domenica 30 marzo 2014

Captain America - Il primo vendicatore (2011)

Siccome il divino Leo Ortolani nel suo blog ha magnificato le lodi di Captain America – The Winter Soldier e siccome c’è già la fila di amici che mi chiedono “Andiamo?”, per ogni evenienza ho recuperato Captain America – Il primo vendicatore (Captain America: The First Avenger), diretto nel 2011 dal regista Joe Johnston e all’epoca pesantemente snobbato dalla sottoscritta.


Trama: Steve Rogers è un ragazzo che, a causa del fisico a dir poco sottosviluppato, non riesce ad arruolarsi nell’esercito per andare a combattere al fronte durante la seconda guerra mondiale. Un giorno però uno scienziato lo seleziona per testare un siero in grado di rendere le persone dei supersoldati ed ecco nascere Capitan America, l’ultimo baluardo contro i piani del folle nazista Teschio Rosso…


Poteva andare peggio. Captain America non mi ha entusiasmata come hanno fatto Iron Man o The Avengers ma pensavo mi sarei trovata davanti un’insopportabile e cosmica camurrìa, invece alla fine la pellicola è un action abbastanza dignitoso con gli ovvi limiti che il genere comporta. La cosa buona, innanzitutto, è che l’abbondanza di umorismo (che sarebbe fuori luogo per il personaggio Capitan America tanto quanto lo è stata per Thor) tipica dei film Marvel è stata limitata a qualche battuta di spirito qui e là e poi anche la trama è molto semplice e lineare, priva di spiegoni e con pochi personaggi chiave, così che anche i neofiti possano approcciarsi alla pellicola senza maledirne i realizzatori. D’altronde Captain America – Il primo vendicatore doveva innanzitutto presentare il protagonista in modo chiaro ed immediato e, secondariamente, fare da apripista a The Avengers, quindi non credo si potesse fare diversamente e il risultato è un film raccontato come un lungo flashback che spiega chi sia il fantomatico capitano, cosa l'abbia spinto a fregiarsi di un nome così altisonante e, soprattutto, perché diamine lo ritroveremo negli Avengers quando le sue vicende risalgono all'epoca della seconda guerra mondiale. A proposito del periodo storico, forse è proprio quest'ambientazione vintage che rende Captain America un po' diverso dai soliti cinecomic; è vero che le armi tecnologiche del Teschio Rosso si sprecano e che qualche laser andava messo oppure gli adolescenti sarebbero usciti dal cinema, tuttavia per buona parte della pellicola le atmosfere sono quelle di un film di guerra ed è molto divertente vedere questo patriota sbeffeggiato e utilizzato a mo' di mascotte per la bieca propaganda dell'industria bellica. Anzi, considerata la comprensibile antipatia che si porta dietro Steve Rogers, un ometto patriottico, coraggioso, retto, probo, giusto, noioso, petulante, per dirla con le parole del Doc Manhattan un "precisino della fungia", che diventa un supereroe mantenendo queste caratteristiche fatali, vederlo perculato mentre è avvolto nella bandiera americana è praticamente il punto più alto, intelligente e pregevole del film. Il resto, alla fine, sa tanto di già visto in mille altre pellicole simili.


Per quel che riguarda attori e realizzazione, Chris Evans è un blocco di tufo. Già per quel poco che conosco il Capitan America del fumetto mi era parso che il personaggio avesse effettivamente la varietà emotiva di un gatto di marmo ma perlomeno è un omone che ispira rispetto: Evans ispira il ceffone con annesso lo "Svegliati!!! Santoddio!", ma questo l'avevo già capito guardando The Avengers. I comprimari sono un po' meglio, sempre nei limiti di quello che la trama può offrire, e sono vivacizzati dalla bravura di grandi attori o caratteristi come Tommy Lee Jones e Stanley Tucci, mentre quel povero cristo di Hugo Weaving, come al solito nascosto per buona parte del film da un trucco che lo rende irriconoscibile, è costretto in un malvagio talmente da operetta che gli mancano solo le pantomime alla Raul Cremona. Toby Jones ne esce meglio, perlomeno è più verosimile e "naturale" per azioni ed intenzioni, tuttavia Arnim Zola lo ricordavo assai simile al Kraang delle Tartarughe Ninja, un megafaccione infilato in un robot, non un ometto grassottello e basso che passa il tempo a sospirare e fuggire maledicendo il giorno in cui ha incontrato il Teschio Rosso. A dirigere questi attori di qualità altalenante c'è Joe Johnston che, a differenza degli sbulacconi Branagh, Favreau (che originariamente avrebbe dovuto dirigere Captain America, non Iron Man) e Whedon (che, tra l'altro, ha rimaneggiato un po' lo script del film) parrebbe quasi trattenersi e preferire un approccio classico, centellinando sia le scene d'azione che gli effetti speciali, proprio come se si trovasse tra le mani un film d'altri tempi. Personalmente avrei spinto un po' più l'accelleratore sulla tamarreide, nel senso che nelle mani di un Vuorensola o uno Snyder molto probabilmente l'Hydra, il Teschio Rosso e tutti i loro mezzi si sarebbero incupiti e "infighiti" parecchio, così come l'atmosfera dell'intera pellicola e, molto probabilmente, Captain America sarebbe risultato un film da ricordare e non solo un mero riempitivo pre-Avengers. Comunque, per una serata ignorante tra amici ci sta, l'importante è non essere fan del fumetto perché temo si rischi il diludendo massimo.

 
Del regista Joe Johnston ho già parlato qui. Chris Evans (Steve Rogers/Capitan America), Tommy Lee Jones (Colonnello Chester Phillips), Hugo Weaving (Johann Schmidt/Teschio Rosso), Dominic Cooper (Howard Stark), Richard Armitage (Heinz Kruger), Stanley Tucci (Dr. Abraham Erskine), Samuel L. Jackson (Nick Fury), Toby Jones (Dr. Arnim Zola), Neal McDonough (Timothy "Dum Dum" Dugan) e Natalie Dormer (Soldato Lorraine) li trovate invece ai rispettivi link.

Hayley Atwell interpreta Peggy Carter (ruolo che riprenderà anche in Captain America: The Winter Soldier). Inglese, ha partecipato a film come La duchessa e a serie come I pilastri della Terra e Black Mirror. Ha 32 anni e un film in uscita, Cenerentola di Kenneth Branagh!!


Sebastian Stan interpreta James Buchanan “Bucky” Barnes (ruolo che riprenderà anche in Captain America: The Winter Soldier). Romeno, lo ricordo per essere stato il Cappellaio Matto della serie Once Upon A Time, inoltre ha partecipato a film come Il cigno nero e ad altri telefilm come Gossip Girl. Ha 32 anni.


