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venerdì 28 marzo 2025

2025 Horror Challenge: Body Bags (1993)

La challenge horror oggi ha come tema "film per la TV". La scelta è caduta su Body Bags - Corpi estranei (Body Bags), diretto dai registi John Carpenter e Tobe Hooper nel 1993.


Body Bags
è un po' un cheat, nel senso che era nato come serie antologica per la televisione, ma è diventato un film quando l'emittente Showtime ha deciso di sospendere il progetto. Di un'intera serie sono rimasti dunque tre episodi e una cornice assai simile, per atmosfere e stile, agli intermezzi de I racconti della cripta, dove un "narratore" dall'umorismo assai macabro introduceva l'episodio settimanale. Il narratore, in questo caso, è quello delle grandi occasioni, perché proprio John Carpenter, nei panni di un coroner dedito al consumo di formalina e ben poco schifato dai cadaveri che lo circondano, funge da anfitrione all'interno della cornice del film. Le singole storie esplorano ognuna un sottogenere dell'horror: la prima, The Gas Station, è uno slasher, la seconda, Hair, una commedia nera  virata sui toni surreali alla Twilight Zone, e l'ultima, Eye, un body horror sovrannaturale. Ma andiamo con ordine. The Gas Station, diretto da John Carpenter, è un classico slasher urbano in cui una ragazza, sola in un luogo isolato, è costretta ad affrontare uno spietato killer che cerca di assassinarla, dopo essere stata "snervata" da una serie di incontri con diversi casi umani (il più inquietante dei quali ha il volto di un Wes Craven abbastanza irriconoscibile) e alcune piccole sventure "da distrazione". Un film abbastanza recente, Open 24 Hours, deve moltissimo a The Gas Station, che è un manuale condensato di elementi thriller capace di tenere con il fiato sospeso lo spettatore e, nonostante la sua breve durata, di piazzare anche un plot twist angosciante. Come aperitivo, per così dire, non mi è dispiaciuto, anzi. In tutta onestà, ero tesa come una corda di violino durante la visione.


Più sciocchino e divertente è invece Hair che, come da titolo, parla di capelli. Per citare Elio, quelli del protagonista "sono andati via e non torneranno mai", il che è causa di profondo sconforto, talmente profondo da intaccare persino quella che sembrerebbe una relazione ben avviata. In quanto dotata, al momento almeno, di capelli folti e spessi, il tormento del protagonista e la sua folle vanità mi hanno indotta a ridere spesso, più che a compatirlo, e in effetti l'esilarante interpretazione di Stacy Keach (affiancato da un paio di caratteristi d'eccezione, tra i quali la sempre sexyssima Deborah Harris) accentua la natura grottesca della minaccia horror che gli grava sulla capoccia pelata, una volta fatto ricorso a un "prodigio della tecnica frutto di ricerche e sperimentazioni che ci aiutano nel look". A livello di paura ed effetti speciali (un pochino ridicoli, a differenza di un make-up di prim'ordine) c'è da dire che Hair è l'episodio più debole dei tre, nonostante la regia di Carpenter, ma ha comunque delle implicazioni abbastanza disgustosette per riuscire a strappare qualche brivido, magari agli spettatori meno scafati.


Si torna a fare sul serio con Eye, episodio diretto da un Tobe Hooper in ottima forma (se penso che quell'abominio de Le notti proibite del Marchese De Sade è dello stesso anno di Body Bags mi sento male). Il segmento inizia con una mutilazione terrificante, sbattuta in faccia allo spettatore con degli effetti speciali ottimi, e continua con visioni agghiaccianti che portano lentamente alla follia il giocatore di baseball professionista interpretato da Mark Hamill. Eye è più lungo degli altri due episodi, quindi gli sceneggiatori hanno un po'più di respiro nel dare un minimo di background all'orrore che stravolge la vita di Brent e tratteggiare i protagonisti, il rapporto che intercorre tra Brent e la moglie Cathy e, soprattutto, la loro natura profondamente religiosa; la Bibbia, in particolare, diventa sia veicolo per una rapida follia, sia ultima fonte di salvezza, almeno parziale, perché il tono di Eye è cupo, disperato e tremendamente serio, a differenza dei due episodi che lo hanno preceduto. Un vero peccato che Hooper non si sia tenuto un po' di ispirazione per i successivi lungometraggi della sua carriera, ahimé.


Riassumendo, Body Bags è un piacevolissimo figlio del suo tempo, un horroraccio senza troppe pretese né chissà quali particolarità, salvo l'essere pieno zeppo di belle facce adorate dagli amanti del genere. Non incute particolare paura, soprattutto quando traspare la natura televisiva di un'opera che, in particolare per quanto riguarda Carpenter (si dice che l'estenuante processo di make-up per trasformarlo nel coroner gli abbia fatto passare ogni velleità, ma visto il modo in cui gigioneggia sullo schermo, a me sembra si sia anche divertito!), è sicuramente stata vissuta dai registi come un divertissement e un mezzo per rilassarsi nell'attesa di progetti più seri, ma ho visto cose ben peggiori. Body Bags è l'espressione di una scena horror vivace e divertita, un film "brutto" con il suo perché, un piccolo baluardo di ciò che il nuovo millennio, di lì a poco, avrebbe spazzato via. Agli amici di Notte Horror che dovessero leggere il post, lo consiglio in particolare per l'annuale rassegna estiva, nel caso non lo avessero mai visto o non ne abbiano mai parlato sul blog. Chi non ha idea di cosa stia parlando ma volesse comunque passare una serata non troppo impegnativa davanti alla TV, può trovarlo su Prime Video


Dei registi John Carpenter (che ha diretto gli episodi "The Gas Station" e "Hair", oltre a partecipare come Coroner) e Tobe Hooper (che ha diretto l'episodio "Eye" e compare come medico dell'obitorio) li trovate ai rispettivi link, come anche Tom Arnold (medico dell'obitorio), Robert Carradine (Bill), Wes Craven (Uomo pallido), Peter Jason (Uomo alla pompa di benzina), Sam Raimi (il cadavere di Bill), David Naughton (Pete), George 'Buck' Flower (Straniero), David Warner (Dr. Lock), Deborah Harry (l'infermiera), Mark Hamill (Brent Matthews) e Charles Napier (Manager della squadra di baseball).  

Stacy Keach interpreta Richard Coberts. Americano, ha partecipato a film come Classe 1999, Fuga da Los Angeles, American History X, Children of the Corn 666 - Il ritorno di Isaac, Machete, Sin City - Una donna per cui uccidere, Cell, Gotti - Il primo padrino e a serie quali L'ispettore Tibbs, Oltre i limiti, Will & Grace, E.R. Medici in prima linea e Due uomini e mezzo. Come doppiatore, ha lavorato in Rugrats e I Simpson. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 84 anni e un film in uscita. 


