A dispetto del titolo, L'Ultima Notte di Amore non è né un dramma sentimentale, né un raffinato porno soft, ma uno splendido thriller che conferma l'ottima salute del cinema italiano e la progressiva rinascita del cinema di genere nel nostro paese. L'Amore del titolo è il cognome del protagonista, un poliziotto ad un passo dalla pensione dopo trentacinque anni di onorato servizio, che si trova ad indagare sulla morte improvvisa e violenta del suo migliore amico e collega.
Quasi impossibile aggiungere altro alla trama senza fare spoiler, pertanto accontentatevi di questo stringato incipit. Il regista Andrea Di Stefano si è fatto le ossa con due film dal respiro internazionale come Escobar e The Informer e infatti confeziona un gioiellino che ha poco da invidiare a tantissime produzioni americane analoghe. L'Ultima Notte di Amore è un thriller poliziesco che si muove a metà fra il mondo del crimine e della legge, seguendo quasi alla regola gli stilemi del genere, flirtando con alcuni inevitabili cliché, ma proponendo comunque una storia assolutamente avvincente.
Si seguono le vicissitudini di Franco Amore e dei coprotagonisti con sincero trasporto, con l'ansia e la voglia di sapere cosa accadrà e la cosa vale fino all'ultimo secondo della pellicola, capace di mantenere un elevato livello di tensione per quasi tutta la sua durata. Merito di una regia moderna e dinamica -ma mai troppo invadente- e di dialoghi crudi e realistici, che rifuggono l'effetto sceneggiato RAI o Distretto di Polizia. Efficace anche il tema portante di Santi Pulvirenti, ricco di classici echi anni '70 e '80.
Favino, come sempre, è eccezionale nell'interpretazione di un personaggio assolutamente umano, compresso nella zona grigia di quelli che sono onesti fino ad un certo punto (cit.). E per una volta anche il casting di supporto si rivela all'altezza della situazione: il ruolo di Cosimo sembra essere scritto apposta per Antonio Gerardi, così come è impossibile non empatizzare immediatamente con il Dino di Francesco Di Leva. A sorprendere però è Linda Caridi, davvero bravissima nel ruolo di Viviana, la giovane moglie calabrese del protagonista. Il suo personaggio è sfaccettato e davvero intrigante, capace com'è di unire dolcezza e amore al coraggio e alla determinazione.
C'è poi un ulteriore personaggio, ovvero Milano. Tutto il film è ambientato nel capoluogo lombardo, le cui riprese aeree sono uno spettacolo nello spettacolo. La Milano rappresentata è una metropoli in cui il confine tra legalità e illegalità è labile e onnipresente e forse era l'unica città italiana in cui un film di questo genere poteva tenersi; per uno che ci è nato e cresciuto come il sottoscritto poi, è stata un vera goduria vederla sullo schermo, senza considerare che la scena clou è ambientata letteralmente a due passi dalla casa in cui ho vissuto per quasi vent'anni.
Un paio di ingenuità e falle logiche nella scrittura e qualche villain un filino troppo stereotipato, sono gli unici difetti ascrivibili ad un film che definirei semplicemente bello, pienamente riuscito e che spero faccia da volano per altre produzioni di questo genere.
Il cinema italiano è ancora vivo e lotta insieme a noi.
Da me purtroppo lo hanno tenuto una settimana, quindi ormai dovrò recuperarlo quando uscirà in streaming. Passo volentieri a leggerti!
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