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venerdì 29 settembre 2023

Bolle di Ignoranza: Slotherhouse (2023)

Sono stata costretta a riprendere la rubrica Bolle di ignoranza (post su film visti a metà, abbandonati, sacrificati al potere di Morfeo o talmente brutti da non meritare nemmeno mezza riga in più) con uno dei film che ho cominciato a guardare con più convinzione, Slotherhouse di Matthew Goodhue.


Trama: per racimolare voti e diventare la "regina" della confraternita, Emily si procura un bradipo a mo' di mascotte. Purtroppo, la bestiola non è pucciosa come sembra...

Una faccia che riassume tutto ciò che penso...

Sì, la battuta viene facile. Un film come Slotherhouse, già dalla trama e dal titolo, è perfetto per le Bolle di ignoranza, ma non è questo il motivo per cui l'ho inserito nella rubrica. La verità è che, guardandolo, speravo di farmi delle grassissime risate trash, perché i presupposti c'erano tutti: Slotherhouse, sulla carta, è uno di quei bitch movie alla Mean Girls, fatti di reginette petulanti e competitività collegiale femminile, con in più uno spiazzante elemento horror incarnato da un BRADIPO OMICIDA, cosa mai avrebbe potuto andare storto? Ecco, è successo che ho dormito per buona parte del film. Il mio cervello si è spento nel momento esatto in cui Alpha, la bradipa protagonista, viene presentata come mascotte della confraternita, dopo un inizio frizzantino a base di infografiche sulla quantità di follower presenti sugli account delle varie fanciulle del college. Si è spento, oltre che per solidarietà con la natura bradipesca di Alpha, soprattutto per due motivi. Il bradipo è brutto, giusto cielo. E' un pupazzo malfatto, un animatronic che non riesce a muoversi, è un insulto all'artigianalità del mio adorato Benny Loves You, che in confronto a Slotherhouse diventa Evil Dead. Soprattutto, il bradipo non uccide. Cioè, lo fa ma senza gusto per il gore, con stacchi di montaggio che passano dalla faccetta "cattiva" di Alpha al cadavere quasi privo di sangue, e allora cosa lo guardiamo a fare 'sto film? Per chiederci perché mai un bradipo dovrebbe imparare a farsi selfie, usare gli hashtag e guidare persino una macchina? Non mi è venuto neppure da ridere, dai, e mi stupisco di non essermi addormentata dopo trenta secondi. Salvo un'ottima colonna sonora e le mise modaiole delle protagoniste (tutte mediamente cagne maledette, per inciso), Slotherhouse merita solamente di finire nel dimenticatoio!

mercoledì 27 settembre 2023

Nessuno ti salverà (2023)

Era nel mio radar da qualche tempo, poi la settimana scorsa è uscito su Disney + e ne hanno parlato bene più o meno tutti i miei amici cinefili su Facebook, quindi, appena ho avuto una sera libera, mi sono buttata su Nessuno ti salverà (No One Will Save You), diretto e sceneggiato dal regista Brian Duffield.

Trama: Brynn vive da sola in una casetta ai margini del paese, dove passa il tempo a costruire modellini di case, confezionare abiti e scrivere lettere, almeno finché, una notte, la sua abitazione non viene invasa dagli alieni...


Una cosa che dimentico spesso è quanto mi facciano paura i film con gli alieni, mai capito il perché. Se vedo spuntare un'astronave, o se le intelligenze aliene vengono utilizzate come escamotage narrativo letterario (Hi, Stephen, I'm talking to you) impazzisco e smetto di considerare seriamente l'opera, ma datemi un home invasion con uno o più alieni e mi vedrete nascondermi tra i cuscini del divano. E' un terrore ancora più insensato di quello verso bambole, clown e demonio, eppure ce l'ho e tendo a dimenticarlo perché gli alieni (intesi come i generici "grigi", lo xenomorfo non mi fa né caldo né freddo) non vengono utilizzati così spesso nel cinema horror; ciò mi ha fatto vivere buona parte di Nessuno ti salverà preda di una paura fotonica che mi ha lasciata davanti allo schermo in religioso silenzio, immobile come una statua, e me ne sono accorta perché stamattina ho mal di testa da occhi e bocca impietriti. Brian Duffield, tra l'altro, non fa sconti a chi è pavido come la sottoscritta. Cinque minuti di prologo, quanto basta per inquadrare la protagonista come il paria della cittadina a causa di un tremendo evento che verrà dolorosamente rivelato in toto verso la fine del film, e l'invasione del piccolo mondo di Brynn comincia, mantenendosi ineluttabile e martellante per tutta la durata di Nessuno ti salverà. Titolo, tra l'altro, che non si riferisce solo all'impossibilità di fuggire ad un'invasione aliena su vasta scala, ma soprattutto al dolore che la protagonista è costretta ad affrontare in solitudine ogni giorno della sua esistenza. Un solo, terribile errore commesso da ragazzina, ha condannato Brynn a una vita di rimorsi e pentimento, alimentati da una cittadina che ha fatto fronte comune per isolarla e negarle anche solo la speranza del perdono, tra sguardi disgustati, dispetti crudeli e gesti di puro disprezzo di persone che non si rendono conto di come la punizione più grande Brynn se la infligga già da sola. La consapevolezza indotta di non meritare di vivere si scontra con la volontà di farlo comunque, soprattutto quando compare una minaccia tangibile davanti alla quale Brynn lotterà con le unghie e con i denti per non farsi privare di quel poco che le è rimasto.


L'intelligenza di Brian Duffield, davanti a un personaggio così particolare e schivo, fuori dal tempo e dalla realtà, è stata quella di aver realizzato un film praticamente privo di dialoghi; ciò serve non solo a sottolineare la natura aliena degli invasori, che comunicano tra loro in una serie di versi e suoni incomprensibili, ma anche l'isolamento totale di Brynn, tristemente abituata a non poter dare voce a ciò che le pesa sul cuore da anni. Non a caso, le uniche parole pronunciate da Brynn durante il film sono in qualche modo risolutive, e sono le uniche che la ragazza sente di dover dire davvero. Kaitlyn Dever (attrice che non conoscevo affatto) si carica sulle spalle il peso emotivo di un film che rischiava di essere un banalissimo home/alien invasion, e lo fa sfruttando essenzialmente la mimica facciale e uno sguardo addolorato e malinconico che non l'abbandona neppure nei momenti apparentemente più "tranquilli" del film. Inoltre, i confronti fisici con gli alieni e la cazzimma che dimostra nella maggior parte delle sequenze la catapultano di diritto nel novero delle future, giovani scream queen da tenere d'occhio. In realtà, l'unica cosa che non ho granché apprezzato di Nessuno ti salverà è la resa degli alieni. E' bello che il loro design sia quello classico dei "grigi", in virtù del fatto che Brynn si sia creata un mondo retrò tutto suo (scenografie, costumi e colonna sonora sono uno spettacolo), e gli alieni piccolini sono davvero inquietanti, ma quelli giganteschi evidenziano qualche limite di budget a livello di CGI e, almeno a me, sono sembrati alquanto posticci. Nulla che possa inficiare la qualità di un film che è riuscito sia a mettermi ansia che a commuovermi, una sorpresa inaspettata nel mare magnum di scadenti produzioni esclusive per lo streaming, che vi consiglio di recuperare appena possibile! 


