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venerdì 27 dicembre 2013

Jackie Brown (1997)

Oh, finalmente. Dopo tantissimo tempo sono riuscita a rivedere quello che per me (non me ne voglia l'aMMoro) è il film meno riuscito di Quentin Tarantino, ovvero Jackie Brown, da lui diretto nel 1997. Laddove "meno riuscito" significa comunque capolavoro assoluto...


Trama: Jackie Brown lavora come hostess per una piccola compagnia aerea. Attraverso il suo lavoro, introduce illegalmente in America il denaro del trafficante d'armi Ordell finché, un giorno, viene fermata da due agenti del dipartimento anti-frode che, assieme al denaro, trovano anche della droga nella sua borsa. Per rimanere fuori di prigione e assicurarsi un ricco futuro, alla povera Jackie non resta che mettere in piedi un pericolosissimo triplo gioco... 


Togliamoci il dente, via. Il motivo per cui non ritengo Jackie Brown all'altezza degli altri film di Quentin va ricercato semplicemente nel fatto che la sceneggiatura è tratta dal romanzo Rum Punch di Elmore Leonard e ciò ha limitato parecchio l'inventiva del regista e anche la naturalezza dei suoi dialoghi assurdi, come se tra il canovaccio di base e il fiume di parole messo in bocca ai protagonisti ci fosse un baratro incolmabile, una fastidiosa scollatura. Se i dialoghi tra Jackie e Max, delle amare e spesso realistiche riflessioni sul tempo che passa, l'inevitabile incombere della vecchiaia e il terrore verso un futuro incerto, risultano molto dolci e particolarmente adatti all'atmosfera "vintage" che si respira per tutto il film, il personaggio di Ordell risulta invece incredibilmente fastidioso, fanfarone e portatore sano di aria fritta, un soffiablabla salvato solo dall'incredibile abilità con cui Samuel L. Jackson riesce a freddare lo spettatore con un unico sguardo capace di trasformarlo da belinone a pericoloso e temibile killer. Ad affossare ulteriormente questi momenti di eccessiva logorrea, inoltre, concorre un De Niro particolarmente svogliato e stranamente inadatto al ruolo di laconica "spalla", costretto in un ruolo da mollo che non gli si confà, forse l'unico errore nella carriera di un mago del casting come il mio dolce aMMore Quentin. Al quale chiedo venia, andandomi subito ad amputare le mani per aver scritto queste cose così orribili su una sua Opera: continuare a redigere il post con i gomiti sarà un problema ma me lo sono meritata, quindi procediamo.

Due problemi. Mannaggiavvoi.
Tolti gli insignificanti (e sottolineo insignificanti) difetti di cui sopra, Jackie Brown si conferma una pellicola di tutto rispetto, una strana storia di crimine e amore (tanto, tanto aMMore!!) uscita dritta dritta dal cuoricino di Quentin che, a partire da questo film, comincia a spingere ulteriormente l'accelleratore sulla sua natura di "pescatore" di stili, generi e star di nicchia o relegati al limbo della serie B, aprendo la strada a capolavori maturi come Kill Bill, Inglorious Basterds o Django Unchained. L'intera pellicola, infatti, è un omaggio spudorato alla Blacksploitation e alla sua musa Pam Grier, che il regista riesce a rendere bella e fiera come una Dea in qualsiasi momento, che sia in vestaglia o che sia tiratissima in uno splendido tailleur; se non ci credete, pensate solo che la Jackie del romanzo di Elmore Leonard (peraltro, primo e unico libro rubato da un giovanissimo Quentin) è bianca, non afroamericana. A rendere ancora più seventies e black la pellicola ci pensa l'ennesima, splendida colonna sonora scelta per l'occasione dal regista, che spazia tra il soul e il funk regalando perle come la bellissima e fondamentale Didn't I (Blow Your Mind This Time) dei Deftonics o Long Time Woman, cantata dalla stessa Pam Grier nel film Sesso in gabbia; a tal proposito, è sempre meraviglioso vedere come Quentin giochi tantissimo con la natura stessa del film, creando degli inside joke che possono essere colti solo dopo mille mila visioni (per esempio, non avevo notato la prima volta che, quando Max esce dal cinema, la musica che lo accompagna durante l'uscita è la stessa che si sente nei titoli di coda di Jackie Brown) e che rendono ancora più preziosa ogni sua pellicola, compresa Jackie Brown. Che, per inciso, nonostante sia ambientata a Los Angeles, grazie a quegli stilosissimi baschi Kangol indossati da Jackie e Ordell, profumerà sempre di New York per me.


