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venerdì 29 luglio 2022

Il silenzio dei prosciutti (1994)

Sono emozionatissima. Finalmente è arrivato il momento di parlare del mio guilty pleasure per eccellenza, Il silenzio dei prosciutti, scritto e diretto nel 1994 da Ezio Greggio.


Trama: l'agente speciale Jo Dee Fostar deve indagare sulla scomparsa della sua fidanzata Jane, fuggita coi soldi rubati al proprio capo e finita nelle grinfie del misterioso proprietario di cimiteri Antonio Motel...


Disclaimer: io amo questo film. Qualunque critico illuminato vero, qualunque cinèfilo dell'internet, qualunque persona dotata di senno proverà a farmi passare questo amore, facendomi aprire gli occhi sui millemila difetti de Il silenzio dei prosciutti troverà un muro davanti a sé, perché l'amore vero ACCETTA  i difetti e questa parodia ne è zeppa, ne sono consapevole. Eppure l'avrò guardata, da bambina e ragazzina, almeno trenta volte e non avete idea della gioia che mi è sorta in cuore quando, qualche settimana fa, l'ho vista per caso sul Canale 34 e mi sono ritrovata impossibilitata a staccare gli occhi dallo schermo. Per chi non avesse mai guardato Il silenzio dei prosciutti, una breve spiegazione. Il film è una parodia che mescola principalmente la trama di Psyco ad elementi de Il silenzio degli innocenti e il livello di umorismo è, che ve lo dico a fare, quello di un ragazzino entusiasta che crede di far ridere (ovvero Ezio Greggio) ispirandosi non già ai film di Mel Brooks, ma più a L'aereo più pazzo del mondo oppure Hot Shots!. Non c'è nulla di particolarmente raffinato, l'umorismo a base di gag scatologiche, sessuali o semplicemente infantili si spreca, ed Ezio Greggio, che interpreta anche il "villain" Antonio Motel, sembra non essere mai uscito da una puntata di Drive In e, di tanto in tanto, la sua interpretazione tenta di rifarsi, senza successo, a quelle di Marty Feldman. Questa, ovviamente, è solo la punta dell'iceberg dei difetti del film, ai quali bisogna aggiungere l'approccio grezzo dietro la macchina da presa e la caratteristica "caducità" di buona parte dell'umorismo legato ad elementi tipici dell'epoca, di cui patiscono spesso anche le parodie più riuscite e che rischia di appannarle o renderle meno divertenti per chi non riesce a cogliere il riferimento. Eppure, come ho scritto prima, in questo caso sorvolo su tutto, e per un motivo ben preciso.


Il motivo è che, da bambina, Ezio Greggio mi faceva riderissimo (ora non gli sputerei in faccia nemmeno se bruciasse, all due respect) e non sto nemmeno a dirvi quanto adorassi i film completamente fuori di senno come il già citato Hot Shots!, quindi per me Il silenzio dei prosciutti era il non plus ultra della comicità e quell'imprinting è rimasto intatto fino a oggi, tanto da cancellare dal mio cervello ogni capacità di discernimento critico. Non posso fare altro che sbellicarmi davanti a un grandioso Dom DeLuise che urla "Iggy-Poo!" profondendosi nella soave imitazione del Dottor Hannibal Lecter o ai dialoghi non-sense tra lui e un Billy Zane in stato di grazia, pronto ad abbracciare il trash senza riserve nei panni dello stupidissimo Jo Dee Fostar, e come posso non adorare Ezio Greggio vestito come un becchino, che tratta tutti gli ospiti del suo "cimitero chiamato Motel" con lo scazzo fotonico di un killer costretto a fare il superlavoro? Credetemi se vi dico che, anche a 41 anni, ho riso di cuore per qualsiasi gag, anche la più triste (in questo caso, quella di Pavarotti a pezzi), anche la più becera (quelle che riguardano il grasso Putrid) e che, soprattutto, sono rimasta affascinata da ciò che da ragazzina non potevo comprendere. Ma, signori, avete idea del cast che è riuscito a tirare su Il silenzio dei prosciutti? Mi sembrava di essere in un universo parallelo. In quale favoloso, berlusconiano mondo zeppo di cocaina Ezio Greggio è riuscito a chiamare sul set di una parodia stroncata in ogni dove e distribuita non si sa in virtù di cosa gente come John Carpenter (!!), Joe Dante, John Landis, Martin Balsam (che fa la parodia del suo ruolo più famoso), Mel Brooks, John Astin, Shelley Winters e chi più ne ha più ne metta? E lo stesso Billy Zane, ragazzi, in quegli anni era bello come il sole e all'apice della carriera, è incredibile anche solo pensare che si sia prestato. Per questi e per mille altri motivi continuerò sempre a sbandierare il mio amore per questo frutto di un universo alternativo finito per sbaglio in questo... e continuerò sempre a piangere all'idea che Jurassic Pork non sia mai stato girato mentre ci siamo beccati quell'orrore di Chicken Park!


Dom DeLuise (Dr. Animal Cannibal Pizza), Billy Zane (Jo Dee Fostar), Martin Balsam (Detective Balsam), Shelley Winters (la madre), Tony Cox (Guardia nana), Joe Dante (Moribondo), John Carpenter (Uomo con l'impermeabile) e John Landis (Agente dell'FBI) li trovate ai rispettivi link. 

Ezio Greggio è il regista e sceneggiatore della pellicola, inoltre interpreta Antonio Motel. Piemontese, ha diretto altri film come Killer per caso, Svitati e Box Office 3D: Il film dei film. Anche produttore, ha 67 anni.


Joanna Pacula interpreta Lily Wine. Polacca, ha partecipato a film come Gorky Park, Il bacio del terrore, Virus e Tombstone. Ha 65 anni.  


Stuart Pankin interpreta l'ispettore Pete Putrid. Americano, ha partecipato a film come Attrazione fatale, Aracnofobia, Congo, Striptease, e a serie quali Chips, Saranno famosi, Casa Keaton, Otto sotto un tetto, Ally McBeal, Innamorati pazzi, Walker Texas Ranger, Malcom, Dharma & Greg, Raven e Desperate Housewives; come doppiatore ha lavorato per Darkwing Duck, Bonkers, Dinosauri, Batman, Aladdin, Mucca e pollo, Angry Beavers, Animaniacs e Hercules. Anche sceneggiatore, ha 76 anni.