Immancabile come sempre il cameo di Stan Lee nei panni di un generale mentre sono saltati quello di Scarlett Johansson come Vedova Nera e ovviamente quelli di Hugh Jackman e Ian McKellen nei panni di Logan ed Erik Lehnsherr, sempre per quei problemi di diritti che dividono da anni l'universo cinematografico Marvel in tre realtà ben distinte ed impermeabili. Sono rimasti fuori anche Sam Worthington, Will Smith, Channing Tatum, Mike Vogel, Jensen Ackles, Kellan Lutz, Ryan Phillippe ed Alexander Skarsgård, tutti contattati, a diversi stadi di produzione, per interpretare il protagonista (anche Sebastian Stan era tra i candidati ma è alla fine gli è stato assegnato il ruolo di Bucky), mentre per quel che riguarda Peggy Carter sono rimaste fuori sia Gemma Arterton che Keira Knightley. Captain America - Il primo vendicatore, inoltre, non è stato il primo film girato su Cap: nel 1944 c'è stata la serie Captain America, 15 episodi che potete trovare tranquillamente in rete, nel 1979 sono arrivati il film TV Captain America e il suo seguito, Captain America II: Death Too Soon e infine nel 1990 Capitan America, distribuito anche in Italia. Se volete scavare nel vintage potete recuperare questi titoli altrimenti, se preferite invece cose un po' più moderne, sappiate che nel Blu Ray di Iron Man 3 è contenuto un corto dal titolo Agent Carter, ambientato un anno dopo gli eventi di Captain America - Il primo vendicatore ed interamente incentrato su Peggy Carter, Dum Dum Dugan e Howard Stark, con gli stessi attori coinvolti. Altrimenti, nell'attesa che escano Captain America: The Winter Soldier, Guardians of the Galaxy, Avengers: Age of Ultron e gli ancor lontanissimi Ant-Man, Captain America 3 Thor 3, se il film vi fosse piaciuto recuperate Iron Man, Iron Man 2, Iron Man 3, Thor, Thor: The Dark World e The Avengers. ENJOY!

venerdì 28 marzo 2014

Il ricatto (2013)

Beggars Can’t Be Choosers. In giorni di vuoto cinematografico si piglia quel che passa al convento e, chissà perché, io mi sono intestardita su Il ricatto (Grand Piano), diretto nel 2013 dal regista Eugenio Mira.


Trama: Tom Selznick è un pianista che la moglie costringe a tornare sulle scene dopo cinque anni di assenza dovuti ad un concerto disastroso. All’ansia da palcoscenico si aggiunge la minaccia di un killer che gli impone di portare a termine una difficilissima esecuzione senza sbagliare una nota, pena la morte…


Il ricatto poteva essere un thriller, se non memorabile, perlomeno dignitoso. All’inizio ci avevo quasi creduto, nonostante gli strali che gli erano piovuti addosso più o meno da ogni parte della blogosfera. D’altronde, l’idea di base è molto intrigante e la situazione in cui viene a trovarsi il protagonista decisamente spinosa: solo davanti a una folla, impegnato ad eseguire il pezzo più difficile della sua carriera, con un killer spietato pronto a fare fuori o lui o la moglie seduta tra il pubblico al primo accenno di errore. Voi vi chiederete perché. Beh, l’assassino non è semplicemente pazzo, ha i suoi motivi e verranno spiegati debitamente nel corso della pellicola… il problema è che qui casca l’asino. Se le premesse sono buone, la cosa non vale purtroppo per lo svolgimento della trama, che si sgonfia come un soufflé dopo appena mezz’oretta di film per poi crollare definitivamente su uno dei finali più stinfi della storia del cinema, che mi ha fatta rimanere immobile a fissare i titoli di coda chiedendomi "E quindi? Tutto 'sto casino per cosa?". Non faccio spoiler, ovviamente, ma sappiate che alla fine della visione inserirete di diritto il killer de Il ricatto nell'elenco dei 10 "cattivi" più pretestuosi e raffazzonati di sempre, la classica montagna che partorisce un topolino.


A parte questo, c'è davvero poco altro da dire. Eugenio Mira confeziona un prodotto classico che non si distingue per originalità visiva (certo che il taglio della gola che viene interrotto senza mostrare una goccia di sangue per passare subito al primo piano di un archetto che strofina le corde di un violino è da voto dieci!!) ma che risulta comunque gradevole agli occhi, mentre le interpretazioni degli attori sono nella norma, nulla di trascendentale e nulla che porterebbe a urlare orripilati. Elijah Wood è molto bravo nel palesare inquietudine con quegli azzurri occhioni da lemure mentre John Cusack, per quel poco che si vede, ricorda anche troppo Alan Rickman, tanto che a un certo punto credevo che avrebbe ucciso Frod.. ehm... Elijah con un Avada Kedavra invece che col fucile. Meglio l'altro caratterista su cui non aggiungo nulla per non rovinare la sorpresa, nonostante sia lui sia i due amici di Tom e consorte siano davvero tagliati con l'accetta e stereotipatissimi, mentre la moglie, interpretata da una wannabe Reese Witherspoon, è uno dei personaggi più inutili che abbia mai visto in un film. Nulla da dire invece sulla colonna sonora: poiché è ambientato durante un concerto per pianoforte e orchestra, il film è quasi più piacevole da ascoltare che da vedere. Certo, a mio avviso la visione de Il ricatto sarebbe stata più divertente in presenza di un pianista vero che avrebbe potuto inorridire davanti alle prodezze multitasking del protagonista ma purtroppo i pianisti sono una brutta razza di gente snob (e ogni riferimento ad un Toto qualsiasi è puramente casuale), quasi quanto i blogger cinematografici. Infatti vi consiglio di non perdere tempo e soldi per questa bagatella. 

 
Di Elijah Wood (Tom Selznick), John Cusack (Clem) e Dee Wallace (Marjorie Green) ho già parlato ai rispettivi link.

Eugenio Mira (vero nome Eugenio Mira Juliá) è il regista della pellicola. Spagnolo, prima de Il ricatto ha diretto un paio di corti e due lungometraggi che tuttavia non conosco. Anche compositore, sceneggiatore, attore e produttore, ha 37 anni. 


Kerry Bishé interpreta Emma Selznick. Americana, ha partecipato a film come Sex and the City, Red State, Argo e a serie come Scrubs. Ha 30 anni. 


