Aspettando il tardivo post sulle uscite della settimana (se ce ne saranno) ecco il mio contributo all'idea pre-natalizia di Alessandra, che ha riunito gli amici blogger per farsi gli auguri con una Top 10 delle scene che hanno segnato la nostra esistenza di cinefili. Prima di venire linciata, vi dico come ho proceduto a stilare la mia: ho chiuso gli occhi e scritto un centinaio di piccoli "punti", poi ho lasciato passare un'ora. Dopodiché ho dato una scorsa veloce ai punti e ogni volta che mi si accendeva la lampadina, sorridevo, mi veniva il magone o sentivo un'emozione in petto, il punto veniva inserito nelle dieci posizioni della classifica. Il risultato è questo, una roba assolutamente di pancia che, purtroppo, lascia fuori altre migliaia di scene adorate, meritevoli e magari più "pregnanti" per la storia del Cinema. ENJOY!
10. Il quinto elemento (Luc Besson, 1997)
Dopo essere stata "ricostruita", Leeloo fugge dai suoi carcerieri ed esce dal grattacielo in cui era rinchiusa per ritrovarsi nel caos, ad un'altezza vertiginosa. L'unica è buttarsi e finire (guarda un po' che botta di fortuna!) tra le braccia di Bruce Willis. La bellezza di Milla Jovovich in questa scena è davvero fuori scala, per inciso.
9. Kingsman - Secret Service (Matthew Vaughn, 2014)
Il film è una cretinata, per quanto simpatica, ma l'inglesissimo Colin Firth che massacra, letteralmente, gli avventori di una chiesa mi torna alla mente ancora oggi.
8. Quei bravi ragazzi (Martin Scorsese, 1990)
Tutto il film è memorabile ma quel Joe Pesci lì, quel tipo buffo... "Come sarebbe buffo, Bolla?" Ma sì, Joe, sei buffo, insomma, racconti belle storie, storie buffe, sei un tipo buffo! "Perché, per via di come parlo o cosa?" Ma no, è che sei... buffo! Insomma, è il modo in cui racconti le storie. "Buffo come? Che ci trovi di buffo?" Ossignore. Scappo prima che mi succedano cose brutte, altro che buffe!
7. Beetlejuice - Spiritello porcello (Tim Burton, 1988)
Quando ancora Tim Burton non era bollito si potevano vedere al cinema scene in cui le persone venivano possedute e costrette a ballare sulle note della Banana Boat Song. Che tristezza, sapere che ci sarà un Beetlejuice 2!
6. Indiana Jones e il tempo maledetto (Steven Spielberg, 1984)
Le scene qui sono infinite: Kate Capshaw che canta all'inizio, il primo sacrificio nell'antro di Mola Ram, la caverna tempestata di scolopendre, un cattivissimo Harrison Ford a torso nudo. Eppure, scelgo il Cervello di Scimmia Semifreddo. Yum, bontade!!
5. Pulp Fiction (Quentin Tarantino, 1994)
Anche qui ce ne sarebbero di scene che non vi sto nemmeno a dire. Eppure, quella che mi è sempre rimasta impressa, quella che davvero adoro, è quella in cui Uma Thurman balla sulle note di Girl, You'll Be a Woman Soon. Capolavoro!!!
4. Ritorno al futuro (Robert Zemeckis, 1985)
I libici!! Scappa, Marty!!!! E non aggiungo altro.
3. The Rocky Horror Picture Show (Jim Sharman, 1975)
Dopo lo scatenato Time Warp, Brad e Janet sono pronti a scappare senza guardarsi indietro ma vengono fermati dal ritmo di una musica... da una zeppa che tiene il tempo battendo sul pavimento... e dalla comparsa dello sweet transvestite per eccellenza!!
2. Ghostbusters (Ivan Reitman, 1984)
Anche qui scene ce ne sarebbero. Potrei essere banale e parlare dell'inizio, alla biblioteca, o del finale con l'omino di marshmallow... ma non scherziamo. Ciò che ricordo meglio di questo capolavoro è la povera Dana intrappolata nella sedia e trascinata dritta verso la porta dove si nasconde Zuul. Ansia a palate!! Nota: La gif che ho trovato non corrisponde alla scena in questione ahimé, però anche questa era bella!
