Visualizzazione post con etichetta karyn kusama. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta karyn kusama. Mostra tutti i post

martedì 1 agosto 2017

XX - Donne da morire (2017)

A luglio la Midnight Factory ha tirato fuori una bella doppietta horror con Non bussate a quella porta (di cui parlerò nei prossimi giorni) e XX - Donne da morire (XX), antologia interamente al femminile realizzata dalle registe Jovanka Vuckovic, Annie Clark, Roxanne Benjamin e Karyn Kusama.


Ad aprire le danze di questa peculiare rassegna horror "in rosa" ci pensa Jovanka Vuckovic con quello che è probabilmente il mio episodio preferito, The Box, tratto dal racconto omonimo di Jack Ketchum, vincitore nel 1994 del Bram Stoker Award. Il corto non fa paura nel senso stretto del termine ma mette un'inquietudine incredibile grazie a piccolissimi dettagli sapientemente combinati dalla regista; in esso si assiste al progressivo disfacimento di una famiglia normale, apparentemente senza motivo, distrutta dall'interno da un segreto capace di privarne i membri della voglia di vivere. Almeno, così l'ho capita io, in quanto il bello di The Box è proprio l'aura di mistero che circonda il progressivo venir meno della normalità del nucleo familiare, con cene che diventano sempre più raffazzonate (è bello vedere che all'inizio il capofamiglia cucina per tutti mentre alla fine si ricorre al cibo d'asporto...) e una madre disperata che cerca di tener duro pur non capendo perché tutto le stia sfuggendo di mano. Altro non aggiungo, altrimenti rischio di rovinare la sorpresa, dico solo che conto di leggere il racconto al più presto. Altrettanto "incomprensibile", benché in maniera totalmente diversa, è The Birthday Cake, della regista Annie Clark, alias la musicista St. Vincent. Eclettico e difficilmente catalogabile, un po' come il genere musicale della Clark, The Birthday Cake è la grottesca rappresentazione di un trauma infantile, più commedia nera che horror, e strappa sorrisi perplessi in più di un'occasione. In questo caso, quello che colpisce di più lo spettatore non è tanto la trama ma la particolarità della realizzazione, palese omaggio alla canzone Black Hole Sun, degli oggetti di scena (c'è persino Frisky, il gatto imbalsamato di Danny Elfman) e dei costumi oltre al contrasto visivo tra le due attrici principali del corto, la florida Melanie Lynskey, madre impegnata, nervosetta e svanita, e l'elegantissima Sheila Vand, più misteriosa dark lady che tutrice. Alla fine dell'episodio si rimane sicuramente spiazzati ma anche con la voglia di conoscere ciò che si nasconde dietro alle dinamiche di questa strana famiglia, desiderio ahimé frustrato dalla breve durata del segmento.


Passiamo ora alla parte più horror della raccolta, con due episodi più vicini alla classica concezione di un racconto "de paura". Il primo, Don't Fall, diretto e sceneggiato da Roxanne Benjamin, è la tipica storia di un gruppo di amici che vanno in campeggio per poi pentirsene amaramente, non sto a spiegarvi il perché. Sicuramente il pezzo più gore dell'antologia, nonché quello più ricco di effetti speciali, non è particolarmente innovativo ma mi è piaciuto soprattutto per la rara intelligenza mostrata da uno dei protagonisti che, probabilmente primo nella storia dell'horror, capisce subito la situazione e cerca di salvare la pelle a sé stesso e ai suoi compagni di sventura senza stare tanto a pettinare le bambole o perdersi in pericolosi rimorsi di coscienza. Peccato che lo stesso non si possa dire di chi lo circonda, ahimé. A chiudere l'antologia ci pensa la regista e sceneggiatrice più famosa ed "esperta" del quartetto, quella Karyn Kusama che, dopo The Invitation, è arrivata a prediligere le atmosfere minimal, le messe in scena eleganti e un modo di fare cinema dialogato e riflessivo. In Her Only Living Son lo spettatore si trova davanti ad una sorta di "sequel", a ciò che potrebbe essere accaduto dopo la conclusione di uno dei film horror più famosi e belli di sempre e le atmosfere sono molto simili a quelle del grande capolavoro che non sto a nominare: abbiamo una protagonista forte ma sull'orlo di una crisi di nervi, l'angosciosa consapevolezza di essere perseguitata da occhi misteriosi e malevoli, la dolorosa certezza che la creatura più amata dalla donna rischia di essere anche la più temuta. Ma, comunque, sempre sua e di nessun altro. I due protagonisti del corto duettano in maniera superba ma, come nei migliori horror, è ciò che non viene detto e le implicazioni di ciò che viene appena accennato a terrorizzare lo spettatore ben disposto. Assieme a The Box, il corto della Kusama è sicuramente il mio preferito.