Don McManus interpreta Reisinger. Americano, ha partecipato a film come Il falò delle vanità, Le ali della libertà, Air Force One, Magnolia, Il 6° giorno, Hannibal, Auto Focus, Il mistero dei templari, Ocean's Thirteen e a serie come Jarod il camaleonte, Innamorati pazzi, NYPD, Party of Five, Ally McBeal, Dharma & Greg, Dawson's Creek, CSI: Miami, Nip/Tuck, Malcom, Grey's Anatomy, Numb3rs, Dexter, Supernatural, 24 CSI - Scena del crimine. Ha 55 anni e tre film in uscita. 


Segnalo inoltre la presenza nel cast di Alex Winter, tra i caratteristi dello storico Freaked - Sgorbi, qui nei panni del bieco assistente. Infine, se Il ricatto vi fosse piaciuto, recuperate In linea con l'assassino o Speed. ENJOY!

giovedì 27 marzo 2014

(Gio)WE, Bolla! del 27/03/2014

Buon giovedì a tutti! Questa settimana c'è un abbondanza di nuove uscite a dir poco spaventosa... ma per quel che riguarda la qualità? Eh beh, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca... ENJOY!

Captain America – The Winter Soldier
Reazione a caldo: oh, eccolo.
Bolla, rifletti!: La recensione di Leo Ortolani mi ha fatto venire voglia di vederlo e, nel frattempo, ho recuperato il primo capitolo della saga, sul quale troverete un post nei prossimi giorni. Pensavo peggio, se mi proporranno una sortita al cinema probabilmente accetterò, in caso contrario non mi strapperò i capelli.

Cuccioli – Il paese del vento
Reazione a caldo: ???
Bolla, rifletti!: Anche questo è un sequel, nella fattispecie di Cuccioli: Il codice di Marco Polo, già film tratto dalla serie animata Cuccioli. Ammetto di non aver mai sentito nominare nessuna di queste opere ma immagino che i bimbi invece saranno contenti visto che mi sembrano vietate ai maggiori di 6 anni.

Non buttiamoci giù
Reazione a caldo: OCCristo…
Bolla, rifletti!: Alla fine è arrivato anche a Savona il film tratto da uno dei libri più ammorbanti ed inutili che abbia mai letto, frutto della (solitamente) magica penna di Nick Hornsby. Lo eviterò come la peste.

Storia di una ladra di libri
Reazione a caldo: At last!!
Bolla, rifletti!: Finalmente una pellicola che ho voglia di vedere, credevo che questa settimana sarebbe stata peggio della scorsa! Storia di una ladra di libri, ambientato nel periodo nazista e con un bel cast di attori, è un film che punto da quando ne ho parlato QUI. Spero di riuscirlo a vedere il prima possibile! 

Yves Saint Laurent
Reazione a caldo: Altra incognita.
Bolla, rifletti!: Come si evince dal titolo, il film racconta la vita dello stilista Yves Saint Laurent. Se siete appassionati di moda potreste anche trovarlo interessante ma se, come me, avete tutta un’altra serie di interessi, credo potrete anche vivere senza (ma con tutta la roba bella che potrebbero importare dall’estero proprio la biografia di Yves Saint Laurent? Mah…)

Al cinema d’élite si respira profumo d’Italia…

La luna su Torino
Reazione a caldo: terza incognita della settimana
Bolla, rifletti!: Sulla locandina c’è un lemure. Un lemure a Torino? Solo per quello avrei voglia di vederlo, anche perché non saprei come catalogare questo film che non sembrerebbe essere il solito drammone o commedia italiana da quattro soldi. Forse la Poison saprà illuminarmi visto che si parla della sua città?

Happy Birthday Mr. Quentin!

Oggi il mio aMMoro Quentin Tarantino compie 51 anni, portati malissimo ahilui. Ma che ci frega del fisico, è la mente del ragazzaccio di Knoxville che deve essere sempre pronta e attiva… e allora, per festeggiare degnamente il suo genetliaco vediamo un po’ cosa sta facendo in questo periodo l’aMMoro ciccio, un appuntamento che spererei di ripetere ad ogni suo compleanno. ENJOY!


Apparentemente, l’aMMoro sta spendendo soldi non già in un nostro prossimo viaggio di nozze ma in avvocati: dopo la diffusione dello script del suo ultimo film, The Hateful Eight, Tarantino ha deciso di non girarlo più e ha in corso una bagarre legale con il blog Gawker.com. Non entro nel merito della cosa e non ho idea da chi sia partita la “soffiata” di preciso ma chiunque abbia “venduto” lo script meriterebbe di bruciare all’inferno vista la triste decisione di Quentin. Cacca dunque sul responsabile. Stand by anche per Kill Bill volume 3, la nostra ultima speranza, quindi chissà quando potremo vedere il prossimo film girato da Tarantino. Il mio timore è che ci vorranno anni.

Cacca. Su. Di. Voi.
Nessuna nuova anche per il film che avrebbe dovuto vedere il ritorno di Quentin nelle vesti di attore, tra l'altro in Italia. Ero già pronta a partire e chiedergli di farmi sua, nel caso quel giorno a Cannes non avesse sentito le mie urla. Invece, dopo mille notizie che per una settimana si sono rincorse senza sosta sulla rete fomentando l'hype dei fan, anche il film di Enzo G. Castellari pare essersi perso in un limbo. E dire che le riprese sarebbero dovute cominciare questo mese o il prossimo...

Aspettiamo nuove...
Quindi possiamo dire che questo compleanno sarà ben triste per i fan del mio aMMoro. Nessun progetto imminente pare, né come regista, sceneggiatore, produttore o attore... ma all'orizzonte si profila un Killer Crow, forse. Che sarà mai? Mah, lo scopriremo solo vivendo. Nel frattempo, voi che abitate in luoghi illuminati, godetevi i festeggiamenti per il ventennale di Pulp Fiction, che dal 7 al 9 aprile verrà proiettato nel circuito sale The Space. Dal quale, ovviamente, Savona è esclusa. Mi toccherà festeggiare sola con Quentin, che vi devo dire. Nel frattempo, ancora auguroni aMMoro!!! See you next year!

mercoledì 26 marzo 2014

Lupin III - Trappola mortale (1996)

Ridendo e scherzando siamo arrivati a quello che, tolto Lupin III VS Detective Conan - Il film, è l'ultimo film di Lupin uscito nelle sale cinematografiche giapponesi, Lupin III - Trappola mortale (ルパンさんせい デッド・オア・アライブ - Rupan Sansei Dead or Alive), diretto nel 1996 da Monkey Punch.


Trama: Lupin e soci vogliono rubare il tesoro di un'isola misteriosa protetta da una pericolosissima nanotecnologia. Oltre all'onnipresente ispettore Zenigata, a metter loro i bastoni tra le ruote ci penserà anche il crudele Generale Cacciateste, dittatore del regno di Zufu...