1. Arancia meccanica (Stanley Kubrick, 1971)
Poteva non essere primo il Maestro? Dovrei mettere l'intero film come best scene ever ma se ne dovessi scegliere solo una direi che è il momento in cui Alex inculca giudizio nei suoi drughi a colpi di bastonate, con quel meraviglioso ralenti accompagnato dalla voce narrante di Malcom McDowell e dalle note di Rossini. Praticamente un balletto, che meraviglia!!!
Ecco le top 10 degli altri blogger che si sono cimentati in questo gioco. Postate le vostre, se ne avete, nei commenti e passate delle buone feste!!
Director's Cult
SOLARIS
Mari's Red Room
Non c'è paragone
A fish-flavoured apple
Pietro Saba's World
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giovedì 29 dicembre 2016
venerdì 11 dicembre 2009
Arancia Meccanica (1971)
Periodo questo in cui mi diletto a recensire capolavori, pare. E se per Il settimo sigillo è stato difficile, per Arancia Meccanica sarà praticamente impossibile. Perché la pellicola di Stanley Kubrick che, pur essendo stata girata nel 1971, è ancora attualissima, è il mio film preferito in assoluto assieme ad un altro splendido film dello stesso regista, Shining. Come per Il settimo sigillo, proverò, senza nessuna pretesa. Cominciamo a parlare della trama (nel caso ci fosse al mondo qualcuno che non la conoscesse), basata sul romanzo omonimo di Anthony Burgess che consiglio tanto quanto il film.
Alex è un giovane votato all’ultraviolenza, allo stupro e alla musica classica, in particolare Beethoven. Assieme ai suoi tre drughi passa le notti seviziando le sue vittime, inermi o meno, finché un giorno i suoi compagni decidono di tradirlo. Alex finisce in prigione e lì viene a conoscenza della “Cura Ludovico”, un metodo apparentemente infallibile atto ad eliminare per sempre il desiderio di violenza dalle persone. Per tornare libero, decide di offrirsi come cavia, andando incontro a conseguenze decisamente impreviste…
Come convincere la gente a vedere un film simile, a mio avviso imprescindibile, senza essere considerata una maniaca psicopatica è una sfida che sostengo dalla prima volta in cui ho avuto la fortuna di vederlo al cinema, nella riedizione di fine anni ’90. Immaginatevi una ragazza del liceo, che aveva giusto una vaga idea della trama del film, trovarsi davanti i titoli decisamente scarni che scandiscono l’inizio della pellicola, accompagnati dallo sguardo fisso, gelido, da brividi, di Malcom McDowell, e dall’inquietante e solenne musica al sintetizzatore che è poi la firma di tutto il film. Impossibile, fin dall’inizio, distogliere lo sguardo dalle immagini, ignorare quella musica che ti entra nella mente, la voce dell’”umile narratore” Alex, che racconta la sua terribile storia in prima persona. E infatti, nonostante la violenza delle immagini e la follia di una simile trama, mi sono letteralmente innamorata di ogni singolo fotogramma: perché non se ne può fare a meno, perché ogni nota della colonna sonora è perfetta, come ogni attore, ogni gesto, ogni parola, ogni abito e ogni colore, e fusi assieme creano un’opera indelebile e di fortissimo impatto, ancora oggi. Tralasciando un attimo il tipo di immagini e concetti che vengono mostrati, chiunque abbia un minimo di senso estetico dovrebbe inchinarsi davanti ad un film simile.
