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venerdì 13 ottobre 2017

Seoul Station (2016)

Avrei voluto recuperarlo subito dopo aver guardato Train to Busan ma tra un Oscar e l'altro non sono proprio riuscita. Inoltre, ieri è uscito sul mercato home video, grazie all'apprezzatissima etichetta Midnight Factory, il DVD/Blu Ray doppio di Train to Busan, contenente anche il suo prequel animato, ecco quindi perché parlo solo oggi di Seoul Station (서울역), diretto e sceneggiato nel 2016 dal regista Yeon Sang-Ho.



Trama: un padre cerca di ritrovare la figlia scappata di casa proprio quando nei pressi della stazione di Seoul le persone cominciano a trasformarsi in sanguinari zombi.



Nonostante lo abbia visto solo quest'anno, Train to Busan è stato una delle sorprese horror del 2016. Mentre scrivevo il post dedicato ho scoperto che il regista e sceneggiatore Yeon Sang-Ho aveva realizzato un prequel animato dal titolo Seoul Station e non ho potuto fare altro che recuperarlo, incuriosita all'idea di un cartone che potesse magari fare luce sull'origine dell'epidemia mostrata in Train to Busan. A scanso di equivoci, Seoul Station non chiarisce proprio un bel nulla e, come già accadeva nel live action, gli zombi spuntano senza un motivo particolare, dapprima centellinati e poi sempre più abbondanti e minacciosi; inoltre, non viene ripreso neppure uno dei personaggi di Train to Busan quindi se speravate, che so, di vedere tornare sullo schermo il pugile torello e la moglie incinta cascate davvero malissimo. I riflettori stavolta sono invece puntati su una ragazza scappata di casa, Hye-Sun, sul suo rapporto conflittuale col fidanzato nullafacente e sulla disperata ricerca del padre di lei, messosi sulle sue tracce dopo avere visto su un sito di incontri a pagamento una foto di Hye-Sun. La trama segue quindi gli spostamenti di questi tre personaggi (Hye-Sun da una parte e padre con fidanzato dall'altra) in una Seoul sempre più pericolosa, popolata da persone che spesso non vengono neppure considerate tali; Seoul Station si concentra infatti sui reietti della società coreana, senza tetto e drogati che hanno eletto la stazione a dimora ma anche ragazzi come Hye-Sun e il fidanzato, che si lasciano vivere senza avere progetti per il futuro né una famiglia a sostenerli, ed è quindi una pellicola all'interno della quale lo zombi acquista una funzione di critica sociale. La diffidenza mostrata dalle forze dell'ordine verso i senzatetto della stazione è un elemento chiave per far precipitare la situazione, perché la mancanza di tempestività nei soccorsi scatena una sommossa che parte letteralmente dal basso e, invece di venire contenuta, provoca l'ovvia ritorsione di un esercito che alla fine si ritrova costretto a non fare distinzione tra popolazione e zombi, coi risultati disastrosi visti in Train to Busan. Inoltre, se nel sequel si scorge nei personaggi una parvenza di umanità, qui i protagonisti e le figure secondarie sono esseri sconfitti, violenti o ormai morti dentro e l'atmosfera che si respira nel cartone animato è ancora più pessimista rispetto quella del live action, tanto che Seoul sembra una città condannata fin dalle battute iniziali, come se gli zombi fossero una manifestazione fisica di una malattia in suppurazione già da tempo nei bassifondi ma non solo.