John Astin interpreta il Ranger. Americano, indimenticabile Gomez originale de La famiglia Addams, ha partecipato a film come West Side Story, Tutto accadde un venerdì, Il ritorno dei pomodori assassini, Gremlins 2 - La nuova stirpe, Killer Tomatoes Strike Back!, Killer Tomatoes Eat France!, Sospesi nel tempo e ad altre serie quali Ai confini della realtà, Dennis the Menace, Star Trek, Batman, Fantasilandia, Il mio amico Arnold, Love Boat, I racconti della cripta, Innamorati pazzi, La signora in giallo, Una bionda per papà e La tata; come doppiatore ha lavorato per Bonkers, Tazmania, Aladdin, Johnny Bravo, Mignolo e Prof. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 92 anni e un film in uscita.


Charlene Tilton è famosa per avere interpretato una delle sorelle di Bobby nella serie Dallas mentre Bubba Smith, che interpreta Olaf, è l'Hightower della serie Scuola di polizia. Ciò detto, se Il silenzio dei prosciutti vi fosse piaciuto, recuperate Hot Shots!, Hot Shots! 2, Palle in canna, L'aereo più pazzo del mondo, Dracula morto e contento e Robin Hood - Un uomo in calzamaglia. ENJOY!

mercoledì 27 luglio 2022

Il talento di Mr. C (2022)

Meritava di uscire al cinema accolto con tutti gli onori del caso, invece noi italiani dobbiamo accontentarci di guardare Il talento di Mr. C (The Unbearable Weight of Massive Talent), diretto e co-sceneggiato dal regista Tom Gormican, sulle varie piattaforme di streaming e con un titolo che non gli rende giustizia. 


Trama: Nick Cage è ormai a un punto morto della sua carriera e sta meditando di smettere di recitare. Per raggranellare qualche soldo accetta di partecipare alla festa di compleanno di un riccone spagnolo e lì si ritroverà coinvolto in una storia di amicizia, spionaggio e criminali...


L'ho già detto e lo ripeto: come si fa a non amare Nicolas Cage? All'età di quasi 60 anni, con all'attivo 100 film, cifra raggiunta proprio con Il talento di Mr. C, lo si può amare o lo si può odiare ma, di sicuro, non gli si può rimanere indifferenti, soprattutto ora che internet gli ha regalato una nuova giovinezza a base di meme e gadget discutibili, rendendo oro (per quanto trash) ogni cosa toccata dal nostro. Ma spezziamo una lancia a favore di Nicolas, prima di passare al film, e smettiamola di parlare di attore incapace, perché non si nomina un massive talent dall'unbearable weight così, tanto per caso. In realtà, le pesantissime scelte infelici di Cage e la sua conseguente monoespressività parrucchinata o l'altrettanto parrucchinata verve trash hanno avuto un picco col nuovo millennio, prima il buon Nic ci aveva regalato parecchie interpretazioni da brivido oppure dignitose performance action in film anche buoni, e per fortuna da qualche anno è riuscito ad sfruttare la fama di attore demmerda per agguantare ruoli iconici in pellicole principalmente horror o di genere, la maggior parte delle quali anche belline, tornando a regalare allo spettatore momenti di pura gioia e facendosi volere di nuovo bene. Il talento di Mr. C è l'ultimo film destinato a rinfocolare il ruolo di icona moderna del versatile attore, talmente modesto, per inciso, che non avrebbe voluto nemmeno partecipare; badate bene, non siamo ovviamente nel territorio di quel capolavoro che era Essere John Malkovich, tuttavia il film di Tom Gormican è divertente e molto ironico, soprattutto perché si basa sull'"idea" che la gente ha di Nicolas Cage, un'immagine che quest'ultimo abbraccia senza vergogna e prendendosi talmente in giro da arrivare... a limonare se stesso. E questo non era stato mostrato nemmeno in Killing Hasselhoff ma, diciamoci la verità, The Hoff a Nic può giusto spicciare casa e lo stesso vale per la sceneggiatura del film di Darren Grant.


Il talento di Mr. C è infatti gradevole sotto molti aspetti, non solo in virtù dell'essere un progetto matto dedicato a Cage. Anzi, a mio avviso uno degli elementi migliori del film, oltre alla sua natura smaccatamente metanarrativa, tanto che la trama viene "decisa" o, meglio, anticipata dai protagonisti impegnati a realizzare un film (o a convincere l'interlocutore di starne realizzando uno), è la presenza del tenerissimo, imbranato Javi di Pedro Pascal. Quest'ultimo non è solo un espediente narrativo per dare un'ossatura alla trama e scatenare determinati eventi, ma diventa il ritratto del fan "sano", di colui che adora il suo mito e vorrebbe "vivere di avventure" con lui riuscendo anche ad essere umano ed empatico, benché magari un po' invadente, ben lontano dai matti che popolano internet in questi tempi malati. La strana coppia Nick Cage/Javi è divertentissima e frizzante, due caratteri che si compensano e danno vita a una bromance da antologia, equilibrando così quello che rischiava di essere un delirante one man show di Cage il quale, a onor del vero, riesce già da solo a trattenersi, almeno quando è nel personaggio (quando interpreta il suo giovane doppio è il Cage che tutti ci aspettiamo: un pazzo urlante in overacting). Ulteriore valore aggiunto di un film assai piacevole da guardare e, probabilmente, adatto anche a chi non ha particolare interesse per Cage (chi, di grazia, CHI mai oserebbe???) è l'abbondanza di citazioni legate ai "capolavori" del nostro, che arriva giustamente a prendersi per i fondelli profondendosi in un meraviglioso "Not the Bees!!" sul finale... ma, dovessi dire, la parte è ho preferito è il giusto vilipendio ai Duplass Brothers, che conferisce a Il talento di Mr. C tutto l'aMMore di cui dispongo. Guardatelo e vogliategli bene com'è giusto che sia, nell'attesa che esca Renfield!


Di Nicolas Cage (Nick Cage/Nicky), Pedro Pascal (Javi Gutierrez), Neil Patrick Harris (Richard Fink), David Gordon Green (regista) e Ike Barinholtz (Martin) ho già parlato ai rispettivi link.
 
Tom Gormican è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto anche il film Quel momento imbarazzante. Anche produttore e attore, ha 52 anni.


Tiffany Haddish interpreta Vivian. Americana, ha partecipato a film come 3ciento - Chi l'ha duro... la vince!, Il collezionista di carte e a serie quali Raven e My Name is Earl. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 43 anni e quattro film in uscita. 


Tra le guest star segnalo la presenza di Demi Moore nei panni della versione cinematografica di Olivia, al posto di Angelina Jolie, mentre Pedro Pascal ha sostituito Dan Stevens e David Gordon Green nientemeno che Tarantino (partecipazione che avrebbe reso il film IL capolavoro del 2022. Ahimé). Se Il talento di Mr. C vi fosse piaciuto recuperate Killing Hasselhoff, Il ladro di orchidee, My Name is Bruce e, ovviamente, Essere John Malkovich! ENJOY! 

martedì 26 luglio 2022

Watcher (2022)

Attirata dalla locandina vista su Letterboxd, ho deciso di recuperare Watcher, diretto e co-sceneggiato dalla regista Chloe Okuno.