Riassumendo, XX è una delle antologie horror più eleganti e più "costanti", per quel che riguarda la qualità dei singoli corti, che mi sia mai capitato di vedere recentemente, nonché una delle più apprezzabili: non è "grezza" come V/H/S, nemmeno estenuante come i vari ABCs of Death, soprattutto non c'è nessun episodio davvero deludente, nemmeno quel perplimente mix di commedia e cinema sperimentale che è The Birthday Cake. Ciliegina sulla torta, come collegamento tra i vari corti ci sono le terrificanti animazioni in stop-motion di Sofia Carrillo, con bamboline semoventi, bambine zombi, mele marcescenti, insetti schifosini e tutta una serie di immagini perturbanti che fanno venire la pelle d'oca molto più dei segmenti principali. XX è, in definitiva, l'ennesima dimostrazione di come le donne sappiano fare horror meglio di molti uomini blasonati e persino il Bolluomo, costretto alla visione, ha esclamato "Eh sì, voi per certe cose siete MOLTO più bastarde di noi". Lo prendo come un complimento, sperando che gli "illuminati" produttori del genere se ne rendano conto presto.


Di Karyn Kusama, regista e sceneggiatrice del corto Her Only Living Son, ho già parlato QUI. Melanie Lynskey (Mary - The Birthday Cake) e Angela Trimbur (Jess - Don't Fall) le trovate invece ai rispettivi link.

Jovanka Vuckovic è la regista e co-sceneggiatrice di The Box, al suo quarto cortometraggio. Canadese, anche tecnico degli effetti speciali, attrice e produttrice, ha 42 anni.


Annie Clark, conosciuta col nome d'arte di St. Vincent, è la regista e sceneggiatrice di The Birthday Cake. Affermata musicista americana, ha 35 anni.


Roxanne Benjamin è la regista e sceneggiatrice di Don't Fall e ha aiutato Annie Clark con la sceneggiatura di The Birthday Cake. Americana, ha co-diretto il film Southbound. E' anche produttrice e attrice.


Le facce conosciute presenti in questi corti sono un'infinità ma in particolare mi sento di segnalare Natalie Brown, che interpreta Susan Jacobs nel corto The Box e che era tra i protagonisti di Channel Zero, e Sheila Vand (Carla nel corto The Birthday Cake), ovvero "la ragazza" del film A Girl Walks Home Alone at Night; Jovanka Vuckovic avrebbe voluto Jack Ketchum ad interpretare l'uomo con la scatola ma questioni di sindacati non gliel'hanno permesso. XX - Donne da morire è dedicato alla memoria della regista Antonia Bird, la quale avrebbe dovuto partecipare all'antologia ma è purtroppo mancata nel 2013; il film era infatti stato annunciato proprio per quell'anno e i produttori avevano dichiarato che tra le presenti ci sarebbero state anche Jennifer Lynch (la quale nel frattempo si è data alle serie TV), Mary Harron (idem come sopra) e le sorelle Soska (che si sono dedicate ad altre antologie e altri generi, come Vendetta con.. ehm.. The Big Show. CaSSo, devo procurarmelo). L'edizione speciale della Midnight Factory contiene una featurette che mescola stralci di interviste ad immagini del film e soprattutto una serie di interessanti interviste a tutte le registe, Sofia Carrillo compresa, oltre ovviamente ai trailer. Per concludere, se XX - Donne da morire vi fosse piaciuto recuperate altre antologie come Tales of Halloween, Holidays, Creepshow, Trick'r Treat e magari aggiungete Rosemary's Baby e The Invitation. ENJOY!

venerdì 27 maggio 2016

The Invitation (2015)

Un altro film che sta giustamente spopolando sul web è The Invitation, diretto nel 2015 dalla regista Karyn Kusama.


