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mercoledì 1 novembre 2023

Mixed by Erry (2023)

Lo avevo perso per vari motivi al cinema e volevo assolutamente vederlo col Bolluomo musicista, quindi sono riuscita a recuperare su Netflix solo qualche settimana fa Mixed By Erry, l'ultimo film diretto e co-sceneggiato dal regista Sydney Sibilia.


Trama: Enrico Frattasio è un giovane napoletano che vorrebbe fare il deejay. Il suo sogno frustrato si traduce nella creazione di musicassette che diventano, nel tempo, le fondamenta di un'impresa finanziaria tanto remunerativa quanto illegale...


Grazie a Sidney Sibilia, l'ignorantissima sottoscritta ha conosciuto un'altra storia italiana di cui non avevo assolutamente contezza. Dopo la scoperta de l'Isola delle Rose, la novità di quest'anno è stata l'etichetta discografica Mixed by Erry, nata negli anni '80 a Napoli per mano di Enrico "Erry" Frattasio, ragazzo di belle speranze col sogno frustrato di fare il deejay che, per "consolarsi" ed alimentare la sua enorme passione per la musica, creava musicassette contenenti mix personalizzati per gli abitanti del quartiere. Nel giro di qualche anno, questa innocente distribuzione di cassettine si è evoluta, affiancando ai mix personalizzati la duplicazione di interi album (o, nel caso di Sanremo, addirittura la produzione di compilation che uscivano prima di quella ufficiale), fino a trasformarsi in un business miliardario ed allargato non solo ai fratelli di Enrico, ma persino a qualche centinaio di dipendenti, con ramificazioni al di fuori di Napoli e della Campania. Ciò che Sibilia racconta, in pratica, è la nascita della pirateria musicale moderna, con un occhio alla genialità di chi ha saputo predire, inconsapevolmente, un futuro di playlist basate sui gusti del pubblico, capaci di guidarne gli acquisti successivi. Lo fa con lo sguardo indulgente ma consapevole di chi apprezza l'innocenza sognatrice del protagonista e, al contempo, ne condanna l'attività illegale che tinge il sogno di sfumature cupe ed ambigue, romanzando le vicende reali senza indorare però troppo la pillola; dall'infanzia alla prigione, i Frattasio sono sempre stati seguiti dall'ombra della malavita, hanno percorso un sentiero borderline e talvolta sporcato di sangue, e la loro rivoluzione gioiosa contro lo squallore della povertà o i soprusi dei prepotenti ha comunque consentito loro di fare la bella vita senza restituire nulla di tangibile alla società ed evadendo tasse come non ci fosse un domani. Certo, come già accadeva per quegli adorabili scappati di casa di Smetto quando voglio, è impossibile odiare Erry e i suoi fratelli e, anzi, non si smette per un istante di sperare che il debordante ispettore Ricciardi venga fatto fesso dalle trovate dei tre, mentre il vero "villain" ha, neanche a dirlo, il fastidioso accento del tipico imprenditore baüscia. 


A differenza de L'isola delle rose, che mi era sembrato facilone e svuotato di contenuti, la storia di Mixed by Erry è invece perfetta per lo stile accattivante e molto "cinematografico" di Sibilia, regista che, da sempre, riesce a fare propri gli stilemi tipici del cinema di genere americano, aggiornandoli a un gusto tutto italiano. La diffusa parabola di ascesa e caduta dei protagonisti, unita a uno sguardo nostalgico verso tempi più innocenti in cui si parlava più di espedienti per sopravvivere che di vera e propria criminalità (e comunque anche quest'ultima era regolata da codici rigidi e valori, per quanto distorti), si mescola alla commedia all'italiana fatta di accenti regionali e "maschere" ben riconoscibili, dando vita a un film frizzante e gradevolissimo, che non annoia nemmeno per un istante. Da ligure, contesto solo l'assenza di sottotitoli costanti, ché spesso facevo fatica a seguire i dialoghi, ma la simpatia di tutti i coinvolti è indubbia. A partire dai tre attori semi-esordienti che interpretano i fratelli Frattasio, tutti bravissimi e convincenti, passando a due caratteristi divertenti e divertiti come Francesco Di Leva e Fabrizio Gifuni (ti ho odiato, amico, mi spiace, ma è una deformazione professionale!), per arrivare al devastante colpo di nostalgia dato dal vedere il "piccolo" Adriano Pantaleo nei panni di papà Frattasio, ho adorato tutto il cast e, arrivata alla fine, avrei voluto che il film continuasse ancora un po'. Purtroppo, il vero difetto di Sibilia è quello di non riuscire mai a confezionare personaggi femminili interessanti, che superino la dicotomia scassacazzi/love interest, ma continuo a sperare per il futuro. Nel frattempo, consiglio senza remore questo Mixed by Erry, un'ottima aggiunta al catalogo Netflix!


