martedì 24 ottobre 2017

Brutti e cattivi (2017)

Un trailer accattivante e una sorta di rinnovata fiducia in un certo tipo di cinema italiano mi ha portata domenica scorsa in sala a vedere Brutti e cattivi, diretto e co-sceneggiato dal regista Cosimo Gomez.


Trama: una banda composta da freak porta a segno un colpo milionario in banca ma da quel momento cominciano rivalità e problemi...



Successi di pubblico e critica hanno giustamente portato agli onori della cronaca film come Lo chiamavano Jeeg Robot e Smetto quando voglio. Il comun denominatore di queste opere, al di là dell'accento romano dei protagonisti, è uno stile moderno di regia, montaggio e fotografia (che spesso rimanda ad opere d'oltreoceano), la presenza di antieroi spesso criminali, di un umorismo che non si limita alla scoreggia Boldiana e la contaminazione di generi. Dati gli incassi e le generali critiche positive, era solo questione di tempo prima che questo modello venisse sdoganato e riproposto da altri registi o autori desiderosi di cavalcare l'onda ed ecco quindi arrivare Brutti e cattivi, storia di un branco di freak criminali portata al cinema da Cosimo Gomez, alla sua prima prova come regista e sceneggiatore, ed Alex Infascelli, che lo ha affiancato nella stesura della sceneggiatura. Brutti e cattivi, diciamolo subito, non è nemmeno lontanamente parente né dei film citati sopra né, tantomeno, di un'opera dei Manetti Bros; sembra piuttosto il parto di qualcuno che vorrebbe ma non può/non riesce e che, spinto da eccessivo entusiasmo, ritiene che una scrittura raffazzonata, un'accozzaglia di avanzi di galera, un po' di sangue e qualche effetto speciale possano entusiasmare il pubblico e generare un film memorabile. Il problema di Brutti e cattivi però è che si concentra più sui "fatti" e sugli aspetti folkloristici della trama piuttosto che sui personaggi, i quali altro non sono che due o tre macchiette burine buttate lì, caratterizzati giusto dai loro difetti fisici. Simpatici oppure odiosi quanto volete ma non ce n'è uno col quale si simpatizzi un minimo e lo dimostra il fatto che per metà film il protagonista, il Papero di Santamaria, non si vede neppure ma nonostante questo il film prosegue comunque in tutta tranquillità. Prosegue, tra l'altro, malgrado Santamaria sia l'unico attore del mucchio. Non me ne vogliano i fan di Gomorra, che io purtroppo non ho mai guardato, ma Marco D'Amore sepolto sotto i rasta e costretto ad interpretare il tossico in botta ha dell'imbarazzante, e il nano Simoncino, assieme alla tizia senza braccia, hanno l'espressività di due blocchi di tufo mentre il resto del cast è probabilmente stato preso direttamente dalle strade alla periferia di Roma (salvo solo la dolce e sconosciuta Aline Belibi nei panni di Perla, personaggio decisamente inaspettato e a tratti commovente) e talvolta mi è risultato difficile proprio capire cosa dicessero, gli italiani più dei cinesi o dei russi.


Davanti ad una storia tutto sommato semplice, che potrebbe sfruttare il fascino innegabile dei freak o la loro natura "tribale", come insegnato da Tod Browning e persino da American Horror Story, ma si limita semplicemente ad utilizzare le menomazioni dei protagonisti come un mero escamotage per accentuare la natura weird del film, non è rimasto altro da fare per coinvolgere l'audience che pigiare sull'acceleratore dell'esagerato a tutti i costi. Ecco quindi che Papero e Ballerina scopano di lungo, il "Merda" ha un nome importante, il nano fa i video come i rapper americani (mulinelli, tizie col culo di fuori e riprese dal basso), la gente viene mutilata da malviventi senza scrupoli e il linguaggio è dei più scurrili sentiti ultimamente. Anzi, anche troppo, sinceramente. Che io a sentir dare continuamente della "negra" e della "troia" a una donna, anche per amor di fiction o di aderenza al sottobosco criminale, francamente un po' mi scogliono, ecco. Insomma, più che dai freak sono stata "disturbata" da altro guardando Brutti e cattivi, forse dal suo eccesso di maschilismo (non c'è una donna nel film che venga proposta in altro modo rispetto a "sistema di supporto vitale per la passera", per dirla alla Stephen King, nemmeno la Ballerina) o dal razzismo strisciante sconfinante anche un po' nello stereotipo populista, qualcosa che in una commedia non avrei voluto sentire. Si ride guardando Brutti e cattivi, è vero, ma è una risata spiacevole della quale ci si vergogna quasi e alla fine si rimane a guardare lo schermo pensando sì, carino, dai, ma... un po' scemo?  Un po' "va bene, Santamaria ha trovato la sua strada con 'sti personaggi laidi però magari mettiamoci un contorno valido"? Un po' non so bene cosa? Ripensandoci, non avrei voluto scrivere una stroncatura ma questo è quello che è uscito, dunque probabilmente Brutti e cattivi non è un film da consigliare, neanche per quella vaga citazione a Nirvana di Salvatores. Molto meglio ripiegare su Ammore e malavita o attendere il terzo capitolo di Smetto quando voglio.


