mercoledì 13 dicembre 2017
Fantastic Mr. Fox (2009)
Trama: Mr. Fox è una volpe che fa il giornalista ma rimpiange i tempi in cui, assieme alla moglie, passava le notti a rubare pollame. Trasferitosi in una nuova casa, Mr. Fox ricomincia la sua vita di furti, attirando su di sé e sulla sua famiglia le ire di tre allevatori...
Fantastic Mr. Fox era uno dei due film di Wes Anderson che ancora non avevo visto (adesso manca solo Un colpo da dilettanti, l'opera di esordio del regista) e sinceramente non so perché abbia aspettato così tanto prima di guardarlo. L'idea di vedere un autore che adoro impegnato nella non facile realizzazione di un cartone animato in stop motion mi intrigava molto ma sapete bene che la mala distribución dalle mie parti impera e anche per questo nel corso degli anni non sono mai riuscita a recuperare Fantastic Mr. Fox. Peccato, perché il film in questione è davvero un gioiellino, in primis per come è stato girato ma anche per il modo "subdolo" in cui le idiosincrasie tipiche del regista e il suo modo di gestire personaggi al limite del weird sono riusciti ad arricchire e conferire nuovi significati ad una storia semplice come quella scritta da Roald Dahl, dando alla luce un prodotto "adulto", quasi sicuramente molto poco appetibile per un pubblico di giovanissimi (e, visti i risultati in termini di incassi, per il pubblico in generale, ahimé). Lungi dall'essere "semplicemente" la storia della lotta tra una volpe e tre allevatori, il Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson racconta la frustrazione di una creatura abituata ad essere, per l'appunto, "fantastica", adorata e rispettata dall'intero regno animale per la sua furbizia, l'arte affabulatoria, la destrezza e l'agilità, costretta da una promessa fatta quasi in punto di morte ad accontentarsi della normalità di un posto fisso come quello di giornalista e a guardare con nostalgia al passato; come accade spesso nei film del regista, Mr. Fox è un adulto "bambino" e ha un rapporto conflittuale sia con la moglie (pur amandola alla follia) sia con un figlio adolescente che non mantiene alto il buon nome della famiglia in quanto goffo, piccolino e pasticcione. La frustrazione di Mr. Fox si sfoga dapprima nell'acquisto di un'enorme casa, poi nello scontro con i tre allevatori più crudeli della regione, stufi di vedersi rubare letteralmente sotto il naso polli, anatre, tacchini e persino sidro e pronti quindi ad eliminare non solo Mr. Fox ma tutti gli animali del bosco dalla faccia della terra; il Mr. Fox di Anderson è quindi un personaggio "negativo", portato dal suo narcisistico egoismo a mettere in pericolo la sua famiglia e gli amici, mentre la creatura di Roald Dahl era un padre che rubava per consentire ai figli di sopravvivere, non per soddisfare il proprio ego.
Le scelte di sceneggiatura di Anderson, per il quale Dahl è comunque una specie di mitico eroe, non intaccano il senso ultimo del personaggio (alla fine Mr. Fox vuole molto bene al figlio "strano", desidera solo il bene per la sua famiglia ed è disposto persino a sacrificarsi per essa) ma approfondiscono la sua personalità e rendono la storia in generale più movimentata, oltre che incredibilmente ironica. Anche il tema del "diverso", assai caro al regista, viene introdotto con eleganza e collegato alla trama grazie all'esilarante conflitto tra due outsider come Ash, figlio di Mr. Fox, e Kristofferson, nipote da parte di madre; come ho accennato nel paragrafo precedente, Ash è diverso in senso "negativo", disadattato e incapace di portare avanti l'eredità di un padre irraggiungibile, mentre Kristofferson è il tipico personaggio Andersoniano che vive in un mondo tutto suo e si diletta con hobby decisamente peculiari, risultando ovviamente eccelso in ognuno di essi. Partendo dal personaggio di Kristofferson si può cominciare poi a parlare dell'incredibile bellezza visiva e dello stile di Fantastic Mr. Fox, Andersoniano dall'inizio alla fine e maniacale per quel che riguarda i dettagli. In un universo tipicamente saturo dei colori caldi tanto amati dal regista, l'unico diverso è proprio Kristofferson, vestito d'azzurro; rimanendo in tema abiti, Mr. Fox veste un completo assai simile a quelli prediletti da Anderson, non a caso le stoffe per realizzarlo provengono proprio dal sarto del regista; lo stesso Wes Anderson ha voluto che i pupazzini dei singoli personaggi fossero manufatti con pelliccia vera (alla faccia degli animalisti) nonostante l'aspetto arruffato che avrebbero avuto dopo miriadi di maneggiamenti e riposizionamenti, e persino i pochi esseri umani presenti nella pellicola hanno in testa capelli veri raccolti dai dipendenti dello studio d'animazione. Questi sono solo alcuni esempi ma anche senza andare nello specifico si intuisce ad una prima occhiata il lavoro certosino che sta dietro ad ogni singolo fotogramma di Fantastic Mr. Fox, ognuno dei quali meriterebbe di essere incorniciato e appeso, con i pupazzini imprigionati negli splendidi ambienti usciti dritti dritti dal gusto peculiare di Wes Anderson. E lo so che il regista è ormai diventato la parodia di sé stesso, col suo manierismo portato all'eccesso e le messe in scena che più hipster non si può, però io lo adoro così e bramerei tantissimo vivere in un universo fatto ad immagine e somiglianza di ciò che si agita in quello spocchioso ed elitario cervello d'artista, anche a costo di diventare una Bolla-pupazzetto. Ho già detto che aDDoro WES ANDERSON!?