Del regista e co-sceneggiatore Sydney Sibilia ho già parlato QUI

Francesco Di Leva interpreta Fortunato Ricciardi. Nato a Napoli, ha partecipato film come Una vita tranquilla, Il sindaco del Rione Sanità, Nostalgia e L'ultima notte di Amore. Anche sceneggiatore e produttore, ha 45 anni e un film in uscita. 


Adriano Pantaleo interpreta Pasquale Frattasio. Probabilmente il bambino napoletano più famoso degli anni '90, lo ricordo per film come Io speriamo che me la cavo, Ci hai rotto papà e le serie Amico mio e Amico mio 2. Anche sceneggiatore e produttore, ha 40 anni. 


Fabrizio Gifuni interpreta Arturo Maria Barambani. Nato a Roma, ha partecipato a film come Hannibal, La meglio gioventù, Romanzo di una strage, Il capitale umano, Esterno notte e a serie quali Boris e L'amica geniale. Anche sceneggiatore e produttore, ha 57 anni. 








martedì 5 dicembre 2017

Smetto quando voglio: Ad Honorem (2017)

La notizia dell'uscita di Smetto quando voglio: Ad Honorem, diretto e co-sceneggiato da Sydney Sibilia, mi ha galvanizzata anche più del trailer di Avengers: Infinity War. Come sarà finita la trilogia più amata del cinema italiano recente?


Trama: richiusi ognuno in un carcere diverso, Pietro e i suoi compari devono trovare il modo di riunirsi e fermare Walter Mercurio, intenzionato a rilasciare il gas nervino sintetizzato per scopi ancora misteriosi...


Smetto quando voglio era spuntato tre/quattro anni fa con un trailer accattivante, riuscendo a conquistarmi con un mix di perizia registica, attori simpatici e una trama scoppiettante ma mai mi sarei aspettata che l'opera prima di Sydney Sibilia sarebbe diventata una trilogia. Né, sono sincera, che mi sarei congedata da Pietro, Alberto e compagnia con un una sensazione di malinconia così forte da farmi sudare un po' gli occhi. Tre anni, in quest'epoca di film mordi e fuggi, di "memoria del pesce rosso", non sono pochi e sarei una bugiarda se dicessi di ricordare alla perfezione Masterclass, uscito a febbraio e impossibile da rinfrescare in tempo per il debutto di Ad Honorem; probabilmente tra un mese non ricorderò nemmeno più la gioia di avere guardato l'ultimo capitolo della trilogia ma quello che spero rimarrà è la sensazione di aver perso qualcosa, di essermi dispiaciuta all'idea di non poter sbirciare nel futuro dei simpatici protagonisti del film e sapere cosa ne sarà di loro. Verranno schiacciati dalla burocrazia legale italiana fino a perdere tutte le loro facoltà intellettive oppure riusciranno a fare tesoro di tutti i casini successi in questo periodo e dare una svolta positiva alla loro esistenza? Non è dato sapere, purtroppo, e la sceneggiatura del film non offre spazio a riflessioni troppo allegre. Più distante dal piglio action del secondo capitolo, Ad Honorem torna a riflettere sul destino dei laureati precari in Italia, puntando il dito contro la vergognosa gestione delle risorse finanziare destinate all'istruzione, contro la burocrazia lenta e infame, lo schifo quasi tutto italiano di persone ignoranti che si riempiono la bocca di promesse senza mantenerle, il sistema di favoritismi che regola qualsiasi successo personale o accademico, leggi che tutelano i potenti e cavilli che inchiappettano i poveracci, persino (e qui è scattato l'applauso pensando a gente come Valentino Rossi, al suo omonimo Vasco, persino a Fabio Volo, santocielo!!!!) contro le cosiddette lauree Honoris Causa. "Ma qual è il voto di una laurea ad honorem?" si chiede uno dei personaggi sul finale e la risposta è "Non lo so ma dovrebbe equivalere ad una lode, no?" "Sì ma qual è il valore di una laurea ottenuta così?" EH. Bella domanda. Uno si fa un mazzo tanto per ottenerne una vera, spendendoci tempo, soldi e sanità mentale, e arriva il primo frescone ignorante e rigorosamente VIP che si becca una laurea "a gratis" per motivazioni imbecilli. Evviva il mondo accademico.