Di Claudio Santamaria, che interpreta il Papero, ho già parlato QUI.

Cosimo Gomez è il regista e co-sceneggiatore del film, alla sua prima esperienza da regista. Soprattutto scenografo, ha lavorato in pellicole come Il siero della vanità e serie come Che dio ci aiuti e A un passo dal cielo.


Giorgio Colangeli interpreta il Commissario Parisi. Nato a Roma, ha partecipato a film come Il divo, La banda dei Babbi Natale e a serie quali Linda e il brigadiere, Distretto di polizia, Braccialetti rossi e Tutto può succedere. Ha 68 anni e due film in uscita.


Marco D'Amore, che interpreta Giorgio Armani detto "Il merda", è uno dei protagonisti principali della serie Gomorra mentre Simoncino Simone Martucci, ovvero Plissé, è davvero un rapper. Detto questo, se Brutti e cattivi vi fosse piaciuto recuperate Smetto quando voglio, Smetto quando voglio - Masterclass e magari anche Freaks, vah. ENJOY!

8 commenti:

  1. Indubbiamente un po' di maschilismo c'è. Eccome. A mio avviso il punto debole del film è quello di voler essere per principio politicamente scorretto, ma si capisce subito che è un registro costruito e innaturale, con molti interpreti ai limiti della caricatura. A Venezia Santamaria, intervistato subito dopo la proiezione, ha detto che questo film, finalmente, metteva gli handicappati sullo stesso piano delle persone "normali", senza commiserazione. Forse è vero, ma la patina di film programmaticamente scomodo si intuisce fin dal primo fotogramma.

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    1. Mah, giustamente Santamaria deve vendere il film ma quello che ha detto è una sciocchezza: i portatori di handicap in questo film non sono persone normali, anzi, sono ben separate dalla società e la non commiserazione equivale comunque all'istintivo disgusto. Peccato, potevano fare di meglio.

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  2. Il suo problema è il voler essere cult a tutti i costi, ma non riuscire ad esserlo come un Jeeg Robot o come uno Smetto quando voglio.
    Ti dirò, visto a Venezia mi aveva convinto più del dovuto grazie alla presenza in sala degli attori e del regista che nell'intervista finale erano molto genuini e presi dal loro progetto, che proprio grazie a questa nuova ondata di film di genere aveva trovato il supporto economico. Resta divertente e godibile, ma visto il tempo passato, assicuro che è dimenticabile.

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    1. Beh, l'euforia e la presenza di attori e registi di solito fa tanto, coinvolge il pubblico al punto che si perdonano difetti anche evidenti, quindi posso immaginare. Io, da "esterna", non ne sono rimasta entusiasta.

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  3. Peccato, e dire che mi ispirava :/ però al "razzista" non ci volevo credere...

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    1. Quello probabilmente è un problema mio. Se sento "nigga" non mi smuove un capello, se sento negro o, ancor peggio, negra, per quanto utilizzato in funzione "dialettale", mi sale la carogna.

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  4. Ho poco interesse di vederlo al cinema. Aspetterò in pay tv.
    Apprezzo lo sforzo di fare qualcosa di diverso, ma mi sembra troppo "ispirato" ai citati Lo chiamavano Jeeg Robot e Smetto quando voglio... Film che ho adorato, ma non vorrei che limitassero ad imitarli.

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    1. Eh,temo invece che Brutti e cattivi si sforzi proprio di imitare i modelli, senza riuscirci.

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