Con tutto questo (anche se so che non è mai simpatico fare paragoni), ho comunque preferito Train to Busan a Seoul Station, forse proprio perché è più facile empatizzare con i protagonisti, piangere assieme a loro davanti a un destino maledetto (non che qui non ci si commuova, eh. La scena del senzatetto disperato che invoca una casa inesistente mi ha stretto parecchio il cuore) o alle speranze infrante o forse perché l'espressività degli attori veri è difficilmente sostituibile. Quello che non ho molto apprezzato di Seoul Station è infatti il character design che, pur essendo molto realistico, è comunque minimal e rende i personaggi a mio avviso ben poco espressivi mentre, per contro, gli zombi risultano ancora più spaventosi. Queste caratteristiche, unite all'utilizzo di colori cupi e a sfondi abbastanza monotoni (per quanto, anch'essi, incredibilmente realistici), per non parlare del fatto che lo zombi animato mi fa molta meno impressione rispetto a quello live action, ha portato a qualche momento di noia durante la visione di Seoul Station, cosa che non era accaduta invece mentre guardavo Train to Busan. Questo non significa che Seoul Station sia una pellicola inferiore, anzi, solo che con me non è riuscita a fare breccia e a diventare memorabile; resta comunque il fatto che l'esperimento horror di Yeon Sang-Ho è molto particolare e ben congegnato, quindi mi sento di consigliarlo senza remore, soprattutto agli appassionati del genere e a chi si fosse innamorato di Train to Busan.


Del regista e sceneggiatore Yeon Sang-Ho ho già parlato QUI.


L'attrice Eun-kyung Shim, che doppia la giovane Hye-Sun, ha partecipato anche a Train to Busan e dovrebbe essere la ragazza che sale sul treno all'inizio, quella insomma che da il via a tutto il casino. Seoul Station, come ho già detto nel post, è il prequel animato di Train to Busan quindi se vi fosse piaciuto il cartone vi consiglio di recuperare anche il film. ENJOY!


martedì 24 gennaio 2017

Train to Busan (2016)

Tante volte mi chiedo a cosa serva amare il Cinema e l'horror se riesco a non guardare per mesi perle come Train to Busan (Busanhaeng), diretto e sceneggiato nel 2016 dal regista Yeon Sang-Ho, ritrovandomi così a stilare classifiche di fine anno incomplete. Disonore su di me e sulla mia mucca!!!


Trama: durante il viaggio verso la città di Busan, Seok-Woo e la figlioletta Soo-An si ritrovano in un treno zeppo di passeggeri diventati zombi famelici, mentre tutte le città della Corea cominciano a cadere sotto gli effetti della terribile epidemia...



La zombie mania è tornata in auge con la prima stagione di The Walking Dead, risalente ormai a sette anni fa, e da allora è stato un fiorire continuo di horror o parodie a tema, al punto che credevo nessun film dedicato ai morti viventi (lenti o veloci, umani o animali, dotati o meno di poteri) potesse più toccarmi nel profondo. Poi è arrivato Yeon Sang-Ho, dalla lontana Corea del sud, tirandomi un poderoso ceffone in faccia e ribadendomi che sì, zitta Bolla, c'è speranza anche per un genere stra-abusato come quello dello zombie movie, basta solo che i realizzatori ci mettano anima e cuore e non il semplice gusto per delle frattaglie ormai stantie oppure dialoghi interminabili da soap opera (sceMeggiatori, sto parlando con voi). Train to Busan ha la trama più vecchia e stra-abusata del mondo, soprattutto nell'ambito dei film catastrofici: un genitore e suo figlio devono raggiungere una città mentre attorno a loro il mondo si sgretola e terribili eventi mettono a repentaglio la loro stessa esistenza. Facendo uno scomodissimo paragone recente, la storia di Train to Busan è assai simile a quella di Cell, in cui un gruppo di sopravvissuti deve raggiungere il figlio del protagonista passando attraverso orde di persone fuori di testa e dalla volontà omicida, tuttavia Cell fa schifo mentre Train to Busan è uno degli horror recenti più belli mai visti e quindi cos'è che lo rende tale? Per esempio, oltre ad essere realizzato benissimo (e ne parlerò dopo), Train to Busan fa un enorme lavoro sui personaggi e sui legami che intercorrono tra loro, al punto che lo spettatore arriva a sentirsi coinvolto dalla loro storia, a preoccuparsi per la loro sopravvivenza, a chiedersi come fosse la loro vita prima della piaga, a piangere come un vitello davanti alle inevitabili tragedie che un film simile reca con sé. Soprattutto, ogni azione compiuta dai personaggi che popolano il film ha un senso, una motivazione che può essere o meno condivisibile ma che comunque ci racconta qualcosa di più della personalità di chi la sta compiendo, che sia il gesto disperato di un'anziana che tenta di "vendicare" l'ingiustizia subita dalla sorella oppure le azioni altruistiche di un grebano dal cuore d'oro; i protagonisti di Train to Busan non sono dei pezzi di carne da macello e ad evolvere e cambiare, nel corso della storia, non è solo il freddo ed egoista businessman Seok-Woo bensì tutti coloro che hanno la sventura di trovarsi ad affrontare gli zombi assieme a lui e alla tenerissima figlioletta Soo-An (una patatina davanti al cui sguardo accusatore credo si sentirebbe male persino il più convinto dei terroristi, figuriamoci un padre che nella prima parte del film non ci fa proprio una bellissima figura).