Trama: appena trasferitasi in Romania col marito, l'ex attrice Julia vede qualcuno che la spia dalla finestra dell'appartamento di fronte, proprio mentre il quartiere è scosso dagli omicidi di alcune giovani donne...


Watcher
è un film di un'eleganza spaventosa. Sto scrivendo questo post dopo parecchi giorni dalla fine della visione, ed è la bellezza della messa in scena la cosa che più mi è rimasta impressa, forse ancor più dell'aspetto thriller di quello che può tranquillamente venire definito uno slow burn con tutti i crismi, dove "non succede nulla" fino a pochi minuti dalla fine. Eppure, come tutti gli slow burn ben fatti, Watcher entra sottopelle, con una storia la cui atmosfera paranoica mira a grandi nomi come Hitchcock e Polanski, aggiornata tuttavia a situazioni anche troppo attuali, nelle quali molte spettatrici rischiano di riconoscersi, in questi tempi in cui è difficile sentirsi sicure anche in pieno giorno, in mezzo alla gente. Julia, la protagonista, si ritrova ad essere straniera in terra straniera nel momento in cui il marito la porta con sé in Romania per lavoro; lui ha origini romene, quindi conosce la lingua e deve impegnarsi ogni giorno per mostrarsi degno della promozione ricevuta, lei parla solo inglese e si è presa una pausa dalla recitazione per motivi che non vengono chiariti ma che, probabilmente, hanno radici in qualche disagio psicologico. Le giornate di Julia passano, inutile girarci attorno, nella solitudine e nella noia, amplificate dalla barriera linguistica che si frappone tra lei e chi la circonda, e la sensazione di straniamento iniziale si amplifica nel momento in cui la ragazza si accorge che, dall'appartamento di fronte, qualcuno la sta spiando. A nulla vale ricorrere alla soluzione più intelligente che vedrete in un horror recente, ovvero mettere delle tende spesse per bloccare la visuale del vicino inopportuno, perché nel frattempo nel quartiere vengono uccise delle donne e Julia si convince di essere nel mirino dell'assassino, di essere perseguitata dal suo sguardo onnipresente, mentre il marito, oltre ovviamente a non crederle, la lascia sempre più sola.


Come vedete, la trama di Watcher è una delle più classiche che esistano, eppure il film di Chloe Okuno è comunque estremamente efficace e costruisce la suspense in maniera impeccabile, avvalendosi di una protagonista che non si limita a subire lo sguardo del maniaco ma che, in qualche modo, cerca di reagire creando nuove dinamiche e sovvertendo gli equilibri. Julia, forse in modo goffo, ci prova a prendere in mano la situazione, non lascia mai correre. Monta delle tende efficaci, impone al marito di chiamare la polizia e di andare nell'appartamento del vicino assieme allo scettico poliziotto, pretende di vedere le immagini di sorveglianza del supermercato, si improvvisa a sua volta stalker, ribaltando completamente il punto di vista di un film che, fino a quel momento, non aveva mai messo in dubbio la natura negativa (fosse anche perché "soltanto" guardona) del vicino di casa; sotto lo sguardo implacabile di Julia, messo dall'altra parte del "microscopio", l'uomo diventa una figura triste e sola quanto la protagonista, ammantata da un'aura di dimesso squallore, là dove Julia potrebbe vivere invece un'esistenza da sogno. Il suo appartamento enorme, gli abiti raffinati (che acquistano toni di colore sempre più neutri, come se Julia volesse mescolarsi con l'ambiente urbano cercando di non saltare all'occhio del potenziale stalker), l'innegabile bellezza, sono croce e delizia del personaggio interpretato dalla bravissima Maika Monroe, schiacciata dal peso dell'essere "la moglie annoiata e matta", "l'eccentrica straniera", l'"ingrata che sfrutta i soldi del marito senza fare nulla" e che addita un poveraccio come fonte di tutti i suoi problemi, attirandosi l'incredulo biasimo di chi dovrebbe invece proteggerla. 


Tutti gli aspetti apparentemente positivi della vita di Julia diventano dunque mezzi per aumentare il senso di claustrofobia crescente, riproposto anche in inquadrature che vedono la protagonista sempre un po' in disparte o inscritta all'interno di una "cornice" dalla quale non può né scappare né evitare di essere vista, nonostante la presenza di ambienti spaziosi (il pluricitato appartamento, ma anche il cinema e il museo) o addirittura esterni come le strade di Budapest, città dai colori e dalle atmosfere perfette per raccontare questo tipo di storia, importante tanto quanto gli attori che in essa si aggirano. Della Monroe ho già detto ed è perfetta, regge letteralmente il film sulle sue spalle, ma per fortuna è affiancata da ottimi attori sui quali spicca Burn Gorman, con la sua faccia da omino sconfitto dalla vita, e la semi-esordiente Chloe Okuno riesce a tirare fuori il meglio da quello sguardo il grado di comunicare profonda tristezza, dolore ma anche una durezza insospettabile... che è poi uno specchio della natura stessa del film, che sul finale regala un inaspettata esplosione di dura e sanguinosa violenza. Dategli una chance se vi piacciono i thriller horror che non hanno fretta di scoprire tutte le carte fin da subito, non ve ne pentirete!


Maika Monroe (Julia), Karl Glusman (Francis) e Burn Gorman (Weber) li trovate ai rispettivi link.

Chloe Okuno è la regista e co-sceneggiatrice del film. Americana, ha diretto un episodio di V/H/S/ 94. Ha 35 anni. 


Se Watcher vi fosse piaciuto recuperate La finestra sul cortile, Rosemary's Baby e Lost in Translation, tra i film che hanno influenzato Chloe Okuno durante la realizzazione. ENJOY!

venerdì 22 luglio 2022

Bolla Loves Bruno: 58 minuti per morire - Die Harder (1990)

Nonostante il caldo che mi annulla le funzioni mentali, ho cercato comunque di rispettare l'appuntamento con Bolla Loves Bruno, ovvero l'omaggio all'adorato e ormai pensionato Bruce Willis. Oggi tocca a 58 minuti per morire - Die Harder (Die Hard 2), diretto nel 1990 dal regista Renny Arlin e tratto dal romanzo 58 minuti di Walter Wager.


Trama: mentre è in aeroporto ad aspettare il ritorno della moglie per Natale, John McClane si ritrova a dovere sventare una minaccia terroristica costituita da soldati decisi a far fuggire un generale sudamericano...