Tra le varie guest star segnalo la presenza di Greg Nicotero (l'uomo col cane nell'episodio Hair), la modella Twiggy (Cathy Matthews nell'episodio The Eye) e il regista Roger Corman (Dr. Bregman). A Clive Barker era stato chiesto di partecipare, ma ha rinunciato per impegni pregressi. Se Body Bags vi fosse piaciuto, recuperate Creepshow, Creepshow 2 e I delitti del gatto nero. ENJOY 

martedì 12 luglio 2022

Notte Horror 2022: Dovevi essere morta (1986)


Buona sera a tutti quelli che sono arrivati qui dopo l'ottimo antipasto servito da Arwen. Il titolo da me scelto come secondo appuntamento della Notte Horror odierna è una sorta di nomen omen, visto il caldo devastante che mi ha annullato le funzioni vitali: Dovevi essere morta (Deadly Friend), diretto nel 1986 dal regista Wes Craven e tratto dal romanzo Friend di Diana Henstell.


Trama: Paul è un ragazzo geniale che, dopo essersi trasferito in una casa nuova con la madre e il robot da lui creato, BB, fa amicizia con Samantha, la quale è costretta a subire le sevizie di un padre violento. Tra i due ragazzi nasce un tenero sentimento, ma la tragedia è dietro l'angolo...


Per me, Dovevi essere morta nasce prima come collage di scene truci raccontate dagli amici più grandi, intorno ai primissimi anni '90, e solo in seguito come film, quando ho cominciato a registrare tutto quello che veniva programmato su Notte Horror. Forse è per questo motivo, o forse perché la sequenza in questione è davvero impressionante, che ho marchiata a fuoco nel cervello, da anni, la fine ingloriosa della maledetta Elvira per mano di pallone da basket (una roba che continua a mettermi ansia, tanto che ho avuto difficoltà a dormire anche a 41 anni suonati, ché provateci voi a farlo tenendo il lenzuolo sulla testa perché "non è che ho paura di Samantha, naah!, avevo solo voglia di fare una sauna!"); in generale, comunque, Dovevi essere morta mi aveva fatto così paura, in quella scena e durante il terrificante finale, che per esorcizzare il tutto avevo anche inciso su cassetta la "BB song" che si sente durante i titoli di coda. Pensate com'ero scema: la sentivo iniziare, mi ca*avo in mano, e mandavo avanti il nastro, soprattutto se ero sola in casa. Nonostante questa "passione", è passato tantissimo tempo dall'ultima volta che ho visto Dovevi essere morta e, con l'arrivo di internet, non solo hanno cominciato a comparirmi sotto gli occhi articoli sempre meno lusinghieri sul film in questione ma ho avuto anche la fortuna di leggere Friend, che ha delle atmosfere talmente cupe, tristi e rivoltanti, oltre a dei personaggi più che tridimensionali, da lasciarmi a mia volta perplessa sulla bontà dell'operazione di Craven (il romanzo, per la cronaca, lo trovate sul Kindle Store a UN euro, ma è solo in lingua inglese: continuo a ripetere quello che ho scritto QUI, mi offro di tradurlo, spargete la voce a qualche editore illuminato e coronate il mio sogno di lavorare come traduttrice, grazie!).


In effetti, visto oggi, con quel minimo di senso critico che a 14/15 anni mi mancava, Dovevi essere morta è un pasticcio. Craven e lo sceneggiatore Bruce Joel Rubin erano partiti con l'idea di realizzare un thriller PG-rated con elementi sci-fi e sovrannaturali, imperniato sì sulla macabra storia d'amore tra Paul e Sam, ma soprattutto sulla natura estremamente negativa di quegli adulti che avrebbero dovuto amarli e proteggerli. Di questa visione, oltre alla presenza di BB e alla resurrezione di Sam, in Dovevi essere morta è rimasta solo la cattiveria del padre di Sam e della vecchia Elvira (nel libro la madre di Paul non è in grado di amarlo anche se vorrebbe, nel film abbiamo a che fare con una donna clueless ma comprensiva), mentre il sentimento totalizzante tra Paul e Sam, che nella storia originale raggiunge i livelli di un'ossessione a causa dell'orribile solitudine che provano entrambi i protagonisti, si è affievolito fino a diventare una tenera amicizia ulteriormente distrutta da un montaggio che l'ha ridotta a pochi momenti spezzettati. Tutte le parti gore presenti nel film, che in seguito sono state a loro volta tagliate e ridotte per ottenere un R rating, sono state volute dai produttori dopo avere scoperto la fama di violento regista horror di Wes Craven, con sommo scorno del nostro che, per una volta, voleva fare un film senza maniaci, senza sangue, senza sogni terrificanti; cosa ancora più "divertente", quel finale che da ragazzina mi aveva terrorizzata è stato appiccicato con lo sputo dall'allora presidente della Warner Bros., e fa a pugni con tutto ciò che viene mostrato in precedenza sul legame che avrebbe dovuto intercorrere tra Sam e Paul. 


Il risultato di questo delirio di tagli e rimaneggiamenti è che, fondamentalmente, allo spettatore arriva a non fregare nulla né di Sam né di Paul, soprattutto quando il rapporto tra i due diventa quello tra padrone perplesso e cagnolino disobbediente, e purtroppo ciò che premeva a Craven è stato ridotto ad una noiosa appendice tra un'omicidio e l'altro. Lo stesso robot BB (o, se preferite, Johnny 5 di Corto Circuito, film che adesso ho una voglia matta di riguardare) è mal sfruttato, nella misura in cui la reazione di Paul alla sua dipartita, dopo trenta secondi di disperazione assoluta, pare quasi di menefreghismo che scompare giusto nel momento in cui al ragazzo serve l'aiuto di Tom per tentare di salvare Sam; non a caso, prima della scomparsa di BB il film somiglia parecchio, salvo l'incubo imposto di Sam, all'idea originale del regista, dopodiché si comincia la rincorsa all'horror fine a se stesso e del legame tra personaggi non importa più nulla a nessuno, importano solo le tre sequenze in cui le vittime subiscono una morte orribile (per quanto giusta, almeno le prime due) e il tripudio di effetti speciali splatter che risultano ottimi ancora oggi. Personalmente, non mi è dispiaciuta nemmeno l'interpretazione dell'allora esordiente Kristy Swanson, che spicca su un cast non proprio brillantissimo o memorabile; nonostante il trucco che si potrebbe definire indegno di un brutto cosplay di zombi, le sue movenze robotiche sono inquietanti e lo stesso vale per lo sguardo vuoto e feroce che rifila ai malcapitati bersagli della sua inevitabile vendetta. Insomma, non parliamo del film più bello di Craven, anzi, diciamo che Dovevi essere morta è uno dei suoi passi falsi peggiori, ma con tutto il bagaglio di ricordi che il film si porta dietro non posso volergli male al 100%, anche perché altrimenti rischierei di dovermela vedere con Samantha!