Del regista e sceneggiatore Brian Duffield ho già parlato QUI.

Kaitlyn Dever interpreta Brynn. Americana, ha partecipato a film come Bad Teacher - Una cattiva maestra, J. Edgar, Detroit, Beautiful Boy, La rivincita delle sfigate e a serie quali Monsterland. Anche produttrice e regista, ha 27 anni. 


Se Nessuno ti salverà vi fosse piaciuto recuperate Signs, Altered - Paura dallo spazio profondo e Oscure presenze - Dark Skies. ENJOY!

martedì 26 settembre 2023

I mercen4ri - Expendables (2023)

Domenica sera sono andata col Bolluomo a vedere I mercen4ri - Expendables (Expend4bles), diretto dal regista Scott Waugh. Ora, siccome ne hanno già parlato in modo più che competente QUI e QUI, non mi sembra il caso di arrivare a fare la galla ignorante sulla munnezza e propinarvi una recensione seria di 'sta somma meenchiata, che vi sconsiglierei di vedere al cinema. Quindi, dopo la consueta trama, troverete le pagelle dei protagonisti (in rigoroso, democratico ordine di credits) con inevitabili spoiler, un po' come facevo assieme ad Alessandra ai bei tempi della terza stagione di Twin Peaks. Ripeto, occhio agli SPOILER e... ENJOY!


Trama: tornano gli Expendables (tradotto in italiano con "cancellabili". Ma anche negli altri film c'era 'sta sonora cretinata?) e stavolta devono cercare di impedire la terza guerra mondiale recuperando dei detonatori rubati dalla misteriosa organizzazione Ocelot... 

Jason Statham - Christmas

Ormai il film è il suo one man show, il che è tutto dire, visto che una volta guardavamo The Expendables per le vecchie glorie, non certo per l'ultimo arrivato. Lo so, io sono sempre stata un po' mossa da acredine verso il buon Jason, e adesso che il mio adorato Bruce si è ritirato in modo inglorioso ho proprio il dente avvelenato (ribadisco che Staham non sarà MAI gnocco come Bruce. E nemmeno bravo), ma bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: nei panni di Christmas, Statham gigioneggia, picchia come un fabbro ferraio, si sbatte la tizia più patata del film, dissimula imbarazzo pronunciando dialoghi incommentabili senza neppure storcere la bocca, si ritaglia momenti di eroismo puro. Insomma, finché ci crederanno lui e il suo commercialista la saga potrà anche andare avanti. Male, ché quest'ultimo capitolo è imbarazzante, ma avrebbe comunque un senso.
Voto: 7

50 Cent - Easy Day

Talmente inutile che potrebbe anche non esserci, salvo per dare il la ad una gag (in cui lui, peraltro, è fisicamente assente) dove viene utilizzato il suo immortale successo P.I.M.P. Se nel 2010 era stato calcioruotato fuori dall'operazione, ci sarà stato un motivo.
Voto: n.p.


Megan Fox - Gina

Nel post dedicato a Till Death scrivevo queste parole: "mi piacerebbe conoscere la marca dei cosmetici utilizzati visto che il personaggio di Megan Fox, nonostante tutto, arriva a fine pellicola con sopracciglia definite, ciglia lunghissime, zigomi e tratti somatici scolpiti da bronzer, illuminante e blush e persino con le labbra pittate di gloss brillante, messo, per inciso, un istante prima di andare a dormire, così da svegliarsi già pronta al mattino". Ne I mercen4ri la Fox esordisce come la peggiore delle vajasse urlanti, si profonde con Christmas nel pre-amplesso meno sexy della storia del cinema, conclude la sua performance rendendo ciechi gli spettatori maschi con una capezzolata di tutto rispetto e, per il resto del film, si limita a fare brutto tenendo in mano un mitra senza mai perdere neppure una singola particella di illuminante e sempre col capello fluente, morbido, appena mosso da una leggera brezza perenne. Come donna, mi sento leggermente offesa da questa rappresentazione stereotipata di soldatessa alle grandi manovre, ma poi penso che questo è un film per uomini, quindi lascio perdere.
Voto: 2, come i capezzoli.
Voto al visagista: 10 e lode. 


Dolph Lundgren - Gunner

Il comic relief della pellicola, il cecchino in rehab che non riesce a fare centro senza scolarsi una fiasca di liquore. Un punto in più per gli occhialini tondi, mezzo punto in meno per la parrucchetta di stoppia che avrebbe fatto invidia a Klaus Kinski.
Voto: 5 1/2


Tony Jaa - Decha

Si vede pochissimo ma anche un'ignorante come me capisce che, lì dentro, è uno degli unici due attori che sanno menare davvero. Sarei stata ore a guardarlo far roteare coltelli e sprizzare sangue finto dai nemici, invece gli tocca far da spalla a Statham e agli altri balordi. Meh.
Voto: 8, per quel che dura.


Iko Uwais - Rahmat

Altro attore che palesemente sa picchiare come un fabbro ferraio, il suo personaggio viene presentato come un villain coi controcazzi per poi venire degradato, nel pre-finale, a mappina di Statham, che nel giro di un minuto lo usa per lavare i pavimenti. La cosa divertente è che tutti vorrebbero ucciderlo nei modi più truci, addirittura smembrarlo in pezzi, ma la sua morte diventa quasi una evento en passant.
Voto: 5


Andy Garcia - Marsh

Garcia mi piace e mi sta anche simpatico, quindi ho difficoltà a definire questa sua interpretazione. Sulla carta, Marsh dovrebbe essere il supervillain finale più carismatico ever, peccato che nell'esatto istante in cui uno degli Expendables esclama "ma c'è una talpa qui!!", Garcia metta su la faccia di quello che ha scoreggiato in ascensore e non vuole farsi scoprire, così che il "colpo di scena" finale risulta quanto meno telefonato. La terrificante battuta "Bye bye, Bai" avrebbe dovuto fargli incrociare le braccia in segno di protesta, invece l'attore resiste fino alla fine e si vede persino negare la possibilità di tirare un buffetto a Statham. Era meglio rimanere nei panni del Señor Cienfuegos.
Voto: 3


Sylvester Stallone - Barney

Semplicemente vergognoso. Il grande vecchio si fa riprendere nella sequenza iniziale come fosse un Adone tamarro e, per i primi venti minuti, si palleggia con Statham battute di raro imbarazzo all'interno di un siparietto che acquista senso solo sul finale ma che, lì per lì, sembra totalmente avulso dal contesto. Con un escamotage narrativo vetusto e muffito quanto lui riesce a non partecipare al resto del film e, sul finale, vince il premio per il twist più prevedibile e, contemporaneamente, per la stronzata più grande del 2023 cinematografico (L'idea che la mummia di Gheddafi fosse nascosta nel suo zaino e venisse usata come body double era preferibile al prendere un povero stronzo e farlo bruciare vivo così, per diletto).  
Voto: 1. Poi quello pigro e avido era Bruccino. Mabbafangule.