Del regista e co-sceneggiatore Wes Anderson, che in originale doppia la Donnola, ho già parlato QUI. George Clooney (Mr. Fox), Meryl Streep (Mrs. Fox), Jason Schwartzman (Ash), Bill Murray (Badger), Michael Gambon (Franklin Bean), Willem Dafoe (Rat), Owen Wilson (Allenatore Skip), Garth Jennings (il figlio di Bean), Brian Cox (Action 12 Reporter) e Adrien Brody (Topolino) li trovate invece ai rispettivi link.
Eric Chase Anderson è il doppiatore originale di Kristofferson. Fratello minore del regista, ha partecipato a film come Rushmore, I Tenenbaum, Le avventure acquatiche di Steve Zissou e Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore. Anche regista, ha 45 anni.
Fantastic Mr. Fox ha ottenuto due nomination per gli Academy Award del 2010, una per la Miglior Colonna Sonora Originale e una per il Miglior Film d'Animazione ma entrambi i premi sono andati invece a Up. Lo sceneggiatore Wallace Wolodarsky, voce dell'opossum Kylie, ha partecipato ad altri film di Anderson in veste di attore, come Rushmore, Il treno per il Darjeeling e Grand Budapest Hotel; a doppiare il "cantastorie" Petey c'è invece il frontman dei Pulp, Jarvis Cocker mentre il figlio di Francis Ford Coppola, Roman, presta la voce ad uno degli scoiattoli. Se Fantastic Mr. Fox vi fosse piaciuto recuperate I Tenenbaum, Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore, Rushmore e Coraline e la porta magica. ENJOY!
venerdì 18 marzo 2016
Ave, Cesare! (2016)
Trama: durante le riprese del film Ave, Cesare! l'attore protagonista viene rapito e gli ignoti malviventi chiedono anche un riscatto. Ad Eddie Mannix, responsabile degli Studios, non rimane altro da fare che sistemare la faccenda, occupandosi nel mentre di altri mille piccoli problemi legati alle capricciose star.
Ave, Cesare! è una storia ambientata in un'epoca d'oro del Cinema che, per fortuna o purtroppo, non tornerà più. In essa i Coen profondono non solo tutto il loro amore per la Settima Arte ma anche la loro abilità registica e narrativa, realizzando un divertissement ironico, surreale e anche molto interessante, soprattutto nella misura in cui buona parte dei personaggi presenti nel film (o degli eventi di cui essi sono protagonisti) è ispirata a fatti realmente accaduti nella Hollywood degli anni '50. Strutturato in parte come un noir, in parte come una sequenza di scatole cinesi in guisa di pellicole, Ave, Cesare! si concentra sul "risolutore" della Capitol Pictures, Eddie Mannix, il quale oltre a dover mettere una pezza ai comportamenti immorali degli attori letteralmente posseduti dagli Studios deve anche risolvere l'increscioso rapimento della stella della Capitol, quel Baird Withlock che pare un incrocio tra Kirk Douglas e Charlton Heston. Partendo da questo canovaccio di base, i Coen intrecciano una trama che tocca argomenti assai sentiti nell'industria cinematografica dell'epoca, come per esempio la neonata minaccia del comunismo, capace di affascinare anche quegli attori che dalla società capitalista traevano i maggiori profitti, l'apparente inconciliabilità tra cinema d'intrattenimento e religione (il confronto iniziale tra preti, rabbini, pastori e quant'altro è esilarante), il profilarsi dello spettro della televisione come alternativa popolare ai film, soprattutto la necessità di creare per le star un'immagine pubblica che fosse all'altezza dei sogni degli spettatori di tutto il mondo. I Coen si divertono a giocare soprattutto con questo ultimo aspetto, accostando spesso e volentieri sequenze di pellicole che richiamano quelle maggiormente in voga negli anni '50 ad una sorta di backstage che rivela la vera natura degli attori coinvolti, impegnati in un gioco di inganni che si protraeva anche fuori dal set grazie a giornalisti più o meno compiacenti e, ovviamente, a "risolutori" come Eddie Mannix; lo stretto rapporto tra attori e Studios ha dell'inquietante soprattutto per l'esistenza di questa entità potentissima capace di decidere letteralmente della vita e della morte di persone che hanno ancora meno diritti di un qualsiasi manovale, prigioniere di una scala gerarchica che vede produttori e registi in cima, gli attori famosi in mezzo e le comparse all'ultimo gradino della scala sociale.
Quello dei Coen è diventato col tempo un Cinema sempre più autoriale e criptico, più legato alla forma che alla sostanza, eppure anche in questo caso scavando sotto all'incredibile bellezza di una fotografia capace di richiamare i tempi gloriosi del Technicolor e di immagini dal sapore antico e quasi ingenuo, veri e propri omaggi ai generi più in voga all'epoca (il balletto di Channing Tatum è fenomenale, una delle sequenze più azzeccate del film), c'è la possibilità di capire un modo di intendere il cinema e il cosiddetto Stardom che, oggi come oggi, pare quasi alieno. E nonostante Ave, Cesare! mi sia piaciuto molto, assai più di A proposito di Davis, ci sono un paio di cose che rimprovero ai Coen. La prima, molto banalmente, è di avere sfruttato male il cast stellare che avevano a disposizione, relegando grandissimi nomi come Jonah Hill, Scarlett Johansson, Ralph Fiennes, Tilda Swinton e Frances McDonald, solo per citarne alcuni, in ruoli piccolissimi che vanno a formare tante tessere di un mosaico globale che rischia di non calamitare del tutto l'attenzione dello spettatore e di perdersi tra un omaggio e l'altro; molti attori "minori" sono un gradito omaggio per gli amanti del cinema e i protagonisti sono ovviamente bravissimi ma la cosa lascia un po' l'amaro in bocca. Così come lascia l'amaro in bocca la scelta di sorvolare sul lato più oscuro della Golden Age Hollywoodiana, quell'infinita serie di omicidi collegati alla mafia, di storie di droga, violenza e abusi, di carriere nate da "piccoli" favori e di segretucci inconfessabili; se devo essere sincera, la scelta di buttare in caciara il rapimento di Baird Withlock mi ha fatto storcere il naso nonostante abbia molto apprezzato la conclusione surreale del tutto, soprattutto grazie ad un uso perfetto della colonna sonora. Forse i Coen stavolta avrebbero potuto osare un po' di più e richiamare le atmosfere di Fargo non solo con l'ausilio di un rapimento e una valigetta zeppa di soldi, oppure aumentare il carico di ironia nera come già avevano fatto ai tempi di Burn After Reading - A prova di spia o Ladykillers, ma tant'è: la storia di Eddie Mannix e il suo dilemma interiore mi hanno divertita tanto quanto mi ha entusiasmata tutta la bellissima cornice metacinematografica e nostalgica, quindi dichiaro Ave, Cesare! promosso in pieno!
