mercoledì 18 luglio 2018

Always Shine (2016)

Aspettavo di vederlo da qualche tempo, probabilmente dopo averne letto da Lucia, e alla fine sono riuscita a guardare Always Shine, diretto nel 2016 dalla regista Sophia Takal.


Trama: Beth e Anna, due amiche attrici, decidono di passare insieme un weekend a Big Sur, in California. Quello che dovrebbe essere un viaggio per consolidare un'amicizia diventa però il principio della fine...



Quando ero nel pieno dell'adolescenza, ovvero più di tremila anni fa, ma anche da più grande, mi è capitato di avere la fortuna di avere grandissime amiche che sono rimaste con me ancora oggi ma anche la sfiga di uscire, per questioni di vicinanza, con persone che poi ho "lasciato per strada" senza alcun rimpianto. Sfiga vuole, queste amicizie "sbagliate" sono servite solo a dare una bella botta alla mia già scarsa autostima, lasciandomi addosso un'insicurezza che dura ancora oggi, e a condizionare il mio pensiero in una massima che può riassumersi tranquillamente con "Non importa se sei scema come un tacco, se sei vuota o falsa come Giuda: se in qualche modo puoi venire definita figa e ti sai vendere, nella vita avrai sempre maggior successo di chi lo meriterebbe più di te". Guardare Always Shine è stato come addentare una terribile madeleine proustiana ammuffita, che mi ha riportata a quei tempi con forza prepotente. Per carità, io non ho mai avuto velleità attoriali né sono mai stata bella come Mackenzie Davis, ma lo stesso mi sono messa nei panni di Anna, attrice capace e grintosa costretta a subire il successo della collega Beth, tanto carina ma anche tanto snob. Il problema di Anna, poveraccia, è l'essere grebana e molto "intensa" nelle sue reazioni, sia in positivo che in negativo, sincera al punto da inimicarsi registi e produttori, col risultato di non riuscire a ottenere un lavoro manco a morire nonostante l'innegabile bravura; per contro, Beth ha sempre un atteggiamento remissivo e distaccato che probabilmente la rende assai desiderabile agli occhi di chiunque, quasi fosse un'irraggiungibile e misteriosa principessa, per quanto invece nasconda un animo ben piccino (è palese come abbia tentato in tutti i modi di impedire che la carriera di Anna decollasse) e come attrice sia non dico una cagna maledetta ma quasi. Le due decidono un giorno di andare insieme a Big Sur per rinsaldare il rapporto che le lega e lì vengono a galla, a poco a poco, rivalità e tensioni che portano ad inevitabili conseguenze, tra momenti in cui l'invidia di Anna raggiunge i massimi livelli e altri in cui la paranoia di Beth (chiamiamolo pure senso di colpa) la fa da padrona, al punto da far dubitare che tra le due sia mai esistito un sentimento di amicizia sincera.


La Takal, regista al suo secondo lungometraggio, si inserisce in questo scontro tra "primedonne" con un'eleganza capace di trasformare un potenziale horror in un acuto thriller psicologico dove le differenze tra sentimenti reali e finzione recitativa si annullano in un battito di ciglia, fin dall'inizio. Il primo piano di Beth durante l'audizione che la porterà ad ottenere un ruolo in un horror (da lei detestato, neanche a dirlo) è speculare a quello di Anna, impegnata invece a contrattare realmente con un meccanico disonesto, e questo gioco di doppi e specchi verrà mantenuto fino alla fine del film, con un ritmo spezzato da stacchi isterici di montaggio in cui il destino delle due donne viene anticipato e dato in pasto al pubblico nemmeno fosse il trailer di qualche becero horror di serie B. L'atmosfera di Always Shine è perturbante ma anche malinconica, in quanto non si concentra solo sulle brutture del mondo del cinema come faceva Starry Eyes o sullo stress costantemente imposto alle donne dal giudizio della società (la citazione iniziale mette i brividi: "It is a woman's birthright to be attractive and charming. In a sense, it is her duty... She is the bowl of flowers on the table of life", citazione da un manuale di tal John Robert Powers, fondatore della più famosa agenzia per modelle di New York) ma riflette soprattutto sulla condizione di attore in quanto portatore, per buona parte della sua vita, di una "maschera" che rischia di accompagnarlo anche nei rapporti con gli altri; "Ci vuole coraggio ad essere attore" dice a un certo punto uno dei personaggi, e credo anch'io non sia per nulla facile farsi carico di vite altrui, annullare sé stessi e diventare qualcos'altro, col rischio di non riuscire più a tornare come prima. Ci riescono benissimo, per carità, Caitlin FitzGerald e una Mackenzie Davis semplicemente stupenda, emozionante nel suo "triplicare" le interpretazioni, al punto che persino il non addetto ai lavori può finalmente arrivare a capire cosa significhi davvero immergersi in un personaggio (la prova con Beth con tanto di bacio finale sulla punta del naso è da antologia, affascinante da morire) e "recitare", alla faccia di tanti attori blasonati che ormai lo fanno col pilota automatico. Motivo in più per ripescare Always Shine, davvero una bellissima sorpresa, per quanto tardiva.


Di Mackenzie Davis (Anna), Colleen Camp (Sandra) e Jane Adams (Summer) ho già parlato ai rispettivi link.

Sophia Takal è la regista della pellicola. Americana, anche attrice, produttrice e sceneggiatrice, ha diretto un altro lungometraggio, Green.


Caitlin FitzGerald interpreta Beth. Americana, ha partecipato a film come Damsels in Distress. Anche regista e sceneggiatrice, ha 35 anni e un film in uscita.


Blast from the (horrible) past: Matt, il ragazzotto che propone ad Anna di partecipare aggratise al suo film, è interpretato dall'attore Alexander Koch, REO di aver partecipato nei panni del cretinissimo James "Junior" Rennie nell'orrido Anderdedoum (per i fan: Under the Dome). ENJOY!


2 commenti:

  1. Un commento che è più un ringraziamento visto che con il cambio computer ho perso tutti i film segnati come preferiti che volevo vedere e questo rischiavo di dimenticarlo per sempre. Vista l'aura estiva che emana e il tuo consenso, potrei vederlo a brevissimo, grazie ;)

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    1. Oh bene, allora sono contenta di esserti servita :)

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