L'ultima  pellicola cinematografica di Lupin si affida ad un character design completamente rinnovato e per nulla disprezzabile e, per la sequenza iniziale e quella finale, lascia tutto nelle mani del creatore del personaggio, Monkey Punch (che, nel resto della pellicola, è stato praticamente sostituito da Hiroyuki Yano). Il risultato finale rappresenta sicuramente un salto di qualità rispetto ai due anime che lo hanno preceduto, non tanto in termini di storia quanto di animazioni: la trama è, di nuovo e purtroppo, l'equivalente di un episodio della serie tirato per le lunghe, con l'aggiunta della solita damsel in distress da aiutare e/o concupire, col risultato che le storie da seguire sono almeno due e solo una di esse riguarda il Ladro Gentiluomo e i suoi allegri compari. Se la vicenda di Oleander e del principe ribelle Panish è inopportunamente malinconica e lagnosa, d'altra parte e per fortuna quella del furto complicato da nanotecnologie e generali è movimentata, allegra e ai limiti della fisica umanamente accettata, con i personaggi che mettono al servizio della trama le loro svariate abilità. Lupin si profonde in travestimenti perfetti (che si "spellano" ad ogni esplosione!), Jigen e Goemon  sono quasi paranormali nella loro bravura con pistola e spada (e nel parare le chiappe a un capo distratto!), Fujiko mostra inedite capacità da combattente ed haker (se c'è una cosa che questa donna non riesce a fare devo ancora scoprirla!) e persino Zenigata risulta serio e competente, come giustamente dovrebbe essere nonostante gran parte degli anime lo dipingano come un isterico imbecille. Purtroppo mancano retroscena o approfondimenti su detti protagonisti e, in questo, Trappola mortale si conferma limitato come i lungometraggi che lo hanno preceduto, ancora incapace di trovare un equilibrio tra la tradizione e il rinnovamento.


Come ho detto all'inizio, però, Trappola Mortale è soprattutto molto bello da guardare. Il già citato character design di Marisuke Eguchi è particolarissimo e più vicino a quello del manga che dell'anime (lineamenti marcati, sopracciglione) soprattutto per quello che riguarda i bellissimi personaggi maschili mentre, effettivamente, se vogliamo fare i puristi Fujiko si distacca parecchio da qualunque sua altra incarnazione, tanto da risultare quasi irriconoscibile. Le scene d'azione sono una gioia per gli occhi e caratterizzate da un'animazione fluidissima e veloce, sia durante le sequenze che si concentrano sui combattimenti corpo a corpo (quello finale tra Lupin e Cacciateste è spettacolare ma anche la Fujiko versione Street Fighter non scherza!) sia durante i classici inseguimenti su mezzi in movimento, tipici della serie fin dal primo approccio Miyazakiano. In particolare, Trappola mortale si distingue per la presenza  di questa fantomatica nanotecnologia che consente di mostrare un'infinità d'armi appuntite mentre si scagliano contro i protagonisti ed introduce i primi, timidi tentativi di computer grafica, ancora un po' rozzi e mal integrati col resto dell'animazione ma pur sempre apprezzabili e indice della grandissima cura profusa nella relizzazione dell'anime, nonostante i tempi ristretti che hanno fatto impazzire Monkey Punch e lo hanno portato a giurare che MAI più si sarebbe cimentato in una simile impresa. Peccato perché, sebbene sia molto inferiore ai meravigliosi La pietra della saggezza e Il castello di Cagliostro, Trappola mortale è momentaneamente al terzo posto per quel che riguarda la mia personale classifica dei film dedicati a Lupin. Con il prossimo post inizierò a parlare degli OAV, quindi preparatevi!

Monkey Punch (vero nome Kazuhito Kato) è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Leggendario creatore di Lupin III e tutto il suo universo, ha diretto anche un altro OAV dal titolo Scoopers, del 1987. Ha 77 anni.


Se Trappola Mortale vi fosse piaciuto, recuperate gli altri film di Lupin di cui ho parlato QUI e... ENJOY!!!


martedì 25 marzo 2014

Redd Inc. (2012)

Dopo averne letto più o meno bene in diversi blog ho deciso di recuperare Redd Inc., slasher diretto nel 2012 dal regista Daniel Krige.


Trama: un dirigente condannato per omicidio evade dal manicomio e raduna una squadra di dipendenti forzati che dovranno occuparsi di scagionarlo...


Gli horror importanti, innovativi e cervellotici vanno bene ma ogni tanto fa piacere anche rilassarsi guardando qualcosa di sanguinosamente divertente ed ironico. Questo è il caso di Redd Inc., poco innovativo dal punto di vista della trama o della regia ma sicuramente piacevole, almeno per chi è costretto a sopportare per otto ore al giorno la camurrìa del lavoro d'ufficio. Tutte le caratteristiche principali di un "buon" presidente aziendale vengono riassunte infatti nella figura del signor Redd, un uomo ligio al dovere suo ma, soprattutto, attento a che i suoi dipendenti facciano seriamente il loro senza battere la fiacca, senza ritardi, senza distrazioni né lamentele... pena la morte, che diamine! Incatenati, terrorizzati, privi di pausa caffé ma comunque nutriti e dotati dei migliori strumenti di lavoro, gli schiav.. ehm... dipendenti di Redd hanno persino cinque opportunità di sgarrare prima di fare la fine del topo, cosa che non è consentita mica a tutti gli italiani e, vi dirò, mi raccontano che anche la pausa bagno di cinque minuti viene talvolta considerata un lusso. Magari il risultato finale non è definitivo e sanguinoso come quello descritto nella pellicola, ma vi assicuro che ci sono dei veri capoccia davanti ai quali persino Redd dovrebbe togliersi il cappello per quel che riguarda la capacità di comprensione e l'apertura mentale. Ma non divaghiamo, suvvia, ché qui si parla di cinema e non di storie di vita vissuta.