Gli anni '90 si aprono per Bruce Willis col ritorno del personaggio che lo ha elevato nell'Olimpo degli eroi action. In realtà, ho volutamente saltato il film precedente del nostro, Senti chi parla, che pure adoravo da bambina, e il motivo è semplice: è un film il cui valore risiede nel doppiaggio italiano e nella voce di Paolo Villaggio, sinceramente l'idea di un bambino che parla con la voce di Bruce Willis non mi fa granché ridere, poi potrei anche sbagliarmi. Detto questo, torniamo a 58 minuti per morire. Messo da parte John McTiernan, impegnato a dirigere Caccia a Ottobre Rosso, e dimenticato il romanziere Roderick Thorp per fare spazio a Walter Wager (che col personaggio non aveva nulla a che fare), la nuova avventura natalizia di John McClane lo vede stavolta impegnato ad ingannare il tempo in aeroporto scontrandosi con pericolosi ex soldati americani convertiti in terroristi. Lo sceneggiatore Steven E. de Souza si ricollega alla continuity del film precedente (e anche a Commando, se Val Verde vi dice qualcosa), sempre scritto da lui, ed alza l'asticella del pericolo affrontato dal protagonista; John McClane è ora universalmente riconosciuto come l'eroe, il salvatore del Nakatomi, il matrimonio con Holly è tornato ad essere idilliaco, e giustamente, per la legge del #maiunagioia, la minaccia esterna arriva a superare i confini di un ristretto edificio (in questo caso l'aeroporto) per diventare ancora più infida ed estesa. Aumentano, per la frustrazione di McClane, anche gli ostacoli posti da chi dovrebbe ragionevolmente dargli una mano, tra poliziotti invidiosi del successo ottenuto dal nostro e purtroppo incompetenti, giornalisti che pensano solo agli scoop senza tenere in conto l'incolumità delle persone e chi più ne ha più ne metta, e aumentano ovviamente anche i "boss di fine livello", che in questo caso diventano addirittura tre, uno più carismatico e malvagio dell'altro.


Le minacce dirette a McClane e ai poveri, ignari passeggeri degli aerei tanto sventurati da essersi trovati a passare dall'aeroporto di Dulles nel giorno sbagliato, sono molteplici e la struttura del film segue uno schema in crescendo che vede il protagonista occuparsi (con più o meno successo) del problema contingente per poi trovarsene davanti uno più grosso, magari dopo essersi fatto trarre in inganno da una falsa pista, e la differenza sostanziale con Trappola di cristallo, oltre al bodycount decisamente superiore, è che qui McClane gioca a carte più o meno scoperte, mentre là, per buona metà del film, il suo personaggio doveva cercare di non farsi scoprire. Ciò ovviamente consente a Bruce Willis di gigioneggiare anche più di prima. Il suo personaggio è consapevole sia della sua sfiga costante sia del pericolo che minaccia lui e la moglie e, tra una sparatoria e l'altra, gli tocca armarsi di parecchia ironia per non diventare pazzo o per non spaccare la faccia a chi fa orecchie da mercante davanti alle sue giuste rimostranze; l'adorato Bruno si profonde quindi nelle improvvisazioni che gli riescono meglio, perdendo magari quell'umana debolezza che lo caratterizzava in Trappola di cristallo ma guadagnandoci in cazzimma e "invulnerabilità", per quanto sempre troppo vestito, ahimé, ché con la neve la canottiera d'ordinanza non ci stava (poi vi chiedete perché ricordassi così poco questo film? Dai, quel maglione di lana è inguardabile!!). D'altronde, stavolta gli tocca competere con almeno un paio di attori dal carisma indubbio. Vero è che Franco Nero si vede poco, ma quando compare è magnetico, e a William Sadler vengono addirittura regalate la sequenza più agghiacciante dell'intero film e un'introduzione a dir poco cult, quindi Bruno qui ha il suo bel da fare per diventare ancora più indimenticabile. 


Cambiando argomento, non è solo per la canottiera mancante che 58 minuti per morire è il film della trilogia (lo so, esistono anche Die Hard - Vivere o morire e Die Hard - Un buon giorno per morire ma non li ho mai visti) che ricordavo di meno. Renny Harlin è bravo, nulla da dire, ed è costretto a gestire molta più carne al fuoco rispetto a John McTiernan, ma il suo film risulta più sfilacciato e meno centrato rispetto a Trappola di cristallo, che non aveva un minuto morto o un elemento non funzionale neppure a cercarlo col lanternino, e riusciva ad essere claustrofobico e pieno di inquadrature interessanti; in 58 minuti per morire non mancano le scene epiche e caciarone, d'altronde stiamo comunque parlando di aerei che esplodono, ma difetta di quella scintilla "magica" che sembrava infusa in ogni sequenza del primo Die Hard, e il tempo è stato impietoso con alcuni effetti speciali (Bruce Willis e il sedile eiettabile... 'nuff said). Ciò detto, non si può dire che 58 minuti per morire sia un brutto film, anche se da quel che ricordo Duri a morire è molto, ma molto più bello, e sicuramente in queste serate caldissime è in grado di portare non solo un po' di sano, caciarone divertimento action, ma anche un'illusione di freschezza, grazie a tutta la neve (finta) di cui abbonda. Col prossimo Bolla Loves Bruno si cambia genere, preparatevi! 


Del regista Renny Arlin ho già parlato QUI. Bruce Willis (John McClane), Bonnie Bedelia (Holly McClane), William Atherton (Thornberg), Reginald VelJohnson (Al Powell), Franco Nero (Esperanza), William Sadler (Stuart), John Amos (Grant), Tom Bower (Marvin), Sheila McCarthy (Samantha Coleman), Robert Patrick (O'Reilly), John Leguizamo (Burke), Vondie Curtis-Hall (Miller) e  Mark Boone Junior (Shockley) li trovate ai rispettivi link.


Dennis Franz, che interpreta Carmine Lorenzo, sarebbe diventato famosissimo pochi anni dopo per il ruolo di Andy Sipowicz nel telefilm New York Police Department. Ciò detto, se vi interessa 58 minuti per morire, sappiate che prima dovete guardare Trappola di cristallo e poi, se il genere vi piace, Die Hard - Duri a morire, Die Hard - Vivere o morire e Die Hard - Un buon giorno per morire. ENJOY!

mercoledì 20 luglio 2022

Non sarai sola (2022)

La scorsa settimana è uscito in pochi cinema anche Non sarai sola (You won't be alone) particolarissima fiaba horror scritta e diretta dal regista Goran Stolevski.


Trama: resa muta e poi rapita da una strega in grado di cambiare forma, una giovane ottiene lo stesso potere e, attraverso esso, sperimenta diverse esistenze...