Randy Couture - Toll Road

Un medioman. Rimane nel personaggio, ripete tre battute sostanzialmente identiche, si trasforma nel protagonista della barzelletta di Desperado, e invecchia meglio di quanto stiano facendo gli altri. Non si può volergli male, nel complesso.
Voto: 6


Jacob Scipio - Galan

Un minchia. Entra ed esce dal personaggio, ti ammazza di imbarazzantissima logorrea all'inizio per poi star zitto tutto il resto del film, dovrebbe sostituire l'attore protagonista di Desperado ma non riesce e, a 30 anni, non ha un'oncia del carisma di un Banderas ormai diventato l'ombra di se stesso. Nel complesso, come si fa a non volergli male?
Voto: 2

Levy Tran - Lash

Altro esempio di quota rosa sfruttata di merda. Una ragazza splendida e trenta volte più sexy della Fox, con un potenziale di badassitudine immenso, viene dotata di un'arma fighissima utilizzata solo in una brevissima sequenza, e verrà ricordata, ahimé, solo per l'incommensurabile (nonché inspiegabile) voglia de cazzo che le prende davanti a Randy Couture.  
Voto: 6


Di Jason Statham (Christmas), Megan Fox (Gina), Dolph Lundgren (Gunner), Andy Garcia (Marsh) e Sylvester Stallone (Barney) ho già parlato ai rispettivi link.

Scott Waugh è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Need for Speed. Anche produttore, montatore, attore e sceneggiatore, ha 53 anni. 


Ai tempi de I mercenari 3, ovvero quasi dieci anni fa, Stallone avrebbe voluto o Jack Nicholson o Bruce Willis nei panni del supervillain del quarto capitolo, ma siccome il tempo è passato, i due attori sono andati incontro a un triste destino. Il film avrebbe dovuto essere uno spin-off intitolato A Christmas Story, ma l'idea è stata scartata e trasformata ne I mercen4ri, così come quella di realizzare un'altro spin-off  dal titolo The Expendabelles, interamente al femminile. Sperando che non esca un quinto capitolo, se vi piace il genere recuperate I mercenari - The Expendables, I mercenari 2, I mercenari 3 e Mercenaries. ENJOY!

venerdì 22 settembre 2023

Assassinio a Venezia (2023)

Attirata da un trailer convincente e dalla prospettiva di andare al cinema con parecchi amici, mercoledì ho guardato Assassinio a Venezia (A Haunting in Venice), diretto dal solito Kenneth Branagh e ispirato a Poirot e la strage degli innocenti, di Agatha Christie.


Trama: in ritiro a Venezia, Poirot viene invitato dalla scrittrice Ariadne Oliver ad una seduta spiritica per smascherare una medium. Quando ci scappa il morto, Poirot decide di tornare a indagare...


Nonostante avessi voglia di vedere Assassinio a Venezia, non avevo aspettative granché alte, salvo per la speranza di avere ancora qualche dettaglio sugli imponenti baffi di Poirot (disattesa, ahimé. Shame on Kenneth). Invece, Assassinio a Venezia risolleva quella che, nel frattempo, è diventata la trilogia di Branagh, dopo il disastroso Assassinio sul Nilo, inserendo elementi gotici e perturbanti che ravvivano un po' le indagini di Poirot e, soprattutto, hanno il pregio di privare il protagonista di parte della sua tracotante sicumera. All'interno di un antico palazzo dalla storia dolorosamente inquietante, una madre disperata per la mancanza della figlia morta suicida convoca, proprio la sera di Halloween, una famosissima medium dal torbido passato; la scrittrice Ariadne Oliver convince Poirot a uscire dal suo esilio autoimposto così da smascherare la medium, ma le cose non vanno come previsto dai due. Scoperto un piccolo trucchetto, ciò che segue la sconvolgente seduta della medium è un crescendo di eventi inspiegabili che mettono a dura prova le salde convinzioni di Poirot, i cui ragionamenti vengono interrotti e deviati dalle visioni, dai suoni misteriosi e dalle ombre che sembrano popolare ogni stanza del fatiscente palazzo e, soprattutto, che parrebbero attirati proprio dal famoso investigatore. Stavolta, più che conoscere l'identità dell'assassino, è interessante capire se il palazzo della cantante Rowena Drake è realmente abitato da presenze, e farsi trascinare dall'atmosfera deliziosamente gotica del luogo, che sembra influenzare i personaggi più di quanto farebbe un'altra location meno suggestiva: abbiamo, infatti, oltre alla medium, la fervente e superstiziosa cattolica, un medico nevrotico con tendenze suicide, un bambino che sembra uscito da Il sesto senso e una cantante malinconica costretta a (non) vivere sospesa tra passato e presente, in un incubo infinito. Purtroppo, a livello di trama, ci sono sempre le solite lungaggini di dialoghi infiniti e di rara pesantezza messi in bocca a Poirot, ma questo aspetto della pellicola è stato fortunatamente mitigato da una regia assai ispirata.


Branagh, stavolta, ha scelto di lasciarsi ispirare dall'espressionismo tedesco, dai barocchi gialli all'italiana e da quel capolavoro ahimé poco conosciuto di A Venezia un Dicembre rosso... shocking, e il suo cambiamento di stile è evidente. Fin dalle prime sequenze, la macchina da presa inquadra Venezia e i suoi luoghi più famosi sfruttando una prospettiva sghemba che incornicia le luci all'interno di ombre dalle linee squadrate, e la regia si fa ancora più "estrema" quando l'azione si sposta all'interno del palazzo. Lì, le mura sembrano avere occhi che osservano i protagonisti da anfratti nascosti, viene fatto uso di fisheye, sfocature e primissimi piani e il regista tenta persino qualche blando jump scare, sfruttando buona parte dei cliché visivi dei thriller/horror moderni. Verso il finale, quando il caso è risolto e qualcosa in Poirot è cambiato, le inquadrature si fanno più ampie ed ariose, come se il protagonista si fosse tolto un peso dal petto, e questo mi è piaciuto davvero molto. Mi è piaciuto meno, per quanto suggestivo, che sia stata sfruttata una festa come Halloween (nel '47? A Venezia?? Tra le suore??? Con orfanelli di tutte le razze????) in una città che già ha il carnevale e tutta una serie di maschere in grado di infondere inquietudine, e onestamente non sono rimasta granché impressionata nemmeno dal cast. Il migliore, per quanto mi riguarda, è stato Jamie Dornan, abbastanza convincente nei panni del dottore traumatizzato, e Tina Fey è un comic relief gradevole, almeno finché la sceneggiatura non sbrocca male (cosa che ha perplesso la mia collega grande fan di Agatha Christie), mentre secondo me due brave attrici come Kelly Reilly Michelle Yeoh hanno scelto, in questo caso, di recitare col pilota automatico; la seconda, alla fine, fa giusto una rapida comparsata quindi ci sta, ma la Reilly mi ha lasciato paradossalmente poco. Non pervenuti e dimenticabilissimi tutti gli altri, Branagh e il suo mini-alter ego Jude Hill a parte, con menzione d'onore per il nostro Scamarcio che ormai è diventato il typecast dello sbirro/mafioso/agente segreto italiano di cui diffidare dal primo minuto di pellicola, peraltro col nome idiota di Vitale PORTFOGLIO. In un'eventuale Saw goes to Italy, il ruolo dell'agente Hoffman sarebbe senza dubbio il suo, peccato solo che si ostini a ridoppiarsi con risultati tristemente simili a quelli del Bracchetto Umbro. Al di là di queste mie divagazioni, comunque, Assassinio a Venezia vale un viaggio al cinema, in particolare se vi piace il genere!