L'interesse che si arriva a provare per le sorti dei personaggi, ovviamente, aumenta il senso d'ansia avvertito durante la visione. Siccome non vogliamo che a Seok-Woo e compagnia succeda nulla, ogni apparizione dei dinoccolati e velocissimi zombi che infestano Train to Busan è un colpo alle coronarie, anche perché Yeon Sang-Ho ha un modo tutto suo di presentarli sulla scena. Lo zombi che fa paura può essere quello contorsionista appena morso, che si risolleva da terra usando movimenti "a scatto" capaci di agghiacciarmi per giorni, oppure può essere l'apocalittica marea umana che si avventa sui protagonisti senza pietà alcuna e probabilmente grazie all'ausilio di una CGI per nulla invasiva e, se posso permettermi, utilizzata mille volte meglio rispetto a ciò che spesso si vede nelle grandi produzioni USA (qualcuno ha detto World War Z?). Di fatto, Train to Busan ha il respiro epico dei grandi blockbuster ma ha anche il non trascurabile vantaggio di non essere l'accozzaglia di effetti speciali e tamarrate assortite che solitamente l'accezione occidentale del termine reca con sé: tutto nel film di Yeon Sang-Ho è realizzato benissimo e senza lasciare nulla al caso, dalla breve scena action in cui i personaggi sono costretti a lottare contro i singoli zombi (e lì la fa da mattatore Ma Dong-seok, vero esperto di arti marziali che tira pugni ai morti viventi con talmente tanto gusto che è una goduria da guardare) alle devastanti scene di morte e distruzione che coinvolgono stazioni e città, ma anche i momenti più "riflessivi" in cui ai protagonisti bastano pochi sguardi e qualche inquadratura azzeccata per comunicare più di mille parole. Se poi siete come me, ovvero persone imbecilli alle quali basta, che so, sentire cantare Aloha Oe in coreano da una bambina in lacrime per cominciare a piangere a vostra volta come vitelli, vi avviso già da ora che la visione di Train to Busan vi lascerà devastati neanche vi foste fatti una maratona di Edward mani di forbice e Papà ho trovato un amico, quindi astenersi non solo stomaci deboli (qualche scena gore c'è, nulla di troppo "Saviniano" ma c'è, tra l'altro il make-up degli zombi è particolarmente realistico) ma anche spettatori dalla lacrima facile.

Yeon Sang-Ho è il regista e sceneggiatore della pellicola. Originario della Corea del sud, ha diretto pellicole che non conosco, quali The King of Pigs, The Fake e Seoul Station, tutti a disegni animati. Anche produttore, ha 39 anni.


Il lungometraggio animato Seoul Station, diretto sempre da Yeon Sang-Ho, funge da prequel al film ed è ambientato un giorno prima di Train to Busan; conto di recuperarlo il prima possibile assieme a The Host e The Wailing, che non ho ancora visto ma mi paiono abbastanza simili. ENJOY!

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