Che buffo recuperare un film in quanto horror e in quanto interpretato da Noomi Rapace, solo per poi scoprire che di horror ce n'è ben poco e ancor meno di Noomi Rapace e rimanerne comunque molto soddisfatta. E che buffo che un film simile sia approdato nelle sale italiane, per di più a luglio, visto che non è proprio un esempio di cinema leggero e adatto alla stagione, anzi. Non sarai sola è quello che potrei definire un Malick meets Eggers, giusto per farvi capire con cosa avrete a che fare se mai decideste di dargli un'occhiata; è una pellicola fatta di lunghi silenzi, insistite riprese di elementi naturali accarezzati da mani, calpestati da piedi e divorati da bocche, di sguardi che si intrecciano mentre la protagonista muta si abbandona a un malinconico monologo interiore, cercando di capire se stessa e il mondo. L'aspetto folk horror è ciò che da il via alla vicenda ma non ne è il fulcro, quanto piuttosto un mezzo per consentire alla protagonista di provare sulla propria pelle diverse esperienze e andare oltre il limitato universo a cui era stata condannata da una madre spaventata. Come nelle migliori fiabe, tutto comincia con una strega. Maria, la divoratrice di lupi, si palesa nella capanna della madre della piccola Nevena, pretendendone il sangue, e la donna le promette invece la figlia al compimento dei sedici anni; decisa a non tenere fede alla promessa, la madre di Nevena rinchiude la figlia in una caverna "sacra", dove la fanciulla cresce senza sapere nulla del mondo, finché Maria non arriva a reclamarla e la marchia, rendendola una strega capace di cambiare forma. Priva di una guida e di una madre, Nevena comincia a seguire la sua potenziale aguzzina, ma la vita di Maria, creatura solitaria e violenta, non si addice a una giovane affamata di emozioni, inesperta e curiosa, così Nevena si ritrova, per un tragico caso, a "cambiare pelle" così da fare esperienza di ogni aspetto della vita. 


Nevena uccide le sue vittime per rubarne l'aspetto ma Non sarai sola non parla di morte, bensì di vita. Davanti agli occhi della protagonista sfilano esistenze miserevoli di donne schiacciate dal lavoro (il film è ambientato nella Macedonia del XIX secolo) e costrette a subire le angherie di mariti violenti, di uomini messi al bando perché considerati deboli dai loro pari, ma anche di calore familiare legato ai bambini, all'innocenza di questi ultimi, di amore capace di superare la "pelle" e arrivare al cuore di una persona, al punto di farle pensare "la vita è dolorosa e orribile... Eppure. Eppure." Non sarai sola racconta, appunto, la vita, vista con gli occhi innocenti di chi non la conosce e si rende conto di come, all'interno di essa, gioia e dolore siano due facce della stessa medaglia, imprescindibili e necessarie; la stessa Maria, strega cattiva del racconto, in realtà è vittima di un'orribile storia capace di spezzare il cuore, e la stessa Nevena non è né buona né cattiva, semplicemente esiste, e ogni sua azione può assumere una connotazione diversa a seconda dei punti di vista. Come avete capito, qui si parla più di "filosofia" che di horror, e Non sarai sola, nonostante una buona dose di sangue, il bel make up della strega ustionata e i begli effetti speciali, è quello che si potrebbe definire un film intimista, d'atmosfera, quindi sicuramente non sono la persona più adatta a parlarne; il ritmo della pellicola è lentissimo e dilatato, i silenzi la fanno da padrone e tutto viene affidato alla bellezza di regia e fotografia, unita alla bravura degli interpreti, soprattutto di quelli femminili. A mio avviso è un piccolo, stranissimo gioiello, ma mi rendo conto che potrebbe non incontrare i gusti di tutti.


Di Noomi Rapace (Bosilka/madre) ho già parlato QUI mentre Anamaria Marinca (Maria/Divoratrice di lupi) la trovate QUA.

Goran Stolevski è il regista e sceneggiatore della pellicola. Di origini australiane e rumene, è al suo primo lungometraggio ed è anche produttore e montatore.


Se Non sarai sola vi fosse piaciuto recuperate The VVitch, Hellbender e Gretel e Hansel. ENJOY!

martedì 19 luglio 2022

Incantation (2022)

La scorsa settimana è uscito su Netflix un film presentato ad aprile al Far East Film Festival (non la versione on line), Incantation (), diretto e co-sceneggiato dal regista Kevin Ko.


Trama: avendo profanato un luogo sacro anni prima, una donna si ritrova vittima di una maledizione che minaccia di ucciderne la figlia...


Potrei sbagliarmi ma non penso di avere mai guardato un find footage orientale e la cosa mi dispiace, perché chi è un po' più esperto di me ha nominato spesso e volentieri Noroi come uno degli esempi più spaventosi del genere. Il film di Kōji Shiraishi viene spesso citato, da chi ha visto sia Noroi che Incantation, come palese fonte di ispirazione per la pellicola di Kevin Ko, il quale ha tuttavia dichiarato di avere preso spunto dall'assurda storia vera di una famiglia Taiwanese i cui membri erano tutti convinti di essere posseduti da demoni e, di conseguenza, passavano il tempo ad esorcizzarsi a vicenda con metodi decisamente poco ortodossi (bruciature di incensi, urina e feci spalmate sul corpo, ecc.), finché la figlia maggiore non ci ha rimesso la ghirba. In effetti, Incantation nasce da un misterioso rito collettivo effettuato da un'intera comunità, e racconta di come tre incauti videoamatori si siano attirati addosso una potente maledizione introducendosi in uno dei luoghi cardine del rito, un tunnel dall'ingresso interdetto, ma le somiglianze con la storia vera della famiglia di Taiwan finiscono qui. La vera protagonista di Incantation è infatti Ronan, l'unica sopravvissuta, che dopo anni di terapia psichiatrica trova finalmente il coraggio di richiedere la potestà della figlioletta, abbandonata per ovvie ragioni; la maledizione che sembrava essersi allontanata da Ronan, tuttavia, torna a farsi sentire dapprima come "mostro invisibile" che pare interessato solo alla pargoletta, dopodiché come malattia che comincia a consumare la bambina da dentro, portandola vicina alla morte. I tragici eventi vengono riportati in prima persona da Ronan: attraverso un video che ricostruisce l'intera vicenda, la protagonista mira a convincere gli spettatori ad aiutare lei e sua figlia, invitandoli a pronunciare l'antica benedizione "Hou Ho Xiu Yi Si Sei Wu Ma" prima che l'orrore riesca ad inghiottirle entrambe.