Il ritorno alle origini di Ad Honorem coincide con una trama molto più semplice rispetto ai due film precedenti, al punto che la pellicola sembra durare poco più di un quarto d'ora. Tolto un angosciante flashback iniziale, la storia si focalizza infatti su due soli avvenimenti, ovvero l'evasione dal carcere e il tentativo di fermare Mercurio, e questa semplicità è l'ideale per riannodare le fila del discorso facendo quadrare alla perfezione tutto ciò che è accaduto nei tre film, a partire dall'incidente di Alberto. Le gag questa volta sono state distribuite equamente a tutti i personaggi, ognuno dei quali ha la possibilità di profondersi per l'ultima volta nelle abilità a lui più congeniali, con risultati esilaranti; al solito, i riflettori sono puntati più su Edoardo Leo (vero e proprio comic relief, che non smette di fare ridere neppure quando gli puntano una pistola contro, anche se sul finale persino lui è riuscito a commuovermi) e Stefano Fresi, semplicemente meraviglioso durante la sequenza che ne mette in risalto le reali doti canore, ma anche gli altri si congedano dal pubblico con momenti e battute memorabili. Punte di diamante di un cast che potrebbe dare molto anche in una pellicola più "seria", mi si passi il termine, sono Luigi Lo Cascio e Neri Marcorè, interpreti di due figure tragiche e segnate da un fato impietoso, dotate di una profondità che impedisce a Ad Honorem di ridursi ad una semplice accozzaglia di gag ben riuscite; a tal proposito, complimenti a Sydney Sibilia, come sempre, per l'abilità con la quale riesce da quasi quattro anni a mescolare i generi, infilare delle citazioni sottili ma gradevoli (l'escamotage Lostiano del biglietto attraverso il vetro, unito a reminescenze Watchmeniane, merita tanto di cappello) e mantenere intatta una sorta di "italianità" che, per una volta, non fa vergognare lo spettatore. Si conclude qui, per me, una bella pagina di cinema "popolare" nostrano, con un occhio rivolto allo stile d'oltreoceano, pop e televisivo che spero si possa tradurre in una distribuzione della trilogia anche all'estero. E' quello che auguro a Sibilia e compagnia, sperando di rivederli presto al lavoro in qualche altra opera alla quale so già che darò tutta la mia fiducia. Una laurea a pieni voti, signori (con tanto di bacio accademico a Marcorè, che nei panni del Murena è stranamente affascinante, e a Marco Bonini, con quel fisico da bronzo di Riace sfoggiato in doccia)!


Del regista e co-sceneggiatore Sydney Sibilia ho già parlato QUIEdoardo Leo (Pietro Zinni), Valerio Aprea (Mattia), Paolo Calabresi (Arturo), Libero De Rienzo (Bartolomeo), Stefano Fresi (Alberto), Lorenzo Lavia (Giorgio), Pietro Sermonti (Andrea), Giampaolo Morelli (Lucio Napoli), Greta Scarano (Paola Coletti), Luigi Lo Cascio (Walter Mercurio), Valeria Solarino (Giulia) e Neri Marcorè (Er Murena) li trovate invece ai rispettivi link.