Dei registi e sceneggiatori Joel ed Ethan Coen ho già parlato QUI. Josh Brolin (Eddie Mannix), George Clooney (Baird Whitlock), Ralph Fiennes (Lawrence Laurentz), Scarlett Johansson (DeeAnna Moran), Tilda Swinton (Thora Thacker/Thessaly Thacker), Frances McDormand (C.C. Calhoun), Channing Tatum (Burt Gurney), Jonah Hill (Joseph Silverman), Alison Pill (Mrs. Mannix), Clancy Brown (Gracco), Fisher Stevens (uno degli sceneggiatori comunisti), David Krumholtz (uno degli sceneggiatori comunisti), Michael Gambon (il narratore) e Dolph Lundgren (non accreditato, è il comandante del sottomarino russo e la sua parte doveva essere molto più lunga) li trovate invece ai rispettivi link.
Alden Ehrenreich interpreta Hobie Doyle. Americano, ha partecipato a film come Stoker, Blue Jasmine e a serie come Supernatural e CSI. Ha 27 anni e un film in uscita.
Christopher Lambert (vero nome Christophe Guy Denis Lambert) interpreta Arne Seslum. Americano, lo ricordo per film come Greystoke - La leggenda di Tarzan il signore delle scimmie, Highlander - L'ultimo immortale, Highlander II - Il ritorno, 2013 - La fortezza, Palle in canna, Highlander 3, Mortal Kombat, Nirvana, Highlander: Scontro finale e Ghost Rider - Spirito di vendetta inoltre ha partecipato a serie come Highlander. Anche produttore e sceneggiatore, ha 59 anni e due film in uscita.
Tra le varie guest star segnalo anche la presenza del Dottore di Star Trek: Voyager, Robert Picardo, qui nei panni del rabbino, e di Wayne Knight, la comparsa cicciona. La Capitol Pictures di cui si parla in Ave, Cesare! era già comparsa nel film Barton Fink - E' successo a Hollywood, sempre dei Coen. Passando al protagonista del film, E.J. Mannix è una figura davvero esistita ed effettivamente era conosciuto come "Il risolutore" della Metro Goldwyn Mayer ma non era una figura limpida come quella descritta dai Coen: se andate a leggere la sua pagina su Wikipedia scoprirete un sacco di vicende poco chiare che hanno costellato la vita del produttore. Altre fonti di ispirazione sono state la gravidanza di Loretta Young (che ha avuto una figlia dopo essere stata praticamente stuprata da Clarke Gable e, per evitare che gli studios ne venissero a conoscenza e la facessero abortire, ha finto di essere ammalata per mesi, ha affidato la bambina ad un orfanotrofio subito dopo il parto e dopo qualche tempo l'ha adottata), la giornalista Hedda Hopper, già ritratta in Trumbo (le sorelle Thacker sono un mix della Hopper e delle gemelle Ann Landers ed Abigail Van Buren, giornaliste rivali), Carmen Miranda, Gene Kelly, l'addetta al montaggio Margaret Booth e ovviamente il film Ben Hur, che ha lo stesso sottotitolo di Ave, Cesare! ("Una storia di Cristo"). Detto questo, se Ave, Cesare! vi fosse piaciuto recuperate Fratello, dove sei?, Barton Fink - E' successo a Hollywood, L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo e magari anche il meraviglioso Viale del tramonto. ENJOY!
domenica 24 maggio 2015
Tomorrowland - Il mondo di domani (2015)
Trama: l'intelligentissima e curiosa Casey entra per caso in possesso di una spilletta che, tenuta in mano, le mostra un mondo fantastico ed estremamente futuristico. Decisa a scoprire l'origine dell'oggetto, la ragazza si imbatte in Frank, il disilluso esule del mondo chiamato Tomorrowland...