Il reportage di Ronan, e così la struttura di Incantation, non è lineare né segue la consecutio temporum. La protagonista mette insieme pezzetti di serena vita familiare intervallati a sprazzi di ciò che è successo anni prima, torna a mostrarci un presente sempre più nero e di nuovo ci offre uno sguardo sulla sofferta terapia psicologica che l'aveva portata a diventare quasi normale, rimandando il recupero del terribile video girato all'interno del tunnel proibito fin quasi sul finale, dove tutto ciò che si era accumulato in precedenza esplode con una scioccante rivelazione. L'idea in sé sarebbe anche affascinante, e Incantation è a tratti molto efficace nel dipingere l'orrore che perseguita da anni Ronan e che torna a prendere forza proprio nel momento in cui la donna si ritrova ad avere a che fare con una pargolotta adorabile, tuttavia la narrazione spezzettata e frammentaria, unita all'eccessiva lunghezza di un film di quasi due ore, non giovano al ritmo d'insieme dell'opera. I momenti condivisi tra Ronan e la figlia sono necessari ma ripetitivi, e la stessa ripetitività si avverte purtroppo in quella che dovrebbe essere la parte più "succosa" del film, ovvero quella ambientata all'interno dell'inquietante villaggio dov'è nata la maledizione, alla quale forse avrebbe giovato un po' più di compattezza a livello cronologico, senza diluirla in infiniti salti temporali che rischiano di creare solo confusione allo spettatore (li ho patiti io, che pur ho capito senza problemi il film, figuriamoci lo spettatore medio di Netflix o lo spettatore medio in generale!). E' un peccato, perché Incantation aveva tutte le potenzialità per risultare uno dei film più terrificanti dell'anno data l'abbondanza di sequenze efficacissime, che giocano più sul non visto che sull'effettivo jump scare (per non parlare dell'interessante colpo di scena che rompe ulteriormente la quarta parete), invece così risulta una visione gradevole ma non memorabile. 

Kevin Ko è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Taiwanese, ha diretto film come Invitation Only ed è anche produttore e montatore. 


Se Incantation vi fosse piaciuto magari recuperate Noroi, che è quello che farò io. ENJOY!


venerdì 15 luglio 2022

X (2022)

Con un ritardo a dir poco imbarazzante rispetto al resto del mondo, con un titolo ancora più imbarazzante che non riporterò per verecondia, e in un periodo dei più infelici, è uscito ieri in tutta Italia X, l'ultimo film scritto e diretto dal regista Ti West. Mi permetto di fare SPOILER qui e là, tanto ormai chi era davvero interessato avrà già avuto modo di vedere X almeno dieci volte. 


Trama: nel 1979, una troupe si reca in una sperduta fattoria del Texas per girare un porno ma i vari membri del cast andranno incontro a un ben cupo destino...


Era dalla deludente visione di The Sacrament che davo per disperso Ti West, relegato alla realizzazione di episodi per serie horror pur importanti, come L'esorcista, Outcast o Them, tanto che non mi ero neppure accorta dell'uscita del suo ultimo lungometraggio, Nella valle della violenza. Questo X, invece, lo aspettavo con ansia, neanche tanto in virtù del nome alla regia, quanto per la presenza di due adorabili e bravissime attrici quali Mia Goth e Jenna Ortega, e l'attesa è stata ripagata con quello che, almeno per me e al momento, è l'horror più bello del 2022. Siccome ne avrete già letto da gente molto più competente di me più o meno ad aprile, quando X ha fatto il suo ingresso nelle case di tutti gli appassionati con un minimo di dimestichezza informatica, eviterei di soffermarmi sullo stile di West, che omaggia non solo quello dell'Hooper di Non aprite quella porta (primo termine di paragone, ovviamente) ma anche quello di Ford, che poco c'entra con l'horror ma che qui è assolutamente efficace, ed eviterei anche di sottolineare la cruda bellezza delle secchiate di sangue con cui vengono ricoperti corpi bellissimi e ammiccanti o l'efficacia di un make up in particolare, perché la messa in scena di X è talmente elegante che mi vergogno a parlarne. Mi asterrei anche dal fare apprezzamenti sulla bontà del cast, ma siccome un paio di interpretazioni sono funzionali alla particolarità di ciò che X vuole raccontare, qualche "nome" eccellente mi toccherà farlo per forza.


E dunque, cos'è X e perché mi è piaciuto così tanto? Beh, perché al di là dell'ovvia gradevolezza della mattanza e della sua natura di horror, racconta una storia talmente triste e malinconica da rendere tridimensionali persino i personaggi che si vedono per cinque minuti. X come X-Rated, X come il "fattore" che fa spiccare la giovane Maxine agli occhi dello scafato produttore porno Wayne, X come la generazione di giovani che vorrebbero giustamente tutto e subito, proprio in virtù della loro freschezza, forza e giovinezza, che anelano alla libertà di essere ciò che desiderano perché gli è dovuto (e non lo dico in senso negativo); l'inizio di X sembra quasi un'appendice di Boogie Nights e contiene in sé lo stesso ottimismo, non fosse per la presenza insistente di un predicatore televisivo che sembra invece uscito da The Sacrament, per l'appunto, e che prefigura un destino cupo per i protagonisti. Eppure, non sono il puritanesimo o la cieca fede religiosa le fonti di tutto il male che colpisce la troupe del film, quanto piuttosto l'invidia e il rimpianto che portano ad una folle disperazione e a un desiderio di possedere, in modo distorto, una scintilla di ciò che brillava fulgido in passato e che, col tempo, si è spento fino a lasciare solo ricordi polverosi. In tal senso, il doppio ruolo della grandiosa Mia Goth è semplicemente perfetto. Da una parte abbiamo Maxine, che ha avuto il coraggio di liberarsi dalle catene di una religione oppressiva e di vivere appieno la giovinezza, dall'altra abbiamo Pearl, graziata da doni simili eppure costretta a rinunciarvi e a vivere per sempre nel rimpianto, guardandosi appassire e consumarsi di desiderio; è ovvio che il nostro cuore vada alla prima, disgustati come siamo dalla pazzia e dalla bruttezza della seconda, eppure West ci dice che abbiamo davanti le due facce della stessa medaglia, e che, nonostante tutto, la disperazione che muove Pearl è comprensibile e, ahimé, inevitabile. D'altronde, quello è il ciclo della vita. 