Se Smetto quando voglio: Ad Honorem vi fosse piaciuto recuperate i precedenti Smetto quando voglio e Smetto quando voglio: Masterclass. ENJOY!





martedì 7 febbraio 2017

Smetto quando voglio: Masterclass (2017)

Lo aspettavo più di La La Land e, alla faccia della febbre da Oscar che ha portato gli spettatori a guardare La battaglia di Hacksaw Ridge, sabato sono corsa a vedere Smetto quando voglio: Masterclass, diretto e co-sceneggiato da Sidney Sibilia.


Trama: accusati di svariati crimini, i membri della cosiddetta "banda dei ricercatori" si riuniscono per aiutare la polizia a stroncare sul nascere il traffico di smart drugs, con esisti imprevedibili...


Smetto quando voglio è stato uno di quei film che nel 2014 mi aveva folgorata e, come ben sapete, è MOLTO raro che un film italiano mi faccia questo effetto. La magica combinazione tra sceneggiatura esilarante, regia accattivante ed interpreti effettivamente molto bravi era riuscita nella non facile impresa di entusiasmarmi parecchio e quando è uscita la notizia di un sequel (assieme al quale è stato girato in contemporanea, alla Matrix, il terzo capitolo della saga, che chissà quando uscirà però!), confermata poi dai trailer, il mio fanciullino interiore è esploso di felicità. Ma, per restare in tema Matrix, questo Masterclass è maffo come Matrix Reloaded ed è riuscito a spalancare le porte del diludendo? Assolutamente no! Il secondo capitolo della saga dedicata alla banda dei ricercatori ha le stesse caratteristiche positive del primo film ma è in qualche modo più "rilassato": conoscendo il "gioco" da cui è partito tutto, gli sceneggiatori hanno investito Pietro e soci di una specie di aura supereroistica, votandoli alla causa del bene e trasformandoli in una task force speciale impegnata a riconoscere e debellare quelle stesse smart drugs che li avevano arricchiti nel primo film. L'intento di critica sociale è quindi venuto un po' meno e il piglio del film è diventato più avventuroso, tanto che gli stessi personaggi ammettono ad un certo punto di preferire la vita sregolata della banda a quella precedente, in quanto finalmente le loro capacità vengono messe al servizio di un bene più grande, ma quello che non è diminuito è il divertimento dello spettatore. Senza fare troppi spoiler, allo zoccolo duro della banda vengono aggiunti un paio di altri membri i quali, a mio avviso, sono un po' il punto debole del film (non che non siano simpatici ma tolgono spazio a beniamini quali per esempio Mattia, Arturo e Bartolomeo) e il tutto viene reso ancora più interessante perché Masterclass è costruito come un lunghissimo flashback che racconta parte di ciò che è accaduto a Pietro e soci tra l'arresto e la nascita del figlio suo e di Giulia, pargoletto che vediamo alla fine del primo film.