Trama: Will e la nuova fidanzata Kira vengono invitati a casa di Eden, ex moglie di lui, e del suo compagno per una rimpatriata assieme ad altri amici. Reduce da un terribile trauma, Will inizia a temere che dietro la cena ci siano inquietanti secondi fini…

Pensereste mai, guardando un thriller, ad un film come Lost in Translation? Credevo che una cosa simile non fosse possibile, eppure durante la visione di The Invitation il mio pensiero è corso spesso e volentieri al film della Coppola e alle insistenti inquadrature del volto triste e fuori fase di Bill Murray, alla solitudine e al dolore tenuti a malapena a bada da uno stile di vita ben più che benestante, alle luci soffuse e “calde” che erano la cifra stilistica delle stanze dell’hotel dove si incontravano Murray e la Johansson, ognuno perso nei propri malinconici pensieri. Questo è probabilmente successo perché The Invitation è un film interamente centrato sul trauma subito dal protagonista Will e all’interno del quale tutto viene filtrato attraverso il suo punto di vista, inevitabilmente scollegato dal mondo che lo circonda e dagli amici (persino dalla fidanzata) che vorrebbero a tutti i costi tornare a catturare la sua attenzione, ricostruendo così un legame distrutto dalla tragedia; Will ha perso un figlio e ciò ha spinto non solo sua moglie a chiedere il divorzio dopo essere comprensibilmente uscita di testa, ma ha anche portato i suoi “meravigliosi” amici ad eclissarsi con la scusa di lasciargli spazio per elaborare il lutto, un modo carino e molto superficiale di allontanare una persona troppo complicata da gestire, insomma. Dopo due anni di solitario dolore, Will si ritrova così nell’imbarazzo di accettare l’invito del titolo originale, recandosi con ovvia riluttanza ad una cena organizzata dalla sua ex moglie e dall’attuale compagno di lei, entrambi ormai in pace con sé stessi grazie all’incontro con un “santone” conosciuto in Messico; invitation, come scoprirà Will, ha la doppia valenza di invito a cena ma anche ad entrare tra gli adepti del culto al quale si sono uniti Eden e David e, non a caso, accanto agli amici di sempre ci sono tra gli ospiti anche due estranei a dir poco peculiari. Tutta questa serie di circostanze sfavorevoli, alle quali se ne aggiungono altre che non vi spoilero, concorrono ad alimentare la diffidenza e i sospetti di Will, sensazioni che si trasmettono inevitabilmente allo spettatore e lo costringono a stare sul chi va là per tutta la durata della pellicola.

La caratteristica vincente di The Invitation è proprio questa capacità di procrastinare il momento clou e tenere viva e palpabile la tensione, lasciando lo spettatore a crogiolarsi nell’attesa; di fatto, l’appassionato medio di thriller e horror non avrà nessuna difficoltà a capire dove andrà a parare il film dopo i primi dieci minuti (al limite, se avete una fantasia galoppante come la mia potreste ritrovarvi indecisi su un paio di ipotesi relative alla natura della minaccia ma il risultato finale non dovreste sbagliarlo…) ma questo non ha importanza perché stavolta, anche se sembra una banalità, è più importante il percorso del traguardo. La scelta impopolare di girare un film interamente basato sull’attesa della “mazzata” e sull’elaborazione del lutto rende The Invitation un thriller particolarmente elegante, all’interno del quale bisogna apprezzare soprattutto la regia della Kusama, fatta di immagini raffinate che focalizzano l’attenzione dello spettatore non solo sui personaggi ma soprattutto sui dettagli, su quello che non viene mostrato e su ciò che viene percepito da Will nel corso della serata, prima di concludere con una zampata assai tamarra, più vicina agli altri film della regista che ho avuto modo di vedere; molto intrigante anche la location, con l’enorme casa a due piani zeppa di porte socchiuse su segretucci inquietanti e porte a vetri da cui osservare non visti e cercare di capire cosa c’è che non va all’interno della vicenda. Tra gli attori spiccano invece il sempre gradito John Carroll Lynch, con quella faccia da eterno sconfitto e la stazza da orso, perfetto per ruoli ingannevoli ed ambigui, e ovviamente il protagonista Logan Marshall-Green, ritratto di un uomo sconfitto dalla vita e probabilmente incapace di perdonare non solo sé stesso ma anche quegli amici che hanno scelto di abbandonarlo nel momento del bisogno, non a caso interpretati da attori che non si sono impegnati a conferire ai loro personaggi una certa profondità d’animo. Ma va bene così, perché effettivamente non ce n’era la necessità! Detto questo, The Invitation è un film che vi consiglio di recuperare appena possibile, soprattutto se vi piacciono i thriller “d’ambiente”.   

Della regista Karyn Kusama ho già parlato QUI mentre John Carroll Lynch, che interpreta Pruitt, lo trovate QUA.