Del regista Kenneth Branagh, che interpreta anche Hercule Poirot, ho già parlato QUI. Riccardo Scamarcio (Vitale Portfoglio), Tina Fey (Ariadne Oliver), Kelly Reilly (Rowena Drake), Jamie Dornan (Dr. Leslie Ferrier) e Michelle Yeoh (Mrs. Reynolds) li trovate invece ai rispettivi link. 


Camille Cottin, che interpreta Olga Seminoff, era Paola Franchi in House of Gucci, mentre il piccolo Jude Hill era il protagonista di Belfast, sempre di Kenneth Branagh. Se vi fosse piaciuto Assassinio a Venezia, recuperate i precedenti Assassinio sull'Orient Express e Assassinio sul Nilo. ENJOY!

martedì 19 settembre 2023

El Conde (2023)

Ogni tanto succedono cose che giustificano il pagamento di un abbonamento Netflix, come l'uscita, a pochi giorni dalla presentazione al Festival di Venezia, e la vittoria per la miglior sceneggiatura, di El Conde, diretto e co-sceneggiato dal regista Pablo Larraín.


Trama: il dittatore cileno Pinochet è in realtà un vampiro di 250 anni, ormai stanco di vivere. I suoi figli esaudirebbero volentieri il suo desiderio di farla finita, ma una giovane suora mette loro i bastoni tra le ruote...


E' un po' difficile pretendere di scrivere qualcosa su El Conde sapendo poco dell'oggetto della satira di Larraín, quindi prendete questo post come i pensieri di una persona ignorante che si è comunque divertita tantissimo guardando il film. Con El Conde, Larraín cerca di esorcizzare una figura chiave dell'esistenza sua e di ogni cileno vissuto fino all'inizio del nuovo millennio, quel dittatore Augusto Pinochet che ha tinto di sangue la storia del Cile, tra desaparecidos, uccisioni e ladrocini assortiti, ed è comunque riuscito a scampare alle maglie della giustizia una volta subentrate la vecchiaia e la morte. Non stupisce, detto ciò, che Larraín abbia deciso di dipingere Pinochet come un vampiro assetato di sangue, pronto a contrastare (nelle retrovie, come soldato) le rivoluzioni fin dai tempi di quella Francese, fino a giungere in Cile e tentare la scalata al potere come dittatore. Il ritratto che esce fuori di Pinochet è impietoso, non solo per l'allegoria utilizzata, ma anche per tutto ciò che di vero viene riportato nei dialoghi del film, specchio di un uomo che non ha mai nascosto la sua natura di assassino e che, contemporaneamente, ha sempre avuto "paura" di venire additato per le infinite malversazioni finanziarie di cui si è reso colpevole. E' dunque comprensibile che Larraín abbia scelto un approccio grottesco nel trattare un personaggio deprecabile, affiancandogli personaggi abietti quanto lui e incredibilmente stupidi nella loro gretta cattiveria; la moglie Lucía, il ritratto dell'arrivismo, il servo Fëdor (l'unico russo "bianco", assassino di bolscevichi), i figli avidi e meschini. Persino la suora Carmen, inviata dalla Chiesa per eliminare Pinochet dopo la serie di cruenti omicidi che apre il film, non può fare altro che soccombere al fascino del male e divenire malvagia ed egoista a sua volta, come se l'influenza oscura di Pinochet fosse riuscita a corrompere ogni cosa presente in Cile, persino la più "santa". A completare l'opera, e a rendere la satira di Larraín ancora più pungente e sagace, c'è l'utilizzo di una voce narrante "inattendibile", la cui identità è il plot twist migliore dell'intera pellicola e ha rischiato di farmi sputare un polmone. 


Larraín confeziona uno splendido omaggio a horror iconici come Nosferatu e Dracula, fotografandolo in un bianco e nero elegantissimo grazie alla bravura dello storico collaboratore di Todd Haynes, Edward Lachman; tra sequenze in puro stile horror, dove cuori palpitanti vengono ficcati nel frullatore per creare disgustosi cocktail (scene che, peraltro, dopo lo shock iniziale vengono reiterate come se si trattasse di semplici lavori da sbrigare quotidianamente) e altre in cui la tristezza di una vita vissuta nel passato e nell'isolamento è tale che sembra di sentire i morsi del freddo sulla pelle e la puzza di muffa uscire dal mobilio, il regista riesce anche ad inserire immagini di pura poesia che fanno eco a La passione di Giovanna d'Arco e, per un istante, consentono di dimenticare l'orrore da cui derivano. Ci pensa però Jaime Vadell a ricordarci, sempre, che genere di mostro fosse Pinochet. Un mostro banale, un mostro sciocco e vecchio, privo del fascino che da sempre si associa ai vampiri, affiancato da un Alfredo Castro che fa spesso più paura di lui proprio perché, da buona "imitazione", cerca di avvicinarsi maggiormente all'iconografia del succhiasangue per darsi un prestigio di cui è privo. Gli altri attori, tutti bravissimi, si palleggiano dialoghi che lasciano spesso sconcertati per la pochezza di cui sono intrisi, con menzione particolare agli assurdi interrogatori della Carmen di Paula Luchsinger Escobar, un nevrotico folletto dalle mille facce scosso, alternativamente, da risate inopportune e pianti commossi, che onestamente ho fatto fatica ad inquadrare (anzi, se qualcuno mi offre un'interpretazione del personaggio di Carmen gliene sarei grata!). Pessimista e per nulla risolutorio, El Conde non è probabilmente il film più efficace di Larraín ma è riuscito ad affascinarmi per la sua originalità, e il mio consiglio è quello di non perderlo per nulla al mondo!


Del regista e co-sceneggiatore Pablo Larraín ho già parlato QUI


Se El Conde vi fosse piaciuto recuperate Morto Stalin se ne fa un altro, Il dottor Stranamore, Goodbye Lenin e magari anche What We Do in the Shadows. Per sapere dove potete vederli in streaming, andate su Filmamo! ENJOY!

venerdì 15 settembre 2023

The Nun 2 (2023)

Non è che fossi proprio convinta di andarlo a vedere, ma un horror al cinema non si rifiuta mai, quindi eccovi il post su The Nun 2, diretto dal regista Michael Chaves.


