Approfittando di una distribuzione stranamente illuminata, domenica ho convinto il Bolluomo ad accompagnarmi a vedere Il clan (El clan), diretto e co-sceneggiato nel 2015 dal regista Pablo Trapero.
Trama: nell'Argentina degli anni '80 i membri della famiglia Puccio conducono una vita apparentemente normale, in realtà il patriarca rapisce persone facoltose per poi chiedere il riscatto a nome del Fronte di Liberazione Nazionale...
Da qualche tempo lo dico e lo ripeto, i film tratti da reali fatti di cronaca, soprattutto se radicati all'interno delle vicende politiche d'epoca, sono i più interessanti in quanto spingono lo spettatore ad informarsi su ciò che sta dietro la storia narrata. Purtroppo le mie conoscenze storiche relative all'Argentina si limitano ai vaghi ricordi di pochi trafiletti del libro di Storia Contemporanea letti all'università e alla spettacolare visione della dittatura peronista dipinta in Evita, quindi ho cominciato a guardare Il clan senza alcuna infarinatura relativa al governo di Peron post-Eva, al Processo di Riorganizzazione Nazionale o al presidente eletto Alfonsín. Gran peccato, in quanto il protagonista de Il Clan, l'ex professore di economia ed ex membro dei servizi segreti argentini Arquimedes Puccio, è una figura inestricabilmente legata alle brutture governative di un tempo in cui sequestri, omicidi, terrorismo di stato e manipolazione delle notizie erano all'ordine del giorno. Talmente all'ordine del giorno che Pablo Trapero riesce a dipingere una realtà in cui la legge pare non esistere e in cui navigati sequestratori chiedono tranquillamente il riscatto telefonando da apparecchi situati in luoghi pubblici, se non addirittura all'interno di edifici istituzionali. Da questo punto di vista Il clan è uno dei film più angoscianti ed efficaci visti di recente, una pellicola asciutta ma non priva di stile né sentimento, capace di prendere per mano lo spettatore e avvicinarlo al nocciolo della questione senza stordirlo con eccessivo didascalismo; Trapero racconta l'essenziale, lasciando al pubblico la gioia di provare a capire ciò che muove i personaggi, il contesto che li ha resi tali, le emozioni che si nascondono dietro l'immagine di una famiglia apparentemente irreprensibile, formata persino da alcune figure di spicco all'interno della società argentina, i cui membri compiono o coprono consapevolmente i peggiori delitti. Alla freddezza di un patriarca inflessibile, i cui occhi di ghiaccio non lasciano trasparire alcune genere di tenerezza, si contrappongono la tragica storia di una giovane promessa del Rugby incapace di fuggire ad una realtà familiare odiosa e al fascino del denaro, di figli costretti a fuggire facendo perdere le proprie tracce, di donne le quali (anche in tempo di suffragio universale) non sono in grado di fare altro che fingere di non sapere, avallando silenziosamente le riprovevoli azioni degli "uomini di casa". In tutto questo, radio e televisioni riportano le travagliate vicende di un Paese turbolento e privo di una guida salda, con gli abitanti costretti a subire passivamente gioie o dolori, a seconda delle persone che arrivano, in un modo o nell'altro, a detenere il potere.
Una storia già così angosciosa ed interessante viene resa ancora più dinamica dalle scelte di regia e montaggio, che consegnano allo spettatore un film accattivante anche dal punto di vista visivo; il montaggio ardito e non banale, capace di creare un ironico ed amaro contrasto tra i crimini di Arquimedes e il desiderio del figlio Alex di vivere una vita normale, assieme alla scelta di creare un intreccio fatto di flashback e flash-forward, creano forse qualche difficoltà all'inizio ma poi ipnotizzano senza via di scampo. Gran parte del merito va anche agli attori, che mi dispiace non aver potuto ascoltare in lingua originale visto il doppiaggio un po' piatto. Guillermo Francella interpreta un Arquimedes meraviglioso, la quintessenza del "padre padrone" di poche parole ma di grandissimo carisma, capace di tenere sotto di sé non solo la famiglia ma anche pochi, fidati collaboratori e qualche piccolo delinquentello pronto ad arricchirsi; i già citati occhi di ghiaccio dell'attore, assieme al sembiante che in qualche modo ricorda quello di Udo Kier, sono abbastanza per fissarlo a fuoco nella memoria dello spettatore, sperando di non doverlo mai incontrare in qualche vicolo buio. Bravissimo è anche il ventiseienne Peter Lanzani, probabilmente al suo primo ruolo cinematografico serio dopo una gavetta a base di serie TV, che nei panni del bello e dannatissimo Alex racconta il dolore di un ragazzo costretto a dividersi tra una famiglia opprimente e la speranza di un futuro roseo fatto di successo, soldi e amore. Sinceramente, il confronto finale tra padre e figlio è una delle scene più belle viste quest'anno, colma di un pathos e un orrore psicologico che il 90% delle produzioni americane a tema criminale si sognano, e allo stesso modo è incredibile la padronanza dimostrata da Trapero nel saper gestire atmosfere quasi horror, dramma familiare ed elementi storico-biografici senza mai lasciare che un aspetto della pellicola prevalesse sull'altro. In sostanza, Il Clan è un film splendido, che merita di essere guardato dal maggior numero di persone possibili. Cercate di recuperarlo, io intanto vado a seppellirmi nei libri di storia!
Pablo Trapero è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Argentino, ha diretto film come Mondo Grua, Carancho e White Elephant. Anche produttore e attore, ha 45 anni.
Se le atmosfere de Il clan vi fossero piaciute potrei consigliare il recupero di Black Mass - L'ultimo gangster ma ovviamente quest'ultimo non regge il confronto. ENJOY!
mi è piaciuto, però la connessione della storia alla politica del tempo l'ho trovata un po' debole rispetto a tutto l'impianto attoriale e registico..
RispondiEliminaSarà che io vivo prepotentemente di ignoranza ma l'ho trovata molto azzeccata ed interessante :)
EliminaMolto interessante! So pochissimo di questo pezzo di storia argentina.
RispondiEliminaConto di informarmi meglio nelle prossime settimane, questo film mi ha appassionata :)
EliminaCredo ci sia una cospirazione per non farmi vedere questo film. Lo ho iniziato tre volte e per problemi vari (lavorativi, tecnici, familiari, sonno...) non sono riuscito ad andare oltre i primi dieci minuti.
RispondiEliminaIn compenso l'inizio ormai lo so a memoria.
Ma no, dai. Effettivamente l'inizio mi ha fatta temere, più che altro per il mio ragazzo, poi il ritmo ha accelerato a manetta!!
Elimina"Sonno" perché ho iniziato a vederlo a orari tardivi XD
EliminaInteressante il fatto che il fascismo, non scompare con un semplice passaggio alla democrazia, se poi gestita anche non proprio bene come il dopo dittatura in argentina.
RispondiEliminaFilm suggestivo, ipnotico, meraviglioso. Ne ho parlato anche io sul mio blog. Comunque ti suggerisco di veder Garage Olympo. Parla in modo specifico della dittatura
Garage Olympo mi manca ma lo segno! Adesso vengo a leggerti, sono contenta che questo film abbia avuto distribuzione anche qui altrimenti mi sarei persa una meraviglia!
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