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domenica 14 aprile 2013

The ABCs of Death (2012)

Dopo averne parlato qui è normale che mi venisse voglia di vedere The ABCs of Death, film horror corale del 2012, diretto da 26 registi ai quali è stata assegnata una lettera dell'alfabeto per uno e un tema comune, ovvero parlare della morte a partire da quella lettera. Volete vedere cosa ne è uscito fuori? Ecco a voi le 26 mini-recensioni (trovate i miei corti preferiti in rosso!) e un breve commento finale sull'opera nel suo insieme. Seguono ovvi SPOILER.


A is for Apocalypse di Nacho Vigalondo (Spagnolo, classe 1971, regista di Extraterrestre)
Appetitoso. Il primo segmento introduce il “gioco” che caratterizzerà poi l’intero film, ovvero quello di fornire la chiave per l’interpretazione dei cortometraggi mettendo il loro titolo alla fine. La lettera A è un corto simpatico e particolare, leggermente penalizzato dalla pochezza degli effetti speciali e dall’approccio grottesco dei due attori.

B is for Bigfoot di Adrián García Bogliano (Spagnolo, classe 1980, regista di Habitaciones para turistas, Grité una noche, Sudor Frío e Penumbra).
Bellino! L’idea di costruire una storia horror basata sui bambini che non vogliono dormire è sempre vincente, così come quella di minacciarli con un fantomatico Uomo Nero (in questo caso lo Yeti e non il Bigfoot in effetti…). Rapido ed inquietante il twist finale, che rende il corto meno banale di quanto sembrasse di prim’acchito.

C is for Cycle di Ernesto Díaz Espinoza (Cileno, classe 1978, regista di Mirageman e Mandrill).
Curioso. Il corto sembrerebbe un omaggio agli episodi più inquietanti di Ai confini della realtà e mette i brividi nonostante la sua “semplicità”. Sicuramente è tra le lettere che mi sono piaciute di più.


D is for Dogfight di Marcel Sarmiento (Americano, co-regista di Dead Girl).
Doloroso e paradossalmente dolce. Particolare per il metodo di regia scelto, che mostra la vicenda attraverso la percezione rallentata ed intontita di un pugile suonatissimo, e anche per il modo di raccontare, attraverso le figure di una bimbetta e un cane, come i valori più puri (innocenza, amicizia e amore) possano venire pervertiti in un secondo da persone abiette e prive di scrupoli. Nei titoli di coda, comunque, si specifica che nessun animale è stato realmente maltrattato mentre per il bimbo non si può garantire. E andiamooo!!

E is for Exterminate di Angela Bettis (Americana, classe 1973, ha recitato in film come May, Carrie, The Woman e nell’episodio Sick Girl dei Masters of Horror).
EEEEEEEEEEKKKK!!! Angela, io ti adoro (alla fine dei titoli di coda ringrazi persino Lansdale!) ma sei una zoccola, l’ho detto. Episodio che ho visto solo per metà e che ha rischiato di farmi morire di schifo, tratto dal racconto breve The Spider and the Man di tale Brent Hanley, chiaro omaggio al già citato Sick Girl e debitore della più tremenda delle urban legend. Se, come me, aborrite ragni e insetti, saltate alla lettera successiva che è meglio (oddio, non lo so se è meglio…).

F is for Fart di Noboru Iguchi (Giapponese, classe 1969, regista di chicche come Machine Girl, Robogeisha, Zombie Ass e Dead Sushi).
Folle!! Totalmente folle. Dopo Zombie Ass ci mancava effettivamente la morte per scoreggia d’aMMore, che sia di Dio o dell’insegnante preferita. Effetti speciali ovviamente ridicoli, interpretazioni da avanspettacolo giapponese e risate a profusione garantiscono un livello trash quasi poetico.


G is for Gravity di Andrew Traucki (Australiano, regista di Black Water e The Reef).
Gran delusione. Interamente girato con videocamerina digitale portatile è poco chiaro e causa un principio di nausea allo spettatore. Probabilmente l’episodio peggiore del film. 

H is for Hydro-Electric Diffusion di Thomas Cappelen Malling (Norvegese, classe 1970, regista di Norwegian Ninja).
Ha visto i draghi questo!! Spacchiusissimo mix di computer graphic ed esseri umani travestiti da animali antropomorfi, ha un sapore retrò che ricorda tantissimo Iron Sky e una cattiveria che potrebbe andare a braccetto con i folli Ren & Stimpy. Sicuramente uno degli episodi più particolari ma anche meno “horror”.