Trama: Dopo essere diventata suora, Irene è costretta ad affrontare nuovamente il demone Valak, riuscito a fuggire alla sua prigione.


Avendo un profilo Facebook, sono iscritta ad un paio di gruppi dedicati al cinema horror, e sono rimasta assai perplessa nel constatare che The Nun 2 era uno degli horror più attesi dell'anno. Non solo, le prime recensioni del film erano incredibilmente entusiaste, cosa che mi lascia basita soprattutto ora che ho visto The Nun 2; fortunatamente, sono poi arrivati commenti che lo classificavano come monnezza, e a questo punto mi chiedo quanto cavolo devi essere paraculo per parlare bene di un film solo perché ti invitano alle anteprime, ma poi mi direbbero che la mia è tutta invidia. Comunque, The Nun 2 l'ho visto una settimana dopo l'uscita ufficiale, e magari nel frattempo è invecchiato male, sta di fatto che mi sento più vicina ai recensori che l'hanno cestinato. Definirlo monnezza è forse eccessivo, di sicuro è un horror anonimo che "vive" solo della bruttezza rara e del colore dell'abito della Nun del titolo, entrambi perfetti per confezionare jump scare adatti all'età dei minori di 14 anni ai quali questo film è vietato (ironia della sorte...), dunque ampiamente prevedibili e contrastabili ponendosi la sempre efficace mano semiaperta davanti agli occhi. C'è anche un altro mostrillo simpatico, che ha entusiasmato soprattutto il mio compare di visione, ma è poca roba considerato che già il primo The Nun mancava del coraggio di abbracciare il weird decerebrato e sanguinolento che ci saremmo goduti negli anni '70/'80 se un horror con suore fosse finito nelle mani di un regista italiano; qui, oltre alle suore, ci sono le studentesse di un collegio femminile, e ce ne fosse una che venga posseduta o, Valak non voglia, uccisa. Come se non bastasse, il demone in questione passa per essere potentissimo ma è, in realtà, un pigro perculatore che sfrutta questa potenza in base a quanto fa comodo alla sceneggiatura.


Demone e mostrillo a parte, The Nun 2 preferisce battere i sentieri tanto cari a Dan Brown, affiancando al "gotico" horror ambientato nel collegio femminile l'indagine di suor Irene e della sua utilissima compagna (messa lì giusto per dare colore. Badabum-tss!!), le quali a un certo punto si imbarcano in un delirio fanta-religioso tale che alcune sequenze mi hanno ricordato gli episodi più mistici di Sailor Moon, con tanto di power-up finale e rivelazioni da soap opera. In realtà, se gli sceneggiatori Ian Goldberg, Richard Naing e Akela Cooper mi dessero retta, capirebbero che l'unica scelta vincente per evitare la discesa nell'abisso della saga sarebbe creare un universo condiviso col Padre Amorth di Russell Crowe, in cui Irene benedirebbe intere cantine di vino/birra, consentendo al rubicondo prete esorcista di sbarazzarsi dei demoni per mezzo di fiatella alcoolica santa, come un novello Superciuk. Ma siccome questo è un sogno irrealizzabile, mi limiterò a segnalarvi le poche cose buone di The Nun 2. Una è Taissa Farmiga, sempre più simile alla sorella Vera e sempre bravissima, anche se sarebbe meglio godersela in lingua originale, e l'altra è una raffinatissima sequenza in cui le pagine dei giornali di un'edicola francese prendono letteralmente vita. Anche lì però, c'è modo e modo di creare atmosfera e convogliare un senso di claustrofobia sfruttando le strade labirintiche di un paesello di campagna, ma Michael Chaves preferisce usare nebbiolina e lucine, e allora tocca accontentarsi di una sola sequenza valida e constatare l'ennesimo spreco dell'idea potenzialmente validissima di un demone suora che lotta contro una novizia. E, purtroppo, aspettare l'ennesimo sequel stantio, sperando che The Conjuring: Last Rite risollevi un po' le sorti del franchise.


Del regista Michael Chaves ho già parlato QUI. Taissa Farmiga (Irene), Patrick Wilson (Ed Warren) e Vera Farmiga (Lorraine Warren) li trovate invece ai rispettivi link.

Jonas Bloquet interpreta Maurice. Belga, lo ricordo per film come Elle, The Nun - La vocazione del male e serie quali 1899. Anche regista, ha 31 anni. 


Se The Nun 2 vi fosse piaciuto, è arrivato il momento di recuperare tutti i film del Conjuringverse in ordine cronologico: The Nun - La vocazione del male,Annabelle: Creation, Annabelle, L'evocazione - The Conjuring, Annabelle 3, La llorona - Le lacrime del male, The Conjuring- Il caso Enfield e The Conjuring - Per ordine del diavolo. Per sapere in tempo reale dove su quale servizio streaming potete trovare questi film andate su Filmamo, ci trovate anche le mie mini-recensioni! ENJOY!


martedì 12 settembre 2023

Bolle di Recensioni: The Communion Girl (2022) e Come Play - Gioca con me (2020)

Torna la rubrica Bolle di Recensioni, per accorpare un paio di horror carini ma sui quali non riuscirei a scrivere un post di lunghezza standard, accomunati dalla presenza di bambini e maledizioni ad essi legate. ENJOY!


The Communion Girl (La niña de la comunión) - Víctor Garcia, 2022

Originale Shudder uscito un mesetto fa, ho deciso di guardare The Communion Girl principalmente per fare un po' di listening (escuchamiento? Sì potrà dire?) in spagnolo e per la presenza di un'inquietante bambola nella locandina. Sono venuta a scoprire, così, che in Spagna è uso regalare una bambola alle bambine che fanno la prima comunione, a mo' di ricordo e anche di status symbol, soprattutto per le famiglie ricche. Magari quest'ultima cosa, oggi, non è più così vera, ma il film è ambientato negli anni '80 e inserisce nella trama famiglie povere, disagio sociale e droga, quindi ci sta. La struttura di The Communion Girl è quella tipica di un horror in cui un gruppo di teenager incappa nella miccia che scatena una maledizione e, in particolare, il modello è quello del J-Horror fatto di inquietanti ragazzine dai lunghi capelli neri che cicciano fuori da anfratti bui facendo esplodere le coronarie allo spettatore; anzi, il finale è un brutale calco di The Ring (d'altronde Víctor Garcia ha in filmografia solo sequel direct-to-video, non si può pretendere originalità) e anche il resto del film non spicca per inventiva né è particolarmente terrificante o gore, anzi, gli attacchi della communion girl del titolo sono abbastanza ripetitivi. Compensa un cast di attori dai volti particolari e neppure troppo cani ma ciò che ho trovato degno di nota, soprattutto, è la ricostruzione degli anni '80, con gruppi di ragazzi in fregola, ambienti e colori ben più realistici di quelli che popolano gli "omaggi" USA. Complimenti, inoltre, per aver ricordato Sabrina Salerno quale sex symbol europeo che ha fatto diventare cieco più di un ragazzo dell'epoca!