Del regista Wes Craven ho già parlato QUI mentre Anne Ramsey, che interpreta Elvira, la trovate QUA. 

Kristy Swanson interpreta Samantha. Americana, la ricordo per film come Hot Shots!, Buffy l'ammazza vampiri, Sesso e fuga con l'ostaggio e serie quali Alfred Hitchcock presenta, Genitori in blue jeans e CSI: Miami. Anche produttrice, ha 53 anni.


Matthew Labyorteaux, che interpreta Paul, si è in seguito dato al doppiaggio di cartoni animati e videogiochi e, a proposito di doppiaggio, la voce di Charles Fleischer accomuna il robot BB a Roger Rabbit! ENJOY!

Se volete continuare la Notte Horror nelle prossime settimane, di seguito trovate i link ai post di chi ha partecipato prima di me e il Bannerone col resto degli appuntamenti!

La Bara Volante - American Mary (se siete curiosi, ne ho parlato anch'io QUI)
Il Zinefilo - Darkman (se siete curiosi, ne ho parlato anch'io QUI)



venerdì 14 gennaio 2022

Scream 4 (2011)

Siccome ieri è uscito Scream 5 (con un po' di fortuna dovrei andarlo a vedere lunedì!), dopo la bellezza di 11 anni ho deciso di recuperare Scream 4, diretto nel 2011 dal regista Wes Craven, così da completare, finalmente, la quadrilogia.


Trama: quando Sidney Prescott torna a Woodsboro per presentare il suo libro, un nuovo Ghostface comincia ad uccidere gli abitanti della cittadina...


Nell'aprile del 2011 scrivevo questo: "Speravo di poter andare a vedere Scream 4 durante la prima settimana di uscita, ma siccome dalle mie parti hanno preferito sacrificarlo per fare spazio a quella vacca di Bélen e al suo ridicolo film, ho dovuto sopperire con Limitless". Ecco quindi spiegato il motivo per cui non avevo guardato Scream 4 al cinema, ma ciò non spiega perché non lo abbia recuperato per 11 anni; ho un vago ricordo di avere cominciato a guardarlo su qualche sito tipo Megavideo (che nostalgia!) decenni fa ma di avere poi desistito, probabilmente a causa della scarsa qualità della copia, e boh, probabilmente sarà finito nel dimenticatoio, complice anche la mia scarsa opinione su Scream 3 (sto riguardando anche la trilogia originale, nel frattempo, ma se Scream l'avrò visto almeno una ventina di volte nel corso degli anni, i capitoli successivi si saranno fermati a un paio di visioni) ma ora che, dopo altri 10 anni, è uscito il quinto episodio della saga, non potevo esimermi. Ed è stato un bel recupero, contrariamente alle aspettative. Tornare a Woodsboro, nonostante sia una delle cittadine fittizie più pericolose d'America, è un po' come tornare a casa e ritrovare dei vecchi amici. Anche Sidney, per l'appunto, torna a casa, e il suo percorso di "recupero" da tutti gli orrori della giovinezza si è concretizzato in un libro di autoaffermazione, che lei pensa possa portare speranza e coraggio a tutti quelli che si trovano in situazioni simili alle sue; purtroppo, se Sidney tenta di rifarsi una vita tenendo i piedi piantati in terra e guardando alla realtà, nell'oscurità si nasconde chi continua a preferire la finzione e l'orrore, chi vede ciò che lo circonda attraverso il pericoloso filtro di "trame" e "regia" e, nell'epoca di Facebook e Youtube, è consapevole di poter sfruttare la spettacolarizzazione della morte per poter assurgere a fama imperitura. Scream 4 fa molta leva su sulla leggenda venutasi a creare (già nel secondo film, in effetti) attorno ai veri omicidi di Woodsboro e gioca con lo spettatore sul cortocircuito di vedere personaggi che guardano una serie di film tratti dagli eventi "reali" descritti all'interno di altri film, tra rimandi alla trilogia di Scream, ai fittizi Stab e ad altri mille horror moderni usciti nel frattempo. 


E' un film, inoltre, che mette sullo stesso piano i fan della prima trilogia e il trio di sopravvissuti, ovvero Sidney, Gale e Linus, e lo fa sottolineando in maniera anche spietata il tempo passato, non solo in senso anagrafico ma anche a livello di generi horror, di tecnologie, di "stile". Personalmente, mi sono sentita vecchissima guardando Scream 4 (nel mio caso la sensazione si è acuita perché le nuove starlette utilizzate per il passaggio generazionale hanno a loro volta ormai fatto il loro tempo, come Hayden Panettiere, oppure sono diventate nuove icone dell'horror, come Emma Roberts, che qui sembra davvero un bambina) e anche i tre protagonisti "anziani" mi sono parsi spersi, condannati a rincorrere un killer senza davvero capirlo e spesso a fare da spettatori impotenti, perché nel frattempo le regole sono cambiate e se è vero che "la prima regola del remake è che non si cambia l'originale", è anche vero che "l'inaspettato è il nuovo cliché" ed è difficile per chi è rimasto ancorato al tipo di horror à la Randy trovare motivi, schemi e regole all'interno di una realtà nuova e ciò vale non solo per il Cinema ma anche per la società. Anche per questo, Scream 4 è un film che andrebbe rivisto più volte per poterne cogliere al meglio tutte le sfumature, i piccoli indizi, l'ironia dei depistaggi, persino le sbavature e le speranze riposte all'interno di una sceneggiatura rimaneggiata e destinata a non avere un seguito a causa del flop al botteghino del film e, soprattutto, della morte di Wes Craven, che qui regala ai suoi fan un'ultima, sanguinosissima pellicola, con un cuore amaro e malinconico perfettamente percepibile al di là dell'ironia dei dialoghi, parecchie spanne sopra il deludente (almeno per me) Scream 3. Certo, a me si spezza il cuore non solo all'idea che Craven non abbia più firmato alcuna regia, ma anche a vedere messe su schermo (anche in maniera spietata, diciamolo) tutte le crepe del matrimonio tra la Cox e Arquette, separatisi alla fine delle riprese, e ammetto che l'idea di rivedere entrambi in Scream 5, a rischio di perdere o Gale o, soprattutto, il mio adorato Linus, mi uccide. Spero di non dover mettermi a piangere in sala, ché già in casa, guardando Scream 4, avevo le lacrime agli occhi! 