I is for Ingrown di Jorge Michel Grau (Messicano, regista di We Are what We are).
Insostenibile. L’episodio più impegnato dell’intera pellicola e il più devastante, testimonia la “banalità” di un brutale ed immotivato omicidio ai danni di una donna, i cui ultimi, dolorosissimi istanti vengono impietosamente ripresi in ogni minimo dettaglio. Accompagnato da un terribile e triste messaggio durante i titoli di coda: Negli ultimi 10 anni, in Messico sono state uccise 2015 donne. 200 donne al mese. L’orrore NON è sullo schermo.


J is for Jidai-Geki di Yudai Yamaguchi (Giapponese, regista di Meatball Machine).
Japponotto. Durante un rituale di seppuku, il kaishakunin (ovvero la persona deputata a decapitare l'oggetto del rito) riesce a scorgere il lato più grottesco, terribile ed esilarante della morte. Un altro esempio di quanto l'orrore giapponese sia assai diverso dal nostro, simpatico soprattutto per il teatralissimo finale.

K  is for Klutz di Anders Morgenthaler (Danese, classe 1972, cartoonist conosciuto per le strip Wulffmorgenthaler e Dolph l’ippopotamo fascista).
Kazzatina divertente. Klutz, se non ho capito male, starebbe per stupido, goffo, ed effettivamente la protagonista del cartone animato tanto furba non è. E nemmeno il suo modo di morire è molto dignitoso. L'animazione del corto è gradevolissima e le risate non mancano.

L is for Libido di Timo Tjahjanto (Indonesiano, regista di uno degli episodi di V/H/S 2).
Laido. Un gioco al massacro dove i concorrenti sono costretti, letteralmente, ad ammazzarsi di pippe. Pur non condannando il porno, non tollero quando viene unito a cose terribili come la pedofilia o le menomazioni: alla vista del laido vecchiaccio che si eccita di fronte al povero bambino violentato (fortunatamente fuori dall'inquadratura) mi sono immedesimata così tanto nello schifo provato dal protagonista che quando ha vomitato sono dovuta correre in bagno preda dei conati. Timo Tjahjanto, col cuore, mavaffanculo vah. Ti meriteresti di subire il finale e la punizione dell'invasata con la motosega.


M is for Miscarriage di Ti West.
Maledetto. Altra cosa che non sopporto è vedere affrontato con leggerezza un tema come l'aborto. In perfetto stile West assistiamo ad un normale evento quotidiano che poi avrà risvolti imprevedibili e tristi. A prescindere dall'argomento trattato, il corto è comunque assai deludente.

N is for Nuptials di Banjong Pisanthanakun (Thailandese, regista di Shutter)
Nescio (Scemo, in ligure). Una bagatella condita da uno spruzzo di humor nero, messa lì giusto per alleggerire la pesantezza della Libido. Più un siparietto comico che un pezzo di antologia horror.

O is for Orgasm di Hélène Cattet e Bruno Forzani (Francesi, registi di Amer)
Originale. Regia ineccepibile e le immagini più belle dell'intero film. Forse un po' troppo autoriale per un film simile, ma l'idea della donna che emette bolle di sapone dalle labbra durante l'orgasmo è poetica da norire.


P is for Pressure di Simon Rumley (Inglese, classe 1970, regista di Little Deaths e The Living and the Dead).
Penoso. Nel senso che il senso di pena nel twist finale mi ha quasi ammazzata, facendomi piangere e portandomi ad invocare una bella punizione divina su Rumley, maledetto porco. E pensare che fino a quel momento Pressure era stato l'unico corto, assieme a quello di Grau, a dare una dimensione reale e dolorosa all'orrore quotidiano.

Q is for Quack di Adam Wingard (Americano, classe 1982, regista di A Horrible Way to Die, V/H/S e V/H/S 2).
Quest'uomo è un pazzo. Altro esempio di nerissimo umorismo, il corto si candida nella rosa dei migliori anche per la sua forte componente metacinematografica. Nei titoli di coda si scopre che il segmento è dedicato al protagonista, Mr. Quackers il papero, al quale si augura di trovare nella morte la pace che non ha avuto in vita.

R is for Removed di Srdjan Spasojevic (Serbo, classe 1976, regista di A Serbian Film).
Raccapricciante. Il segmento più disturbante e incomprensibile del film, probabile metafora della rovina del cinema in generale e dell'horror in particolare, ma potrei sbagliarmi. Il regista non si risparmia prolungati primi piani di bisturi che scavano pelle martoriata e disgustosi dettagli ospedalieri, ma richiama alla mente anche gli albori del cinema e i fratelli Lumière. Tutto sommato, molto interessante.