Come Play - Gioca con me (Come Play) - Jacob Chase, 2020

Questo invece l'ho guardato in TV una sera, praticamente a scatola chiusa. Ho fatto bene, perché Come Play (tratto dal corto Larry, sempre diretto e sceneggiato da Jacob Chase, regista che è poi sparito dalla circolazione) è uno di quegli horror percorsi da una vena di malinconica dolcezza che, anche se derivativi e magari necessari di un po' di ritmo in più, riescono ad arrivarmi al cuore. In parte Babadook, in parte La madre, Come Play ha per protagonista un bimbo autistico e condannato alla solitudine da questa sua condizione, con genitori che faticano a tenere sotto controllo la situazione e a permettergli di vivere un'esistenza il più normale possibile. Un giorno il piccolo, che comunica col mondo attraverso uno smartphone, entra in contatto con Larry, un'entità malevola che si nutre di solitudine e che sfrutta appunto gli strumenti elettronici per entrare nella nostra dimensione. Il film percorre, come The Communion Girl, strade già straviste, tra ombre che si muovono, tablet che mostrano una realtà altra e jump scare a profusione, ma si fa volere bene per il delicato ritratto di Oliver (bimbo che, pur non riuscendo a parlare, non si fa menare il belino da chi lo prende in giro perché autistico, interpretato alla perfezione dal bravo Azhy Robertson) e, soprattutto, per la ferma volontà di non dipingere l'autismo come un'orribile malattia sfasciafamiglie o genera-mostri. Larry nasce dalla solitudine, dalla nostra incapacità di alzare lo sguardo dai cellulari, ed è la presenza del mostro che impedisce a Oliver di comunicare quando ne avrebbe invece più bisogno, isolandolo dai genitori. Il finale, poi, è un tocco di classe, che sfida gli spettatori a non commuoversi. Io, per inciso, una lacrima ce l'ho spesa, ovviamente.   

 

venerdì 8 settembre 2023

Tartarughe Ninja - Caos mutante (2023)

Nei panni di zia vecchia/Ornella Vanoni, in settimana sono andata a vedere Tartarughe Ninja - Caos mutante (Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutant Mayhem), diretto e co-sceneggiato dai registi Jeff Rowe e Kyler Spears.


Trama: quattro tartarughe mutanti tentano di trovare il loro posto nel mondo cercando di sconfiggere un altro mutante deciso ad annientare l'umanità.


Tanto è l'amore che provo per Seth Rogen che, appena saputo del suo coinvolgimento in Tartarughe Ninja - Caos mutante, ho subito inserito il film in wishlist e, vergognandomi un po' di andare in sala da sola, ho chiesto al mio fido compare di visioni horror di prestarmi il figlio maschio. Così, aggiuntosi al gruppo anche l'amico fraterno del giovane "delfino", mi sono goduta lo spettacolo sentendomi un po' come la paziente di un ospizio accompagnata da BEN due badanti e sono tornata mentalmente bambina, quando non vedevo l'ora che iniziasse l'episodio quotidiano di Tartarughe Ninja alla riscossa, uno dei miei cartoni preferiti. A onor del vero, mi sentivo anche un po' in ansia per l'eventualità che ai miei due giovani accompagnatori il film non piacesse, ma il mio timore si è rivelato infondato: Tartarughe Ninja - Caos mutante è stato gradito da entrambi, sia per la storia che per le animazioni particolari, e l'amico fan delle Turtles ha apprezzato l'originalità dei cambiamenti apportati alla origin story del quartetto di tartarughe e del loro papà/sensei Splinter (sui quali non farò spoiler). La marea di sceneggiatori coinvolti nel progetto ha scelto una via piuttosto "universale" di ripresentare personaggi assai popolari, preferendo enfatizzarne non tanto le caratteristiche di abili guerrieri ninja, quanto piuttosto la loro volontà di integrarsi ed essere accettati, seguendo un canovaccio à la X-Men, che coniuga il desiderio di una vita normale al terrore di un'umanità pronta ad odiare il diverso da sé. Il fatto che le Turtles siano anche state introdotte alle arti marziali è un di più che consente al discorso di ampliarsi e concretizzarsi nella presenza di un nemico potente da combattere, con tutto il bestiario di assurdi mutanti che hanno fatto la fortuna della serie, ma ciò che ho trovato interessante è stata proprio la rappresentazione fanciullesca dei protagonisti. Leonardo, Michelangelo, Donatello e Raffaello, ognuno dotato di una spiccata e adorabile personalità, sono dipinti, giustamente, come quattro ragazzini più immaturi della media (d'altronde sono stati tutta la vita nelle fogne, ci sta!), attirati da cose sciocche quanto i dialoghi e gli scherzi tirati per le lunghe che si palleggiano l'un con l'altro, e da bravi ragazzini inesperti hanno paura e tendono a scoraggiarsi; come nel più classico dei racconti di formazione (talmente classico, in effetti, che a un certo punto viene persino citato il Pinocchio di Collodi e il Paese di Bengodi), sia loro che quel vecchio barbogio di Splinter devono tirare fuori il coraggio di crescere e cambiare, e lo stesso vale per il 90% dei comprimari.


A proposito di personaggi e comprimari. Il character design del film è spettacolare e oltremodo spietato. Gli unici ad essere gradevolmente cartooneschi sono solo i quattro protagonisti, gli altri mutanti sembrano usciti da un horror o, comunque, vengono enfatizzati gli aspetti sgradevoli della loro condizione animale (lo stesso Splinter fa schifo a livelli inenarrabili, soprattutto se non vi piacciono i ratti, ma c'è chi lo batte), e lo stesso vale per esseri umani dai tratti somatici pesantissimi, quasi delle caricature, tra i quali si salva solo una April O'Neal piena di difetti eppure graziosissima. Questo design assai vicino al fumetto underground si ripropone anche in un'animazione ibrida, nella quale convivono elementi della street art, dei comics anni '90 e dello steampunk, il tutto frullato dallo stile pop e flu(uu)ido di Jeff Rowe, che già mi aveva dato tantissime gioie col suo I Mitchell contro le macchine; durante la visione di Tartarughe Ninja - Caos mutante mi è sembrato, a tratti, di avere davanti un'opera realizzata con lunghe sequenze in stop motion (nonostante sapessi benissimo che il film è in CGI) e questa sensazione di "artigianalità" è stata accresciuta dalla scelta vincente di rendere gli ambienti in background quanto più sporchi e rozzi possibili, offrendo allo spettatore un ambiente urbano degradato che non vedevo su schermo dai tempi de Il corvo, alla faccia della commozione provata davanti alle abbacinanti luci di Broadway. Ciò detto, Tartarughe Ninja - Caos mutante non è per nulla cupo e i momenti esilaranti si sprecano, anche se si percepisce chiaramente l'età dei realizzatori coinvolti: Rogen e soci sono sicuramente stati attenti al target di riferimento principale, ovvero i ragazzini, ma l'utilizzo delle 4 Non Blondes o della famigerata Ninja Rap di Vanilla Ice che ciccia fuori da un'autoradio come la "vergognosa" sigla di Dawson's Creek in Urban Legend è qualcosa che può colpire al cuore solo gli anziani come me. Mi dichiaro dunque conquistata da Tartarughe Ninja - Caos mutante, signor*, e spero vivamente che esca presto non solo il sequel introdotto dalla scena mid-credits, ma anche un lungometraggio, simile per stili e temi, dedicato a un'altra mia enorme passione, i Biker Mice da Marte. I Want to Believe (ma non fatemi aspettare troppo, o i miei accompagnatori diventeranno maggiorenni e avranno altro a cui pensare!!).     