Aggiungere altro sulla trama sarebbe un delitto, anche perché sul finale Masterclass prende una direzione ancora diversa, quindi spenderò giusto un paio di parole sulla realizzazione. Per quel che riguarda la regia, Sydney Sibilia riprende lo stile "acido" e moderno del primo film, abbondando in  panoramiche rapide, primissimi piani, prospettive "strane" e omaggi ad altre pellicole sullo stesso filone: personalmente, ho apprezzato tantissimo la citazione di A Scanner Darkly di Richard Linklater, con l'introduzione della tecnica del rotoscoping  in un momento assolutamente calzante. Il montaggio serrato, la fotografia carica e la colonna sonora (un mix di musiche d'atmosfera e successi punkettoni) fanno il resto e rendono Masterclass un prodotto tecnicamente superiore rispetto alla media delle commedie italiane che ci vengono propinate mensilmente, in più questa volta c'è stato un aumento dei budget per quello che riguarda scenografie ed effetti speciali e si vede (la sequenza finale sul treno e l'inseguimento all'interno del parco archeologico sono realizzati benissimo). Gli attori, dal canto loro, sembrano ormai perfettamente a loro agio con i personaggi interpretati e vederli azzuffarsi sullo schermo è come avere davanti dei vecchi amici, magari un po' più colti, con i quali cazzeggiare la sera; se Edoardo Leo, Fresi e i già citati Valerio Aprea, Libero De Rienzo e Lorenzo Lavia, ai quali vanno aggiunti gli immancabili e fantastici Pietro Sermonti e Paolo Calabresi, danno come sempre il bianco, le nuove aggiunte non sono male (soprattutto l'avvocato esperto in diritto canonico!) e l'unico neo del cast restano come sempre le pochissime quote rosa, poco incisive se paragonate ai colleghi uomini. Insomma, la banda dei ricercatori è tornata alla grande e l'unico vero difetto del film è l'attesa di Smetto quando voglio - Ad Honorem che, sinceramente, avrei voluto guardare appena finito Masterclass. Non farmi aspettare troppo, Sydney!!


Del regista e co-sceneggiatore Sydney Sibilia ho già parlato QUI. Edoardo Leo (Pietro Zinni), Paolo Calabresi (Arturo), Libero De Rienzo (Bartolomeo), Pietro Sermonti (Andrea) e Valeria Solarino (Giulia) li trovate invece ai rispettivi link.

Stefano Fresi interpreta Alberto Petrelli. Nato a Roma, ha partecipato a film come Almost BlueRomanzo criminale, La prima volta (di mia figlia) Al posto tuo. Anche compositore, ha 42 anni e un film in uscita, l'imminente Smetto quando voglio: Ad Honorem.


Valerio Aprea interpreta Mattia Argeri. Nato a Roma, ha partecipato a film come Nessuno mi può giudicare, Boris - Il film, Smetto quando voglio e a serie come La squadra, Incantesimo 4, Il maresciallo Rocca e Boris. Ha 49 anni e un film in uscita, Smetto quando voglio: Ad honorem.


Lorenzo Lavia interpreta Giorgio. Nato a Roma, figlio di Gabriele Lavia, ha partecipato a film come La lupa, Smetto quando voglio e a serie come Don Matteo. Ha 45 anni e un film in uscita, Smetto quando voglio: Ad honorem.


Luigi Lo Cascio interpreta Walter Mercurio. Nato a Palermo, lo ricordo per film come I cento passi, La meglio gioventù e Buongiorno notte. Anche regista e sceneggiatore, ha 50 anni e due film in uscita, tra i quali Smetto quando voglio: Ad honorem.


Greta Scarano interpreta Paola Coletti. Nata a Roma, ha partecipato a film come Suburra e a serie quali Don Matteo, Romanzo criminale - La serie e Squadra antimafia. Ha 29 anni.


Rosario Lisma, che interpreta l'avvocato Arturo, era stato il padre del protagonista nel film La mafia uccide solo d'estate. Del film esiste anche un fumetto uscito la settimana scorsa in allegato alla Gazzetta dello sport, scritto da Roberto Recchioni e disegnato da Giacomo Bevilacqua; l'ho preso e sinceramente non è nulla di che ma come gadget è una cosa simpatica, anche perché si trova con quattro diverse cover variant. Meglio recuperare Smetto quando voglio se vi fosse piaciuto Masterclass e attendere con gioia Ad Honorem! ENJOY!

domenica 9 febbraio 2014

Smetto quando voglio (2014)

Come già sapete, A proposito di Davis questa settimana non si è visto nella mia zona. Così, complice un trailer particolarmente simpatico, qualche giorno addietro sono andata a vedere Smetto quando voglio, del regista Sydney Sibilia. Surprise!