S is for Speed di Jake West (Inglese, classe 1972, regista di Evil Aliens e Doghouse)
Stilosissimo. Il corto offre una fotografia vividissima, due protagoniste che parrebbero uscite da un film di Rodriguez e dialoghi al fulmicotone. Sicuramente un po' banale, ma come metafora della battaglia condotta quotidianamente da un drogato all'ultimo stadio è parecchio azzeccata.

T is for Toilet di Lee Hardcastle (Inglese probabilmente, creatore, come dice il suo sito ufficiale, di corti in claymation non adatti ai bambini)
Tosto. Anche se girato con la tecnica della claymation, Toilet è una macellata che il 90% dei registi coinvolti nel progetto non riuscirebbero a concepire nemmeno nei loro sogni più perversi. Sicuramente mi ha messo parecchia paura e il finale è a dir poco geniale.

U is for Unearthed di Ben Wheatley (Inglese, classe 1972, regista di Kill List)
Un altro dei miei preferiti. Il corto è innovativo nel suo raccontare la vicenda dal punto di vista soggettivo del mostro (probabilmente un vampiro), consentendo così allo spettatore di immedesimarsi sia nella creatura braccata sia nei paesanotti che gli danno la caccia, scambiando continuamente i ruoli di preda e predatore.


V is for Vagitus di Kaare Andrews (Canadese, regista di Altitude e dell'imminente Cabin Fever: Patient Zero)
Very Good! Intanto, pur nella sua natura di corto non manca di effetti speciali e stunts che farebbero invidia a produzioni fantascientifiche ben più grandi e pretenziose. Inoltre, nella sua natura distopica è parecchio inquietante ed è l'unico di tutti i segmenti che meriterebbe di diventare un lungometraggio.

W is for WTF? di John Schnepp (Americano, co-creatore della serie animata Metalocalypse)
WTF, indeed!! E' la prima cosa che mi è venuta da dire alla fine di questo delirantissimo corto che mescola animazione, metacinema, fantasie nerd, effetti speciali da scuole medie, clown zombie, trichechi che devastano città, guerriere procaci e chi più ne ha più ne metta. Geniale, e lo dice una che normalmente DETESTA gli horror indipendenti fatti con due lire e pieni di assurdità gratuite. 

X is for XXL di Xavier Gens 
Xavierata. Decisamente per stomaci forti e splatterosissimo ma sicuramente un modo interessante di criticare il sistema che vorrebbe noi donne tutte perfette, bellissime e magrissime. Certo, piuttosto che arrivare agli estremi della protagonista del corto, sarebbe meglio non mangiare quella roba innominabile che tiene in frigo, ma tant'è.


Y is for Youngbuck di Jason Eisener (Canadese, regista di Hobo with a Shotgun)
Yuck. C'è una scena in questo corto che mi ha rivoltato lo stomaco, ma il montaggio, la fotografia e la colonna sonora sono splendidi. Inquietantissimo anche il laido protagonista.

Z is for Zetsumetsu di Yoshihiro Nishimura.
Zio cantante!, come direbbero gli Elii. The ABCs of Dead si conclude "in bellezza" con un delirio giapponese che cita a piene mani Il Dottor Stranamore e Arancia Meccanica di Kubrick, una spietata, per quanto semi-incomprensibile, critica al Giappone di oggi e alla pesante influenza americana nel mondo. Non esistono parole per descriverlo, bisognerebbe guardarlo e rimanere annichiliti davanti allo schermo.


In conclusione, due parole sul progetto in generale. L'idea di base è assai interessante ma, francamente, 26 corti sparati senza soluzione di continuità sono davvero troppi e anche un'amante dell'horror come la sottoscritta sente il bisogno di prendere un po' d'aria dopo qualche tempo (ho fatto una pausa a metà, ero davvero stordita). La qualità e il tenore dei corti, inoltre, sono troppo altalenanti e si passa dal lavoro dilettantesco al capolavoro, dalla pesantezza alla cazzatina, con un paio di opere che avrei fatto a meno di inserire in quella che, comunque, dovrebbe essere un'antologia horror. Sicuramente, The ABCs of Dead è un film imprescindibile per gli appassionati, tuttavia una maggiore uniformità e l'inserimento di meno segmenti, magari un po' più lunghi, lo avrebbe reso sicuramente migliore. Insomma, gli do la sufficienza ma "si poteva fare di più". Se il film vi fosse piaciuto vi consiglierei di cercare gli altri titoli diretti dai registi coinvolti (cosa che farò io) oppure guardare per intero Grindhouse con tutti i suoi geniali fake trailer e Creepshow. ENJOY!