La "donna che visse due volte" Mia Goth è il fulcro della pellicola, ma all'interno di X ci sono tante piccolissime perle di sceneggiatura, quell'accenno di una storia, di una personalità, capace di rendere umani i protagonisti e di spingerci a dispiacerci per loro. Il pianto di RJ, costretto a passare dall'ovattato mondo universitario a una realtà che non è come quella dei film, il cameratismo tra i membri anziani della troupe, distanti dalla natura di pervertiti che la società vorrebbe affibbiargli, la lenta presa di coscienza di Lorraine, strappatale in maniera crudele, la rivelazione su Maxine e persino i momenti di intimità tra Pearl e il marito, che sicuramente tantissimi troveranno trash e di cattivo gusto, sono tutti piccoli elementi necessari a fare di X un'opera sfaccettata e lontana da un semplice omaggio ai vecchi horror, o un esercizio di stile fine a se stesso. Che poi, ovviamente, quello che colpisce maggiormente l'occhio sia una cura quasi tarantiniana per il dettaglio vintage o la natura "furba" della colonna sonora, non sarò io a negarlo, tuttavia credo che non riconoscere a X la sua capacità di scavare a fondo e rimestare nel torbido di un terrore sociale che troppo spesso ci soffoca e ci porta a vivere la vita con ancora più angoscia del normale, sia a dir poco ingiusto. Se, per miracolo, non lo avete ancora visto e se, ancora più per miracolo, vi capitasse di trovarlo programmato al cinema, dategli una chance, non ve ne pentirete.  


Del regista e sceneggiatore Ti West ho già parlato QUI. Mia Goth (Maxine/Pearl) e Jenna Ortega (Lorraine) le trovate invece ai rispettivi link.

Martin Henderson interpreta Wayne. Neozelandese, ha partecipato a film come The Ring, The Strangers: Prey at Night e a serie quali Home and Away, Dr. House e Grey's Anatomy. Ha 48 anni. 


Quest'anno dovrebbe uscire anche Pearl, il prequel di X, scritto da Ti West durante un periodo di quarantena da Covid e realizzato una volta finite le riprese di X. Personalmente, non vedo l'ora che esca!! ENJOY!

martedì 12 luglio 2022

Notte Horror 2022: Dovevi essere morta (1986)


Buona sera a tutti quelli che sono arrivati qui dopo l'ottimo antipasto servito da Arwen. Il titolo da me scelto come secondo appuntamento della Notte Horror odierna è una sorta di nomen omen, visto il caldo devastante che mi ha annullato le funzioni vitali: Dovevi essere morta (Deadly Friend), diretto nel 1986 dal regista Wes Craven e tratto dal romanzo Friend di Diana Henstell.


Trama: Paul è un ragazzo geniale che, dopo essersi trasferito in una casa nuova con la madre e il robot da lui creato, BB, fa amicizia con Samantha, la quale è costretta a subire le sevizie di un padre violento. Tra i due ragazzi nasce un tenero sentimento, ma la tragedia è dietro l'angolo...


Per me, Dovevi essere morta nasce prima come collage di scene truci raccontate dagli amici più grandi, intorno ai primissimi anni '90, e solo in seguito come film, quando ho cominciato a registrare tutto quello che veniva programmato su Notte Horror. Forse è per questo motivo, o forse perché la sequenza in questione è davvero impressionante, che ho marchiata a fuoco nel cervello, da anni, la fine ingloriosa della maledetta Elvira per mano di pallone da basket (una roba che continua a mettermi ansia, tanto che ho avuto difficoltà a dormire anche a 41 anni suonati, ché provateci voi a farlo tenendo il lenzuolo sulla testa perché "non è che ho paura di Samantha, naah!, avevo solo voglia di fare una sauna!"); in generale, comunque, Dovevi essere morta mi aveva fatto così paura, in quella scena e durante il terrificante finale, che per esorcizzare il tutto avevo anche inciso su cassetta la "BB song" che si sente durante i titoli di coda. Pensate com'ero scema: la sentivo iniziare, mi ca*avo in mano, e mandavo avanti il nastro, soprattutto se ero sola in casa. Nonostante questa "passione", è passato tantissimo tempo dall'ultima volta che ho visto Dovevi essere morta e, con l'arrivo di internet, non solo hanno cominciato a comparirmi sotto gli occhi articoli sempre meno lusinghieri sul film in questione ma ho avuto anche la fortuna di leggere Friend, che ha delle atmosfere talmente cupe, tristi e rivoltanti, oltre a dei personaggi più che tridimensionali, da lasciarmi a mia volta perplessa sulla bontà dell'operazione di Craven (il romanzo, per la cronaca, lo trovate sul Kindle Store a UN euro, ma è solo in lingua inglese: continuo a ripetere quello che ho scritto QUI, mi offro di tradurlo, spargete la voce a qualche editore illuminato e coronate il mio sogno di lavorare come traduttrice, grazie!).


In effetti, visto oggi, con quel minimo di senso critico che a 14/15 anni mi mancava, Dovevi essere morta è un pasticcio. Craven e lo sceneggiatore Bruce Joel Rubin erano partiti con l'idea di realizzare un thriller PG-rated con elementi sci-fi e sovrannaturali, imperniato sì sulla macabra storia d'amore tra Paul e Sam, ma soprattutto sulla natura estremamente negativa di quegli adulti che avrebbero dovuto amarli e proteggerli. Di questa visione, oltre alla presenza di BB e alla resurrezione di Sam, in Dovevi essere morta è rimasta solo la cattiveria del padre di Sam e della vecchia Elvira (nel libro la madre di Paul non è in grado di amarlo anche se vorrebbe, nel film abbiamo a che fare con una donna clueless ma comprensiva), mentre il sentimento totalizzante tra Paul e Sam, che nella storia originale raggiunge i livelli di un'ossessione a causa dell'orribile solitudine che provano entrambi i protagonisti, si è affievolito fino a diventare una tenera amicizia ulteriormente distrutta da un montaggio che l'ha ridotta a pochi momenti spezzettati. Tutte le parti gore presenti nel film, che in seguito sono state a loro volta tagliate e ridotte per ottenere un R rating, sono state volute dai produttori dopo avere scoperto la fama di violento regista horror di Wes Craven, con sommo scorno del nostro che, per una volta, voleva fare un film senza maniaci, senza sangue, senza sogni terrificanti; cosa ancora più "divertente", quel finale che da ragazzina mi aveva terrorizzata è stato appiccicato con lo sputo dall'allora presidente della Warner Bros., e fa a pugni con tutto ciò che viene mostrato in precedenza sul legame che avrebbe dovuto intercorrere tra Sam e Paul. 