Logan Marshall-Green interpreta Will. Americano, ha partecipato a film come Devil, Prometheus e a serie come 24 e The O.C.. Ha 40 anni e due film in uscita. 


Tammy Blanchard interpreta Eden. Americana, ha partecipato a film come Blue Jasmine e Into the Woods. Ha 40 anni e due film in uscita. 


Michiel Huisman interpreta David. Olandese, ha partecipato a film come World War Z e a serie come Il trono di spade. Ha 35 anni e tre film in uscita. 


Nel 2012 Zachary Quinto, Topher Grace e Luke Wilson erano stati ingaggiati per alcuni dei ruoli principali e visto quanto apprezzo questi attori è un peccato che non se ne sia fatto nulla. Detto questo, se The Invitation vi fosse piaciuto recuperate Piccoli omicidi tra amici, Rosemary's Baby e Una cena quasi perfetta. ENJOY!

venerdì 18 dicembre 2009

Il corpo di Jennifer (2009)

La sequela di capolavori è finita, torniamo quindi a parlare di film più terra terra ma non necessariamente brutti. Anzi, il bello è quando si va al cinema convintissimi di star per buttare sei euro e alla fine si esce soddisfatti, che è ciò che è successo lunedì quando sono andata a vedere Il corpo di Jennifer (Jennifer’s Body) pellicola del 2009 diretta da Karyn Kusama. Diciamo che il film partiva penalizzato in partenza soprattutto per le critiche negative che ho letto in giro, probabilmente scritte da maschietti intristiti per la mancata visione di quello stesso “corpo” del titolo, ma come al solito è bene diffidare di quello che si legge e toccare con mano.


jennifers-body-poster1-560x828


La trama: Jennifer è la ragazza più bella del liceo, tutti la bramano, tutti pendono dalle sue labbra, soprattutto la sua sfigatissima migliore amica, Needy. Una sera decidono di andare a vedere un concerto e le loro esistenze cambiano per sempre; dopo un disastroso incendio, infatti, Jennifer scompare per un po’ assieme al gruppo rock e torna decisamente cambiata, indemoniata e mangiauomini nel vero senso della parola, mentre a Needy tocca l’ingrato compito di fermarla prima che metta le mani addosso anche al suo fidanzato Chip.


jbodybig


Come ho detto sopra, se siete maschietti e sperate di andare a vedere un film dove questo benedetto Corpo di Jennifer venga mostrato, e bene, in ogni fotogramma, smettete pure di leggere il post. Nonostante l’assurdo divieto rivolto ai minori di 18 anni la bella Megan Fox rimane coperta per tutto il film, c’è giusto qualche stacco di coscia ogni tanto, il resto viene lasciato all’immaginazione più o meno pervertita degli spettatori adolescenti. Certo, ci sono 5 minuti di inutile bacio saffico tra le protagoniste, ma se basta questo ad ingrifare l’utenza e a scatenare divieti, siamo messi proprio male. Proprio per il fatto che a me queste “pecche” non toccano, sono riuscita a guardarmi il film e a godermelo senza troppi problemi, nonostante come horror, in effetti, non sia tra i migliori. L’aspetto gore, infatti, è limitato come le nudità di Megana.