mercoledì 19 maggio 2010

Vampire Girl vs Frankenstein Girl (2009)

SPQG, come avrebbe detto Obelix. Sono pazzi questi giapponesi, ed è per questo che li amo. Ed è per questo che amo anche internet, che mi permette di trovare piccole perle trash come Vampire Girl vs Frankenstein Girl (Kyuketsu Shojo tai Shojo Furanken), diretto nel 2009 da Yoshihiro Nishimura e Naoyuki Tomomatsu. Già il titolo dovrebbe dire tutto!


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La trama: (ma quale trama, per cortesia…) Jyugon, per quanto sia mollo, è il figo della scuola. Ryoko, la figlia del vicepreside, lo ha praticamente costretto ad uscire con lei, ma la relazione viene ostacolata dall’imprevisto arrivo di una nuova studentessa, Monami, che il giorno di San Valentino regala del cioccolato proprio a Jyugon. Peccato che il cioccolato sia ripieno del sangue di Monami, in realtà una vampira quasi millenaria, intenzionata a fare diventare il ragazzo come lei, con sommo scorno della povera Ryoko. Una volta che quest’ultima muore, la resurrezione e la battaglia contro la vampira sono inevitabili..


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Per una volta ci troviamo davanti ad un film il cui titolo dice tutto, e dove tutto è finalizzato all’inizio della battaglia in questione, che alla fine porta via giusto 10 minuti di film. Ma è tutto il contorno che è incredibile, e mi fa meravigliare una volta di più innanzitutto della pazzia e del cattivo gusto puramente trash dei giapponesi, e poi della loro distribuzione, nonché di quella internazionale: ma vedete un po’ se dopo nemmeno un anno dall’uscita nelle sale nipponiche questo film non è già sul mercato DVD inglese e americano!! Roba che da noi nemmeno in 300 anni una pellicola simile verrebbe anche solo mostrata. Così, per fortuna dicevo, esiste internet. Ma torniamo alla recensione di Vampire Girl vs Frankenstein Girl anche se davvero non saprei da dove cominciare.


VampireGirl1


Innanzitutto, sarà anche banale dirlo, ma quello che colpisce lo spettatore occidentale che ha la (s)fortuna di trovarsi davanti un film simile è lo shock culturale. Vampire Girl è ambientato nella tipica scuola superiore giapponese quindi stiamo parlando delle ovvie divise, delle regole severissime che gestiscono i rapporti tra insegnanti e studenti (ma anche tra studenti e “nuovi arrivi”) ma anche delle nuove mode che hanno invaso quello che una volta era un paese tradizionalista e che difficilmente capirete o riconoscerete se non avete mai letto manga tipo Gals! di Mihona Fujii. La cosa più bella di questo film infatti è il modo in cui il regista prende in giro quelli che ormai sono diventati i clichè degli adolescenti giapponesi, e lo fa mostrandoci una carrellata di estremizzazioni: Ryoko e le sue amichette sono delle cosiddette Gothic Lolita, tutte pizzi, trine e sguardi assassini; nella classe ci sono delle ragazze talmente Ganguro (ragazzette giapponesi che vivono di lampade abbronzanti, trucco sgargiante e capelli color platino) da avere i labbroni come le donne di colore, addirittura bucati e con dei piatti infilati dentro; altre ragazze sono talmente abili nell’arte del “ristokatto” (wrist cutting, ovvero l’autolesionismo mediante taglio dei polsi) da avere organizzato un torneo nazionale; e ovviamente non dobbiamo dimenticare l’usanza di regalare “valentine chocolate” al ragazzo che si concupisce, come viene spiegato all’inizio del film. Cose simili, pesantemente parodiate nella pellicola, non possono fare ridere se non si conoscono. Io sinceramente, a vedere Ganguro Rika e le sue amichette inneggiare ad Obama e rifiutare di bere il caffè macchiato perché troppo poco “nero” o vedere l’autolesionista commuoversi davanti alle amiche che le regalano degli spinaci contro l’anemia ho trattenuto a stento le lacrime per le risate.