Era da parecchio che non mi capitava di vedere un film d'avventura "puro" e divertente come Tomorrowland, una pellicola che sembra quasi stata pensata e scritta negli anni '80 per il modo in cui mescola messaggi positivi, personaggi in gamba, azione "fisica" ma anche "di cervello". L'illusione svanisce solamente davanti a una lunghezza forse un po' eccessiva (trent'anni fa riuscivamo a condensare un po' spiegoni e spettacolarità, senza inficiare il risultato finale) e davanti a una spensieratezza solo apparente, smussata da una critica neppure tanto velata all'indolenza e la rassegnazione tipiche della nostra epoca, dove ci viene "servita l'apocalisse e noi ce ne abbuffiamo" senza fare nulla per evitarla. Il messaggio buonista tipico della Disney non è così campato in aria questa volta ed è molto intelligente il modo in cui Lindelof, Bird e soci riescono a mostrarci l'inevitabile, sconcertante isolamento di chi non accetta che le cose gli vengano dette come se fossero eterne ed immutabili, bensì cerca di capire, si pone delle domande e si chiede cosa possa essere fatto per cambiare determinate situazioni negative. E' inoltre interessante vedere come questa contrapposizione tra un passato più ingenuo e un presente cupo e cinico venga mostrata non solo attraverso il confronto tra i due protagonisti, la giovane Casey e il vecchio Frank, ma anche dai due diversi modi con i quali entrambi si arrivano ad approcciarsi al futuro promesso da Tomorrowland: entrambi sognatori, l'altruista e modesta Casey è stata sempre incoraggiata dal padre a guardare "oltre" in un mondo che ha smesso di alimentare i sogni e vede in Tomorrowland una speranza per tutti, mentre Frank si è buttato a capofitto nelle sue invenzioni proprio perché il genitore, da bravo contadino degli anni '60, desiderava che tenesse i piedi per terra e in Tomorrowland credeva di aver trovato una via di fuga sia dalla mediocrità sia da un mondo ancora troppo arretrato per capirlo davvero. Tomorrowland, tra una divagazione e l'altra, cerca di tenersi in equilibrio su questo percorso di confronto e redenzione e arriva in fondo alla corsa senza troppe ammaccature, mantendosi godibile per tutta la sua durata.
Buona parte del merito va all'efficace accoppiata George Clooney/Britt Robertson, due attori che evidentemente sono riusciti a fare scattare una buona alchimia nonostante il rischio di incappare nel fastidioso cliché mentore/tutorato (anzi, la ragazzina spesso è molto più matura del brontolone e borioso Clooney) e a risultare credibili e simpatici. Lo stesso vale per il "terzo incomodo" Raffey Cassidy, che sembra la cuginetta moderna di Super Vicky ma, nonostante la saccenza del personaggio, non riesce assolutamente a farsi odiare e si impegna inoltre in un paio di sequenze "picchiaduro" che potrebbero anche valerle lo scettro di prossima Hit Girl nel caso la Moretz decidesse di dare forfait. Non amando troppo i film fracassoni che non abbiano un Mad, un Max e un Fury Road nel titolo, devo dire anzi di avere preferito questa simpatica sinergia di attori alle pur magnifiche sequenze zeppe di effetti speciali che, in teoria, avrebbero dovuto essere la spina dorsale di Tomorrowland. Per carità, Brad Bird non ci fa mancare nulla e dirige con grazia, tuttavia il film manca un po' di personalità in quel senso e le scene migliori, di fatto, sono quelle che si potevano vedere nel trailer e quelle che noi savonesi (assieme a qualche altra dozzina di città in tutta Italia se non ho capito male) avevamo già visto prima di Avengers: Age of Ultron, con l'aggiunta di un sempre piacevole tuffo nel passato fatto di abiti e pettinature vintage e aggeggi "futuristici" che per noi sono ormai quasi obsoleti. Poi, sicuramente gli esperti di scienziati, storia, fantascienza e persino Dottor House (assieme ai detrattori di quella Disney che, esagerando più che in altri film, in ogni scena è riuscita ad inserire almeno ventisette marchette diverse) avranno mille motivi di boicottare la pellicola e storcere il naso a causa di aberranti incongruenze che io non sono riuscita a cogliere, però come "blockbuster" ed intrattenimento del sabato sera Tomorrowland vale tranquillamente la spesa.
Di George Clooney (Frank Walker), Hugh Laurie (Nix) e Judy Greer (la mamma) ho già parlato ai rispettivi link.
Brad Bird (vero nome Phillip Bradley Bird) è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Il gigante di ferro, Gli incredibili, Ratatouille, Mission: Impossible - Protocollo fantasma ed episodi della serie I Simpson. Anche produttore, doppiatore e animatore, ha 57 anni e un film in uscita.
Britt Robertson (vero nome Brittany Leanna Robertson) interpreta Casey Newton. Americana, la ricordo per film come From Within e Scream 4, inoltre ha partecipato a serie come CSI - Scena del crimine e Under the Dome. Ha 25 anni e un film in uscita.
Rafey Cassidy, che interpreta Athena, era già stata una giovane Angelica in Dark Shadows e una giovane Biancaneve in Biancaneve e il cacciatore. Detto questo, se Tomorrowland vi fosse piaciuto recuperate anche Navigator e Ritorno al futuro. ENJOY!
venerdì 21 febbraio 2014
Monuments Men (2014)
Trama: sul finire della seconda guerra mondiale un plotone di critici d’arte, architetti, restauratori ecc. si riunisce col nome di Monuments Men per recuperare le opere rubate dai nazisti ed impedire che, al momento della disfatta, quelle già trafugate vengano distrutte…
Dopo aver letto critiche tra il tiepido e il disgustato, mi sono accinta alla visione di Monuments Men a dir poco prevenuta, nonostante la presenza di due beniamini come Bill Murray e John Goodman. Alla fine non è andata male come temevo ma è indubbio che in Monuments Men qualcosa non abbia girato per il verso giusto e me ne sono accorta persino io che il libro di Edsel non l’ho mai letto (ma ho intenzione di farlo). Sulla carta, la storia vera di questi “eroi dell’arte” non è affascinante, di più: immaginatevi un gruppo di esperti che si sono giustamente incaponiti per salvare quanto di più prezioso abbia prodotto l’ingegno umano nel corso dei secoli, quelle opere che dovrebbero renderci orgogliosi e che, senza troppi giri di parole, assieme alle meraviglie della natura possono farci arrivare persino a credere nei miracoli ed elevarci dalle brutture della vita. Immaginatevi non tanto la piccineria di un ometto che voleva queste opere tutte per sé in un museo personale ma l’orrore derivante dalla scellerata decisione di DISTRUGGERE questi inestimabili tesori, patrimonio dell’umanità intera, nel caso l’ometto in questione avesse perso la guerra. La missione dei Monuments Men, lo capirebbe anche un bambino, è giusta, importante e legittima quanto quella di qualsiasi altro soldato, perché a che servirebbe la pace senza la bellezza e la cultura? Il problema però è che, come ha detto meglio di me Andrea Lupia nel suo articolo , sembra quasi che Clooney si scusi di continuo con lo spettatore medio per aver scelto di raccontare la storia di questi eroi poco convenzionali e che cerchi di giustificare la loro esistenza e ogni loro azione attraverso dialoghi, voci fuori campo, postille, lettere strappalacrime e quant'altro. Questi spiegoni giustificativi non solo rallentano mortalmente la prima parte della pellicola, ma dopo un po' suonano forzati e fastidiosi. Ma non è questo l'unico problema del film.