Trama: Pietro ha superato i 30 anni, vive in un appartamentino con la fidanzata e, nonostante la laurea presa a pieni voti, si barcamena per sopravvivere come i suoi migliori amici. Quando però la sua ricerca non ottiene il finanziamento e si ritrova a spasso dopo anni di sacrifici, Pietro decide di mettere a frutto i suoi studi per mettere sul mercato una potentissima e legale droga sintetica...


Lo ammetto. Non ero scettica appena mi sono seduta in poltrona... di più! Ero quasi tentata di uscire, presa da un unico pensiero: "Oddio, sarà una schifezza. Oddio, sono le 22.10, mi addormenterò. Oddio, ma come ho potuto venire a vedere un film ITALIANO diretto da un emerito sconosciuto che ha lo stesso nome dei protagonisti dei finti trailer di Maccio Capatonda?". Poi sono arrivati, nell'ordine, una voce fuoricampo stranamente intellegibile, un colpo di arma da fuoco e la divertentissima Why Don't You Get a Job degli Offspring e sono riuscita a rilassarmi e godermi questo carinissimo Smetto quando voglio, un modo particolare e simpatico di affrontare la triste realtà di noi sfigatissimi laureati thirtysomething. Le situazioni in cui si trovano i protagonisti, volutamente paradossali e portate agli estremi ma nemmeno poi tanto, sono quelle che pendono come una spada di damocle sulla testa dei troppi che, per parafrasare Sermonti, hanno "fatto un errore di gioventù" e si sono imbarcati nell'impresa di ottenere lauree prestiGGiose in ambito accademico ma assolutamente inutili in campo pratico, vedendo così infranti sogni di gloria e persino esistenze mediamente dignitose: glottologi, economisti, antropologi, archeologi, biologi, chimici, si ritrovano in mezzo a una strada e privi dell'esperienza lavorativa (o di vita) richiesta in quest'italietta dove contano solo le amicizie in alto, le leccate di culo, la bellezza e l'ignoranza. Ignoranza a palate. Non a caso, l'unica via di fuga per i poveri, sfigatissimi protagonisti è alimentare quest'ignoranza colossale immettendo sul mercato una nuova, potente, costosissima e legale droga, mandando al diavolo tutto quello che li rendeva umanamente "unici" e "superiori" e trasformandosi gradualmente nella peggio feccia cafona della società, con inevitabili conseguenze.


La sceneggiatura di Smetto quando voglio mescola quindi le maschere tipiche della commedia all'italiana con suggestioni consapevolmente derivate dai cliché d'oltreoceano ("Cosa siamo, in una serie americana?"), dialoghi realistici, gag ininterrotte e battute al fulmicotone in un mix frizzante e piacevole. La storia, per quanto a tratti sia abbastanza prevedibile, è popolata da personaggi troppo simpatici e sfigati perché lo spettatore non si identifichi immediatamente con almeno uno di loro, conseguentemente si ha il desiderio di sapere come andrà a finire e l'attenzione non viene mai meno; la sceneggiatura perde purtroppo un po' di freschezza verso le ultime battute, più che altro perché sembra prendere una svolta oscura e grottesca che poi non viene imboccata, preferendo rimanere nei binari più sicuri di una risoluzione dolceamara. Personalmente avrei preferito qualcosa di più simile a Cose molto cattive, invece anche Smetto quando voglio, come già succedeva con Nero bifamiliare, carbura a mille fino a un certo punto per poi sgonfiarsi e lasciare lo spettatore un po' più "sanguinario" (come la sottoscritta) a bocca asciutta e leggermente DIluso; probabilmente, se il film avesse osato maggiormente a quest'ora starei gridando al miracolo, anche perché la messa in scena mi ha stupita parecchio.