Redd Inc., si diceva, è uno di quei film che gioca allegramente in bilico tra la supercazzola e l'horror serio. La figura di Redd è grottesca, un mix tra una leggenda metropolitana e Hannibal il cannibale, mentre alcune svolte nella trama stemperano volutamente l'eventuale ansia che potrebbe provare lo spettatore, prendendo in giro alcuni vecchi cliché del genere e reiterandone allo stesso tempo altri tipici di un horror più moderno e leggero. Nonostante una sequenza debitrice di Rashomon e un paio di colpi di scena inaspettati che rendono il tutto più interessante, fondamentalmente Redd Inc. scorre indolore, tranquillo e prevedibile fino alla fine e punta più ad essere ricordato per un paio di incursioni splatter particolarmente efferate. D'altronde, gli effetti speciali assai curati e realistici sono stati supervisionati dal simpatico Tom Savini (l'hanno già detto altri e lo ripeto: arrivarci a settant'anni con quel fisico, uomini!!) e sangue ce n'è effettivamente a secchiate, ma di scene in grado di indurmi i conati o portarmi a distogliere lo sguardo non ne ricordo, per fortuna. Gli attori non saranno tra i migliori in circolazione ma portano dignitosamente a casa la pagnotta: in particolare, oltre alla solita mezza dozzina di vittime sacrificali senza nome, Nicholas Hope ci crede parecchio alla sua interpretazione di maniaco omicida (meglio lui, quasi sconosciuto, che Dennis Quaid in Beneath the Darkness...) mentre Kelly Paterniti è una scream queen che urla poco ma si da parecchio da fare, con quel suo sguardo furbetto, il visino cicciottello e lo scazzo tipico di una dipendente che vorrebbe finire a bastonate il suo boss. Insomma, non sarà sicuramente l'horror del secolo ma per una serata poco impegnata è l'ideale... e per convincervi a dargli una chance aggiungerò anche il definitivo commento di Papà Bolla che, come al solito, è arrivato a proiezione quasi finita durante uno dei momenti clou e ha esclamato, con non poco stupore disgustato: "Belin!!". Devo aggiungere altro?

Di Tom Savini, che ha supervisionato gli effetti speciali del film e compare brevemente nei panni di Peter Bava, ho già parlato qui.

Daniel Krige è il regista della pellicola. Sudafricano, ha diretto altri due lungometraggi e svariati corti che tuttavia non conosco. Anche sceneggiatore, attore e compositore, ha 44 anni.


Nicholas Hope interpreta Thomas Reddmann. Inglese, ha partecipato a film come Scooby - Doo e Anaconda - Alla ricerca dell'orchidea maledetta. Anche regista e sceneggiatore, ha 56 anni e un film in uscita.


Kelly Paterniti, che è facilmente confondibile con Danielle Harris e interpreta Annabelle, fa parte del cast della soap opera australiana Home and Away, che nessun lettore probabilmente conoscerà ma è un mio personalissimo amarcord; Sam Reid invece, che interpreta William, aveva partecipato al film Anonymous nei panni del conte di Essex. Se Redd Inc., conosciuto anche come Inhuman Resources, vi fosse piaciuto, recuperate anche Tagli al personale e Quella casa nel bosco. ENJOY!

domenica 23 marzo 2014

Only Lovers Left Alive (2013)

Da più o meno un anno aspettavo spasmodicamente di vedere Only Lovers Left Alive, film vampirico con Tommolino e Tilda Swinton diretto e sceneggiato nel 2013 dal regista Jim Jarmusch. Appena sono venuta a conoscenza della sua “disponibilità” me lo sono procurato e questo è il risultato…


Trama: Adam ed Eve sono due vampiri centenari ed innamoratissimi, nonostante vivano separati. Della coppia, Adam è quello più propenso ad avere crisi depressive, quindi Eve vola da Tangeri a Detroit per stargli accanto ed aiutarlo a superare l’ennesimo periodo buio…


Detto senza peli sulla lingua: che due palle. Se qualche settimana fa mi ero lamentata del fatto che Kiss of the Damned reiterava il cliché dei vampiri colti, ricchi, annoiati e “buoni”, oggi tocca mettermi le mani nei capelli perché Only Lovers Left Alive non si limita solo a riproporre tali stereotipi, ma li incastra anche in una trama dove non accade praticamente nulla. Dopo metà film, quasi sul finale, Jarmush dev’essersi reso conto che anche le Hiddlestoners più sfegatate si sarebbero stufate di vedere il loro idolo impossibilmente bello ed affascinante ma con gli occhi chiusi e lo scazzo a tremila, quindi ha deciso di far “succedere cose” che, diciamocelo francamente, smuovono un po’ la situazione ma fondamentalmente non servono a nulla. Only Lovers Left Alive si attiene infatti strettamente al titolo che porta: in un mondo sostanzialmente corrotto, caotico e vuoto, l’unica cosa rimasta in vita è l’Amore, quello eterno tra Adam ed Eve, ed ogni persona o evento che minaccia anche solo di avvicinarsi al “dinamico” duo viene affrontata come fosse un fastidio, una parentesi scomoda di cui liberarsi il prima possibile. Se Eve, tanto quanto, cerca di aprirsi alla modernità e coltiva qualche sporadica quanto surreale amicizia (Marlowe/Shakespeare), Adam è l’incarnazione stessa del male di vivere, un vampiro talmente preda dello spleen e del pessimismo cosmico che in confronto Louis di Intervista col vampiro era il Pagliaccio Baraldi, schifato da quegli esseri umani che lui chiama "zombi" e interessato solo alla sua musica o alle chitarre d'antiquariato. Come già in Kiss of the Damned, a un certo punta arriva la sorella scapestrata di lei, Ava (che fantasia, soprattutto visto che viene pronunciato Eva!!) a ravvivare un po' la situazione e spargere qualche cadaverino qua e là, ma viene presto congedata dall'affabile coppia che, per tutta risposta, si becca quell'insulto che aleggiava da più di un'ora nella mente dello spettatore: "Siete due fottuti snob!!". E, aggiungo io, non fate altro che dormire e lamentarvi, a che vi serve vivere in eterno, per la miseria??? Mah.


Per quel che riguarda la regia, per carità, niente da dire, anzi. Only Lovers Left Alive è visivamente affascinantissimo, una contaminazione di ambienti grunge occidentali e affascinanti e calde atmosfere orientali, col regista che indugia sui volti e i corpi dei due amanti vampiri ricercando soluzioni particolarissime (la rotazione della telecamera all'inizio, i primi piani dopo le bevute di sangue, che ricordano tanto i trip di Trainspotting) ed elaborate costruzioni delle immagini. La colonna sonora è meravigliosa e a tratti ipnotica, soprattutto per quel che riguarda i due concerti che vengono mostrati e, ovviamente, i due protagonisti sono a dir poco stupendi: Tilda Swinton, con la sua androgina bellezza, è talmente particolare da risultare affascinante in qualsiasi scena mentre Tom Hiddleston è fuori da ogni immaginazione, bello da far paura e bravissimo nel conferire quel soverchiante ed aristocratico ennui al suo Adam. Una Mia Wasikowska sempre più brava e sicura di sé interpreta una simpatica e sensuale little bitch che ravviva la pellicola come un folletto e verrebbe da pregarla di fermarsi un po' di più per scuotere la sorellona e il cognato ma è solo un attimo, come ho detto, che passa e se ne va. Non come Only Lovers Left Alive che invece procede, lento, eterno ed immanente, alla faccia del Drugo che "sa aspettare": molto prosaicamente comprendo, da burina qual sono (e dico così perché all'inizio c'era un po' più di azione nel film ma, quando i produttori hanno detto a Jarmusch di abbondare ancora, lui ha deciso di ridurla ulteriormente quindi forse sono io che non capisco nulla), perché Adam abbia costanti pensieri suicidi e mi immagino anche lo sbattimento di Eve nel provare a tener desto l'interesse di un marito così visto che come spettatrice la mia mente vagava, vagava e riusciva a focalizzarsi solo quando compariva su schermo l'addominale scolpito e asciutto di Tommolino. Il resto sono solo vuote parole immerse in una bellissima cornice, reiterate in una noiosissima eternità. Quindi chissà se è meglio essere vampiri o zombie.