Come già accadeva nel più surreale L'uomo che fissava le capre, non a caso diretto dal produttore e co-sceneggiatore di Monuments Men, Grant Heslov, la pellicola non sa se essere seria o faceta e stenta a trovare un equilibrio tra la sua natura di storia vera e le esigenze di spettacolo. Alcuni momenti sono sinceramente emozionanti, come la sequenza in cui Bill Murray (il più bravo assieme a John Goodman e un inaspettato Bob Balaban) piange nella doccia o le terribili scene in cui i nazisti bruciano alcune tra le più belle opere d'arte esistenti, altri sono ironici al punto giusto, si veda la cena a lume di candela tra Damon e la Blanchett o l'incontro di Murray e Balaban con il giovane soldato tedesco, ma altre cose sono al limite del WTF. Nella fattispecie non capisco perché mai i francesi debbano sempre venire dipinti come dei poveri cretini sentimentali che vivono in un mondo tutto loro: va bene l'inesperienza del plotone, ma non puoi in mezzo alla guerra soffermarti ad ammirare la natura o imitare Chaplin quando ti stanno spianando dei mitra contro! E ci sarebbero tanti altri momenti in cui la simpatica guasconeria o il fine umorismo si trasformano in attentati contro l'intelligenza dello spettatore. A parte questo, comunque, gli attori sono tutti in gran forma e Clooney ci mette del suo, come regista, a non privare splendidi edifici e ancor più meravigliose opere d'arte (per quanto ricostruite) del loro naturale fascino: diciamo che, per quel che riguarda la scenografia, Monuments Men è talmente ben curato che varrebbe la pena vederlo anche solo per questo. Non sarà il film dell'anno, anzi, è stato sicuramente un po' deludente, ma racconta un importante pezzo di storia poco conosciuta... e se vi farà venire la curiosità, com'è successo a me, di leggere il libro da cui è stato tratto, tanto meglio!
Di George Clooney, regista, sceneggiatore della pellicola e interprete di Frank Stokes, ho già parlato qui. Di Matt Damon (James Granger), Bill Murray (Richard Campbell), Cate Blanchett (Claire Simone), John Goodman (Walter Garfield), Jean Dujardin (Jean Claude Clermont), Bob Balaban (Preston Savitz) e Grant Heslov (il dottore) ho già parlato invece ai rispettivi link.
Hugh Bonneville (vero nome Hugh Richard Bonneville Williams) interpreta Donald Jeffries. Inglese, ha partecipato a film come Frankenstein di Mary Shelley, Il domani non muore mai, Notting Hill, Ladri di cadaveri – Burke & Hare e alle serie Doctor Who e Downtown Abbey. Ha 51 anni e due film in uscita.
Nei panni del vecchio Stokes compare nientemeno che Nick Clooney, padre di George. Al posto di Matt Damon, invece, avrebbe dovuto esserci Daniel Craig, che però ha rinunciato per impegni pregressi. Detto questo, se il film vi fosse piaciuto recuperate Il treno e, ovviamente, Inglorious Basterds! ENJOY!
venerdì 11 ottobre 2013
Gravity (2013)
Trama: durante la sua prima missione nello spazio l’ingegnere medico Stone rimane vittima di un incidente e si ritrova a vagare sola nello spazio, quasi priva di ossigeno e tagliata da ogni comunicazione con la NASA…
Mi basta solo rileggere la trama per ricordare il film e rimanere senza respiro. Cuarón è riuscito, maledetto lui, a confezionare uno dei pochi film (oltre a quegli horror “seri” che parlano di Satana, clown o bambole assassine) in grado di farmi venire voglia di abbandonare la sala ogni 5 minuti, vuoi per l’ansia, vuoi per i polmoni che si rattrapivano in automatico. Con l’ausilio di un 3D per una volta utile e funzionale, il regista messicano annulla i confini tra la sala e le stupende immagini mostrate su schermo e costringe lo spettatore a ritrovarsi impotente e solo, perso nello spazio profondo, in costante pericolo di vita, bersagliato a più riprese da silenziosi ma mortali detriti, alla deriva in un ambiente privo di punti di riferimento o, e non so cosa sia peggio, bloccato all’interno di navicelle strette, vecchie, malfunzionanti e per di più aliene in quanto corredate da libretti di istruzioni in linguaggi sconosciuti. In tutto questo, Cuarón riesce soprattutto a lasciarci a bocca aperta con i suoi movimenti di macchina fluidi ma vertiginosi, con quell’incredibile piano sequenza iniziale e con la stupefacente bellezza di un’immagine grandiosa come quella dell’alba sul pianeta Terra, la cui luce si riflette alla perfezione sui caschi dei protagonisti, o quella in cui Sandra Bullock riesce per la prima volta a liberarsi dalla scomoda tuta e si ritrova protetta, fluttuante ma sicura, all’interno della capsula come un bambino nella pancia della mamma.