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Passando invece all’aspetto horror, è deboluccio e molto cartoonesco: innanzitutto non ho mai visto un simile laCo di sangue (palesemente finto) in nessun film, fin dall’inizio, tra piogge di sangue, docce di sangue, arterie che si aprono, polsi che si squarciano ecc. ecc. Nulla di impressionante, assolutamente, soprattutto se simili immagini sono accompagnate da canzonette in stile Cristina D’Avena o da omaggi a La piccola bottega degli orrori (il motivetto che accompagna le uccisioni perpetrate per creare la “nuova” Ryoko). Però ci vuole fantasia a vestire uno scienziato pazzo come una maschera del teatro Kabuki, dargli come assistente una pornoinfermiera e fargli dire cose come “E’ il sogno di ogni padre poter vivisezionare la propria figlia!”, senza contare il modo in cui viene concesso a Ryoko di volare, oppure l’apparizione di un vecchissimo servo di nome Igor che in realtà al posto della gobba ha un incrocio tra uno stegosauro e un artiglio allungabile, con cui strappa letteralmente le facce; vogliamo poi anche parlare del fatto che ad un certo punto spunta San Francesco Saverio (ma perché con tutti i santi proprio lui???) che fa una carneficina aiutato da un cosiddetto Sumotori dall’inferno?


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Tra l’altro non riesco a decidere se gli effetti speciali sono validi oppure no, premesso che il resto del film sembra raffazzonato da morire. Le fontane di sangue sono meravigliose ed è anche interessante il modo in cui viene reso come i vampiri vedono gli esseri umani, un sistema circolatorio deambulante in poche parole, senza contare che creare mostri così elaborati come la FrankenRyoko della fine non dev’essere facile ma altre scene, come quando Monami cade dalla torre di Tokyo, o la gocciolina di sangue semovente sono terribili. Terribile è anche la parola adatta per descrivere la recitazione degli attori. Il ragazzo che interpreta Jyugon sarebbe un perfetto Edward data l’assoluta mancanza di espressività e il controllo dei muscoli facciali non pervenuto (fate voi che ride quando deve piangere e viceversa… mah…), gli altri interpreti sono delle macchiette degne di uno spettacolo parrocchiale. E nonostante tutto questo, o proprio a causa di ciò, potrei anche arrivare, col tempo, ad adorare questo film, un perfetto antiTwilight!! Dategli un’occhiata se riuscite.


Yoshihiro Nishimura è uno dei due registi del film. Sebbene il nome sia praticamente sconosciuto in Italia, ha realizzato un altro film molto famoso e apprezzato dagli amanti del genere, Tokyo Gore Police. Ovviamente giapponese, ha 43 anni e un film in uscita.


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Naoyuki Tomomatsu è il secondo regista e anche sceneggiatore. Altrettanto sconosciuto, almeno da parte mia, è impegnato come il compare in film tutti più o meno del genere trash-gore giapponese, come Zombie Self – Defence Force – Armata mortale, distribuito anche in Italia. Giapponese, ha 43 anni.


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Yukie Kawamura interpreta Monami. Idol e fotomodella giapponese (soprattutto indossatrice per capi di biancheria intima), ha lavorato anche per altri film e serie televisive, a me sconosciuti. Ha 24 anni e un film in uscita.


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Takumi Saito interpreta Jyugon. Attore e modello giapponese (ha lavorato anche per Calvin Klein, ma con quella faccia lì com’è possibile?), ha all’attivo parecchi film e serie televisive, che ovviamente non conosco. Ha 29 anni.


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Eri Otoguro interpreta Keiko. Tailandese, ha recitato in Shutter – Ombre dal passato. Ha 28 anni.


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Kanji Tsuda interpreta vicepreside e padre di Keiko, Kenji Furano. Sicuramente è l’attore col curriculum migliore tra tutti quelli impelagati in Vampire Girl vs Frankenstein Girl; tra i titoli in cui compare ci sono infatti Sonatine, Getting Any? e Hana – Bi di Takeshi Kitano, e inoltre Audition e Ju – On. Ovviamente giapponese, ha 45 anni e un film in uscita.


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Una curiosità. Il film è tratto dall’omonimo manga dell’autrice giapponese Shungiku Uchida, che devo assolutamente recuperare per la cronaca. Takashi Shimizu, ovvero il regista di Ju – On, Ju – On 2 e The Grudge compare nel ruolo dell’insegnante dai polmoni d’acciaio, e cita appunto i film da lui diretti maledicendo tra l’altro una delle sue allieve. Comunque, se volete davvero un film che unisca un gore parecchio realistico ad una trama assurda ed esilarante, dovete assolutamente guardare Splatters – Gli schizzacervelli di Peter Jackson. Cattivo gusto assicurato!! Ovviamente vi lascio con il trailer di Vampire Girl vs Frankenstein Girl, vedere per credere... ENJOY!


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