Passando alla trama, e a ciò che viene effettivamente mostrato, posso accettare il fatto che Arancia Meccanica non sia un film per tutti. Il compiacimento con il quale Alex e i suoi Drughi stuprano e picchiano è fastidioso e fin troppo attuale, ma è anche vero che non c’è il realismo che troviamo in film come The Strangers oppure Eden Lake, perché il tutto è portato all’esasperazione quasi grottesca, basti solo pensare alle “divise” dei Drughi, al loro linguaggio a tratti incomprensibile, alla costante musica che rende le loro bravate quasi dei “balletti”, per quanto violenti e terribili. Superando lo shock di quello che viene mostrato, però, cerchiamo di arrivare a quello che è il cuore e il dilemma del film ( e del romanzo), per nulla banale: è meglio vivere in un mondo imperfetto e pericoloso, ma popolato da uomini in grado di scegliere liberamente come agire, oppure è meglio un mondo dove la mente delle persone è condizionata a fare del “bene”, senza possibilità di scelta? L’inizio del film, una celebrazione dell’ultraviolenza e della lucida follia di Alex, ci porterebbe a propendere per la seconda ipotesi, quella del mondo perfetto e condizionato. Però il trucco del film è proprio quello di farci entrare, entro certi ovvi limiti, nella mente del protagonista, e di rendercelo quasi simpatico; tanto che dal momento in cui, come dice il prete, “cessa di essere umano” perché privo della possibilità di scelta, il film prende una piega triste e drammatica, dove lo spettatore è portato a provare pietà per il ragazzo e disgusto per i suoi aguzzini, qualunque siano i loro motivi. Alla fine quello che suggeriscono regista e scrittore è che, nonostante la depravazione di Alex, la sua è comunque una scelta libera, che quindi lo rende uomo e non bestia (non a caso lo mostrano come molto acculturato); diversamente, la società che cerca di renderlo inoffensivo prima e di sfruttarlo poi è vista come il vero mostro, un meccanismo che depersonalizza e rende l’uomo miserevole. Il finale è una sorta di happy ending, dove si può dire che il protagonista finalmente impara a sfruttare le sue pulsioni distruttive per far fessa la società e al contempo ottenere qualcosa di duraturo e tangibile.
Come ho già avuto modo di dire, il film vive di scene memorabili, messe in piedi da quel genio della cinepresa che era Kubrick, un artista più che un regista. Le mie preferite sono le assurde inquadrature del Korova Milk Bar con i manichini da cui i Drughi prendono il latte, l’attacco alla gang di Billy Boy quello, al ralenti, che vede Alex contro i suoi Drughi, la tortura della Cura Lodovico, tutte scandite da una commistione di musica classica e partiture elettroniche che rendono la colonna sonora di Arancia Meccanica unica nel suo genere. A proposito di suoni, anche i dialoghi hanno segnato un’epoca, soprattutto per il modo di parlare del protagonista e dei suoi compagni, un mix di inglese antico, russo, italiano, parole inventate e quant’altro, reso benissimo anche nel nostro doppiaggio. E ovviamente il film non esisterebbe senza l’interpretazione di un Malcom McDowell, allora ventottenne, che mise anima e corpo nel personaggio di Alex ma anche nella realizzazione stessa della pellicola: sua, dice la leggenda, l’idea di intonare Singin’in The Rain nella famosa scena dello stupro a casa dello scrittore, così come sue le lesioni alle cornee che gli ha procurato la Cura Lodovico e altre contusioni in diverse scene. A mio avviso, se esistesse un Oscar per le migliori interpretazioni di sempre, dovrebbe andare a lui. Menzione d'onore va anche agli splendidi costumi e alle scenografie, per l'epoca futuristici, e allucinanti e stilosissimi ancora ai nostri giorni. Imperdibile, semplicemente.
Stanley Kubrick è uno dei registi più famosi al mondo, se non il più famoso. Nonostante in quarant’anni di carriera abbia fatto pochi film se paragonato ad altri registi più prolifici, ognuno o quasi di essi è stata una pietra miliare, sia per la particolarità dei temi trattati, che per l’azzeccata scelta di attori e musiche, oltre che ovviamente per la messinscena spettacolare, che li ha resi universalmente conosciuti e citati. Tra i suoi film che ho avuto l’onore di vedere, cito Il bacio dell’assassino, Lolita, il geniale Il Dr. Stranamore: ovvero, come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, l’ahimé tediosissimo 2001: Odissea nello spazio, Barry Lindon, i meravigliosi Shining e Full Metal Jacket, e l’ultimo capolavoro Eyes Wide Shut. E stato nominato all’Oscar come regista per quattro volte, ma l’unica statuetta l’ha portata a casa 2001: Odissea nello spazio e solo per gli effetti speciali. E’ morto nel 1999, a 71 anni, per cause naturali.