Del regista Wes Craven ho già parlato QUI. Lucy Hale (Sherrie), Anna Paquin (Rachel), Kristen Bell (Chloe), Britt Robertson (Marnie Cooper), Neve Campbell (Sidney Prescott), Alison Brie (Rebecca Walters), David Arquette (Dewey/Linus Riley), Courteney Cox (Gale Weathers-Riley), Emma Roberts (Jill Roberts), Marley Shelton (Vicesceriffo Judy Hicks), Rory Culkin (Charlie Walker), Anthony Anderson (Agente Perkins) e Adam Brody (Agente Hoss) li trovate invece ai rispettivi link.

Hayden Panettiere interpreta Kirby Reed. Americana, famosa all'epoca per il ruolo di Claire Bennet nella serie Heroes, la ricordo per altre serie quali ... E vissero infelici per sempre, Ally McBeal e Malcom; come doppiatrice ha lavorato in A Bug's Life - Megaminimondo, Robot Chicken e American Dad!. Anche produttrice, ha 33 anni.   


Scream 4
avrebbe dovuto essere seguito da un quinto film, dove si sarebbe scoperto che Kirby è sopravvissuta, ma la morte di Wes Craven e il reboot in forma di serie TV hanno cancellato ogni progetto. Nell'attesa di vedere Scream 5, ovviamente, recuperate i primi tre film e magari anche la serie prodotta da MTV, che non era affatto male. ENJOY!

venerdì 18 settembre 2015

Wes Craven Day: Il serpente e l'arcobaleno (1988)



Il giorno stesso in cui è venuto a mancare Wes Craven ho chiesto al solito gruppetto di Blogger di organizzare un Day per commemorarlo e le adesioni sono state subito tantissime, a dimostrazione di quanto fosse amato lo zio Wes. Ho così colto la triste occasione per riguardare, dopo più di 10 anni, Il serpente e l’arcobaleno (The Serpent and the Rainbow), tratto dall’omonimo libro dell’etnobotanico Wade Davis, che all’epoca non avevo affatto apprezzato.


Trama: l’etnobotanico ed antropologo Dennis Alan si reca ad Haiti, su invito di un’azienda farmaceutica, per studiare il caso di un uomo morto sette anni prima e tornato in vita come zombi. Alan scoprirà tuttavia che curiosare tra le polveri e le leggende haitiane può essere estremamente pericoloso…



E’ proprio vero che i gusti cambiano ogni 10 anni. De Il serpente e l’arcobaleno mi aveva attirata all’epoca la spettrale locandina con un Bill Pullman più vampiro che zombi e un terrificante trailer che passava spesso in TV di cui ricordo alberi e, per l’appunto, un serpente. La visione mi aveva lasciata però totalmente insoddisfatta perché gli  zombi che mi aspettavo erano quelli della tradizione romeriana, non certo degli uomini di colore dall’aspetto un po’ trasandato e privi della tipica brama di carne umana. L’altra sera invece mi sono messa lì, satura di horror banali come solo chi ne guarda da 20 anni può essere, e mi è scesa di nuovo una lacrima al pensiero di come Wes Craven, prima di morire “fisicamente” di cancro, fosse già stato ucciso da spettatori stupidi come la sottoscritta, quel genere di pubblico che condanna film come Il serpente e l’arcobaleno ad essere un inevitabile insuccesso commerciale e spinge gli Autori, per non morire di fame, a piegarsi alle regole del business e girare della merda per ragazzini. Il serpente e l’arcobaleno è una pellicola particolare e coraggiosa, un horror nato nientemeno che da un trattato scientifico sulle sostanze velenose impiegate dai cosiddetti stregoni vodoo haitiani per creare degli zombi (laddove, ovviamente, per zombi si intende persone spinte in uno stato di coma assai simile alla morte, “resuscitate” e poi rese docili e prive di volontà da altre sostanze psicotrope). Partendo dal trattato di Wade Davis, il film di Craven ricama una favola nera che affonda le radici nelle credenze superstiziose della misteriosa Haiti, dove il confine tra suggestione mentale e magia è talmente sottile da essere quasi inesistente, e anche nell’attualità; è palese infatti che la condizione dello zombi e di tutti coloro a cui è stata rubata l’anima dal malvagio capo dei Tonton Macoute è la stessa in cui versavano gli haitiani alla fine degli anni ’80, vessati dalla dittatura di Bebé Doc Duvalier, ed è emblematico che la sconfitta del “cattivo” vada di pari passo con l’esilio del dittatore e la conseguente esplosione di gioia della popolazione (in realtà il film è stato girato in parte nella Repubblica Dominicana proprio a causa delle sommosse popolari haitiane, che avrebbero reso impossibile garantire la sicurezza della troupe). L’horror come specchio della realtà dunque, con l’angosciante tristezza di una persona consapevole di essere stata privata dell’anima e della libertà, costretta a camminare nella terra del Serpente senza poter raggiungere l’Arcobaleno.


Craven è già pienamente conscio della tragedia e dell’orrore insiti in questa condizione ed è per questo che non calca la mano con splatter o scene vietate ai minori, non ne ha bisogno: sangue e viscere sono orpelli con cui si divertono i ragazzini, l’horror adulto parla attraverso suggestioni, sguardi e “idee”. L’idea di venire sepolto vivo per esempio, con un muto terrore racchiuso nella lacrima di Christoph all’inizio, oppure il tremendo e allucinato sguardo del bokor Peytraud, un Zakes Mokae talmente inquietante che se me lo trovassi davanti scapperei a gambe levate (cosa che, effettivamente, il protagonista ad un certo punto fa). Però Haiti è anche magia, terra dei sogni e degli incubi voodoo e sappiamo tutti che Craven in questo campo è maestro. Fin dall’inizio, quindi, Il serpente e l’arcobaleno è impreziosito da una serie di sequenze oniriche che si alternano senza soluzione di continuità alle riprese “reali”  tanto che è spesso difficile capire quando finiscano le une e comincino le altre; tra le più efficaci rientrano sicuramente quella in cui Bill Pullman scopre il suo totem animale (ho adorato la tipica “incertezza” dei sogni più belli, quelli in cui gioia e terrore si compensano e si fondono) e quella terribile ed angosciante in cui il protagonista viene sepolto vivo e ricoperto da un mare di sangue prima di risvegliarsi e capire che l'incubo è appena iniziato. Non di soli sogni vive l'uomo però e, nonostante queste incursioni nell'horror, è anche vero che Craven utilizza spesso una regia documentaristica, soprattutto nelle sequenze che riguardano funerali e processioni, tanto da spingere lo spettatore a chiedersi se davvero quella che ha davanti è una semplice messinscena oppure il regista si è nascosto per riprendere delle cerimonie realmente esistite. Insomma, Il serpente e l'arcobaleno è un film atipico ma sicuramente non da sottovalutare, né da considerare come un'opera minore del regista: forse è un po' ingenuo sul finale, che ricorda tanto Grosso guaio a Chinatown, ma in generale è una visione interessante e consigliatissima!

