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venerdì 14 ottobre 2022

Smile (2022)

Non gli avrei dato un centesimo. E invece Smile, diretto e sceneggiato dal regista Parker Finn, mi ha terrorizzata.


Trama: dopo il violento suicidio di una paziente, la psichiatra Rose comincia ad essere perseguitata da un'entità malevola...


Okay, rimettiamo un po' le cose in prospettiva. Sono andata a vedere Smile aspettandomi una sòla, una roba orribile e per ragazzetti in stile Obbligo o verità o qualunque altro film horror brutto con minchiette sorridenti in quanto possedute. E' verosimile, dunque, che il mio apprezzamento verso la pellicola sia cresciuto proprio in virtù di queste scarse aspettative, almeno per quanto riguarda la trama, che ho trovato decisamente angosciante; abbiamo, similmente a It Follows, una maledizione incarnata da un "qualcosa" che perseguita chi ne è afflitto e che prende la forma di persone normali, sconosciute o meno, le quali cicciano fuori armate di sorriso agghiacciante nei momenti meno opportuni, ma in questo caso la maledizione si scatena non tramite i rapporti sessuali, bensì tramite i suicidi. Questa è la svolta "adulta" della trama, che sottolinea quanto sia facile non solo perdere il controllo della propria esistenza a causa di un trauma orribile, ma anche quanto sia arduo venire accettati da chi ci circonda quando la malattia, in questo caso quella mentale o presunta tale, comincia a mordere con ferocia, trasformandoci da membri "rispettabili" della società in reietti da scansare con sguardi di commiserazione. Rose, la protagonista di Smile, è una psichiatra stacanovista, che mette i pazienti davanti a tutto il resto, è un modello di compostezza e professionalità. Assistere alla sua progressiva trasformazione in una pazza urlante, distrutta dall'ansia e dal terrore, abbandonata da famiglia e fidanzato, privata della sua rispettabilità di professionista, è una delle cose più angoscianti viste al cinema quest'anno, soprattutto quando l'apparente follia di Rose la porta a fare del male, inconsapevolmente, a chi le è più caro (parliamo del colpo di scena meglio gestito del film, una cosa che si capisce pochissimi istanti prima della rivelazione e che ammazza lo spettatore a causa della sua ineluttabilità). Probabilmente, uno dei motivi per cui Smile ha avuto così tanto effetto su di me è la possibilità, rara in un horror recente, di empatizzare totalmente con la protagonista; vero è che nessuno ha mai provato (spero!) l'ansia di venire perseguitati da un'entità maligna, ma di sicuro a molti sarà capitato di provare il terrore di essere bloccati in una situazione senza via d'uscita e di non riuscire a far capire agli altri l'entità della paura che proviamo, anche per questioni che per tante persone sono di facile soluzione o di nessun interesse, e per questo gli sfoghi di rabbia e dolore di Rose mi hanno portato più volte sull'orlo del magone.


Magonata com'ero, anche perché, diciamolo, tanto tranquilla in questo periodo non sono, sono diventata anche più permeabile all'elemento horror, che a me è sembrato gestito in maniera egregia. Parker Finn è al suo primo film ed è stupefacente come riesca, alla faccia di registi anche più "esperti", ad introdurci fin dall'inizio all'interno di un'atmosfera di totale disagio, con la macchina da presa che, spesso, prende il punto di vista di "qualcosa" che, dall'esterno, governa in qualche modo la vita della protagonista privandola del libero arbitrio, designandola come vittima neppure troppo casuale, all'inizio, e in seguito togliendole ogni sicurezza quando la sua casa si trasforma in un terrificante crogiolo di anfratti bui, ombre sospette e suoni inquietanti. E' un mondo alla rovescia quello catturato dalla cinepresa di Finn, fatto di panoramiche che sfidano lo spettatore a scorgere l'elemento dissonante, oppure di inquadrature che piano piano si chiudono sulla protagonista togliendole ogni via di scampo, e nonostante il regista non faccia granché affidamento sui jump scares classici, la combinazione mortale tra montaggio e colonna sonora (particolarmente inquietante ed insidiosa) offre salti sulla sedia assicurati. Sarà che ero abbastanza logorata, ma anche sul finale, quando l'entità si palesa in tutta la sua bruttezza, l'ho trovata particolarmente spaventosa a discapito dell'abbondante CGI che, di solito, mi fa cadere ogni sentimento, e nel tornare a casa ho corso nelle strade buie come non mi capitava da qualche anno (tra l'altro sono invecchiata male, avevo il fiatone), temendo di trovarmela dietro qualche angolo o portone. Come avrete capito, ho apprezzato moltissimo anche la protagonista, la cui metamorfosi nel corso del film è davvero sorprendente, e mi sono stupita di non essermi mai accorta prima di Sosie Bacon, pur avendo visto qualcuna delle opere in cui è comparsa, mentre il resto del cast, pur essendo apprezzabile, non conta nessuno in grado di rubarle la scena. In soldoni, Smile è un film che consiglio e che, molto probabilmente, entrerà nella mia top 5 di fine anno, ma siccome sto leggendo molti pareri contrastanti devo essere sincera ed ammettere di non sapere se è davvero un film efficace o se ero io, martedì sera, particolarmente "permeabile" all'ansia. Provatelo e fatemi sapere! 