Le immagini, l'assenza di qualsiasi suono tranne quello del respiro affannato della protagonista e la sensazione costante di pericolo incombente, in questo caso, valgono più della sceneggiatura (scritta dal regista assieme al figlio) o dei dialoghi, inconsistenti e a tratti banali. Come ha detto Simone nella sua recensione, il film avrebbe potuto anche essere muto perché la sua forza sta tutta nell’abilità di Cuarón, nella perfezione degli effetti speciali che, davvero, toccano vette mai testimoniate prima in un film di “fantascienza” e, devo ammetterlo, nell’interpretazione della Bullock, che meriterebbe il plauso anche solo per l’enorme tour de force fisico a cui ha necessariamente dovuto sottoporsi: personalmente, sono rimasta molto colpita soprattutto dal finale, in cui sembra davvero che la gravità del titolo la schiacci a terra, con le gambe intelligentemente inquadrate dal basso che tremano per lo sforzo di sostenere un peso a cui non sono più abituate. Poi, ovvio, ci sono delle ingenuità nella trama, l'irritante personaggio di Clooney su tutti, e momenti costruiti ad arte per fare commuovere, ma tutto scompare davanti a un'esperienza al cardiopalma in grado superare, quanto ad immedesimazione, le simulazioni fasulle dei parchi giochi più grandi e famosi. Se non avete ancora visto Gravity e potete andare al cinema solo una volta questa settimana buttatevi subito nelle sale dove lo proiettano, ignorate qualunque altro film anche se ogni volta che sentite nominare Sandra Bullock vi parte la placca come alla sottoscritta. E se odiate il 3D fidatevi di chi lo odia più di voi ed è costretta ad indossare gli occhiali sopra quelli da vista a rischio mal di testa: sarà valsa veramente la pena di spendere quei 10, 11 euro e i soldini per farsi passare l'emicrania. Señor Cuarón, chapeau!
Di Sandra Bullock (Ryan Stone), George Clooney (Matt Kowalski), Ed Harris (la voce del Controllo NASA in originale è la sua) ho già parlato ai rispettivi link.
Alfonso Cuarón (vero nome Alfonso Cuarón Orozco) è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Messicano, ha diretto Y tu mama también, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban e I figli degli uomini. Anche produttore e attore ha 52 anni.
Per il ruolo di Ryan si era pensato inizialmente ad Angelina Jolie che poi, fortunatamente, ha abbandonato il progetto. Altre candidate papabili, prima che venisse scelta la Bullock, erano in primis Natalie Portman, che però nel frattempo è rimasta incinta, Rachel Weisz, Naomi Watts, Marion Cotillard, Carey Mulligan e Scarlett Johansson mentre, al posto di Clooney, avrebbe potuto esserci il mio adorato Robertino Downey Jr. (ma poi sai che spreco?) che ha rinunciato in favore di altri impegni. Detto questo, se Gravity vi fosse piaciuto, potreste recuperare Apollo 13 e 2001: Odissea nello spazio. ENJOY!
lunedì 23 novembre 2009
L'uomo che fissa le capre (2009)
Siccome l’ultimo film che sono andata a vedere al cinema è stato il meraviglioso Inglorious Basterds di Tarantino, mi sono impuntata questo weekend e mi ci sono fatta portare. Poche le alternative, ammorbate anche dall’orrido New Moon, e così siamo finiti a vedere L’uomo che fissa le capre (The Men Who Stare at Goats), commedia diretta da Grant Heslov. Che dire, al solito, di questi tempi, il trailer è meglio del film.
La trama: il giornalista di provincia Bob Wilton, dopo essere stato mollato dalla moglie, decide di partire per l’Iraq e fare un reportage della guerra in corso. Lì incontra Lynn Cassady, un “supersoldato” americano, reduce di un programma atto a sviluppare i poteri psichici per combattere guerre alternative e pacifiche, senza spargimento di sangue. Uno Jedi, insomma. Provato dal lato oscuro della forza, e richiamato per una missione segreta che gli possa consentire di espiare l’omicidio di una… capra.
L’uomo che fissa le capre è un film atipico. Viene presentato come una commedia demenziale, virata su toni grotteschi. E’ quello che è, in effetti, ma c’è di più. Non si può ascrivere ad un genere, vista la vena nostalgica e un po’ malinconica che lo pervade, e i troppi momenti di serietà realistica. Potrebbe essere paragonato a M.A.S.H. di Altman, ma un film come quello è inarrivabile e comunque mantiene la sua coerenza dall’inizio alla fine. Potrebbe essere paragonato ad un film dei Coen, ma anche lì manca l’impronta dei due fratellini, quel “non so che” in grado di rendere ogni loro pellicola una piccola perla, che sia un capolavoro come Fargo o un divertissement come Burn After Reading. In definitiva, mancano un po’ troppe cose, ed il film lascia il tempo che trova, scivolando come acqua sullo spettatore.