Di Tom Hiddleston (Adam), Tilda Swinton (Eve), Mia Wasikowska (Ava), John Hurt (Marlowe), Anton Yelchin (Ian) e Jeffrey Wright (Dr. Watson) ho già parlato ai rispettivi link.

Jim Jarmusch (vero nome James R. Jarmusch) è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Daunbailò, Coffee and Cigarettes, Taxisti di notte, Dead Man, Ghost Dog - Il codice del samurai Broken Flowers. Anche attore, produttore e compositore, ha anni e un film in uscita.


A proposito di figoni incredibili, si narra che Michael Fassbender fosse in trattativa per un ruolo ma alla fine non se n'è fatto nulla ahimé! Detto questo, se Only Lovers Left Alive vi fosse piaciuto procuratevi Intervista col vampiro, The Addiction e Miriam si sveglia a mezzanotte. ENJOY!


Articolo pubblicato anche su Filmovie.it

venerdì 21 marzo 2014

Lei (2013)

Martedì ho finalmente guardato il film visto ed apprezzato da (quasi) tutta la blogosfera, ovvero Lei (Her), diretto e sceneggiato nel 2013 da quel geniaccio di Spike Jonze e vincitore dell'Oscar per la migliore sceneggiatura originale.


Trama: Theodore è un uomo solitario, provato dalla fine di un lungo matrimonio. Un giorno, per curiosità, decide di acquistare un software in grado di "evolversi" in base alle necessità del padrone ed è così che, a poco a poco, intesse una relazione con questo programma, autodenominatosi Samantha...


Quanta tristezza, quanta bellezza. Durante la visione di Lei sono stata colta da una malinconia talmente profonda che ho fatto fatica ad arrivare alla fine e non perché il film sia brutto, anzi. Solo che, verso la fine, alla malinconia si è aggiunta anche un po' d'inquietudine. La storia di Theodore, ambientata in un futuro prossimo dove le lettere d'amore vengono dettate da appositi impiegati ad un computer che poi le stamperà in bella calligrafia, sembrerebbe quasi la naturale evoluzione di questa società dove le persone sono sempre più isolate e chiuse all'interno di una rete globale in grado di alimentare disagio e solitudine. Il protagonista si trova davanti al suo primo, importante fallimento come essere umano (il matrimonio è andato a rotoli) e non ha più il coraggio di rapportarsi agli altri perché, che scoperta!, l'amore è un sentimento reciproco dove è bello ricevere ma bisogna anche dare... e lui non riesce più a darsi completamente, o forse non c'è mai riuscito, perso nella ricerca egoista di un ideale inesistente e ingiusto. L'unica soluzione è vivere una fantasia, per quanto assurda, con qualcuno che non potrà mai essere alla pari di un essere umano e che tuttavia, apparentemente, è la persona perfetta: Lei. Samantha. Il software che, attraverso l’interazione con Theodore, comincia a comprendere il mondo e sé stessa, ad evolversi e superarsi, a trascendere in modo imprevedibile. La mia inquietudine non deriva tanto dalla svolta vagamente distopica che il film prende verso il finale, quanto dalla consapevolezza che l’essere umano Theodore è, se così si può dire, il “personaggio negativo” del film, un uomo perso nel suo ideale di artistica perfezione che si ammanta di un’aura di sfiga e tenerezza che non lo rende però meno ottuso, debole o ridicolo (si veda la sequenza dell'appuntamento al buio con Olivia Wilde, scioccante in ogni suo aspetto!). E’ più facile empatizzare con Samantha che, poverina, sarà anche infallibile in quanto computer e a tratti istericamente provata dal suo desiderio di vivere accanto a Theodore e convincerlo della possibilità di una relazione, tuttavia palesa sentimenti di inadeguatezza, frustrazione, gelosia, tristezza e curiosità genuinamente e meravigliosamente umani.


Jonze racconta così la favola malinconica di un amore 2.0, di una ricerca disperata della felicità impossibile e anche di amicizia; lo fa con tocco delicato e poetico, regalando allo spettatore momenti divertenti, assurdi e commoventi che ci spingono a riflettere su noi stessi e sul nostro modo di rapportarci agli altri, magari identificandoci di volta in volta con Theodore o con Samantha, anche se la persona più “vera” (nel senso di plausibile) del film è la tenera e frustrata Amy, interpretata da una Amy Adams bravissima e stranamente dimessa. Le sfumature del passato si mescolano ad un presente fatto di note malinconiche, colori tenui e luci soffuse e a squarci di un incerto futuro perso negli sterminati neon di una città cosmopolita, che può offrire agli sperduti protagonisti la speranza e l’amore, come anche la disperazione e il perpetuarsi della solitudine. Joaquin Phoenix regge quasi da solo il film con la sua delicata e convincente interpretazione di un uomo qualunque, senza particolari pregi se non quello di saper mettere su carta i sentimenti altrui (e col fatale difetto di non riuscire a gestire i propri), ma la particolarità del film è la briosa, sensuale e tenera voce di Scarlett Johansson, in grado di rendere viva e reale Samantha e di emozionare lo spettatore anche se priva di un corpo. La cosa incredibile è che Jonze non usa mezzucci per dotarla di una presenza fisica, come un ologramma o un'immagine, ma gli basta semplicemente inquadrare l'inseparabile telefonino che Theodore porta sempre con sé e col quale ha una relazione simbiotica fin dalle prime immagini del film, prefigurazione veritiera di tutto quello che accadrà in seguito. Her è una pellicola lieve e particolare, che bisogna seguire con un po' di attenzione e una certa predisposizione alla malinconia; bisogna stare al gioco del regista e lasciarsi trasportare dai suoni e dalle parole, senza lasciarsi fuorviare dallo stile patinato delle immagini o dalla tematica fantascientifica perché questa, più che la storia di un amore impossibile tra un uomo e una macchina, è una storia sull'impossibilità di amare ed esprimere al meglio quello che proviamo, da vedere e rivedere.


