Trama: stavolta facciamo un bel salto indietro nel tempo e torniamo agli anni ’80, quando Kristie e Katie erano ancora piccole ma già assillate dall’entità del primo e secondo capitolo (entità che a ‘sto giro, per comodità, chiameremo Toby. Non Tony. Ehi, vi ricorda qualcuno? A me un po’ sì).
Cosa c’è da dire su Paranormal Activity 3? Per pigrizia vi direi di andarvi a vedere le prime due recensioni che ho scritto perché la formula è sempre la stessa: telecamere opportunamente piazzate da qualche peerla che cerca di capire come mai una casa nuova (sempre a due piani, e nulla mi toglie dalla mente che sia sempre quella utilizzata nei primi due episodi, giuro…) debba essere già colma di rumoracci e scricchiolii con aggiunta di fenomeni inspiegabili che diventano sempre più invadenti, pericolosi ed evidenti all’occhio di chi guarda i filmati che però, ovviamente, non se ne va di casa fin quando qualcosa di invisibile non lo morde/ferisce/sevizia. Per dire, che a me basterebbe vedere la porta di casa che si chiude da sola per prendere baracca e burattini e trasferirmi nell’emisfero opposto. Vabbé.
A questa ormai consolidata tradizione di effetti più o meno speciali e riprese di gente che dorme mentre alle loro spalle si manifesta qualsiasi cosa, nel terzo episodio si aggiunge la sempre inquietante idea dei bambini che vedono quello che gli adulti ignorano, parlano con gli spiriti e, poveracci, a loro modo mettono in guardia o cercano di difendere la famiglia, invano. A voler ben vedere aumenta anche il tasso di stupidità dei coinvolti: ora, passi la mocciosa che vive nel suo mondo, ma il nerd che accetta di giocare con lei a Bloody Mary chiudendosi in uno stanzino buio davanti ad uno specchio, quando sa benissimo che in quella casa c’è uno spirito incazzato, è qualcosa che travalica la mia comprensione. La cosa divertente è che poi se la prende con il migliore amico (già condannato dall’essere patrigno delle due pargole, ché sappiamo la fine che fanno i maschi di casa…) che immagino sia l’unica persona, negli anni ’80, ad essersi fatto direttamente impiantare la telecamera sulla spalla, visto che non la molla un secondo. Anche la verosimiglianza quindi, a sto giro, va a farsi friggere. Insomma, non è plausibile che questo si alzi la notte per cercare la moglie e si carichi sulla schiena la pesantissima telecamera, vagando come un picio in una casa sconosciuta.
Anche come prequel, Paranormal Activity 3 aggiunge poco a quanto già detto. O meglio, sviscera quello che lo spettatore attento aveva già capito guardando i primi due film, che qualcuno in quella famiglia del menga aveva fatto un patto col diavolo per motivi sconosciuti, e regala un non disprezzabile finale alla Rosemary’s Baby che, tuttavia, lascia un po’ con l’amaro in bocca: invece di menarsela per tutto il film con le solite riprese, avrebbero dovuto lasciar perdere i giochini con le telecamere (che comunque qualche salto sulla poltrona lo fanno fare, eh… aggiungo anche che stanotte ho dormito maluccio, pensando di trovarmi Toby in camera al minimo rumore) e concentrarsi un po’ sulla storia, creando l’inquietudine attraverso il sospetto e l’atmosfera, non attraverso lo spavento facile. Per esempio, a mio avviso la scena più bella di Paranormal Activity 3 è quella, poco prima della fine, dove compare il gruppo di vecchiacce sbucando all’improvviso da una stanza completamente buia… e il pezzo che più mi ha messo ansia è proprio quello finale, piano di inquietanti rivelazioni. Insomma, se dovranno fare un quarto episodio spero proprio che useranno i miliardi che hanno fatto in tre anni per avvalersi di sceneggiatori con le palle e che troveranno il coraggio di staccarsi dal modello dei primi capitoli. Altrimenti, meglio evitare… anche perché non so negli anni ‘60/’70 quanta gente poteva permettersi di avere quattro telecamere in casa!
All’inizio del film rispuntano le vecchie conoscenze Katie Featherston, nei panni di Katie, e Sprague Grayden in quelli di Kristi. Delle due attrici trovate il solito trafiletto cliccando sui loro nomi.
Henry Joost ed Ariel Schulman, di cui non si trovano praticamente notizie in rete, avevano già collaborato assieme l’anno scorso, girando un documentario dal titolo Catfish. Sono entrambi alla loro seconda esperienza cinematografica.
Eccoli qui: Ariel sulla sinistra e Henry sulla destra.
E ora, siccome è spuntata l’ennesima pagliacciata legislativa italiana, per la quale non si possono più mettere trailer sui siti a meno che non si paghino alla SIAE 400 e fischia euro trimestrali per un massimo di 30 trailer al mese, non posso lasciarvi al solito filmatino finale ma posso mettere il link dove potete guardare, se lo volete, il trailer di Paranormal Activity 3. ENJOY!