Di Kyle Gallner (Joel), Caitlin Stasey (Laura Weaver) e Kal Penn (Dr. Morgan Desai) ho già parlato ai rispettivi link. 

Parker Finn è il regista e sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, è anche produttore.


Sosie Bacon interpreta Rose Cotter. Americana, figlia di Kevin Bacon, ha partecipato a film come Charlie Says e a serie quali Scream: La serie. Ha 30 anni e un film in uscita. 


Jessie T. Usher, che interpreta Trevor, è l'A-Train della serie The Boys. Il film si basa sul corto Laura Hasn't Slept, sempre diretto e sceneggiato da Parker Finn e avente per protagonista Caitlin Stasey. Se Smile vi fosse piaciuto, cercatelo e aggiungete It Follows. ENJOY!

venerdì 8 marzo 2013

American Trip - Il primo viaggio non si scorda mai (2004)

Non so nemmeno io perché, vinta dal sonno e col cervello spento, ho deciso di concedermi una serata ad alto tasso di demenza e mi sono buttata su American Trip - Il primo viaggio non si scorda mai (Harold & Kumar go to White Castle), diretto nel 2004 dal regista Danny Leiner. Non lo so, giuro, me lo sto ancora chiedendo.


Trama: Harold e Kumar sono due fattoni portatori di diverse sfumature di sfiga, il primo di origine asiatica, il secondo indiano. Dopo aver passato l'intera serata a fumare, i due vengono aggrediti dalla fame chimica ma la loro, per parafrasare una nota pubblicità, "non è proprio fame, è più voglia di qualcosa di buono", quindi decidono di raggiungere a tutti i costi il White Castle, la catena di fast food che serve gli hamburger migliori del mondo. 


Certo che anche scomodarmi a recensire 'sta roba è praticamente una perdita di tempo, ma ammetto di essermi fatta attirare da American Trip (fuorviante titolo italiano che cavalca l'onda del successo di American Pie, ovviamente) per le faccette da imbelli dei due protagonisti, incuriosita dall'idea di vedere il primo di una serie di film dedicati alla strana coppia Harold & Kumar che, se non ho capito male, in America è molto apprezzata. In pratica, immaginate di vedere un road movie demenziale dove, al posto dei soliti sballoni all american ci sono due sfigati "esotici": Harold è l'anello debole della coppia, precisino e timoroso di tutto, maledetto dalla sua ascendenza asiatica che lo condanna ad essere costantemente preso di mira da bulli e idioti in genere, mentre Kumar è il "figo" di origine indiana, sempre in cerca di marijuana, patata e casini e costantemente in fuga dalle pressioni del padre che lo vorrebbe medico come il fratello. La comicità ruota tutta sui battibecchi tra i due, sul fatto che Kumar mette spesso nei guai Harold, sul razzismo imperante nella provincia americana, sui luoghi comuni tipici dei road movie (il bifolco mostruoso, i poliziotti violenti, problemi con i mezzi di trasporto, incidenti di varia natura) e per la gioia del pubblico americano vengono infilate qua e là un paio di comparsate eccellenti di comici apprezzati soprattutto oltreoceano, tra cui spicca ovviamente quella di Neil Patrick Harris, ormai famoso anche dalle nostre parti.


Per il resto, non c’è molto altro da dire. Il film scorre piacevole ma piuttosto blando dall’inizio alla fine, effettivamente i due protagonisti sono simpatici e nemmeno troppo irritanti (anche se io avrei preferito vedere uno spin-off dedicato alle due spalle Goldstein e Rosemberg) ma le gag, purtroppo, spaziano dal banale al “ma ‘sta roba dovrebbe fare ridere??”. L’unico momento in cui ho rischiato davvero di morire, colta da un attacco di risa irrefrenabili, è stato nel momento in cui Kumar, alla vista di un gigantesco sacco di marijuana, comincia a sognare una vita insieme a lui, partendo dai primi appuntamenti fino ad arrivare alle inevitabili liti matrimoniali, dove il ragazzo prende a trattar male il sacco/novella sposa dandogli della “bitch” e picchiandolo per poi consolarlo. Forse, se il film si fosse mantenuto a questi livelli di demenza surreale alla Maccio Capatonda, American Trip sarebbe stato un capolavoro e avrei proseguito guardando anche i due seguiti usciti in America. Invece, mi sa che per un po’ non guarderò film di questo genere e tornerò su binari a me più consoni. Ma se volete rilassarvi con una serata a basso tasso di intelligenza, perché no? 