Del regista e sceneggiatore Spike Jonze (che presta anche la voce al bimbetto alieno del videogame) ho già parlato qui. Di Joaquin Phoenix (Theodore), Chris Pratt (Paul), Rooney Mara (Catherine), Kristen Wiig (è la voce di SexyKitten), Scarlett Johansson (la voce di Samantha), Amy Adams (Amy) e Brian Cox (la voce di Alan Watts) ho già parlato ai rispettivi link.

Olivia Wilde (vero nome Olivia Jane Cockburn) interpreta la ragazza con cui Theodore ha l'appuntamento al buio. Americana, la ricordo per film come Turistas, Tron: Legacy, Cowboys & Aliens, In Time, The Words e Rush; inoltre, ha partecipato a serie come The O.C. e Dr House e, come doppiatrice, ha partecipato ad episodi di Robot Chicken e American Dad!. Anche produttrice, regista e sceneggiatrice, ha 30 anni e cinque film in uscita.


Portia Doubleday, che nel film interpreta il "doppio" umano di Samantha, Isabella, nell'imbarazzante Lo sguardo di Satana - Carrie era mora e rispondeva al nome di Chris Hargensen. Originariamente, a dare la voce a Samantha avrebbe dovuto essere l'attrice Samantha Morton, che è stata sul set ogni giorno e aveva già registrato tutti i dialoghi. In fase di montaggio, però, Jonze ha capito che qualcosa non funzionava e, col benestare dell'attrice, ha deciso di ingaggiare la Johansson e farle ri-recitare da capo tutti i dialoghi. Tra l'altro, anche Chris Cooper ha girato alcune scene ma il suo personaggio è stato tagliato completamente fuori dalla pellicola. Un'altra attrice che ha dovuto rinunciare a partecipare al film, sebbene semplicemente a causa di impegni pregressi, è stata Carey Mulligan, rimpiazzata da Rooney Mara. E con questo concludo.. ENJOY!

giovedì 20 marzo 2014

(Gio)WE, Bolla! del 20/3/2014

Buon giovedì a tutti! Aria di primavera, ma non al cinema, che pare invece rinsecchirsi scagliando sul pubblico le uscite italiane peggiori di sempre, a parte qualche sprazzo di possibile pregio. ENJOY!

Amici come noi
Reazione a caldo: Ma perché?
Bolla, rifletti!: Fino a ieri sera non avevo assolutamente idea di chi fossero Pio e Amedeo, poi ho capito. Sono i terruncielli zamarroni che vivono a scrocco sulle spalle di celebrità (o pseudo tali) deficienti facendo i servizi a tema su Le Iene. Per carità, lì mi fanno anche ridere, ma perché farci addirittura un film? D’altronde, Zalone ha aperto la strada, al peggio non c’è mai fine…

Noi 4
Reazione a caldo: Cos’è, la settimana del cinema italiano maffo?
Bolla, rifletti!: Una famiglia composta da quattro persone che si odiano, riunite forzatamente per l’esame di scuola media del figlio minore. Roma a fare da sfondo. Scommettiamo che non sarà La grande bellezza?

Il ricatto
Reazione a caldo: Ora si comincia a ragionare!
Bolla, rifletti!: A dir la verità il mio desiderio sarebbe quello di andarlo a vedere con l’amico pianista, che purtroppo ha già ammesso che una roba simile gli metterebbe un’ansia tremenda. “Sbaglia una nota e morirai”: un thriller melodico con l’assassino Boncompagno collegato all’auricolare a distrarre e portar sfiga. Sembra una bastardata, speriamo sia carino e non la solita bufala!

Al cinema d’élite arriva invece un film di cui ho letto benissimo…

Ida
Reazione a caldo: Sembrerebbe interessante!
Bolla, rifletti!: Melò in bianco e nero di origine polacco-danese che ha fatto sfracelli in vari festival cinematografici raccontando la storia di una ragazza intenta a prendere i voti, dei suoi dubbi e di un passato nascosto che affonda le radici negli eventi più bui della seconda guerra mondiale. Via, andiamo, pronto per un futuro recupero!

mercoledì 19 marzo 2014

Il grande Lebowski (1998)

Dopo non so più ormai quante migliaia di anni, in questi giorni ho deciso di riguardare Il grande Lebowski (The Big Lebowski), diretto e sceneggiato nel 1998 da Joel ed Ethan Coen.


Trama: Jeffrey Lebowski, detto il Drugo, viene aggredito da due delinquentelli a causa di uno scambio di persona. Deciso ad essere risarcito (i due hanno gli hanno pisciato sul tappeto che “dava un tono all’ambiente”), il Drugo va a cercare il suo omonimo Grande Lebowski, infilandosi così in un’intricata vicenda di denaro e rapimenti…


La prima volta che vidi Il grande Lebowski ci rimasi così male che per poco non buttai via la videocassetta. Folgorata da quello che per me, a tutt'oggi, è il capolavoro dei fratelli Coen, ovvero Fargo, immaginatevi come posso essermi sentita davanti a questa verbosissima commedia grottesca fatta di equivoci e deliri con una trama esilissima dove fondamentalmente è il caos a farla da padrone e dove, alla fin fine, succede davvero poco. Probabilmente il mio pensiero all'epoca sarà stato "Ma come? Nessun morto ammazzato? E quindi? Il sangue dov'è, dov'è la giusta vendetta di un incazzatissimo Walter o Drugo? Perché c'è quella patata lessa della Moore?". Per fortuna questi dubbi amletici non sono risorti dopo più di 10 anni di ostinata inimicizia, perché Il grande Lebowski non è riuscito a scalzare Fargo dalla classifica ma è davvero un film divertentissimo, zeppo di dialoghi esilaranti, interpretato da grandissimi attori... e capisco anche come il buon Drugo (The Dude in originale) possa aver dato vita ad un culto del dudeismo che conta parecchi seguaci perché se tutti prendessimo la vita come lui probabilmente il mondo sarebbe un posto migliore. Drugo Lebowski è la perfetta sintesi del "se per caso cadesse il mondo io mi sposto un po' più in là", l'incarnazione biblica della Terra che, mentre una generazione passa e l'altra giunge (cosa che, effettivamente, accade nel film), sta lì immota ad aspettare in eterno, senza apparentemente venire toccata dalle vicende umane: dategli un White Russian e una canna e il Drugo solleverà il mondo o, meglio, aspetterà che voi lo solleviate con lui seduto sopra. Principe dei loser Coeniani, lui nel suo essere outsider ci sguazza e, se ci pensate bene, effettivamente tutte le disavventure che gli capitano nel film derivano dal fatto che gli altri lo spingano ad uscire dal comodo guscio che si è creato e ad essere un "avido" criminale e ricattatore.