Malcom McDowell interpreta Alex DeLarge. Attore inglese dalla faccia particolarissima e dai penetranti occhi azzurri, è uno dei miei preferiti, anche se la sua carriera ha contato anche film improponibili. Ha partecipato a Caligola, Il bacio della pantera, Star Trek: Generazioni, Tank Girl, Mr Magoo, il bellissimo Gangster N.1, Evilenko, Halloween: The Beginning, Halloween 2, e Bolt, come doppiatore. Per la TV ha lavorato in Racconti di mezzanotte, Frasier, Monk, Law and Order, Heroes ed ha doppiato episodi di Batman, Spiderman, Biker Mice da Marte (Dio, quanto lo amo!!), South Park, Robot Chicken. Ha 66 anni e nove film in uscita.
Vi lascio ora con il trailer originale, se non erro lo stesso che mi spinse ad andare al cinema a vederlo, tanto tanto tempo fa... ENJOY!!
Alex è un giovane votato all’ultraviolenza, allo stupro e alla musica classica, in particolare Beethoven. Assieme ai suoi tre drughi passa le notti seviziando le sue vittime, inermi o meno, finché un giorno i suoi compagni decidono di tradirlo. Alex finisce in prigione e lì viene a conoscenza della “Cura Ludovico”, un metodo apparentemente infallibile atto ad eliminare per sempre il desiderio di violenza dalle persone. Per tornare libero, decide di offrirsi come cavia, andando incontro a conseguenze decisamente impreviste…
Come convincere la gente a vedere un film simile, a mio avviso imprescindibile, senza essere considerata una maniaca psicopatica è una sfida che sostengo dalla prima volta in cui ho avuto la fortuna di vederlo al cinema, nella riedizione di fine anni ’90. Immaginatevi una ragazza del liceo, che aveva giusto una vaga idea della trama del film, trovarsi davanti i titoli decisamente scarni che scandiscono l’inizio della pellicola, accompagnati dallo sguardo fisso, gelido, da brividi, di Malcom McDowell, e dall’inquietante e solenne musica al sintetizzatore che è poi la firma di tutto il film. Impossibile, fin dall’inizio, distogliere lo sguardo dalle immagini, ignorare quella musica che ti entra nella mente, la voce dell’”umile narratore” Alex, che racconta la sua terribile storia in prima persona. E infatti, nonostante la violenza delle immagini e la follia di una simile trama, mi sono letteralmente innamorata di ogni singolo fotogramma: perché non se ne può fare a meno, perché ogni nota della colonna sonora è perfetta, come ogni attore, ogni gesto, ogni parola, ogni abito e ogni colore, e fusi assieme creano un’opera indelebile e di fortissimo impatto, ancora oggi. Tralasciando un attimo il tipo di immagini e concetti che vengono mostrati, chiunque abbia un minimo di senso estetico dovrebbe inchinarsi davanti ad un film simile.
Passando alla trama, e a ciò che viene effettivamente mostrato, posso accettare il fatto che Arancia Meccanica non sia un film per tutti. Il compiacimento con il quale Alex e i suoi Drughi stuprano e picchiano è fastidioso e fin troppo attuale, ma è anche vero che non c’è il realismo che troviamo in film come The Strangers oppure Eden Lake, perché il tutto è portato all’esasperazione quasi grottesca, basti solo pensare alle “divise” dei Drughi, al loro linguaggio a tratti incomprensibile, alla costante musica che rende le loro bravate quasi dei “balletti”, per quanto violenti e terribili. Superando lo shock di quello che viene mostrato, però, cerchiamo di arrivare a quello che è il cuore e il dilemma del film ( e del romanzo), per nulla banale: è meglio vivere in un mondo imperfetto e pericoloso, ma popolato da uomini in grado di scegliere liberamente come agire, oppure è meglio un mondo dove la mente delle persone è condizionata a fare del “bene”, senza possibilità di scelta? L’inizio del film, una celebrazione dell’ultraviolenza e della lucida follia di Alex, ci porterebbe a propendere per la seconda ipotesi, quella del mondo perfetto e condizionato. Però il trucco del film è proprio quello di farci entrare, entro certi ovvi limiti, nella mente del protagonista, e di rendercelo quasi simpatico; tanto che dal momento in cui, come dice il prete, “cessa di essere umano” perché privo della possibilità di scelta, il film prende una piega triste e drammatica, dove lo spettatore è portato a provare pietà per il ragazzo e disgusto per i suoi aguzzini, qualunque siano i loro motivi. Alla fine quello che suggeriscono regista e scrittore è che, nonostante la depravazione di Alex, la sua è comunque una scelta libera, che quindi lo rende uomo e non bestia (non a caso lo mostrano come molto acculturato); diversamente, la società che cerca di renderlo inoffensivo prima e di sfruttarlo poi è vista come il vero mostro, un meccanismo che depersonalizza e rende l’uomo miserevole. Il finale è una sorta di happy ending, dove si può dire che il protagonista finalmente impara a sfruttare le sue pulsioni distruttive per far fessa la società e al contempo ottenere qualcosa di duraturo e tangibile.