Wes Craven è stato spesso ospite del Bollalmanacco. Ecco i film di cui ho parlato:

L'ultima casa a sinistra (1972)


Le colline hanno gli occhi (1977)


La casa nera (1991)


Scream 1, 2 e 3 (1996 - 2000)


My Soul to Take - Il cacciatore di anime (2010)


E se ancora, come spero, non vi basta, ecco gli altri blog che oggi hanno celebrato il buon Wes Craven:

Non c'è paragone - La casa nera
Mari's Red Room - L'ultima casa a sinistra
Scrivenny - Scream
Combinazione casuale - Nightmare - Dal profondo della notte
Non c'è paragone - La casa nera
WhiteRussian - Red Eye
Cinquecento Film Insieme - Scream 3 e 4
Pensieri Cannibali - Nightmare - Nuovo incubo
In Central Perk - Nightmare - Dal profondo della notte
Il Zinefilo - Dovevi essere morta
Montecristo - L'ultima casa a sinistra
Director's Cult - La casa nera

Immancabile e doveroso l'omaggio de Il giorno degli zombi: visto che in quasi ogni post di Lucia viene citato Wes è palese che gli voleva bene più di tutti noi quindi cercate anche le recensioni dedicate ai suoi film!! :)

mercoledì 9 settembre 2015

L'ultima casa a sinistra (1972)

La notizia della morte di Wes Craven mi ha colpita come un fulmine proprio pochi giorni fa. La sera ho deciso di rendergli omaggio riguardando dopo anni L'ultima casa a sinistra (The Last House on the Left), il primo film da lui scritto e diretto nel 1972.


Trama: cercando marijuana per sballarsi prima di un concerto, le giovani Mari e Phyllis finiscono nelle mani di un quartetto di evasi psicopatici che cominciano a seviziarle...


Per rispetto della memoria dei morti, ché tanto lui ora lo sa e non posso nasconderglielo, devo confessare che la prima volta che ho visto L'ultima casa a sinistra mi sono addormentata. Chissà cosa diamine mi aspettavo da un film che avevo letto essere un terribile video nasty, censurato e vietato in una miriade di paesi, fatto letteralmente a pezzi per poter essere distribuito ed ottenere un R-Rating. D'altronde, non avevo nemmeno 20 anni e per me essere sconvolta da un horror voleva ancora dire viscere, sangue e violenza in bella vista quindi la messa in scena anni '70 di Craven, rozza e inframmezzata da siparietti comici, mi aveva toccata davvero poco; c'erano troppi dialoghi, troppi inseguimenti, troppo lasciato all'immaginazione, persino le musiche mi erano sembrate sbagliate. Insomma, il mio cervello era zeppo di preconcetti, aspettative e Crassa ignoranza. Riguardandolo ora, col groppo in gola pensando allo zio Wes, mi chiedo come avessi potuto essere così superficiale all'epoca. L'ultima casa a sinistra è un Orrore con la O maiuscola, una pellicola incredibilmente lucida e altrettanto spietata, un modo sicuramente rozzo ma anche molto efficace di aprire gli occhi agli americani babbaloni e sviscerare le loro più inconfessabili paure. Il film si apre con una delle sequenze più belle mai viste in un horror, almeno per quel che riguarda la presa di coscienza di una giovane donna davanti alla propria femminilità: il giorno del suo compleanno Mari esce dalla doccia e giustamente si ammira allo specchio, gioiosa e consapevole di essere un fiore di ragazza che si sta affacciando all'età adulta (sedici anni, i sweet sixteen!). I genitori la vedono bambina ma lei si sente già grande ed invincibile e assieme all'amica Phyllis parte alla volta di un concerto passando prima per il bosco, emblema di libertà e vita, e poi infilandosi dritta nel covo di Krug e compagnia perché spinta dal desiderio di compiere un gesto "proibito" (fumarsi un po' di cannabis): l'orrore e la morte praticamente dietro il giardino di casa, invisibile all'occhio dell'americano provincialotto medio, nonché la totale distruzione di quell'immagine gioiosa e vitale con cui Craven ci aveva reso subito simpatica la povera Mari.


Krug, Faina, Sadie e Junior sono quattro animali della peggiore specie, non c'è altro modo di descriverli. A Craven bastano solo le facce e una voce fuori campo che ci racconta le "gesta" di questi esseri per farci capire subito che Mari e Phyllis non avranno speranze di scamparla; implacabili, prima logorroici e poi tremendamente silenziosi, i quattro umiliano, torturano e infine uccidono le povere ragazze, in un crescendo di sangue e follia che il regista riesce a farci intuire tagliando pietosamente le scene più cruente senza privarle della loro brutale efficacia. Craven omaggia Bergman ma nella sua messinscena non c'è nulla di elegante o aulico, niente che possa portarci a riflettere sulla caducità dell'esistenza, bensì ci sono solo disperazione e quella furia cieca che ci prende di fronte alle sequenze "allegre" della pellicola, quelle in cui i maniaci banchettano o quelle in cui gli sbirri mettono in mostra tutta la loro indolente inettitudine. Non c'è catarsi nella vendetta finale dei due poveri genitori di Mari, solo il gusto amaro di uno sfogo arrivato troppo tardi e inutilmente perché ormai i sweet sixteen sono sfioriti, affogati nel sapore metallico del sangue. Lo spettatore, fiaccato dall'insostenibilità dell'intera vicenda e dalla consapevolezza che Craven, come Mari e Phyllis, non tornerà mai più, può giusto "tirarsi su" cogliendo i semi di quelli che saranno i più bei lavori del regista, tutti già presenti ne L'ultima casa a sinistra: l'inquietante e surreale scena onirica, le ingegnose trappole disposte dal padre di Mari, i personaggi femminili forti, determinati e sfortunati, le famiglie che diventano consapevoli del pericolo solo quando è troppo tardi, un gusto particolare per le lame. Insomma, L'ultima casa a sinistra è una grande opera d'esordio. Peccato essermene resa conto in quest'occasione così triste.