jennifers_body_still_2


Come mai allora questo Corpo di Jennifer mi è piaciuto? Beh, perché fa ridere e, nonostante la banalità della trama, vista e rivista in più di un film, è molto ben scritto. E poi perché adoro le pellicole che descrivono con cattivissima ironia il mondo delle primedonne liceali americane, come Ragazze a Beverly Hills oppure Mean Girls. La possessione di Jennifer viene usata per esacerbare lo stereotipo della reginetta del liceo, perfida, (in)sicura di sé, egoista e zoccoletta. La protagonista infatti non è vittima di una possessione nella quale la sua volontà viene annullata, anzi: è ben consapevole di essere cambiata, di essere diventata una specie di dea. Ed è anche consapevolissima del fatto che questo cambiamento ha bisogno di essere mantenuto cibandosi di sangue umano, altrimenti i suoi capelli, la sua pelle, il suo corpo diventeranno imperfetti come quelli di qualsiasi altra normale adolescente (divertenti ed emblematiche in tal senso le scene in cui si vede Jennifer “sfatta”, come potrebbe esserlo una modella dopo una notte brava ovviamente, che cerca di restaurarsi con fondotinta e quant’altro). Altra cosa portata all’eccesso è il morboso rapporto tra la protagonista e la sua amica sfigata, Needy. Già il soprannome di quest’ultima dice tutto: bisognosa. Sarei pronta a scommettere che nella sceneggiatura originale è specificato come il soprannome glielo abbia dato Jennifer, giusto per ribadire la propria supremazia tra le due “super best friends” anche se alla fine l’elemento “forte” tra le due è proprio la bruttina Needy, nonostante la sua ingenuità. Infatti lo sfigato, come ci mostra il film, è necessario all’esistenza stessa del suo opposto. Al di fuori del suo mondo provinciale Jennifer è una sciacquetta di campagna, quindi le serve circondarsi di persone molto meno appariscenti, che ne sia consapevole o meno. Quello che traspare dal film è che alla fine Jennifer vuole bene a Needy solo a patto però che non oltrepassi “i confini” che lei stessa ha delimitato, invidiosa della felicità che la piccola sfigata riesce comunque ad ottenere senza sforzo eccessivo, tanto da arrivare a puntare sia il suo ragazzo Chip sia l’emo che le piace solo per dimostrare la propria supremazia. D’altro canto Needy sopporta finché la migliore amica non passa il segno, cosa che la porta a reagire con forza e a ribellarsi rinfacciandole ogni cosa (sconvolgendo così Jennifer tanto da indebolirla più che con qualsiasi ferita fisica), ma anche così i nerd rimangono sostanzialmente buoni e sinceri e la ragazza non può fare a meno di accogliere l’eredità dell’amica e a cercare vendetta per la sua vita distrutta. Esagerato, certo, ma più o meno è quello che accade quotidianamente in tutto il mondo o quasi.


3732430261_f78f0c7365


Passando all’aspetto più “tecnico” della pellicola, ho apprezzato moltissimo la scelta di cominciare a narrare gli eventi dalla fine, rendendo il film un lungo flashback raccontato da Needy che rimanda la spiegazione di quello che è successo a Jennifer solo a metà film. Una fine che in realtà non è tale, visto che la storia prosegue inaspettatamente e si conclude nei bei titoli di coda, altro tocco geniale del film assieme a quello delle figure dei ridicoli e decerebrati rocchettari di città che fanno un patto col diavolo per avere successo. E il bello è proprio come riescono a diventare famosi, cosa che da il la ad una bella critica dei media televisivi e soprattutto del pubblico boccalone e affamato di tragedie. A proposito di rock band la colonna sonora è molto azzeccata, così come la ruffianissima canzone del gruppo, che diventa il tormentone ossessivo di Needy e l’inno della città. Ovviamente, un film simile vive anche di effetti speciali, che per fortuna sono molto validi e non sfruttano troppo la computer graphic, che li renderebbe ridicoli. Inoltre, menzione speciale agli attori, che sono tutti in parte e molto bravi; seppur limitati dagli stereotipi del caso, infatti, riescono ad infondere abbastanza anima nei personaggi da renderli vivi e simpatici.


JennifersBodyRedBandTrailer-thumb-550x295-20285


Per finire, qualche piccola curiosità. Del film esiste anche una graphic novel scritta da Rick Spears e disegnata a quattro mani, che racconta con quattro storie alcuni retroscena del film e si può trovare anche in Italia. Se invece il titolo vi richiama qualcosa, avete ragione ma non confondetevi: Jennifer è uno dei nomi che si trova più di frequente nei titoli di film horror, in tutte le sue varianti, come la Jenifer di Dario Argento, Non violentate Jennifer (I spit on Your Grave) di Meir Zarchi e Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer?, giallo all’italiana di Giuliano Carnimeo.


Karyn Kusama è la regista della pellicola. Americana, nel 2005 ha già diretto Aeon Flux, tratto dallo stilosissimo anime che davano tempo addietro su MTV. Ha 41 anni.


ALO-004930



Megan Fox interpreta Jennifer. Ascesa nell'Olimpo delle bellezze cinematografiche universali grazie al blockbuster Transformers e al suo seguito, l'attrice americana ha all'attivo anche partecipazioni in Bad Boys II e nel telefilm Two and a Half Men. Ha 23 anni e tre film in uscita.


megan-fox_0811_1ea1242229018

Amanda Seyfried interpreta Needy. Americana, la ricordo in film come il già citato Mean Girls e il già recensito Mamma Mia!. Per la TV ha partecipato a CSI, Dottor House, Veronica Mars e ha prestato la voce ad un episodio di American Dad. Ha 23 anni e tre film in uscita.


amanda-seyfried


Vi lascio ora con il bel trailer originale... ENJOY!


Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...