Secondo me, la debolezza del film sta nel distacco netto tra la storia narrata al presente ed i flashback che la costellano. Il viaggio di Lynn e Bob è una sorta di percorso iniziatico per quest’ultimo, e se l’inizio, con trovate come Clooney che cerca di disintegrare le nuvole con lo sguardo, e l’insegnamento delle tecniche “jedi” al povero giornalista, è godibile e cattura l’interesse, alla lunga stanca, e si trascina in un finale decisamente abusato, con generose dosi di LSD a fare da paciere tra depressioni e uomini sconfitti ed abbruttiti dai fallimenti passati. I flashback invece sono molto divertenti, ed è esilarante vedere come si è costituito e com’è morto il gruppo delle forze speciali psichiche USA: la scena che da il titolo al film, quella in cui Clooney uccide una capra fissandola, è geniale, ma anche le lezioni di ballo o l’esperimento fallito del bieco personaggio interpretato da Kevin Spacey sono carine. Però, è questo il problema. Il film è semplicemente “carino”, piacevole, nulla più. Tra l’altro anche la satira è poco graffiante, l’unico episodio degno di nota è quello della sparatoria che viene iniziata da guerrafondai americani solo per una marmitta che scoppia; “Abbiamo risposto ai colpi di pistola sparati da sconosciuti”, titoleranno i giornali. Non molto distante dalla realtà.
Al di là di una meravigliosa colonna sonora, veramente poco è degno di essere ricordato. Anche gli interpreti sono davvero sottotono. Clooney è abbruttito al massimo (tié, becchete questa, Canalis!) e sembra abbia fatto il film giusto per amicizia, senza divertirsi; Ewan McGregor sembra spaesato, anche se ci mette tutta la sua buona volontà e, per questo, spicca tra gli altri interpreti; due vecchi leoni come Jeff Bridges e Kevin Spacey sono decisamente sprecati, anche se i loro personaggi, un Obi Wan e un Darth Vader dell’esercito, sono sicuramente i migliori del film. Che dire, in definitiva non mi sento di non consigliarlo, perché è comunque meglio di altra fuffa che sta invadendo i nostri cinema (ogni riferimento a New Moon è puramente casuale…), e anche perché secondo me porterebbe a molte interessanti disquisizioni tra amici. Però non aspettatevi troppo.
Di George Clooney ho già parlato qui; Ewan McGregor lo trovate qui, a fare il Camerlèngo.
Grant Heslov è il regista del film. L’artista americano è diventato famoso come sceneggiatore del film Good Night and Good Luck, nominato all’Oscar nel 2005 proprio per la sceneggiatura. Ha 46 anni.
Kevin Spacey interpreta il seguace del lato oscuro della forza, Larry Hooper. Uno dei miei attori preferiti senza alcun dubbio, anche se negli ultimi tempi pare essere un po’ scomparso dalle scene, sepolto in indegni filmetti come Superman Returns, l’attore americano ha vinto ben due Oscar: uno come migliore attore non protagonista per lo splendido I soliti sospetti, e uno come protagonista per l’altrettanto meraviglioso American Beauty. Tra le altre pellicole ricordo Affari di cuore, Una donna in carriera, Non guardarmi: non ti sento, Americani, Virus letale, Se7en, gli splendidi L.A. Confidential e Mezzanotte nel giardino del bene e del male, Il negoziatore, Bugie, baci, bambole e bastardi, The Big Kahuna, il tristissimo Un sogno per il domani, The Shipping News, Austin Powers in Goldmember (come Dottor Male!!!). Come doppiatore, ha lavorato in A Bug’s Life – Megaminimondo. Ha 50 anni e due film in uscita.
Jeff Bridges interpreta il guru Bill Django. Altro ottimo attore, nominato più volte per il premio Oscar, lo ricordo per film come King Kong (il remake del 1976, ovviamente), I cancelli del cielo, Starman, La leggenda del re pescatore, The Vanishing – Scomparsa, Il grande Lebowski, Arlington Road – L’inganno, l’orrido Seabiscuit ed infine Iron Man. Ha 60 anni e due film in uscita.
Una curiosità per i Lost addicted: la moglie di Ewan McGregor è interpretata dalla rossa e sfortunata Charlotte dell’ultima stagione di Lost. Ecco dove l’avevo già vista e stravista. E ora vi lascio con il trailer originale… ENJOY!!
sabato 20 settembre 2008
Burn After Reading (2008)
Io non so se riuscirò a scrivere un post su quest'ultimo capolavoro dei Fratelli Coen, che definire geniale e strano è dir poco. Ma devo almeno provarci, per amor di critica o semplicemente di questo duo che io amo particolarmente.
Come dice la locandina, l'intelligenza (gioco di parole con l'Intelligence USA, ovvero i servizi segreti) è relativa. Perché? Beh, perché i personaggi della pellicola sono l'emblema del vuoto e della stupidità, un cumulo di cliché e luoghi comuni in cui non credono neppure loro. Tutto comincia quando Osborne Cox (John Malkovich), un analista della CIA, viene licenziato per un "piccolo problema di alcolismo". Disoccupato, decide di scrivere le sue memorie e la moglie (Tilda Swinton) che già lo tradisce con un'ex guardia del corpo fedifrago, donnaiolo e paranoico (George Clooney), decide di chiedere il divorzio. Su consiglio dell'avvocato si premura di rubare tutti i dati, memorie, estratti conto dal pc di Cox, ma per colpa della distrazione di una segretaria, il cd coi files finisce nelle mani di Chad (Brad Pitt) e Linda (Frances McDormand), che cercano di riccattare Cox convinti di avere trovato prove di cospirazioni internazionali.
Questo è l'incipit del film, all'interno del quale i destini dei personaggi si intrecciano, si allontanano, si perdono in un tale crogiolo di informazioni, nomi e spie che lo spettatore è costretto a perdersi. Non aspettatevi un finale risolutivo perché non ci sarà, e neppure una morale. I protagonisti seguono un percorso illogico da manuale, in perfetto disaccordo con la trama che è invece perfetta nella sua casualità. Ognuno di loro è spinto essenzialmente dai tic e dalle mode che fanno della nostra società un letamaio: alcool, donne, amore facile, denaro, culto della forma fisica, chirurgia estetica, successo a tutti i costi, internet. Seguiti in maniera stupida, raffazzonata, vuota.