Del regista e sceneggiatore Wes Craven ho già parlato QUI.

David Hess interpreta Krug. Americano, ha partecipato a film come La casa sperduta nel parco, Il mostro della palude, Camping del terrore e a serie come Supercar e A-Team. Anche compositore, produttore e regista, è morto nel 2011, all'età di 75 anni.


Tolto L'ultima casa a sinistra, Fred J. Lincoln, che interpreta Faina, ha lavorato quasi esclusivamente come regista, produttore e attore nell'industria del porno mentre Martin Kove, che interpreta l'assistente dello sceriffo, sarebbe diventato il terribile John Kreese della serie Karate Kid e avrebbe dovuto interpretare Krug, ruolo che lui stesso ha rifiutato e passato a David Hess. L'ultima casa a sinistra è stato sicuramente ispirato da La fontana della vergine di Ingmar Bergman e ha ben due remake, uno ufficiale (L'ultima casa a sinistra del 2009) e uno "non ufficiale" (Chaos, del 2005); se vi fosse piaciuto, recuperate uno di questi tre film e aggiungete Le colline hanno gli occhi e Non violentate Jennifer. ENJOY!

lunedì 31 agosto 2015

Wes Craven (1939 - 2015)


E' per colpa tua che non ho guardato horror fino all'età di 13 anni. Di Nightmare me ne parlavano tutti fin da bambina, era il babau della mia generazione, la cosa più terribile a cui si potesse pensare. Bastava addormentarsi e "One, two, Freddy comes for you": un uomo sfigurato e con gli artigli taglienti ci avrebbe portati via, così, senza possibilità di difesa.
E avevano ragione, perché il primo Nightmare è davvero una delle cose più spaventose che esistano ancora oggi.

Poi, a 16 anni, mi hai portata al cinema. Ricordo ancora la camminata sotto il sole caldo di Albisola perché con un'amica avevamo deciso all'improvviso di vedere Scream e prendendo la corriera saremmo arrivate troppo tardi. L'aria condizionata era fredda, ma ancor più mi aveva ghiacciato il sangue vedere Drew Barrymore morire in una delle sequenze più belle della storia dell'horror; ancor più bello, dopo mille visioni di Scream, era vedere però i miei amici inconsapevoli fare salti sulla sedia per quella tremenda maschera che tu avevi creato.

Ed è solo la punta dell'iceberg, ovviamente.

Mi hai fatto scoppiare il cuore nel petto con il terribile Beebee di Dovevi essere morta.
Mi hai perplessa, perché ero troppo giovane, con Il serpente e l'arcobaleno.
Mi hai affascinata con i "vecchissimi" L'ultima casa a sinistra e Le colline hanno gli occhi.
Mi hai regalato un cult con La casa nera.
Mi hai divertita con Sotto Shock.
Mi hai fatto tornare ad avere paura con Nightmare - Nuovo incubo.
Sì, mi hai anche delusa con Vampiro a Brooklin, Cursed e My Soul to Take ma ti ho sempre voluto bene.

E ora, ti sei fuso con la stessa materia di cui sono fatti gli incubi.
Ciao, Wes, che la terra ti sia lieve.

martedì 12 agosto 2014

Bolle di ignoranza: My Soul to Take - Il cacciatore di anime (2010)

And if I die before I wake
I pray the Lord my soul to take
Per un attimo l'ho sperato anche io mentre guardavo il film ma non è successo...


Torna la rubrica Bolle di Ignoranza, dove vengono sommariamente “recensiti” film visti poco, male e molto probabilmente anche indegni di venire recuperati per una visione più accurata. Lampante è il caso di My Soul to Take –  Il cacciatore di anime (My Soul to Take), scritto e diretto nel 2010 da Wes Craven. Seguono SPOILER.


Trama: un maniaco omicida muore e lo stesso giorno, alla stessa ora, nascono sette pargoli. C'è chi dice che l'anima di questo tizio si sia scissa in sette parti e ogni pezzo sia finito dentro questi bambini, ormai adolescenti, che, neanche a dirlo, raggiunta la maggiore età cominceranno a venire uccisi...

Ha un coltello in mano: è lui il colpevole!!!
Mercoledì, alle 23.50, mi accingo a guardare My Soul to Take su Italia 1 con la migliore predisposizione d'animo possibile. Poco importa che Matteo, su Facebook, mi avesse consigliato di andare a dormire, stiamo sempre parlando del buon Wes Craven. E l'inizio, con il killer afflitto da personalità multiple che non sa di essere in realtà un pazzo omicida, è validissimo per recitazione, regia e montaggio, leggermente fastidioso giusto per il fatto che la personalità psicopatica abbia la voce, neanche a dirlo, dell'Enigmista di Saw. Dieci minuti in cui mi convinco che Matteo avesse torto, cancellati purtroppo da tutto quello è venuto dopo, ovvero il compendio di ogni cliché e WTF inseribile in un teen horror. La Noia, insomma. Dalle 23.50 alle 00.30 schiattano, se non rammento male, quattro dei sette adolescenti nati la notte in cui è morto il babau protagonista della pellicola (nella fattispecie l'inutile cinese, la fanatica religiosa, il bullo della scuola e la biondina di buon cuore amata dal protagonista) mentre, tra un inutile dialogo e l'altro, Craven cerca con tutte le sue forze di "ingannare" lo spettatore e fargli credere, con barbatrucchi da avanspettacolo, che il ragazzo posseduto dallo spirito del killer sia il futuro fratello del Norman Bates di Bates Motel. Ci mette così tanto impegno che scarto fin da subito il biondino come possibile colpevole, scarto anche la sorellastra (troppo antipatica), il cieco (troppo inutile) e focalizzo la mia attenzione sul viscido sfigato, perché......
Ore 00.50, riapro gli occhi. Il fratello di Norman Bates viene ricoperto di insulti dalla sorellastra, che gli rivela che..
Ore 00.55, riapro gli occhi. Il viscido sfigato, che in un fuori onda ha ucciso il patrigno violento, sta parlando a Bates senior, probabilmente il segreto di tutta la faccenda è nascosto in quella lettera che...
Ore 01.00, riapro gli occhi. Per terra c'è una donna morta e uno sbirro sta per arrestare Bates, ma viene giustamente accoppato da quella sorta di gibbone rasta e bianchissimo che i truccatori hanno deciso di far passare per maniaco. Nel frattempo, con scatti felini ed abili mosse, effetti speciali e montaggi da scuola elementare, Craven ANCORA si ostina a convincere lo spettatore della natura maligna del povero Bates senior.
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Al grido mentale di "avete rotto la ciolla" mi alzo e vado a dormire.
Sono quasi matematicamente sicura che l'anima del killer si sia reincarnata nel corpo dello sfigato col patrigno violento, correggetemi se sbaglio. A te, Wes, dico solo, per citare Bastianich, "se mio cane vede My Soul to Take prima piscia su coltello di killer, poi lo usa per farti muoro".

giovedì 26 aprile 2012

La casa nera (1991)

Un altro film che ha segnato la mia adolescenza e che avevo finito per sapere quasi a memoria, a furia di guardarlo, è La casa nera (The People Under the Stairs), diretto nel 1991 da Wes Craven.