Aspettandomi il solito prodotto italiota medio con una regia televisiva o quasi sono rimasta folgorata dalla dimestichezza di Sydney Sibilia con la macchina da presa e, soprattutto, dall'uso di una fotografia sfocata e zeppa di colori fluo o carichissimi, come se l'intero film mostrasse il punto di vista di una delle vittime della droga spacciata dai protagonisti. Un altro punto a favore, poi, sono gli attori! Pur utilizzando a piene mani un accento romanaccio, si sente e si vede che questa gente sa recitare (incredibilmente ho capito OGNI. SINGOLA. PAROLA. altro che la Solfrizziana confusione tra euro ed ora!!) e si capisce anche che i cambiamenti a cui vanno incontro i personaggi nel corso del film non sono dovuti solo all'abilità di costumisti e parrucchieri ma soprattutto, e giustamente, alla bravura degli interpreti! Paradossalmente quello che mi è piaciuto di meno è il protagonista Edoardo Leo, forse più per colpa della logorroica ameba da lui interpretata, mentre i caratteristi un po' più in ombra come Paolo Calabresi, Valerio Aprea, Lorenzo Lavia e il gigantesco, meraviglioso Stefano Fresi strappano la risata e l'applauso ad ogni loro apparizione. Grandissimo il cameo di Neri Marcorè, assolutamente convincente nella prima parte della sua apparizione nei panni di supercattivo (un po' meno nella seconda, dove traspare maggiormente la natura "amichevole" dell'attore sotto il personaggio), mentre purtroppo il film risulta un po' carente nel reparto femminile, sia per la caratterizzazione dei personaggi (la fidanzata del protagonista è odiosa ed incoerente fino all'ultimo) sia per quel che riguarda la scelta delle attrici. Insomma, come avete potuto intuire Smetto quando voglio non è un capolavoro e non è esente da difetti, tuttavia per essere un'opera prima è piacevolissimo, divertente e particolare. Spero che Sydney Sibilia faccia strada e che ci riprovi presto con una storia più coraggiosa e particolare, in grado di svecchiare lo stantìo panorama cinematografico italiano che, per inciso, avrebbe più bisogno di commedie come questa invece che dei soliti film fatti con lo stampino o cuciti sui comici televisivi del momento...

Sydney Sibilia è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Salernitano, ha all’attivo tre corti e Smetto quando voglio è il suo primo lungometraggio. Anche produttore e attore, ha 32 anni.


Edoardo Leo interpreta Pietro, il protagonista. Romano, ha partecipato a film come To Rome With Love, Tutta colpa di Freud e a serie come I ragazzi del muretto, Il maresciallo Rocca, Don Matteo, Un medico in famiglia, I Cesaroni Romanzo Criminale - La serie. Anche sceneggiatore e regista, ha 42 anni e due film in uscita.


Paolo Calabresi interpreta Arturo, l’archeologo. Romano, anche inviato de Le iene, ha partecipato a film come Il talento di Mr. Ripley, Nessuno mi può giudicare, Boris – Il film, Diaz – Don’t Clean Up This Blood, Tutta colpa di Freud e a serie come Boris. Ha 50 anni.


Libero De Rienzo interpreta Bartolomeo, l’economista. Nato a Napoli, ha partecipato a film come Asini, Santa Maradona, La kryptonite nella borsa e Miele. Anche regista e sceneggiatore, ha 35 anni.


Pietro Sermonti interpreta Andrea, l'antropologo. Romano, lo ricordo per film come Boris - Il film; inoltre, ha partecipato a serie come Carabinieri, Elisa di Rivombrosa, Un medico in famiglia Boris. Ha 43 anni.


Neri Marcorè interpreta er Murena. Marchigiano, lo ricordo per film come Ravanello pallido, La seconda notte di nozze, Lezioni di cioccolato e The Tourist, inoltre ha partecipato a serie come Un medico in famiglia e Tutti pazzi per amore. Ha 47 anni e un film in uscita.


Valeria Solarino interpreta Giulia. Venezuelana, ha partecipato a film come La febbre, Manuale d'amore 2, Vallanzasca - Gli angeli del male e Manuale d'am3re. Ha 34 anni.


Tra gli altri attori segnalo anche la presenza di Valerio Aprea (Mattia, già visto in Boris), Stefano Fresi (Alberto, gia visto in Romanzo Criminale) e Lorenzo Lavia (figlio di Gabriele Lavia, interpreta Giorgio). Detto questo, andatelo a vedere e... ENJOY!

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