Come ho già avuto modo di dire, il film vive di scene memorabili, messe in piedi da quel genio della cinepresa che era Kubrick, un artista più che un regista. Le mie preferite sono le assurde inquadrature del Korova Milk Bar con i manichini da cui i Drughi prendono il latte, l’attacco alla gang di Billy Boy quello, al ralenti, che vede Alex contro i suoi Drughi, la tortura della Cura Lodovico, tutte scandite da una commistione di musica classica e partiture elettroniche che rendono la colonna sonora di Arancia Meccanica unica nel suo genere. A proposito di suoni, anche i dialoghi hanno segnato un’epoca, soprattutto per il modo di parlare del protagonista e dei suoi compagni, un mix di inglese antico, russo, italiano, parole inventate e quant’altro, reso benissimo anche nel nostro doppiaggio. E ovviamente il film non esisterebbe senza l’interpretazione di un Malcom McDowell, allora ventottenne, che mise anima e corpo nel personaggio di Alex ma anche nella realizzazione stessa della pellicola: sua, dice la leggenda, l’idea di intonare Singin’in The Rain nella famosa scena dello stupro a casa dello scrittore, così come sue le lesioni alle cornee che gli ha procurato la Cura Lodovico e altre contusioni in diverse scene. A mio avviso, se esistesse un Oscar per le migliori interpretazioni di sempre, dovrebbe andare a lui. Menzione d'onore va anche agli splendidi costumi e alle scenografie, per l'epoca futuristici, e allucinanti e stilosissimi ancora ai nostri giorni. Imperdibile, semplicemente.
Stanley Kubrick è uno dei registi più famosi al mondo, se non il più famoso. Nonostante in quarant’anni di carriera abbia fatto pochi film se paragonato ad altri registi più prolifici, ognuno o quasi di essi è stata una pietra miliare, sia per la particolarità dei temi trattati, che per l’azzeccata scelta di attori e musiche, oltre che ovviamente per la messinscena spettacolare, che li ha resi universalmente conosciuti e citati. Tra i suoi film che ho avuto l’onore di vedere, cito Il bacio dell’assassino, Lolita, il geniale Il Dr. Stranamore: ovvero, come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, l’ahimé tediosissimo 2001: Odissea nello spazio, Barry Lindon, i meravigliosi Shining e Full Metal Jacket, e l’ultimo capolavoro Eyes Wide Shut. E stato nominato all’Oscar come regista per quattro volte, ma l’unica statuetta l’ha portata a casa 2001: Odissea nello spazio e solo per gli effetti speciali. E’ morto nel 1999, a 71 anni, per cause naturali.
Malcom McDowell interpreta Alex DeLarge. Attore inglese dalla faccia particolarissima e dai penetranti occhi azzurri, è uno dei miei preferiti, anche se la sua carriera ha contato anche film improponibili. Ha partecipato a Caligola, Il bacio della pantera, Star Trek: Generazioni, Tank Girl, Mr Magoo, il bellissimo Gangster N.1, Evilenko, Halloween: The Beginning, Halloween 2, e Bolt, come doppiatore. Per la TV ha lavorato in Racconti di mezzanotte, Frasier, Monk, Law and Order, Heroes ed ha doppiato episodi di Batman, Spiderman, Biker Mice da Marte (Dio, quanto lo amo!!), South Park, Robot Chicken. Ha 66 anni e nove film in uscita.
Vi lascio ora con il trailer originale, se non erro lo stesso che mi spinse ad andare al cinema a vederlo, tanto tanto tempo fa... ENJOY!!
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