli, libri "triggeranti" e suggestioni misteriose, insomma va all'osso della vicenda e ci mette anche parecchio del suo. In primis, Matheson introduce un conflitto tra Winthrop e Roderick, imperniato sulla sorella di quest'ultimo, Madeline. Winthrop si è invaghito di lei a Boston e si reca alla casa degli Usher per chiederla in sposa. Arrivato lì, trova una donna ben diversa da quella allegra e solare che ricordava; cupa e terrorizzata dalla certezza di una morte imminente, l'animo di Madeline echeggia le paturnie del fratello Roderick, il quale vuole impedire in tutti i modi a Winthrop di farsi una famiglia con la sorella, convinto che gli Usher siano portatori di una maledizione destinata a concludersi proprio con loro due. Questa evoluzione della trama cambia anche le carte in tavola per quanto riguarda la sepoltura di Madeline, pronta per diventare l'anticamera della scena più scioccante del film, e la natura di Roderick, più affine a quella di un mostro, nonostante i modi eleganti e malinconici che lo caratterizzano. Non più osservatore esterno, Winthrop diventa invece l'eroe che dovrebbe salvare l'amata, il che accresce il pathos, il coinvolgimento dello spettatore ed estremizza quegli elementi melodrammatici che vengono richiamati anche dalla recitazione degli attori, in particolare di Vincent Price


Senza baffo e coi capelli ossigenati, Sir Vincent, già all'epoca molto famoso, si adopera per accrescere ulteriormente la sua nomea di icona dell'horror, e dà vita a un personaggio più ambiguo del solito. Roderick, infatti, è di sicuro ben poco gradevole, soprattutto verso il finale, ma Vincent Price lo interpreta con la nota dolente e malinconica di chi non agisce per cattiveria o follia (almeno, non consapevolmente), quanto piuttosto per una triste, calma rassegnazione, ed è quindi difficile odiare il protagonista, anche di fronte ai suoi gesti inqualificabili. Certo, quel guizzo beffardo e ironico nello sguardo che si coglie talvolta potrebbe anche sbugiardarmi, ma anche questo rende Price semplicemente irresistibile. Con tutto il rispetto per i tre attori che dividono la scena con lui, davanti a Vincent Price ogni altra cosa scompare, salvo ovviamente l'altro aspetto del film che, nel tempo, si è codificato fino a diventare uno stile ben riconoscibile, ovvero la regia di Corman e la sua ferma decisione di andare oltre il budget ridicolo del cinema di consumo dell'epoca e girare l'equivalente horror di un colossal. Spinto dall'ambizione di realizzare qualcosa di paragonabile ai contemporanei gotici della Hammer, Corman presta particolare attenzione alle scenografie sontuose, alla desolazione dei set esterni, all'ampia gamma di colori vividi (soprattutto i rossi) concessi da un glorioso technicolor. Conseguenza di ciò è che I vivi e i morti, ancora oggi, risulta incredibilmente ricco ed elegante, ma non solo. Il contrasto tra gli arredi opulenti e i cupi sotterranei pieni di tombe e ragnatele, che diventano ancora più spaventosi quando deformati dal filtro onirico dell'incubo di Winthrop, rispecchiano la decadenza di una famiglia ricca ma afflitta da un misterioso morbo che, lentamente, la sta portando alla rovina; il tutto, inoltre, viene reso ancora più weird dai favolosi quadri di Burt Shonberg, che catturano l'occhio coi loro colori malati e lo sguardo demoniaco dei membri degli Usher ritratti. Se non vi è mai capitato di vedere il film, dovreste poterlo trovare ancora su Prime Video, sia in inglese che in italiano. E' un ottimo modo per introdursi alle opere più famose di un regista che ha dato moltissimo all'horror! 


Di Vincent Price, che interpreta Roderick Usher, ho già parlato QUI.

Roger Corman è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come La piccola bottega degli orrori, Il pozzo e il pendolo, Sepolto vivo, I racconti del terrore, I maghi del terrore, La vergine di cera, L'uomo dagli occhi a raggi X, La maschera della morte rossa, La tomba di Ligeia Frankenstein oltre le frontiere del tempo. Anche produttore, attore e sceneggiatore, è morto l'anno scorso, a 98 anni.


Se I vivi e i morti vi fosse piaciuto, recuperate i titolo seguenti realizzati da Corman e tratti dalle opere di Poe: Il pozzo e il pendolo, Sepolto vivo, I racconti del terrore, I maghi del terrore, La città dei mostri, La maschera della morte rossa e La tomba di Ligeia. ENJOY!