Trama: Grullo, un ragazzino che vive in un ghetto, viene coinvolto in una rapina all’interno di una casa. Quel che il povero Grullo non sa è che la casa è proprietà di due pazzi sanguinari, che nascondo un terribile segreto in cantina…


La casa nera è una carinissima ed inquietante favola horror. Come in ogni fiaba che si rispetti c’è il piccolo protagonista scapestrato che, a causa dell’inesperienza, si fa coinvolgere in cose pericolose e più grandi di lui proprio perché è grullo, come il Matto della carta dei tarocchi; c’è una matrigna cattiva o strega che dir si voglia, accompagnata da un terribile padre – orco; c’è una principessa da salvare in cima alla torre; c’è un tesoro da recuperare, se si riuscirà a passare indenni attraverso tutte le prove; c’è persino un lupo, anche se in questo caso è un enorme cane. E poi ci sono loro, le “persone sotto le scale”, che a dir la verità all’economia della storia non servono poi molto, visto che veri villain della storia sono Mamma e Papà, i due folli genitori della piccola Alice che contribuiscono non poco all’atmosfera di terrore che avvolge La casa nera e che, non a caso, Craven ha pescato nella geniale serie Twin Peaks arrivando a sfruttare appieno le loro capacità di attori, creando due personaggi strepitosi, grotteschi ed esagerati.



Quanto alla realizzazione, La casa nera è bello perché non è schematico o ripetitivo come molti altri horror. Innanzitutto, il regista riesce a rendere l’ambiente chiuso della casa allo stesso tempo claustrofobico, com’è giusto che sia, e vario, spostando spesso e volentieri l’azione nelle intercapedini e nei passaggi nascosti dietro i muri, nell’ampia cantina/prigione, nel giardino e in vari altri ambienti che cambiano grazie al semplice uso di un interruttore. Inoltre, cosa non scontata e non sempre ben sfruttata in un horror, inserisce dei deliziosi tocchi di umorismo nero che rendono la pellicola più vivace ma senza snaturarla. Il ragazzino protagonista è scaltro e scafato, ma non è insopportabile come rischierebbe di essere in tutt’altro genere di film, mentre i personaggi di contorno sono molto ben delineati, soprattutto la piccola Alice che subisce una metamorfosi profonda ma coerente nel corso del film, passando dall’essere una timorosa ragazzina vessata dai terribili genitori a spietata e fredda vendicatrice.


L’unico aspetto un po’ deludente del film sono proprio questi “mostri” che vivono in cantina. All’inizio sono molto più inquietanti, perché non se ne conosce la vera natura e anche perché è nei pressi di questa cantina che si svolgono le scene più gore della pellicola (nei limiti, ovviamente, perché Craven è molto parsimonioso in questo), ma man mano che il film prosegue si arriva giustamente a provare pietà per le creature, finché non ci viene rivelato il loro aspetto che, ben lontano dall’essere quello di mostri inguardabili, ce li rivela come adolescenti capelloni, stracciati e un po’ bianchicci. Niente di troppo diverso da quello che si vedeva in giro per le strade nell’epoca del grunge, eh! Scherzi a parte, La casa nera è un bell’horror d’atmosfera, divertente e ben girato. Guardatelo e vi innamorerete sicuramente della mise fetish di Papà e della capigliatura rosso shocking di Mamma, siete avvertiti!



Del regista Wes Craven ho già parlato qui, mentre Ving Rhames, che interpreta Leroy, lo trovate qua.

Brandon Quintin Adams interpreta Grullo (Fool in originale). Americano, ha partecipato a film come Moonwalker e a serie come Nightmare Café e Oltre i limiti. Ha 33 anni e un film in uscita.



Everett McGill (vero nome Everett Charles McGill III) interpreta Papà. Indimenticabile per il suo ruolo di Ed Hurley nella serie Twin Peaks, ha partecipato a film come Dune, Unico indizio la luna piena, Agente 007 vendetta privata, Fuoco cammina con me, Una storia vera e a serie come Sentieri. Americano, ha 67 anni. 


Wendy Robie interpreta Mamma. Altra indimenticabile protagonista di Twin Peaks, dove partecipava nel ruolo della moglie di Ed, Nadine, ha partecipato a film come Fuoco cammina con me, Vampiro a Brooklyn, The Dentist 2, Horror in the Attic e a serie come Baywatch e Party of Five. Ha 59 anni.




A.J. Langer (vero nome Allison Joy Langer) interpreta Alice. Americana, ha partecipato a film come Fuga da Los Angeles e serie come Blossom, L’ispettore Tibbs, Beverly Hills 90210 e Baywatch. Ha 38 anni.


Sean Whalen interpreta Roach. Americano, ha partecipato a film come Batman – Il ritorno, La rivincita dei nerds III, Waterworld, Twister, Il rompiscatole, Men in Black, Giovani diavoli, Charlie’s Angels e a serie come Friends, Sabrina vita da strega, Perfetti… ma non troppo, Scrubs, Tutto in famiglia, Zack e Cody al Grand’Hotel, Cold Case, Hannah Montana, Lost e Beautiful. Anche sceneggiatore e regista, ha 48 anni e un film in uscita.



Bill Cobbs interpreta nonno Booker. Americano, lo ricordo per film come Una poltrona per due, Guardia del corpo, Cosa fare a Denver quando sei morto, Paulie – il pappagallo che parlava troppo e Incubo finale, inoltre ha partecipato a serie come E.R. medici in prima linea, Walker Texas Ranger, Oltre i limiti, I Soprano, The Others, Six Feet Under, Tutto in famiglia, Lost e CSI: scena del crimine. Ha 78 anni e quattro film in uscita, tra cui Oz: The Great and Powerful.