Il Drugo è una spugna e non solo perché beve come un carcamanno. Si lascia trascinare dalla follia guerrafondaia dell'amico Walter, dai problemi del Grande Lebowski e dal fascino dell'indipendente Maude e da ognuno di loro, anzi, da ogni cosa che lo circonda afferra frasi, concetti, modi di dire che troverà modo di ripetere ad eventuali nuovi interlocutori o si affastelleranno nelle deliranti sequenze oniriche girate da degli ispiratissimi Coen. La struttura stessa de Il grande Lebowski è un delirio, imprevedibile quanto il suo fattissimo protagonista: raccontato in prima persona come un noir dalla quintessenza dell'americanità (un cowboy, nientemeno), inserisce di tanto in tanto personaggi iconici che hanno davvero pochissima funzionalità all'interno della trama e interrompe la narrazione con i sogni del Drugo che, in definitiva, riassumono la situazione fino a quel momento filtrandola attraverso l'occhio del subconscio che ingigantisce dettagli apparentemente insignificanti tratti da varie scene e avvenimenti. Lo spettatore non può fare altro che perdersi in questo delirio e ridere della goffaggine del Drugo e compari, simpatizzando con loro fin dal primissimo istante nonostante Walter sarebbe da prendere a schiaffi ogni due per tre (ma d'altronde, chi non ha un amico fanatico ed impulsivo?).


Jeff Bridges si annulla completamente in una delle interpretazioni più memorabili della sua carriera, arrivando ad interpretare una vera forza (immota) della natura, una persona che "conforta" sapere che c'è; personalmente, nonostante le mise inguardabili e la sbronza costante, l'ho trovato anche bellissimo come uomo ma qui si parla di devianza, lasciate stare. John Goodman è la forza opposta: se il Drugo è l'occhio del ciclone, Walter è lo tsunami che passa e lascia distruzione ovunque, assolutamente certo delle sue idee e dei suoi mezzi fino a prova contraria. L'attore offre una prova grandiosa e a farne le spese, come giusto contrappasso dopo la logorrea di Fargo, è il povero Steve Buscemi che viene costantemente e malamente zittito dal ciccione guerrafondaio ma, in qualche modo, riesce comunque a risultare indispensabile nel suo fragile, piccolo silenzio. Indimenticabili anche Philip Seymour Hoffman, Peter Stormare, Julianne Moore, John Turturro (favoloso!!!!) e David Huddleston, ognuno a modo loro, ognuno parte integrante di questo folle noir dei poveri orchestrato dai fratelli Coen. E, a proposito di orchestra, meravigliosa anche la colonna sonora, nella quale spicca un'Hotel California versione Gipsy Kings che mi fa stramazzare a terra dalle risate ancora adesso. Sono passati dieci anni, come dicevo... e finalmente con Il grande Lebowski ho fatto pace, al punto da arrivare a considerarlo un gioiello, sebbene non un cult assoluto. Meglio tardi che mai, no?


Dei registi e sceneggiatori Joel ed Ethan Coen ho già parlato qui. Jeff Bridges (Jeffrey "Drugo" Lebowski), John Goodman (Walter Sobchak), Julianne Moore (Maude Lebowski), Steve Buscemi (Theodore Donald 'Donny' Kerabatsos), Philip Seymour Hoffman (Donnie), Tara Reid (Bunny Lebowski), Peter Stormare (Karl Hungus), David Thewlis (Knox Harrington) li trovate invece ai rispettivi link.

David Huddleston interpreta il Grande Lebowski. Americano, ha partecipato a film come Mezzogiorno e mezzo di fuoco, I due superpiedi quasi piatti, Nati con la camicia, Qualcosa di cui... sparlare, The Producers e a serie come Vita da strega, Kung Fu, Charlie's Angels, Magnum P.I., La signora in giallo, Colombo, Lucky Luke, Walker Texas Ranger Una mamma per amica. Anche regista e produttore, ha 84 anni.


Mark Pellegrino (vero nome Mark Ross Pellegrino) interpreta lo scagnozzo biondo di Treehorn. Americano, ha partecipato a film come Arma letale 3, Il mondo perduto - Jurassic Park, Mulholland Drive, The Hunted - La preda, Il mistero dei templari, Truman Capote, Number 23 e a serie come Hunter, Racconti di mezzanotte, Renegade, E.R. - Medici in prima linea, Nash Bridges, X- Files, N.Y.P.D., Grey's Anatomy, Dexter, Prison Break, Numb3rs, Criminal Minds, Fear Itself, Ghost Whisperer, CSI - Scena del crimine, Lost, il pilot di Locke & Key (sarebbe stato Rendell ç_ç), CSI: Miami Supernatural. Ha 49 anni.


John Turturro interpreta Jesus Quintana. Americano, lo ricordo per film come Toro scatenato, Cercasi Susan disperatamente, Hannah e le sue sorelle, Il colore dei soldi, Fa' la cosa giusta, La tregua, Fratello, dove sei?, Terapia d'urto, Secret Window Zohan - Tutte le donne vengono al pettine, inoltre ha partecipato a serie come Miami Vice e Monk. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 57 anni e cinque film in uscita.


Sam Elliott (vero nome Samuel Pack Elliott) interpreta lo Straniero. Americano, ha partecipato a film come Un poliziotto in blue jeans, Scappatella con il morto, Hulk, Ghost Rider e a serie come Missione impossibile, inoltre ha doppiato un episodio di Robot Chicken. Anche produttore e sceneggiatore, ha 70 anni e due film in uscita.


Tra gli altri interpreti segnalo la presenza di Flea, bassista dei Red Hot Chili Peppers, che compare nei panni di uno dei compari di Karl Hungus, mentre l'ex compagno di Madonna Carlos Leon interpreta uno degli scagnozzi di Maude; altre guest star eccellenti sono Charlie Kaufman, che siede tra il pubblico durante lo spettacolo teatrale e la musicista Aimee Mann, l'unica donna nel gruppo di tedeschi. Tra quelli che "non ce l'hanno fatta" figura invece Charlize Theron, brevemente considerata per il ruolo di Bunny. Per finire, se Il grande Lebowski vi fosse piaciuto, recuperate Fargo e gli altri film dei Coen. ENJOY!

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