Del regista e sceneggiatore Quentin Tarantino (di cui peraltro si sente la vocetta in una scena con la segreteria telefonica) ho già parlato qui. Pam Grier (Jackie Brown), Samuel L. Jackson (Ordell Robbie), Michael Keaton (Ray Nicolette, ruolo ripreso dritto da Out of Sight), Robert De Niro (Louis Gara), Michael Bowen (Mark Dargus), Chris Tucker (Beaumont Livingston) e Sid Haig (il giudice) li trovate invece ai rispettivi link.

Robert Forster (che ha giustamente ricevuto una nomination all'Oscar come miglior attore non protagonista) interpreta Max Cherry. Americano, ha partecipato a film come Psycho, Io, me & Irene, Mulholland Drive, Charlie’s Angels – Più che mai e a serie come Magnum P.I., La signora in giallo, Walker Texas Ranger, Numb3rs, Desperate Housewives, Heroes, CSI: NY e Breaking Bad; inoltre, ha doppiato un episodio de I Simpson. Anche produttore e regista, ha 72 anni e sei film in uscita.


Bridget Fonda (vero nome Bridget Jane Fonda) interpreta Melanie Ralston. Americana, figlia di Peter Fonda, ha partecipato a film come Easy Rider, Frankenstein oltre le frontiere del tempo, Il padrino – Parte III, L’armata delle tenebre, Piccolo Buddha, Può succedere anche a te e Soldi sporchi, inoltre ha lavorato come doppiatrice in Balto. Ha 49 anni.


Nel film compare di sfuggita anche Mira Sorvino, all'epoca fidanzata di Quentin, nella scena del processo a Jackie; inoltre, l'attrice viene ringraziata nei credits e citata come "Figlia di Bert D'Angelo" (Bert D'Angelo era un detective interpretato da Paul Sorvino, padre di Mira, in una serie televisiva). Come accade spesso e volentieri con ogni film di Quentin, prima della realizzazione definitiva di Jackie Brown si sono susseguiti rumors, proposte e defezioni per quel che riguarda il cast. Per esempio, Sylvester Stallone voleva il ruolo di Louis, John Travolta sarebbe stato la prima scelta per interpretare Ray Nicolette, mentre tra i nomi scelti da Tarantino per il ruolo di Max Cherry c'erano Paul Newman, Gene Hackman, John Saxon e, appunto, Robert Forster (che aveva già partecipato all'audizione per il Joe Cabot de Le Iene), che alla fine ha avuto la parte nonostante la volesse anche De Niro. Se Jackie Brown vi fosse piaciuto, infine, guardatevi pure Pulp Fiction e Killing Zoe. ENJOY!

martedì 29 marzo 2011

Autopsy (2008)

Le mie sono lacrime di coccodrillo. Voglio dire, dopo la visione di The Human Centipede (First Sequence, non dimentichiamoci che era solo la prima parte, buon Dio…) dovrei avere imparato a diffidare degli horror “medici” e a fare finta di non conoscerne neppure l’esistenza. E invece mi sono guardata Autopsy, diretto nel 2008 dal regista Adam Gierash, alternando momenti di sconforto a momenti di perplessità.

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Trama: Mardi Gras, New Orleans. Dopo una serata a base di alcool e droga, un gruppetto di ragazzi investe un uomo e uno di loro rimane ferito. La degenza in ospedale si rivela però ben peggiore dell’incidente stesso…

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Il filone dei mad doctor è infinito quanto quello degli slasher. Da che mondo è mondo, a partire da Frankenstein, c’è sempre qualche luminare della medicina che combina delle idiozie per perseguire scopi più o meno nobili. Mary Shelley, a fine ottocento, cercava una logica nelle azioni “pratiche” del suo personaggio, gli sceneggiatori dei nostri giorni non si sbattono nemmeno, limitandosi a schiaffare in faccia agli spettatori delle enormità che non stanno né in cielo né in terra. In questo caso abbiamo un abile chirurgo che deve salvare la povera moglie da un tumore all’ultimo stadio, e che non si ferma di fronte a nulla per riuscirci. Mi sta bene, il trapianto di organi è sempre una cosa positiva e fattibile… ma non mi spiego perché invece in Autopsy quest’uomo tenti tutto meno che il trapianto di organi, fino ad arrivare a creare, verso il finale, una sorta di non meglio definito “sistema circolatorio esterno”, con interiora appese a mò di festoni per tutta la stanza… e solo per avere un costante flusso di fluidi che possa mantenere in vita la moglie. Considerato che vuoi portarti la consorte per seconda luna di miele a Roma , e considerato anche che questo metodo assurdo è l’unico che la mantiene in vita… ma cosa fai, ti infili tutto l’insieme di organi collegati in un set di valigie? Questa, nel caso ve lo stiate chiedendo, è solo la punta dell’iceberg di un film che, alla fine, è solo un’accozzaglia di schifoserie assortite, fortunatamente mostrate con abbondante umorismo nero.