Kelly Jo Minter interpreta Ruby. Americana, la ricordo per film come Ragazzi perduti, Nightmare 5: Il mito e Doc Hollywood – Dottore in carriera, inoltre ha partecipato alle serie Saranno famosi e E.R.: medici in prima linea. Anche produttrice, ha 46 anni.




Chiudo con una curiosità: la futura attrice premio Oscar Hilary Swank aveva partecipato all’audizione per interpretare Roach, che avrebbe potuto essere uomo o donna, indifferentemente. Sinceramente, non mi vengono in mente altri film simili da consigliarvi, quindi propendo per dirvi di fare un po’ di selezione nella filmografia di Craven e guardarvi qualcuna delle sue opere migliori, come Nightmare – dal profondo della notte e Il serpente e l’arcobaleno, giusto per citarne un paio. Al limite il primo Scream, anche. ENJOY!

venerdì 13 maggio 2011

Scream 3 (2000)

Ed eccoci arrivati anche penultimo capitolo della saga dedicata a Ghostface: Scream 3, diretto nel 2000, sempre da Wes Craven. La parabola discendente è così completata, ma vediamo nel dettaglio.


Trama: sul set di Stab 3, l’ennesimo film tratto dai delitti di Woodsboro, cominciano a morire delle persone, e la cosa costringe la povera Sidney ad uscire dall’esilio forzato e ad affrontare un altro maniaco mascherato che vorrebbe attentare alla sua vita…



Scream 3 tocca davvero il punto più basso dell’intera saga: non c’è paura, non c’è suspance, non c’è ironia, non c’è neppure la curiosità di vedere colpo di scena finale con conseguente rivelazione dell’identità del killer, se proprio vogliamo essere sinceri. A tirare troppo la corda questa si strappa, e non basta introdurre la meraviglia tecnica del convertitore di voce, che questa volta è in grado persino di simulare le reali voci dei singoli personaggi, per fare un bel film. Scream 3 è una sorta di fiacco remake del secondo capitolo, che vorrebbe attirare lo spettatore con rivelazioni relative alla madre di Sidney, Maureen, insinuando addirittura il dubbio che il fantasma, questa volta, potrebbe essere vero e potrebbe addirittura essere lei; inoltre, la componente metacinematografica viene ulteriormente “caricata” perché, se in Scream 2 veniva introdotto il film Stab, questa volta il terzo capitolo viene ambientato proprio sul set di Stab 3, e le vittime sono proprio gli attori, che cadono come mosche seguendo l’ordine previsto dal copione.


Per quanto riguarda i punti di forza dei primi due capitoli di Scream, qui non ce n’è nemmeno uno. La scena iniziale è assurdamente fiacca e priva della tensione della storica introduzione del primo capitolo (anche se toglie di mezzo un personaggio inaspettato) e le morti che seguono non sono migliori, quasi tutte fuori campo o comunque molto sbrigative. Anche l’ironia che la faceva da padrone in Scream e Scream 2 qui viene condensata in qualche imbarazzante comparsata e battuta da avanspettacolo: la stessa presenza di Jay e Silent Bob (che peraltro adoro, non fraintendete…) è indice della tristezza a cui si sono ridotti Craven e gli sceneggiatori, ma il colpo più basso è probabilmente l’uso di un’icona sacra come Carrie Fisher per farle interpretare un’impiegatuccia che le somiglia e che “avrebbe dovuto essere la principessa Leila di Guerre Stellari, se solo quell’altra non le avesse soffiato il posto”. Ahah. Devo ridere? Mah. Certo, c’è da dire che tutti i difetti di Scream 3 sono quasi comprensibili, visto che in fondo il film è frutto di un ricatto. Infatti pare che Wes Craven sia stato praticamente costretto a girarlo per poter avere la possibilità di realizzare un film distante dalla sua usuale filmografia come La musica del cuore, un drammone musicale con Meryl Streep come protagonista. Comprensibile dunque il poco impegno, ma non per questo giustificabile. Speriamo che il quarto capitolo non sia ancora più brutto di questo.


Del regista Wes Craven (che compare anche qui in un cameo, stavolta nei panni di un visitatore degli studios), Neve Campbell, Courtney Cox e David Arquette ho già parlato qui, mentre il post su Liev Schreiber lo trovate qua. Di Lance Henricksen, che interpreta il produttore John Milton, invece, ho parlato qui.

Patrick Dempsey interpreta il detective Kincaid. La fama internazionale per questo attore è arrivata grazie alla serie Grey’s Anatomy, tuttavia aveva già partecipato prima a parecchi film, tra cui il geniale The Stuff – Il gelato che uccide e Virus letale, oltre che ad un episodio di Will & Grace. Originario del Maine, anche produttore e regista, ha 45 anni e un film in uscita.


Jenny McCarthy interpreta Kate. Ex modella e coniglietta di Playboy riciclatasi negli anni ’90 come attrice “comica” per programmi che passavano all’epoca su MTV come The Jenny McCarthy Show, ex fidanzata di Jim Carrey, tra i film a cui ha partecipato ricordo lo splendido Cosa fare a Denver quando sei morto e Scary Movie 3; ben di più le partecipazioni televisive, per serie come Baywatch, Quell’uragano di papà, Streghe, Perfetti… ma non troppo, Una pupa in libreria, My Name is Earl e Due uomini e mezzo. Americana, anche sceneggiatrice e produttrice, ha 39 anni.


Emily Mortimer interpreta Angelina Tyler. Attrice inglese, la ricordo per film come Spiriti nelle tenebre, Il Santo, Elizabeth, Notting Hill, Match Point, The Pink Panther – La pantera rosa, La pantera rosa 2 e Shutter Island, inoltre ha prestato la voce per il doppiaggio inglese de Il castello errante di Howl. Ha 40 anni e quattro film in uscita, tra cui l’Hugo Cabret di Scorsese e Cars 2.


Tra le guest star, oltre alla già citata Carrie Fisher, assieme alla premiata ditta Kevin Smith & Jason Mewes, ci sono anche il regista Roger Corman nei panni di un produttore ed Heather Matarazzo nei panni della sorella di Randy, Martha. Una marea di partecipazioni e una marea di finali: dopo miliardi di riscritture per evitare spoiler in rete, Craven ha girato anche una versione alternativa del finale, con l’unica differenza di Sydney che, prima di provare a colpire il killer, rimane per un po’ nascosta dietro a un mobile. Se siete arrivati a vedere Scream 3, probabilmente avrete visto anche i primi due episodi, in caso contrario cercateli, soprattutto il primo. Vi lascio con il trailer originale del film... ENJOY!!

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