Di Ryan Reynolds (l’infermiere che concupisce Kumar), Neil Patrick Harris (nei panni di un Neil Patrick Harris assai diverso da quello reale) e Malin Akerman (Liane) ho già parlato nei rispettivi link.

Danny Leiner è il regista della pellicola. Ha diretto altri film come Fatti, strafatti e strafighe ed episodi delle serie Una mamma per amica e I Soprano. E’ anche produttore e sceneggiatore.


John Cho (vero nome John Yohan Cho) interpreta Harold Lee. Sud coreano, ha partecipato a film come American Pie, American Beauty, American Pie 2, American Pie – Il matrimonio, Star Trek, American Pie: ancora insieme, Total Recall – Atto di forza e a serie come Streghe, Dr. House, Grey’s Anatomy, Kitchen Confidential, How I Met Your Mother e Ugly Betty, inoltre ha doppiato un episodio di American Dad!. Ha 40 anni e tre film in uscita, tra cui Into Darkness – Star Trek.


Kal Penn (vero nome Kalpen Suresh Modi) interpreta Kumar. Sud coreano, ha partecipato a film come The Mask 2, Superman Returns e a serie come Buffy the Vampire Slayer, Sabrina vita da strega, Angel, E.R. – Medici in prima linea, NYPD, Tru Calling, 24, How I Met Your Mother e Dr. House. Anche produttore, ha 35 anni e quattro film in uscita.


Ethan Embry (vero nome Ethan Philian Randall) interpreta Billy Carver. Americano, ha partecipato a film come Giovani, pazzi e svitati, They – Incubi dal mondo delle ombre e a serie come La signora in giallo, Hercules, The Twilight Zone, Numb3rs, Masters of Horror, Dr. House, CSI: Miami, Grey’s Anatomy e C’era una volta. Anche stuntman, produttore e assistente regista, ha 39 anni e quattro film in uscita.


David Krumholtz interpreta Goldstein. Questo attore americano per me sarà sempre il piccolo e allergico fidanzatino di Mercoledì nell’esilarante La famiglia Addams 2, poi è cresciuto e ha partecipato a film come Santa Clause, Tempesta di ghiaccio, 10 cose che odio di te, The Mexican, Tenacious D in The Pick of Destiny e alle serie E.R. – Medici in prima linea e Numb3rs. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 34 anni e due film in uscita.


Eddie Kaye Thomas interpreta Rosemberg. Altro attore americano fissatosi nel mio immaginario con un personaggio ben preciso, ovvero il Pausa Merda della serie American Pie, ha partecipato al film Carrie 2 e alle serie X-Files, The Twilight Zone e CSI: Scena del crimine, inoltre ha doppiato episodi di I Griffin e American Dad!. Ha 33 anni.


Anthony Anderson interpreta il commesso del Burger Shack. Americano, ha partecipato a film come Io, me & Irene, Urban Legend: Final Cut, Scary Movie 3 – Una risata vi seppellirà, The Departed – Il bene e il male e a serie come NYPD, Ally McBeal e The Bernie Mac Show, inoltre ha lavorato come doppiatore in Cappuccetto rosso e gli insoliti sospetti. Anche produttore e sceneggiatore, ha 42 anni e un film in uscita.


Christopher Meloni interpreta Freakshow. Americano, ha partecipato a film come Junior, L’esercito delle 12 scimmie, Bound – Torbido inganno, Paura e delirio a Las Vegas e a serie come NYPD, Oz e Scrubs. Anche regista, ha 52 anni e sei film in uscita, tra cui L’uomo d’acciaio e Sin City – Una donna per cui uccidere.


Tra le innumerevoli guest star presenti nel film spunta anche Jamie Kennedy (l’indimenticabile Randy di Scream) a pisciare nei boschi accanto a Kumar. Più sfortunato invece Luis Guzmán, l’orrido messicano che compare in parecchi film di Rodriguez, perché le poche scene in cui avrebbe dovuto interpretare il fratello di Maria sono state tagliate. Inoltre, leggenda vuole che se Neil Patrick Harris avesse rifiutato la parte gli sarebbe subentrato Ralph Macchio nei panni di se stesso. Per la cronaca, la catena White Castle esiste davvero, qui potete dare un'occhiata ai vari menu: la cosa divertente è che i panini che servono sembrano davvero piccoli, quindi conoscendo le porzioni a cui sono abituati gli americani immagino che le persone per sfamarsi debbano ordinare almeno sei o sette menu per volta! Ristoranti a parte, dovete comunque sapere che American Trip ha dato vita a ben due seguiti, inediti in Italia, ovvero Harold & Kumar Escape From Guantanamo Bay e A Very Harold & Kumar 3D Christmas; se vi piace il genere che Wikipedia definisce Stoner Film cercateli assieme alle pellicole di Cheech e Chong, altrimenti buttatevi su Tenacious D in The Pick of Destiny o sul ben più raffinato Fuori orario. ENJOY!

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