Del regista e co-sceneggiatore Jeff Rowe ho già parlato QUI. Maya Rudolph (voce originale di Cynthia Utrom), Seth Rogen (anche co-sceneggiatore, doppia Bebop), Rose Byrne (Leatherhead), Giancarlo Esposito (Baxter Stockman), Jackie Chan (Splinter), Paul Rudd (Mondo Gecko) e Michael Badalucco (Bad Bernie) li trovate invece ai rispettivi link.

Kyler Spears è il co-regista del film, al suo primo lungometraggio. Americano, principalmente storyboarder, ha 31 anni.


Tra i doppiatori originali d'eccellenza ci sono John Cena, che presta la voce a Rocksteady, e Ice Cube, che interpreta Superfly. Se l'argomento Turtles vi interessa, ecco i titoli dei film da recuperare per essere veri completisti: Tartarughe Ninja alla riscossa, Tartarughe Ninja II - Il segreto di Ooze, Tartarughe Ninja III (tutti e tre disponibili con abbonamento Prime Video),TMNT, Tartarughe Ninja Tartarughe Ninja - Fuori dall'ombra. ENJOY!
 
   


mercoledì 6 settembre 2023

Jeanne du Barry - La favorita del re (2023)

Data la mia passione per la Rivoluzione Francese e tutti i personaggi che, prima o dopo, hanno gravitato attorno a Maria Antonietta, non potevo assolutamente perdermi Jeanne du Barry - La favorita del re (Jeanne du Barry), diretto e co-sceneggiato dalla regista Maïwenn.


Trama: ascesa e caduta di Jeanne Gomard de Vaubernier, dalle case di piacere di Parigi al ruolo di favorita di Re Luigi XV, fino al bando dalla reggia di Versailles alla morte di quest'ultimo...



Sono "figlia di Ryoko Ikeda" e potrei raccontarvi a menadito la storia di Jeanne du Barry e la sua faida con le figlie di Re Luigi XV, esacerbatasi con l'arrivo della giovane Delfina di Francia, ma ancora mi mancava un'opera che si concentrasse quasi esclusivamente sul legame tra la du Barry e il re. Jeanne du Barry racconta, in maniera neppure troppo romanzata, la vita della favorita del re, partendo da un'infanzia ed adolescenza sregolate al seguito di una madre dalla moralità non proprio limpidissima, passando per il legame col suo protettore, il conte du Barry, fino ad arrivare al colpo di fulmine col sovrano e all'inizio del suo "regno" alla corte di Versailles. La regista e co-sceneggiatrice Maïwenn, decisa a realizzare il film dopo essere rimasta folgorata dal Marie Antoinette di Sofia Coppola, si riserva il ruolo della protagonista e, facendo ciò, dipinge il ritratto di una du Barry quasi fanciullesca, piena di vita, uno spirito libero giunto a portare scompiglio nelle fredde usanze di corte e, soprattutto, nella noiosa esistenza del re; non c'è mai un momento in cui il film metta in dubbio l'amore della contessa per Luigi XV e, anche quando subentrano problemi veniali quali la necessità di una sicurezza economica in previsione dell'eventuale morte del sovrano, la regista si premura di tratteggiare comunque una figura umana ed altruista, osteggiata dalle orribili figlie del re e in grado di incantare persino quel salame fatto e finito di Luigi XVI. L'affetto di Maïwenn per il personaggio arriva ad influenzare persino la figura del re, che diventa di rimando un uomo imperfetto ma impossibile da odiare, come se la sua rappresentazione derivasse esclusivamente dal punto di vista della du Barry, e ciò presta il fianco ad un paio di "libere interpretazioni" storiche talmente ingenue da fare sorridere.

In generale, però, è l'intero film ad essere caratterizzato da una leggerezza diffusa, nonostante alcuni drammi costruiti ad arte per aumentare l'empatia verso la protagonista. I momenti "da romcom" sono parecchi e Maïwenn interpreta la du Barry illuminandole quasi sempre il viso con quel suo sorriso tutto particolare, tanto che, a volte, il film ricorda un Pretty Woman in costume. Certo, Johnny Depp non è Richard Gere. Il suo Luigi XV ha una somiglianza inquietante con il Conte Uguccione e, in generale, sembra quasi che l'attore, non riuscendo a "contenere" l'esuberanza di Maïwenn, abbia quindi deciso di giocare di sottrazione, forse anche per enfatizzare l'enorme differenza d'età che correva tra il re e la sua favorita. La sua interpretazione, comunque, pur essendo ben distante dalle sue performance migliori, non mi è dispiaciuta e lo dico sinceramente, nonostante il disgusto che ormai mi provoca anche solo il nome di Depp (cosa che mi ha portata a pormi parecchi dilemmi morali e pensare seriamente se andare a vedere il film oppure no. Diciamo che un po' mi vergogno di averlo fatto, nonostante mi interessasse tantissimo il tema trattato). Passando ad argomenti più faceti, il film è splendido per quanto riguarda le scenografie, con un mix di riprese della vera reggia di Versailles e ambienti ricostruiti in studio, e i costumi, ai quali hanno collaborato importantissime case di moda, Chanel in primis, e la scelta di Maïwenn di girare con la pellicola in 35 mm rende colori e luci ancora più avvolgenti e "reali". Se l'argomento vi interessa e i film in costume vi affascinano, Jeanne du Barry - La favorita del re è un'opera che vi consiglio di andare a vedere; non offrirà un ritratto al 100% veritiero della protagonista e neppure posso considerarlo un capolavoro fondamentale, ma si vede che è un lavoro fatto con passione e ciò ha reso la visione molto gradevole. 


Della regista e co-sceneggiatrice Maïwenn, che interpreta Jeanne du Barry, ho già parlato QUI, mentre Johnny Depp, che interpreta Luigi XV, lo trovate QUA.


Se Jeanne du Barry - La favorita del re vi fosse piaciuto, recuperate Marie Antoinette e L'affare della collana, oltre ovviamente all'intero anime di Lady Oscar. ENJOY!!

martedì 5 settembre 2023

Bolla Loves Bruno: I protagonisti (1992)

Bolla Loves Bruno atipico quello di oggi, perché parliamo de I protagonisti (The Player), diretto nel 1992 dal regista Robert Altman, dove Bruccino compare per 1 minuto o poco più.


