martedì 16 settembre 2025

La guerra dei Roses (1989)

Ho lasciato passare qualche giorno causa The Conjuring e challenge horror, ma dopo il remake tocca all'originale! Oggi parliamo infatti di La guerra dei Roses (The War of the roses), diretto nel 1989 da Danny DeVito e tratto dal romanzo omonimo di Warren Adler.


Trama: dopo aver messo su famiglia e una casa principesca, Oliver e Barbara Rose scoprono di non amarsi più. Comincia così una lotta senza esclusione di colpi per ottenere la casa voluta da entrambi...


La guerra dei Roses
è sempre stato uno dei miei film preferiti, fin da quando lo vidi per la prima volta in TV. Non poteva essere altrimenti, visto l'amore smisurato che provavo, all'epoca, per il trio Douglas/Turner/DeVito, protagonisti di due film che adoravo, All'inseguimento della pietra verde e Il gioiello del Nilo. Facendo due conti, avrò avuto 10 o 11 anni, e sicuramente non avrò capito tutto ciò che è passato sullo schermo, però La guerra dei Roses era un'opera che mi faceva lo stesso effetto di Fantozzi; mi divertiva molto, ma mi metteva anche tristezza, non solo per il finale scioccante che, lì per lì, non avevo creduto nemmeno essere così definitivo, alla prima visione. Non riguardavo La guerra dei Roses da almeno vent'anni e quando il film è cominciato è stato come rivedere un vecchio, amatissimo amico, con il quale è scattata una sintonia subitanea che, probabilmente, ha inficiato la visione del remake I Roses. A differenza del logorroico film di Jay Roach, l'adattamento di DeVito è molto semplice nella struttura e nei dialoghi, e la "ciccia" sta tutta negli atteggiamenti dei due protagonisti, che intessono la naturale morte di un amore, all'interno della cornice di un cautionary tale raccontato dall'avvocato Gavin al suo ultimo cliente, pronto a divorziare dalla moglie. E' una morte naturale, inevitabile e grottesca, che si innesca a causa della cultura yuppie anni '80 e di quell'atteggiamento retrogrado tipico di una società profondamente patriarcale. Oliver e Barbara "si scontrano e si incontrano", in un giorno di pioggia come Mirco e Licia, grazie a un'asta dove lei "ruba" a lui una preziosa statuetta orientale; si piacciono, fanno l'amore (lei si scopre multiorgasmica, con sommo orgoglio di lui) e da lì mettono su famiglia. L'idillio dei Roses viene eroso nel corso del tempo, in modo molto verosimile, dalle tante piccole disattenzioni di un uomo che valorizza la famiglia in base al proprio potere di acquisto e al prestigio lavorativo, e che si sente sempre su un gradino più alto rispetto alla moglie, valutata come un trofeo, o come una creatura scioccherella, bisognosa di una guida costante. Il menefreghismo di Oliver, per il quale l'amore è un diritto scontato che va vissuto in maniera melodrammatica, come nei film, apre progressivamente gli occhi a Barbara, la quale si accorge di aver sposato un uomo bravissimo nel suo lavoro, ma mediocre in tutto il resto, un peso morto di cui non ha bisogno per realizzarsi come donna indipendente. 


La voce narrante di Gavin, avvocato e migliore amico di Oliver, potrebbe trarre in inganno ed incasellare il film come misogino. Spesso il cliente muto di Gavin viene ammonito a prestare attenzione alle sue azioni nel corso di un eventuale divorzio, perché le donne sono terribili, vendicative e malvagie, degli idoli da placare con offerte in denaro e remissione. In realtà, il film contraddice le parole di Gavin; Barbara non è mai connotata come una gold digger, e il suo attaccamento alla casa deriva dal fatto di aver instaurato un legame quasi simbiotico con l'edificio, che per molti anni è stato la sua sola occupazione e la realizzazione faticosa di un'idea (maschile) di perfezione casalinga. Sono la testardaggine di Oliver e il suo orgoglio di maschio ferito a rendere "cattiva" Barbara, la quale viene portata dall'atteggiamento del marito a dibattersi e graffiare come un animale costretto in gabbia. Le ripicche progressivamente sempre più gravi tra moglie e marito vanno a toccare oggetti materiali e lavoro, perché sono le uniche due cose che Oliver riconosce come valori fondamentali; è Barbara, per prima, che pensa all'omicidio, messa talmente alle strette che la morte diventa l'unica via di fuga possibile da un marito convinto di rappresentare l'intero universo (economico, affettivo e sessuale) di una donna, a parer suo, semplicemente un po' stressata. La tristezza che percepivo da bambina, nascosta da abbondanti pennellate di humor nero e situazioni grottesche, esilaranti, è interamente di Barbara, soffocata e sminuita a partire dall'imbarazzante vigilia di Natale in cui le viene contestata persino una semplice stella da appendere all'albero, in quanto "dozzinale".


La regia di DeVito, che si ritaglia il ruolo di narratore, richiama i toni di una favola nera, con inquadrature sghembe ed insistenti primi piani degli oggetti materiali, e ha un gusto elegantissimo per la messa in scena e le geometrie, senza renderle preponderanti o invadenti; l'illusione è quella di avere di fronte una commedia americana tipica del periodo, ma sono questi dettagli e la colonna sonora di David Newman a dare a La guerra dei Roses la sua personalità spiccata e originale. E poi, ci sono gli attori. Ancora oggi è dura vedere il fascinoso Michael Douglas (all'epoca, poi, ero abituata a considerarlo alla stregua di Indiana Jones!) ridotto nei panni di una persona umanamente mediocre, ma l'attore è molto abile a non caricare eccessivamente la vena grottesca di Oliver, facendo del personaggio una figura a tutto tondo e tristemente realistica. Poiché la regia riprende spesso il punto di vista di Barbara, Oliver risulta disgustoso anche in circostanze normali, ancor più a causa del continuo professare comunque amore per la moglie perduta. Kathleen Turner, dal canto suo, è semplicemente meravigliosa. Il brillio di sfida che si legge nel suo sguardo fin dalle prime immagini diventa, nel corso del film, la fredda scintilla di chi ormai dentro di sé ha solo duro ghiaccio, e il disprezzo, la disillusione, l'odio che le si leggono in volto ogni volta che Oliver apre bocca farebbe scappare terrorizzato chiunque. Inutile dire che, anche nell'odio, l'alchimia tra i due attori è favolosa, ed entrambi eclissano il resto del pur valido cast, tranne per il solito Danny DeVito, in splendida forma. Se non avete mai visto La guerra dei Roses, o non lo ricordate, l'uscita de I Roses potrebbe essere un'ottima occasione di rinverdire un classico che rischia di venire dimenticato e che è attuale oggi come nel 1989.


Del regista Danny DeVito, che interpreta anche Gavin D'Amato, ho già parlato QUI. Michael Douglas
(Oliver Rose), Kathleen Turner (Barbara Rose) e Sean Astin (Josh a 17 anni) li trovate invece ai rispettivi link.


Dan Castellaneta
, voce storica di Homer Simpson, è l'uomo a cui Gavin racconta la storia dei Roses. Se La guerra dei Roses vi fosse piaciuto, oltre ad andare a vedere il remake I Roses, aggiungete Chi ha paura di Virginia Woolf? ENJOY!

1 commento:

  1. Lo ricordo a grandi linee e meriterebbe una revisione davvero. Lei straordinaria, ho appena visto in tv La signora ammazzatutti, straordinaria! Mi sono letta anche la tua recensione. 👋

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