Il risultato di questo delirio di tagli e rimaneggiamenti è che, fondamentalmente, allo spettatore arriva a non fregare nulla né di Sam né di Paul, soprattutto quando il rapporto tra i due diventa quello tra padrone perplesso e cagnolino disobbediente, e purtroppo ciò che premeva a Craven è stato ridotto ad una noiosa appendice tra un'omicidio e l'altro. Lo stesso robot BB (o, se preferite, Johnny 5 di Corto Circuito, film che adesso ho una voglia matta di riguardare) è mal sfruttato, nella misura in cui la reazione di Paul alla sua dipartita, dopo trenta secondi di disperazione assoluta, pare quasi di menefreghismo che scompare giusto nel momento in cui al ragazzo serve l'aiuto di Tom per tentare di salvare Sam; non a caso, prima della scomparsa di BB il film somiglia parecchio, salvo l'incubo imposto di Sam, all'idea originale del regista, dopodiché si comincia la rincorsa all'horror fine a se stesso e del legame tra personaggi non importa più nulla a nessuno, importano solo le tre sequenze in cui le vittime subiscono una morte orribile (per quanto giusta, almeno le prime due) e il tripudio di effetti speciali splatter che risultano ottimi ancora oggi. Personalmente, non mi è dispiaciuta nemmeno l'interpretazione dell'allora esordiente Kristy Swanson, che spicca su un cast non proprio brillantissimo o memorabile; nonostante il trucco che si potrebbe definire indegno di un brutto cosplay di zombi, le sue movenze robotiche sono inquietanti e lo stesso vale per lo sguardo vuoto e feroce che rifila ai malcapitati bersagli della sua inevitabile vendetta. Insomma, non parliamo del film più bello di Craven, anzi, diciamo che Dovevi essere morta è uno dei suoi passi falsi peggiori, ma con tutto il bagaglio di ricordi che il film si porta dietro non posso volergli male al 100%, anche perché altrimenti rischierei di dovermela vedere con Samantha!


Del regista Wes Craven ho già parlato QUI mentre Anne Ramsey, che interpreta Elvira, la trovate QUA. 

Kristy Swanson interpreta Samantha. Americana, la ricordo per film come Hot Shots!, Buffy l'ammazza vampiri, Sesso e fuga con l'ostaggio e serie quali Alfred Hitchcock presenta, Genitori in blue jeans e CSI: Miami. Anche produttrice, ha 53 anni.


Matthew Labyorteaux, che interpreta Paul, si è in seguito dato al doppiaggio di cartoni animati e videogiochi e, a proposito di doppiaggio, la voce di Charles Fleischer accomuna il robot BB a Roger Rabbit! ENJOY!

Se volete continuare la Notte Horror nelle prossime settimane, di seguito trovate i link ai post di chi ha partecipato prima di me e il Bannerone col resto degli appuntamenti!

La Bara Volante - American Mary (se siete curiosi, ne ho parlato anch'io QUI)
Il Zinefilo - Darkman (se siete curiosi, ne ho parlato anch'io QUI)



venerdì 8 luglio 2022

Studio 666 (2022)

A fine giugno è uscito per pochi giorni al cinema Studio 666, diretto dal regista BJ McDonnell e interamente interpretato dai Foo Fighters.


Trama: i Foo Fighters vanno a registrare l'ultimo album in una villa in cui, anni addietro, si era consumata una serie di omicidi rituali, e il frontman Dave Grohl viene posseduto da un demone...


Breve storia triste: il mio regalo per il compleanno del Bolluomo, nel 2020, era stato un biglietto per il concerto dei Foo Fighters che avrebbe dovuto tenersi nel giugno di quell'anno. Causa Covid il concerto è stato rimandato per due anni di fila e questo sarebbe stato l'anno giusto, non fosse che la sfiga ci vede benissimo e ha colpito il povero Taylor Hawkins, il batterista del gruppo, che è morto troppo giovane, con conseguente, ovvia e giusta cancellazione definitiva del tour. Tutto questo per dire che al Bolluomo i Foo Fighters sono sempre piaciuti molto ed è per questo che, nonostante il dolore ancora fresco per la scomparsa di un talentuoso musicista, gli ho proposto di guardare Studio 666, horror nato da un soggetto del cantante Dave Grohl e messo in scena con tutto il gruppo al completo, con l'aggiunta di qualche attore più o meno famoso e un paio di guest star di tutto rispetto, tra spiriti guida e tecnici del suono. La trama è quanto di più "tipico" per il genere e segue il cliché dell'artista maledetto che decide di (o viene costretto a) fare un patto col demonio, con i Foo Fighters che si trovano bloccati in una casa infestata e alle prese con un Dave Grohl posseduto da un'entità che lo spinge a realizzare un brano dalla durata spropositata. Nulla di nuovo o di eclatante sotto il sole, dunque, ma il risultato è comunque simpatico e divertente nella misura in cui Studio 666 ironizza sull'immagine di "buono" che da anni accompagna Grohl e trasforma un paio di membri del gruppo in personaggioni nel senso ironico del termine, soprattutto il tastierista Rami Jaffee, protagonista di alcune delle gag più riuscite e trash del film.


Come horror, Studio 666 non si tira indietro nel mostrare sangue a litri e splatterate assortite, con gli effetti speciali "pratici" molto più goderecci ed interessanti della CGI che ammorba un po' a causa di alcuni dei demoni/spettro più brutti mai realizzati (d'altronde, il regista ha cominciato a gamba tesa con Hatchet 3, quindi non parliamo proprio di un omino raffinato!), e c'è da dire che anche le scenografie, con tanto di scantinato inquietante, fanno il loro sporco lavoro. Ma se uno guarda un horror coi Foo Fighters, ovviamente, lo fa in primis per il gruppo, mi verrebbe da dire. Ebbene, sul talento da attore di Dave Grohl non avevo dubbi, basta vedere i video dei singoli tratti da There Is Nothing Left to Lose, quelli che hanno reso famoso il gruppo anche tra chi non aveva idea di chi fosse l'ex batterista dei Nirvana (tra l'altro il suo trucco zannuto mi ha ricordato tantissimo quella trashata di Evil Toons, che potrebbe non essere un complimento ma tanto è l'affetto per quella schifezza che lo diventa automaticamente), mentre i suoi compari vanno dall'imbalsamato (il bassista Nate Mendel su tutti) all'entusiasta ma scarso (il chitarrista Pat Smear) e la bonanima di Taylor ha ammesso candidamente di non essersi neppure sbattuto ad imparare il copione e di avere improvvisato tutto. Che la terra ti sia levissima, biondo! Ciò detto, Studio 666 è un gradevolissimo horror la cui leggerezza è perfetta per il periodo estivo, quindi vi consiglierei di dare un'occhiata anche se non siete fan, anche solo per godere dei frutti dell'atmosfera rilassata che sicuramente si sarà respirata sul set!


Del regista BJ McDonnell ho già parlato QUI. Jenna Ortega (Skye Willow) e John Carpenter (che interpreta il tecnico del suono e firma anche la colonna sonora) li trovate invece ai rispettivi link.


Leslie Grossman, che interpreta Barb Weems, è ormai habitué della serie American Horror Story e dovrebbe tornare anche nell'undicesima stagione. Ciò detto, se Studio 666 vi fosse piaciuto recuperate Tenacious D e il destino del rock e Deathgasm. ENJOY!