Trama: il produttore hollywoodiano Griffin Mill si ritrova ad essere oggetto di misteriose minacce. Nel tentativo di fare chiarezza, la sua vita si ingarbuglia ancora di più...


Non avendo mai visto I protagonisti, ho dovuto rischiare. Immaginavo che Bruce avrebbe avuto giusto una particina, visto che interpretava se stesso, ma nel caso non fosse stato così mi sarei sentita punta nella mia pignoleria. E' andata comunque bene, perché I protagonisti è la satira graffiante e tristemente attuale di un sistema che ha rifiutato i grandi Autori degli anni '70 preferendo un cinema di consumo e privo di coraggio, dove le cose che contano di più sono happy ending (anche paradossali), divi strapagati e tutto ciò che possa attirare lo spettatore medio, che ovviamente va fidelizzato. Altman si mette al servizio dello sceneggiatore Michael Tolkin e riporta su schermo tutto il suo disgusto verso il sistema delle grandi case di produzione, da cui il regista era stato tenuto lontano per anni, trasmettendo allo spettatore la sensazione di un "anti-sogno", di un freddo e caotico business dove uomini d'affari in giacca e cravatta plasmano e guidano i gusti del pubblico puramente in base a un'idea di profitto. Lo splendido piano sequenza iniziale, in tal senso, è lapalissiano: dieci minuti durante i quali miriadi di idee nascono e muoiono nel giro di una telefonata o una rapida conversazione, con gli studios brulicanti di formiche umane in cerca di una briciola di torta, i loro destini appesi a un filo anche nel caso di personaggi influenti, come nel caso di Griffin Mill. Quest'ultimo, il protagonista del film, è un giovane produttore che rischia di venire messo da parte in favore di un collega e che, come se non bastasse, continua a ricevere minacciose cartoline da parte di uno sceneggiatore scartato. Questo è l'aspetto del film che può risultare gradevole anche per chi non è appassionato di cinema, in quanto I protagonisti ha l'ossatura di un thriller non privo di colpi di scena, all'interno del quale le indagini di Mill prendono una piega sinistra e sempre più pericolosa; la cinepresa di Altman, coadiuvata dall'ottimo montaggio di Geraldine Peroni, circonda Mill di presagi funesti nascosti in locandine e cartoline, lo rende oggetto di sguardi da parte di figure sempre un po' defilate e accresce così il ritmo e la suspance del film.


So che la rubrica dovrebbe parlare di Bruce Willis (il quale, negli anni '90, poteva già permettersi di parodiare se stesso in una breve sequenza che è la summa di tutti i suoi personaggi, ironici e badass fino al midollo) ma il cuore nero de I protagonisti, stavolta, è Tim Robbins. Mill non è un personaggio gradevole, per nulla; fin dall'inizio viene connotato come uno squalo dai gusti snob, un uomo pavido consapevole dei suoi modi sbagliati, praticamente il "fratello" del protagonista di un altro film con Bruce Willis, Il falò delle vanità. Anche in questo caso, una sceneggiatura amaramente ironica sottolinea come, in una società dove l'unica cosa a contare sono fama e soldi, gente come Mill avrà sempre vita facile, non necessariamente per i "capricci" di uno sceneggiatore, ma è comunque difficile non lasciarsi coinvolgere, per buona parte del film, dalle vicende del protagonista e non tifare per lui, visto che tutto è filtrato dalla sua percezione personale. Tim Robbins è stata una scelta di casting fondamentale, con quella sua faccina da bimbo e gli occhi di un freddo blu che, da sempre, gli conferiscono un'aura ambigua, mentre l'altro colpo di genio è stato affiancargli co-protagonisti ancora più sgradevoli di lui e dotarlo di un antagonista, di uno stalker e persino di un affascinante love interest, tutti subdoli cliché che impediscono allo spettatore di odiarlo come meriterebbe. L'importante, guardando I protagonisti, è non lasciarsi sviare dalla marea di attori famosi che appaiono anche solo per un istante a gettarci fumo negli occhi (e deliziarci con battute improvvisate), facendoci girare la testa con la testarda illusione che, una volta arrivati a Hollywood, si possa inciampare in stelle del cinema e venire annaffiati di champagne, ma il gioco del who's who appassiona e regala momenti epici come quello del monologo dell'adoratissimo Richard E. Grant e la spassosa sequenza dell'interrogatorio con riconoscimento annesso, durante i quali credevo di strozzarmi dalle risate ad ogni espressione di Whoopi Goldberg. Come avrete capito, se non avete mai visto I protagonisti vi siete persi una gran cosa che consiglio senza remore... e pazienza per Bruno, al quale dò un amorevole appuntamento per il prossimo film!

Non si nomina Bruno!

Del regista Robert Altman ho già parlato QUI. Tim Robbins (Griffin Mill), Whoopi Goldberg (Detective Avery), Peter Gallagher (Larry Levy), Brion James (Joel Levison), Vincent D'Onofrio (David Kahane), Dean Stockwell (Andy Civella), Richard E. Grant (Tom Oakley), Jeremy Piven (Steve Reeves), Karen Black, Michael Bowen, Gary BuseyRobert Carradine, CherJames CoburnJohn Cusack, Peter FalkLouise Fletcher, Teri Garr, Jeff GoldblumElliott GouldAnjelica Huston, Jack LemmonAndie MacDowell, Malcom McDowell, Nick NolteJulia Roberts, Mimi RogersAlan RudolphSusan SarandonRod SteigerRobert Wagner e Bruce Willis li trovate invece ai rispettivi link.

Greta Scacchi interpreta June Gudmundsdottir. Nata a Milano, ha partecipato a film come Presunto innocente, Jefferson in Paris, Emma, Il morso del coniglio e a serie quali The Terror. Ha 63 anni e un film in uscita.

Fred Ward interpreta Walter Stuckel. Americano, indimenticabile Earl Bassett della saga Tremors, ha partecipato ad altri film come America oggi, Una pallottola spuntata 33 1/3 - L'insulto finale, Reazione a catena, e a serie quali L'incredibile Hulk, Grey's Anatomy, E.R. Medici in prima linea e True Detective. Anche produttore, è morto l'anno scorso, a 80 anni.


Nella miriade di guest star presenti nel film e non ancora "coperte" da un post sul Bollalmanacco segnalo il regista Sydney Pollack nei panni di Dick Mellen, Gina Gershon (Whitney Gersh) e, come se stessi, Richard Anderson, Harry Belafonte, Brad Davis, Dennis Franz, Scott Glenn, Sally Kellerman, Marlee Matlin, Burt Reynolds e Lily Tomlin, mentre le scene con Jeff Daniels e Patrick Swayze sono invece state tagliate. Nel 1997 era stato realizzato un pilot televisivo mai mandato in onda, con Patrick Dempsey nel ruolo di Mill. ENJOY!