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Sì perché, tolti gli insipidi e giovani protagonisti, che in Autopsy vengono trattati come carne da macello più che in altri film, i cattivi sono talmente bastardi e pazzi da risultare quasi simpatici. C’è l’infermiera vezzosa, materna ma anche inflessibile con i pazienti (che giustamente si lamenta quando la sporcano di sangue, pulizia innanzitutto!), ci sono i due infermieri che “stavano meglio quando stavano peggio”, ovvero quando facevano i mercenari e rubavano cadaveri in Angola (aah, i bei tempi andati…), c’è il chirurgo stesso che si diletta nell’usare strumenti dell’anteguerra e poi si lamenta, poveraccio, che sono difficili da usare. Questi siparietti contribuiscono a rendere leggermente atipico e lievemente trash un film dove il tasso di gore è comunque altissimo: oltre al “festone umano” c’è anche una sorta di Allegro Chirurgo vivente, dove uno dei poveri pazienti che vagano per l’ospedale riversa tutto ciò che il corpo umano può contenere addosso alla malcapitata sciacquetta di turno. E devo dire anche che un paio di scene di tortura mi hanno costretta a distogliere lo sguardo, il che non è poco per una che ormai è abituata agli horror come me. Insomma, l’ennesimo film horror di routine, magari leggermente superiore ad altri, che però lascia un po’ il tempo che trova… assieme a una domanda: a che serve tenere alcuni pazienti vivi anche se mutilati in giro per l’ospedale, mentre altri vengono selvaggiamente uccisi? Semplice fortuna, innata simpatia o altro? Ma in fondo, perché chiederselo, quando non lo sapranno neanche gli sceneggiatori…

Adam Gierasch è regista e sceneggiatore del film. E’ stato uno degli sceneggiatori de La terza madre di Dario Argento (il che è indicativo...), e dopo Autopsy ha diretto altre due pellicole, sempre horror. Di costui non si riesce a capire che età abbia e dove sia nato di preciso, ma a naso gli darei sui quarant’anni e anche una nazionalità americana.

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Robert Patrick interpreta il dottor Benway. L’attore americano ha avuto il suo momento di fama e gloria vestendo i panni del terribile cyborg T-1000 in Terminator 2 – Il giorno del giudizio (ruolo che ha omaggiato e ripreso, meno seriamente, in Fusi di testa e Last Action Hero – L’ultimo grande eroe), e ha partecipato anche ad altri film come 58 minuti per morire, Striptease, Spy Kids, Charlie’s Angels: più che mai, L’uomo che fissa le capre, a serie come Racconti di mezzanotte, Oltre i limiti, I Soprano, X – Files, Lost e doppiato un episodio di American Dad!. Ha 53 anni e cinque film in uscita.

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Michael Bowen interpreta uno dei due infermieri folli, Travis. Texano, mi sento in dovere di parlarne perché me lo ricordo bene nel ruolo dello schifoso Buck in Kill Bill volume 1. Tra gli altri suoi film segnalo Il Padrino parte terza, Beverly Hills Cop III, Love & una 45, Jackie Brown, Magnolia; sterminate anche le serie tv alle quali ha partecipato: Chips, Supercar, The A – Team, 21 Jump Street, ER, NYPD, JAG – Avvocati in divisa, Nash Bridges, Walker Texas Ranger, X – Files, Bones, Criminal Minds e CSI. Ha 58 anni e quattro film in uscita.

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Robert LaSardo interpreta l’altro infermiere pazzo, Scott. Attore americano assolutamente inconfondibile soprattutto per la miriade di tatuaggi che lo ricoprono, io lo assocerò sempre al telefilm Nip/Tuck e allo splendido e irritante ruolo del gangster Escobar Gallardo, che tanto ha perseguitato i due protagonisti, anche dopo la morte. Cinematograficamente parlando, ha recitato in Corto Circuito 2, Léon, Waterworld, Nightwatcher – Il guardiano di notte e Wishmaster 2 – Il male non muore mai, mentre tra le altre serie per le quali ha lavorato segnalo Law & Order, Renegade, Più forte ragazzi, X – Files, Nash Bridges, The Shield, NYPD, Cold Case, Ghost Whisperer, Bones, General Hospital, CSI, CSI Miami e Criminal Minds. Anche sceneggiatore e produttore, ha 48 anni e tre film in uscita.

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Tra i protagonisti “giovani”, segnalo solo Jessica Lowndes (Emily) e solo per essere stata protagonista di Dance of the Dead, l’episodio diretto da Tobe Hooper della prima serie di Masters of Horror. Se vi piace il genere, l’ideale sarebbe recuperare l’ameno Cabin Fever, oppure un filmetto stupido ed innocuo come Dottor Giggles, che vidi tanto tempo fa a Notte Horror. E ora vi lascio con il trailer del "gioiello"... ENJOY!

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