In una società di wannabes e stupidi di questa pasta, non è più possibile fare un film di spionaggio come un tempo. Persino i cliché sono impossibili da replicare: i russi, antico spauracchio, ora sono perfettamente integrati nel nostro paese. Da un cellulare si può risalire a qualunque persona, nessuna identità è più "segreta". C'è un tale crogiolo di spie che spiano i controspioni da mandare in palla anche i cervelli dei capi della CIA, che in questo film ci fanno la figura dei cioccolatai. Due "capoccioni" dell'intelligence, come in una tragedia greca, fanno da coro al destino dei due protagonisti. Un coro decisamente anomalo, tant'è che neppure loro capiscono cosa sta succedendo, le motivazioni delle persone coinvolte, gli avvenimenti che sfuggono di mano. Un molto rumore per nulla, si può dire, e la battuta finale dei due: "Cosa abbiamo imparato da tutta questa vicenda? - ... a non farlo più? - Ma cosa? - .. BOH!" rende benissimo il senso del film.
Geniale, come gli attori, perfetti: Malkovich è un modello di nevrosi e su tutti spicca Brad Pitt con il personaggio più stupido e caricaturale della sua carriera. E la regia, con luoghi e scene monotonamente ripetuti, quasi a voler rappresentare un cane che si morde la coda, una vicenda chiusa che, nel mezzo di mille altre quotidiane vicende, sembra venire ripresa dall'occhio satellitare di un Grande Fratello che sta lassù, e si limita a registrare senza dare un senso a nulla. Meraviglioso.
Joel ed Ethan Coen sono tra i miei registi e sceneggiatori preferiti. Il loro nero senso dell'umorismo e l'amore per la provincia americana e i personaggi stupidi e tristi è qualcosa di particolare ed insuperato. Insieme hanno diretto una messe di film splendidi come Fargo, Il Grande Lebowski, Fratello dove sei?, L'uomo che non c'era, The Ladykillers e Non è un paese per vecchi. Joel ha 54 anni, tre film in uscita ed è sposato con Frances McDormand. Ethan ha 51 anni e due film in uscita.
John Malkovich interpreta Osborne Cox, detto Ozzy, analista alcolista decisamente provato dalla vita e dalla moglie. Un pazzo, eclettico, come l'attore che ha interpretato una miriade di film, indipendenti e non. Tra i suoi titoli amo ricordare Le stagioni del cuore, l'impero del sole, Le relazioni pericolose, Mary Reilly, Ritratto di signora, La maschera di ferro, Essere John Malkovich, Giovanna D'Arco, L'ombra del vampiro, I miserabili, Compagnie pericolose, Con Air, Il gioco di Ripley, Johnny English, The Libertine, Beowulf. Ha tre film in uscita e 55 anni.
Frances McDormand interpreta Linda, donna sola e decisa a trovare un compagno grazie ad internet e alla chirurgia estetica. Moglie di Joel Coen e bravissima attrice, ha recitato in Hunter, Ai confini della realtà, Mississippi Burning - Le radici dell'odio, Darkman, America oggi, Fargo (dove ha recitato incinta e per il quale ha vinto un meritatissimo Oscar), Madeline - Il diavoletto della scuola, L'uomo che non c'era, Tutto può succedere, e ha dato la voce anche ad un personaggio dei Simpson. Ha 51 anni.
George Clooney interpreta Harry, l'amante della moglie di Ozzie. Questo attore conosciutissimo, oltre ad essere un gran fico, è anche bravissimo. Ha raggiunto la fama recitando in ER, contribuendo al successo della serie, poi è diventato attore e anche regista indipendente. Tra le sue pellicole come attore Hunter, La signora in giallo, Pappa e ciccia, Friends, Dal Tramonto all'Alba, Un giorno per caso, South Park (Dove interpretava Sparky il cane gay) La sottile linea rossa, South Park: il film, Three Kings, Fratello dove sei?, Spy Kids, Oceans' Eleven - Twelve e Tirteenth, Confessioni di una mente pericolosa, Syriana. Ha 47 anni e tre film in uscita.
Brad Pitt interpreta il Chad, un povero mentecatto fissato sul fitness. La presenza più esilarante del film. Inutile parlare del buon Brad, tra moglie, amanti e figli, chi è che non lo conosce? Tuttavia è meglio menzionare un paio di film pregevoli. Innanzitutto, televisivamente ha partecipato a Dallas, 21 Jump Street e Freddy's Nightmares, Genitori in blue jeans, Friends e Innamorati pazzi. Per il cinema, ha esordito in Thelma & Louise, per poi continuare con Fuga dal mondo dei sogni, In mezzo scorre il fiume, Una vita al massimo, Intervista col vampiro, Vento di passioni, Se7en, L'esercito delle 12 scimmie, Sleepers, L'ombra del diavolo, Sette anni in tibet, Vi presento Joe Black, Snatch, The Mexican, Fight Club, Oceans' Eleven - Twelve e Tirteenth, Confessioni di una mente pericolosa. Ha 45 anni e sei film in uscita.
E vorrei ricordarlo così...
Ultima, ma non per questo inferiore, Tilda Swinton, androgina attrice inglese che interpreta Katie, la moglie di Ozzie. Estremamente elegante ed "eterea", la ricordo nell'intricatissimo Orlando, in Vanilla Sky, Constantine, Broken Flowers e Le cronache di Narnia (e non di Barbia XD). Ha 48 anni, un oscar vinto e quattro film in uscita.
Ed ecco il trailer originale.... ENJOY!, decisamente!